Mercanti di uomini
eBook - ePub

Mercanti di uomini

Il traffico di ostaggi e migranti che finanzia il Jihadismo

  1. 352 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Mercanti di uomini

Il traffico di ostaggi e migranti che finanzia il Jihadismo

Informazioni su questo libro

È un business sofisticato quello che ogni giorno fa approdare migliaia di rifugiati sulle nostre coste. Chi lo controlla? Una nuova categoria di criminali, nata dalle disastrose risposte occidentali alla tragedia dell'11 settembre e dal collasso economico e politico di molti Stati-chiave in Africa e Medioriente. Esseri umani, a milioni, in fuga da guerra e povertà verso un Occidente che credono più accogliente e più ricco di quanto non sia, alimentano un commercio che costa migliaia di vite e che vale miliardi. Attraverso interviste esclusive a negoziatori, membri dei servizi segreti, ex ostaggi e molti altri, Loretta Napoleoni ci porta nel mondo complesso dei mercanti di uomini, spiegando come il circolo vizioso tra economia ufficiale ed "economia canaglia" stia producendo uno tsunami di migranti e un'escalation di incertezza che lascia spazio ai populismi, a fenomeni come la Brexit o l'ascesa di Trump negli Usa. L'Occidente riuscirà a sopravvivere al rovinoso fallimento della globalizzazione?

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Mercanti di uomini di Loretta Napoleoni in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Ciencias sociales e Emigración e inmigración. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

1

Sulle rotte del contrabbando1

Alla fine del gennaio 2011, Maria Sandra Mariani è partita dalla cittadina toscana di San Casciano in Val di Pesa diretta verso lo spicchio sud-orientale del Sahara algerino, vicino al confine con la Libia, dove si trova Ghat. La cinquantatreenne non vedeva l’ora di passare le vacanze in quella meravigliosa regione del Maghreb. Aveva prenotato un giro turistico tra le bellezze naturali e le rovine archeologiche, alcune delle quali risalgono addirittura al Neolitico, e per qualche giorno voleva visitare anche i villaggi della zona. Andava nel Sahara ogni inverno dal 2006, in parte da turista e in parte da «cooperante volontaria» con lo scopo, per citare le sue parole, di «portare medicinali e altri beni di prima necessità alla popolazione locale».2 Come al solito aveva prenotato il tour con la Ténéré Voyages, una famosa agenzia di viaggi specializzata in itinerari nel Sahara, e come sempre a farle da guida sarebbe stato Aziz, un affabile algerino con cui aveva stretto amicizia nel corso degli anni e che aveva persino invitato a casa sua in Toscana.
Quando è atterrata all’aeroporto di Djanet, a circa centosessanta chilometri dal confine algerino-libanese, ha trovato Aziz a darle il benvenuto. Vedendola pallida, le ha chiesto se il volo fosse stato turbolento. In effetti, ha replicato Maria Sandra, non si sentiva molto bene. «Dovevo aver mangiato qualche porcheria sull’aereo. Stavo malissimo» spiega, «ma siamo partiti subito lo stesso. Eravamo diretti nel deserto del Tadrart,3 tra l’Algeria e la Libia.» Il deserto del Tadrart non è molto distante da Ghat, dove cinque anni dopo saranno rapiti i tre operai della Con.I.Cos.
«Qualche giorno dopo non mi ero ancora rimessa, così Aziz ha suggerito di fermarci in un piccolo villaggio turistico, anch’esso gestito dalla Ténéré Voyages» racconta ancora Maria Sandra. In effetti, la donna ha impiegato un paio di giorni per riprendersi. Il 2 febbraio stava abbastanza bene per partecipare a una breve escursione. «È stata una splendida giornata» ricorda. «La luce, l’aria, il paesaggio, era tutto perfetto. Ero felice di essere guarita e di trovarmi nel mio amato Sahara.»
Al tramonto lei e la guida sono tornati al villaggio. «Sono scesa dalla macchina e all’improvviso, mentre ci incamminavamo verso i bungalow, Aziz ha visto due Suv neri che si avvicinavano a velocità sostenuta. Convinto che fossero rapinatori o contrabbandieri, mi ha detto: “Vai, sbrigati, non devono vederti”, perciò mi sono lanciata verso i bungalow, ma ormai mi avevano notata. In seguito ho scoperto che mi avevano scorta con il binocolo: erano a caccia di stranieri. Non avevo il velo perché in giro non c’era anima viva. Eravamo nel mezzo del deserto e l’hotel era vuoto, così non avevo pensato di camuffarmi, ma loro mi hanno individuata con il binocolo e hanno capito che ero una turista occidentale» rammenta.
Gli uomini hanno circondato velocemente lei, Aziz e il portiere. «Mi hanno chiesto più volte: “Dove sono gli altri turisti? Dov’è tuo marito?”. Si rifiutavano di credere che fossi sola» prosegue Maria Sandra. «Inoltre parlavano in inglese perché avevano dato per scontato che fossi inglese. Venti giorni prima, un numeroso gruppo di turisti britannici aveva alloggiato nello stesso villaggio per la settimana di Capodanno.»
Gli uomini, frustrati perché evidentemente avevano previsto di trovare molti occidentali, l’hanno afferrata e spinta nel retro di un Suv. Due di loro hanno costretto il portiere e la guida a seguire il veicolo con l’auto di Aziz. «Quando mi hanno chiusa nel Suv, ho capito che non erano rapinatori né contrabbandieri, bensì sequestratori. Sono caduta nella disperazione, mi si è fermato il cuore e mi sono sentita soffocare. Poi, quando ho domandato: “Chi siete?”, mi hanno guardata e hanno risposto con orgoglio: “Siamo al-Qaeda”.»
La notte ha colto Maria Sandra nel retro di un veicolo che attraversava il deserto, alla mercé di quattordici membri di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). Tuttavia, scorgere i fari dell’auto di Aziz dietro di sé le è stato di conforto. «Aziz era mio amico. Ero sicura che mi avrebbe protetta» afferma. Dopo cinque ore circa, però, i rapitori hanno deciso di lasciar andare la guida e il portiere perché, sulle piste del deserto, la loro automobile non era veloce quanto i loro Suv. «Hanno spaccato i fari della macchina di Aziz in modo che non potesse ripartire prima dell’alba, poi ce ne siamo andati.»
I rapitori erano professionisti. Sapevano di doversi allontanare il prima possibile dal luogo del sequestro e la macchina di Aziz li rallentava. Dopotutto, non erano interessati a rapire due algerini: cercavano solo stranieri. Quando si sono rimessi in viaggio, Maria Sandra si è resa conto di essere completamente sola.
Accasciata nel Suv ad ascoltare il battito violento del proprio cuore, ignorava che, per una surreale concatenazione di eventi, la sua spaventosa esperienza era legata a una controversa legge statunitense, emanata dieci anni prima dall’amministrazione Bush: il Patriot Act.

Una joint-venture criminale

Il Patriot Act è stato introdotto negli Stati Uniti nell’ottobre del 2001, un mese dopo l’11 settembre. Questa legge ha limitato i diritti civili degli americani, aumentato la sorveglianza governativa e imposto una serie di nuove regole finanziarie e bancarie per arginare il flusso internazionale di proventi illeciti e il riciclaggio di denaro sporco in dollari statunitensi. Il cartello colombiano ha dovuto trovare in fretta rotte di contrabbando alternative per il trasporto della cocaina in Europa e nuovi metodi per riciclare i guadagni da attività illegali. La scelta è ricaduta sulla rotta che attraversa l’Africa occidentale e il Sahel.
I rapitori di Maria Sandra, cioè i futuri membri di Aqmi, si erano inseriti in questo nuovo business fin dall’inizio. Per comprendere cosa ha trasformato questi jihadisti in contrabbandieri di droga, rapitori e trafficanti di esseri umani – operatori all’interno di una distorta economia del terrore – occorre seguire la pista del denaro fino alla fonte: il cartello colombiano all’indomani dell’11 settembre.
Prima dell’attentato alle Torri gemelle, la maggior parte dei proventi del narcotraffico mondiale veniva riciclata negli Usa.4 Dato che l’80 per cento di questi introiti era in contanti – dollari statunitensi –, era necessario trasferire fisicamente il denaro negli Usa, passando per società offshore e banche di comodo nelle Antille. Il Patriot Act ha reso questo processo assai più difficile, se non addirittura impossibile. Per esempio, le banche americane o registrate negli Stati Uniti non potevano più fare affari con le banche offshore, come quelle con sede nei Caraibi. Con la nuova legge, inoltre, le autorità monetarie statunitensi avevano il diritto di monitorare le transazioni in dollari effettuate in tutto il mondo. Se una banca americana – o una banca straniera registrata negli Usa – mancava di segnalare una transazione sospetta in dollari eseguita in qualunque parte del pianeta, commetteva un vero e proprio reato.
È facile capire perché il Patriot Act sia stato un duro colpo per il cartello colombiano della droga. Il problema principale, tuttavia, non era tanto riciclare il denaro sporco derivato dalla vendita di cocaina negli Stati Uniti, quanto farlo in dollari altrove nel pianeta e trasferire i profitti da un Paese all’altro senza avvertire le autorità monetarie americane.
A trovare la soluzione è stato Salvatore Mancuso Gómez, un immigrato italiano in Colombia. Al comando delle Autodefensas Unidas de Colombia (Auc), un’organizzazione terroristica paramilitare, ha fatto da intermediario per un accordo tra il cartello della cocaina e la ’ndrangheta. Nel Vecchio continente, infatti, non c’era alcuna legge analoga al Patriot Act, ed ecco come il neonato euro si è trasformato nella valuta mondiale dei profitti della droga. La ’ndrangheta offriva al cartello colombiano un servizio completo: la gestione della vendita di cocaina in Europa e il riciclaggio dei proventi sul mercato europeo e asiatico.
«I profitti del narcotraffico generati in Spagna si convertivano in guadagni provenienti da investimenti immobiliari in Belgio» spiega una fonte dell’Europol. «Da lì potevano essere trasferiti rapidamente a Bogotá senza alcun controllo.»5
Il nuovo modello di joint-venture ha anche prodotto cambiamenti profondi nel Centroamerica e in Messico, nazioni dove la criminalità legata al traffico di droga ha fatto grandi passi poiché il cartello della cocaina ha iniziato a smerciarla in questi Paesi. Il Messico è diventato un narco-Stato e diversi Paesi del Centroamerica sono piombati nell’anarchia. Questo processo di destabilizzazione ha spinto milioni di persone a migrare verso il Nord.
Dopo l’11 settembre l’Italia è diventata un punto chiave europeo di trasbordo per il traffico di cocaina e un centro nevralgico per il riciclaggio di denaro sporco. Secondo i dati della Guardia di Finanza, per esempio, tra il 2001 e il 2004 l’attività di riciclaggio sul territorio italiano è aumentata del 70 per cento.6
Il nuovo millennio, dunque, ha visto l’avvento in Europa di un’autentica età dell’oro del riciclaggio, grazie al Patriot Act e alle abili strategie della ’ndrangheta per eludere la legge. Tuttavia, portare la cocaina dalla Colombia direttamente in Europa si è rivelato più difficile che riciclare i profitti illeciti nel Vecchio continente. Lo dimostra, tra l’altro, il successo di un’operazione chiamata Decollo.

Dalla Costa d’Oro alla costa della coca

All’inizio del 2004 il Ros dei carabinieri ha riportato un’importante vittoria con un’operazione sotto copertura durata tre anni. Nome in codice: Decollo. In realtà, il buon esito dell’iniziativa si deve a un colpo di fortuna nella veste di un informatore, cosa rara quando si ha a che fare con la ’ndrangheta. L’uomo aveva segnalato che al porto di Gioia Tauro, nel cuore del territorio controllato dall’organizzazione, stava per arrivare una notevole quantità di cocaina, in un carico di marmo colombiano.
I carabinieri hanno trovato, nascosti nei blocchi di marmo, 5500 sacchetti di cocaina da un chilo, tutti ermeticamente sigillati. Dalla documentazione di bordo è emerso che la nave era stata noleggiata dalla Miguel Diez, una finta società di import-export fondata dal cartello colombiano. L’equipaggio, il capitano e la compagnia di navigazione, la danese Maersk Line, ignoravano la vera natura del carico.
L’intercettazione della cocaina è stata un evento eccezionale. Per ciascun carico illegale scoperto, infatti, altre centinaia, se non addirittura migliaia, di spedizioni passano inosservate.7 Senza la «soffiata», sarebbe stato impossibile trovare la droga. Nonostante ciò l’operazione ha dimostrato che, nel mondo post-11 settembre, le spedizioni dirette in Europa non erano prive di rischi. Anche nel Vecchio continente, dopo l’attentato alle Torri gemelle, le misure di sicurezza erano state rafforzate, e ancora di più lo sarebbero state dopo gli attacchi terroristici a Madrid e Londra. Occorreva trovare rotte alternative e nuovi Paesi di trasbordo per trasferire la cocaina dal Sudamerica all’Europa, come il Venezuela e l’Africa occidentale.8
Dalla metà degli anni Novanta il cartello colombiano si impegnava per allacciare buoni rapporti con i politici del vicino Venezuela, coprendoli letteralmente di soldi. Un investimento molto saggio. Già dopo essere stato eletto nel 1998, Hugo Chávez aveva offerto rifugio e protezione a gruppi armati e criminali attivi nel narcotraffico colombiano. Dopo il 2001 li aveva addirittura incoraggiati a spostare le piantagioni di coca oltre il confine.9 Così, quando alla fine di quell’anno il cartello ha pensato di usare il Venezuela come punto chiave di trasbordo per spedire la droga in Europa attraverso l’Africa occidentale, ha trovato forti sostegni e un’infrastruttura bell’e pronta.
In Africa, il cartello ha insediato il proprio centro di trasbordo nella Guinea-Bissau, che un tempo faceva parte della tristemente famosa Costa d’Oro, da cui gli schiavi venivano imbarcati per il Nuovo mondo. Daniel Ruiz, che nel 2006, in qualità di rappresentante dell’Onu nella Guinea-Bissau, ha denunciato la crescita dei traffici di cocaina nella nazione, osserva che la geografia del Paese rende pressoché impossibile individuare i carichi illegali.
«La Guinea-Bissau è stata una scelta molto azzeccata. È pianeggiante, con un arcipelago di ottanta isole, tutte coperte da una folta giungla e dotate di facile accesso al mare. Conta ventisette piste d’atterraggio costruite dai portoghesi durante le guerre coloniali, perfette per i piccoli aerei che sorvolano l’Atlantico dal Venezuela con i carichi di cocaina. Un tempo, infine, la Guinea-Bissau vantava una florida attività di pesca, perciò i suoi porti hanno enormi magazzini vuoti dove il cartello ha potuto immagazzinare la droga.»10
Il modello di business adottato dai colombiani per contrabbandare la droga dall’Africa occidentale all’Europa era allo stesso tempo sofisticato e lineare. «Ci sono sempre state due filiere: una secondaria che ricorre ai “muli”, ossia africani che inghiottono piccole quantità di coca e viaggiano in aereo, producendo liquidità per i politici e i poliziotti locali corrotti; e una principale: tonnellate di droga nascoste nei container, nei carichi delle navi dirette in Europa» dice Ruiz.
Quando il cartello è approdato nella Guinea-Bissau, tuttavia, ha trovato un altro circuito inaspettato, molto comodo, per contrabbandare grandi quantità di cocaina: via terra, attraverso le vecchie rotte transahariane, con la droga occultata in camion e Suv. Si tratta delle stesse piste di sabbia che, anni dopo, i rapitori avrebbero percorso per raggiungere e sequestrare Maria Sandra Mariani.
«Sapevo che nel Sahara il contrabbando prosperava. Ogni tanto Aziz mi indicava dei container vuoti e diceva: “Vedi? Quello è dei contrabbandieri, devono essersi fermati qui”. Nel deserto si contrabbandava di tutto: petrolio, sigarette, hashish, qualunque prodotto di cui ci fosse domanda» racconta Maria Sandra. Non sapeva però che quel traffico si incardinava su ben altra merce: la cocaina.
Secondo fonti dei servizi di sicurezza, «la vera portata dei legami sempre più stretti tra jihadisti e cartelli sudamericani nel traffico di cocaina è diventata evidente nel 2009, solo due anni prima del rapimento di Maria Sandra, quando alcuni responsabili militari hanno localizzato un Boeing 727 incendiato nel bel mezzo del deserto del Mali. Il velivolo, riempito di cocaina e di altre merci di contrabbando in Venezuela, aveva sorvolato l’Atlantico, si era schiantato nel deserto dove era stato bruciato per cancellare le prove».11 Sempre nel 2009 l’Ufficio delle Nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Unodc) ha stimato che ogni anno arrivano in Europa, attraverso l’Africa occidentale, tra cinquanta e sessanta tonnellate di cocaina, trasportate lungo le rotte transahariane. Si tratta del 13 per cento circa del narcotraffico europeo complessivo nel 2009 e il «mittente» non era solo la Colombia, di gran lunga lo Stato sudamericano più importante in questo settore, ma anche il Perù, la Bolivia, il Venezuela e il Brasile.12
Fin dall’inizio, tra il 2002 e il 2003, è stato facile per la vasta rete di contrabbandieri africani – che controllavano già le rotte transahariane del Sahel, usate per collegare l’Africa occidentale alle sponde del Mediterraneo – inserirsi nel nuovo business. I contrabbandieri venivano perlopiù dall’Algeria, dalla Mauritania, dal Mali e dal Marocco, e tra loro erano presenti diversi gruppi jihadisti. Il loro quartier generale era a Gao, una città che sorge sul fiume Niger, nel Mali nordorientale, e che ben presto è diventata uno dei principali punti di transito per il traffico di cocaina con l’Europa. Da Gao, la carovaniera della droga si snodava verso nord, attraversava il Sahara a sud dell’Algeria per risalire in Libia verso le coste mediterranee. Nel febbraio del 2011 Maria Sandra Mariani e i suoi sequestratori hanno fatto proprio lo stesso percorso, in senso opposto.
Il lucroso traffico di cocaina ha riportato in auge le vecchie rotte del contrabbando, dando impulso alle economie del Sahel in un periodo molto critico. Tuttavia queste attività, se pure hanno permesso alle aziende locali di restare a galla, hanno destabilizzato ancora di più ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Mercanti di uomini
  4. Dedica
  5. Prefazione
  6. Prologo. Il negoziatore
  7. 1. Sulle rotte del contrabbando
  8. 2. Libia, il circolo vizioso
  9. 3. L’economia della pirateria
  10. 4. Il caso Leopard e le complicità della diaspora somala
  11. 5. Cortine di fumo e giochi di specchi: la guerra civile siriana
  12. 6. Come si paga un riscatto
  13. 7. L’ora cruciale: anatomia di un rapimento
  14. 8. Da cacciatori di notizie a prede dei sequestratori
  15. 9. La mitologia degli ostaggi occidentali
  16. La fine della verità
  17. 11. Una partita a scacchi con la vita degli ostaggi
  18. 12. Un incontro rivelatore
  19. 13. Dai rapimenti alla tratta, un unico business
  20. 14. Da pirati a trafficanti d’uomini
  21. 15. Una storia d’amore tra rifugiati
  22. 16. Il boomerang politico
  23. Epilogo. Le lunghe notti della politica
  24. Glossario
  25. Note
  26. Ringraziamenti
  27. Indice generale