
- 364 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
La casa delle farfalle
Informazioni su questo libro
Anita ha trent'anni e insegna biologia all'Università di Colonia. Non ama gli aerei e soffre di vertigini, ma non saprebbe spiegarne il motivo. Quando la sua vita viene sconvolta da un tragico evento, in crisi lascia Hans, il suo compagno, per tornare nei luoghi dov'è cresciuta - in treno naturalmente. Lì, sul lago di Como, è decisa a ritrovare se stessa. Mentre passeggia cullata dallo sciabordio delle onde, incontra una bambina dai tratti giapponesi e dalla voce meravigliosa. Si chiama Yoko e, proprio come lei, è segnata da una ferita difficile da rimarginare. Presto Anita, leggendo il diario della nonna Lucrezia, scoprirà di essere legata a Yoko da una storia rimasta sepolta per anni, che unisce le loro famiglie. Tutto ha origine nel 1943, quando la casa di Lucrezia, la villa delle Farfalle, viene occupata da alcuni ufficiali tedeschi. Tra lei e Will, uno degli ufficiali, nasce un sentimento dirompente, ma la guerra sembra ostacolarli... In questo romanzo ricco di grazia e femminilità si intrecciano due storie mozzafiato, dal passato ai giorni nostri. Perché la forza dell'amore, quello vero, non si dissolve con il trascorrere degli anni ma perdura nel tempo.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La casa delle farfalle di Silvia Montemurro in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Print ISBN
9788817101714eBook ISBN
9788858693391Lucrezia
Una farfalla è libera solo se nessuno si accorge che sta volando via.
5
AURORA: è un piccolo lepidottero dalle ali arrotondate, con punte nere e arancioni. Si trova in tutta Europa e nelle zone calde dell’Asia. Quando depone le uova, emette un particolare profumo, per avvertire le altre farfalle di non farlo nello stesso punto. È minuscola, ma ha la forza di un leone. Puoi imitarla quando senti di dover difendere qualcuno o qualcosa con tutte le tue energie.
Ossuccio, 6 ottobre 1943
La stanza era ormai spoglia. Lucrezia si guardò intorno e si decise a dare un ultimo saluto all’edificio che un tempo fungeva da scuola.
«Ma tornerò a insegnare» mormorò a quelle pareti.
Chiuse la porta e consegnò le chiavi al soldato semplice che la stava aspettando fuori.
Le parve di sentire ancora una volta il suono della risata della piccola Sofia, o lo stridio del gesso sulla lavagna. Era tutto finito.
Ora che il nord Italia era in mano ai tedeschi, tutta la sua famiglia aveva dovuto riorganizzarsi. Suo fratello più piccolo, Alfonso, si era arruolato volontario ed era partito per Salò. Il più grande, Martino, era tornato dalla guerra in Grecia il giorno precedente, ferito nell’anima e nel corpo. Ci aveva messo molto tempo per rientrare, perché era stato tra la vita e la morte, in un ospedale da campo. Si era quasi scusato, per essere stato via tanto a lungo. Gli era stato concesso di trascorrere il periodo di convalescenza in casa. Lui però aveva dovuto promettere che una volta guarito sarebbe andato a Salò, per unirsi all’esercito repubblichino.
Quando l’aveva visto, sua madre era scoppiata a piangere. Lui, un uomo così affascinante, ridotto pelle e ossa e con la barba nera e lunghissima.
«Vieni a mangiare» aveva detto la mamma Ernesta, appoggiando per un solo istante la sua fronte contro quella del figlio.
Lucrezia gli si era fatta incontro e l’aveva abbracciato a lungo. Aveva respirato l’odore diverso che emanava e si era detta che presto sarebbe tornato il Martino di sempre. Il suo fratello maggiore, quello che la faceva dondolare sulle ginocchia quando era piccola. Aveva bisogno di crederci: la guerra non poteva cambiare tutto.
Ma una volta rientrata alla Villa delle Farfalle, constatò con un sospiro che niente sarebbe stato come prima.
L’ingresso, che una volta strappava esclamazioni di meraviglia ai visitatori per la luce che a ogni ora del giorno filtrava dalle ampie finestre, era stato adibito a ufficio ed era sempre pattugliato dai soldati. C’erano sacchi in ogni angolo e i mobili erano stati spostati.
Avevano dato un letto a Martino, che prima della guerra faceva l’orafo ed era anche piuttosto bravo. Ciascuno dei fratelli aveva una propria stanza, fino a poco tempo prima. Adesso, a casa sua, Martino doveva dormire in mezzo ai tedeschi, e attendere che fosse il suo turno per essere medicato. La ferita che aveva riportato alla gamba non era tanto grave, aveva detto il dottore, e Martino si sarebbe rimesso nel giro di due settimane. Questa notizia non faceva felice Ernesta, che aveva perso il marito e che non sopportava di sapere entrambi i figli al fronte.
Lucrezia, con i suoi vent’anni, aveva capito poco di quello che stava succedendo. Ma di una cosa era certa: era tutta colpa dell’ufficiale tedesco Will Brusseler.
Brusseler era arrivato dieci giorni prima con una delegazione di sottufficiali e soldati semplici e aveva fatto irruzione in casa loro, senza neanche una parola di scuse. Non che fosse facile, comunicare con lui, visto che parlava l’italiano poco e male. Ernesta aveva spiegato a Lucrezia che la Villa delle Farfalle sarebbe stata adibita a quartier generale e che loro, per grazia concessa dall’ufficiale, potevano continuare ad abitare lì.
«Quindi dovremmo dire grazie perché ci permettono di vivere a casa nostra?» aveva commentato Lucrezia, sprezzante.
La madre l’aveva subito ammonita: in guerra non si poteva scherzare su certe cose. Le aveva chiesto di fare attenzione a tutto quello che diceva o faceva e di eseguire tutti gli ordini che Will avrebbe impartito.
«Potrò continuare a occuparmi del farfallario?» aveva chiesto Lucrezia. Aveva due amori nella sua vita: i suoi alunni e le adorate farfalle. La passione per i lepidotteri le era stata trasmessa dal padre e per lei era un modo per continuare a farlo vivere.
«Credo di sì» aveva detto Ernesta, incerta.
Lucrezia aveva rabbrividito. Già non poteva più insegnare, perché alla villa c’era troppo da fare. Come avrebbe fatto se avesse dovuto rinunciare anche alle farfalle?
Ma qualche giorno dopo capirono che l’ufficiale tedesco aveva scelto la loro dimora anche perché amava ritirarsi nella serra. Lucrezia l’aveva spiato: quando vi entrava, era un’altra persona. Girava attorno alle piante tropicali e sorrideva beato, con i suoi grandi occhi azzurri spalancati sul mondo dei lepidotteri. Lucrezia apprezzava il fatto che non avesse mai provato a sfiorare le farfalle. Lasciava che gli passassero accanto, e si limitava a seguirne il volo con lo sguardo.
Quando rientrò alla villa, Lucrezia fu accolta dalla sua amica Maria.
«Vado a prendere un libro per Martino, così domani inizio a leggerglielo.»
Lucrezia alzò gli occhi al cielo. Da quando suo fratello era tornato, la sua migliore amica non faceva che parlare di lui. Di come fosse bello, anche se sciupato, e di come splendessero i suoi occhi scuri. Lucrezia faceva il tifo per lei, ma sapeva che Martino era attratto da un altro genere di donna. Maria non era esattamente una femme fatale: aveva capelli corvini che le arrivavano alle spalle, fianchi generosi e un seno pressoché invisibile.
Vennero interrotte da un soldato che chiese a Lucrezia di portargli un bicchiere d’acqua, in italiano.
Lei gli diede da bere e notò che lo sguardo dell’uomo ricadeva sul suo seno, che invece era sodo e nascosto a stento dalla camicetta. Prima della guerra avrebbe protestato, in quel frangente invece non poteva che far finta di niente. Aveva ben altro per la testa. Da quando era tornato Martino, c’era gran fermento tra i suoi amici nascosti sulle montagne, convinti com’erano che lui avrebbe potuto dare una bella scossa alla loro combriccola improvvisata. Martino era un vero leader e poteva essere di grande aiuto nella lotta contro l’invasore.
Lucrezia andò in cucina per dare una mano alla madre con la cena.
Will spesso chiedeva di mangiare in camera e si faceva portare sempre una razione molto abbondante.
«Quell’uomo è senza fondo» borbottò Lucrezia, riempiendo un secondo piatto di minestra.
«Dovresti ringraziare, invece di essere così scontrosa» insistette Ernesta. «Se non fosse per quell’ufficiale, in questa casa la carne non si vedrebbe più.»
In effetti, il cibo non mancava e neanche il tabacco.
«Da quando sei così propensa a stare dalla parte del nemico?» la schernì Lucrezia.
«Da quando so come se la passano le mie amiche. Ci sono famiglie che nemmeno hanno da mangiare. Qualcuno non sa neanche dove andare a dormire e deve trasferirsi dai parenti o in rifugi di fortuna. Noi siamo fortunate. Ma non mi dimentico chi è il nemico, stai tranquilla.»
«Mi pareva strano» la ammonì Lucrezia.
«Vai tu questa sera a portare da mangiare all’ufficiale?» chiese sua madre, con sguardo implorante.
«Non mangia in salone insieme ai suoi soldati?»
«Questa sera no.»
«Che avrà mai da fare, sempre in camera…» bisbigliò Lucrezia.
Non lo sopportava. Dal primo momento in cui l’aveva visto, aveva provato una sorta di gelida repulsione. Non era un brutto uomo, anzi: sulla trentina, fisico asciutto e solido, occhi azzurri e penetranti. Il suo sguardo era attento a ogni cosa, ma mai aggressivo, come quello di certi ufficiali con cui Lucrezia aveva avuto a che fare. Le sue mani erano grandi e quando non fumava Will le teneva dietro la schiena, quasi volesse nasconderle. Ogni tanto faceva un gesto come per spostare un ciuffo di capelli dalla fronte, e quello era l’unico segno di civetteria che Lucrezia aveva notato. Forse, un tempo, aveva avuto folti capelli biondi e ribelli. Non lo detestava, questo no. Ma lui era diventato ai suoi occhi il simbolo dell’assenza di libertà, della fine di un periodo in cui la sua vita poteva essere considerata, tutto sommato, felice.
Bussò alla porta della camera che un tempo era stata dei suoi genitori e rimase in ascolto.
Ogni tanto le sembrava di udire altri rumori, mentre lui non c’era.
Quando l’ufficiale tedesco aprì la porta, Lucrezia abbassò gli occhi ed entrò nella sua stanza per appoggiare il vassoio sul tavolino. Si guardò intorno, sperando che lui non se ne accorgesse: la stanza era sempre in un ordine impeccabile. La mattina, quando lei o Ernesta entravano per rifare il letto, spesso non ce n’era bisogno: lui aveva già provveduto a tutto.
«Grazie» disse Will, e Lucrezia avvertì il suo sguardo su di lei. Non ricambiò, ma sentì di essere arrossita e la cosa la mise tremendamente a disagio. Si scostò un ciuffo di capelli dagli occhi, gesto che sicuramente lui avrebbe interpretato come una provocazione, e quando fu fuori dalla stanza riuscì a mormorare: «Prego. Buon appetito».
Lui le rivolse un sorriso stentato e chiuse la porta.
«Cafone impertinente» bofonchiò Lucrezia, senza preoccuparsi di abbassare troppo il tono di voce. Che la sentisse pure.
Tornò in cucina e si sedette al tavolo di fronte a sua madre.
Ernesta cercava di sintonizzare la radio per captare le ultime notizie, ma quella sera non c’era verso. La guardò e disse: «Non ne va bene una, in questo periodo».
E Lucrezia pensò che, per come erano messi, sua madre non si sbagliava.
Quando sciolse la treccia per andare a dormire, si sorprese a domandarsi come Will passasse le sue serate. Non usciva insieme agli altri tedeschi a bere o a giocare a carte. Rimaneva chiuso in quella camera e solo raramente faceva una passeggiata in giardino, per fumarsi una sigaretta. Forse aveva una donna a cui scriveva lunghe lettere appassionate. Lucrezia indugiò ancora un attimo su quel pensiero romantico e insolito, poi si diede della sciocca e spense la candela.
2323__perl...Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- La casa delle farfalle
- Anita
- Lucrezia
- Margherita
- Yu Kari
- Yoko
- Epilogo
- Ringraziamenti