I comunisti che vinsero alla lotteria
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I comunisti che vinsero alla lotteria

  1. 280 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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I comunisti che vinsero alla lotteria

Informazioni su questo libro

Dovrebbe essere un messaggio facile da portare. Chiunque vorrebbe farlo: «Cari signori, come forse già saprete, avete vinto 56 milioni al SuperBillion». Ma i comunisti di Pietra Rosata sono vecchie cortecce scavate dalla vita, allergici alle buone notizie e Ilario Morale, impiegato modello del ministero Affari Privati e Finanze Pubbliche, non può immaginare cosa lo aspetta. Non conosce quell'orso di Ninito e i suoi amici rivoluzionari. Il suo capo dipartimento lo ha avvertito: «Tanti milioni in mano a quei pazzi... Già so come andrà a finire. Festeggeranno per un paio di giorni, prometteranno di condividere il premio con i paesani. Poi tutto cambierà. E ciascuno penserà solo a sé». A Pietra Rosata, però, le cose andranno assai diversamente: mai sottovalutare un vecchio visionario innamorato. Ninito e i suoi compagni coltivano infatti un folle progetto: investire parte della vincita nel sogno che da sempre li infiamma, una campagna elettorale che spezzi l'egemonia del potente sindaco Dellone, portando finalmente la rivoluzione al potere. E per tutti, anche per il giovane Ilario, la vita non sarà più la stessa. Con questo romanzo attualissimo e spassoso, Vladimiro Polchi ci racconta un'Italia che forse non esiste più ma che in fondo ci auguriamo continui a sopravvivere, come la nostalgia, a tutte le capriole della Storia.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
Print ISBN
9788817098120
eBook ISBN
9788858692318
I comunisti che vinsero alla lotteria
A Valerio ed Elena
Happiness only real when shared.
Christopher McCandless, viaggiatore statunitense
La Agrupación Local del Partido Comunista de Pinos Puente (Granada) ha repartido hoy más de 56 millones de euros con el segundo premio del Sorteo Extraordinario de la Lotería de Navidad.
“La Vanguardia”, 22 dicembre 2016
Doveva essere un messaggio facile da portare. Chiunque avrebbe voluto farlo. Ma i comunisti di Pietra Rosata erano vecchie cortecce scavate dalla vita, allergici alle buone notizie.
Ilario Morale aveva assunto l’incarico con emozione. La madre, con la quale era tornato ad abitare da quando si era separato da Laura, gli aveva messo in borsa panini, arance, acqua, thermos di caffè bollente. Quel venerdì mattina Ilario era salito sull’autobus alle nove in punto. Solo ventitré chilometri e un centinaio di curve separavano la città di Caprifoglio da quel suo satellite mezzo disabitato, appollaiato sulla montagna di Santa Marta.
«Mamma, torno per pranzo, che ci faccio coi panini?»
Povero Ilario! Quanto poco conosceva quel diffidente orso di Ninito e gli altri vecchi comunisti della sezione rivoluzionaria di Pietra Rosata.
Eppure anche loro avevano giocato.
Nessuno resiste a SuperBillion, il gioco d’azzardo più ricco al mondo, la fabbrica dei sogni che sforna milionari dal 1988. Per non perdersi i numeri estratti, bisogna stare incollati tre ore davanti alla diretta tv di Natale. Tutti lo sanno e tutti lo fanno. Tutti, tranne i diecimila abitanti di Pietra Rosata, che la sera del 21 dicembre 2016 si erano dovuti accontentare di una partita a carte in famiglia, alla luce di candele che ognuno conservava nel cassetto della propria cucina. I pietresi convivevano infatti da anni con i black-out. Le interruzioni della corrente elettrica erano tanto frequenti che, quando passava troppo tempo tra l’una e l’altra, ci si preoccupava un po’.
Anche quella sera Stella e le sue quattro figlie avevano allacciato abusivamente le macchine della loro lavanderia alla rete pubblica dell’elettricità, provocando un sovraccarico energetico. Metà paese lo sapeva e lo tollerava: Stella doveva mandare avanti la famiglia da sola, sopravvivendo ai buffi, alle bollette inevase e agli usurai alla porta. L’altra metà del paese lo sospettava solamente e non lo tollerava, anzi, se ne avesse avuto certezza, avrebbe assediato la lavanderia di Stella costringendola alla chiusura definitiva.
Resta il fatto che quella sera nessuno a Pietra Rosata aveva potuto vedere in tv i bambini del collegio di Sant’Alfonso, al Teatro Regio, estrarre i numeri vincenti. Ma la notizia sarebbe presto arrivata: cari signori, come forse già saprete, avete vinto cinquantasei milioni al SuperBillion. Congratulazioni. Come pensate di riscuotere?
Ilario Morale, impiegato modello dell’ufficio provinciale del ministero degli Affari Privati e delle Finanze Pubbliche di Caprifoglio, era pronto a partire. Nessuno avrebbe potuto intralciare la sua missione, la sua determinazione era massima.
In verità, quel venerdì mattina, appena sveglio, Ilario ebbe dapprima un altro pensiero. Ricordò con amarezza il record negativo del giorno precedente: solo tre contatti. Da quando Laura lo aveva lasciato, si era imposto un esercizio quotidiano. Un supplizio necessario per combattere la sua indole riservata e la sua tendenza all’isolamento. Ogni giorno contava le persone con le quali entrava in contatto. La regola era semplice: se andava oltre un semplice “buongiorno” o un “arrivederci”, poteva segnare un punto. Valeva tutto: discorsi sul tempo impazzito, commenti sui prezzi gonfiati, bestemmie sulle ruberie di governo. Anche solo una frase. Poi c’era il bonus: se gli riusciva di infilare una battuta, facendo ridere il suo interlocutore, i punti raddoppiavano. Ma purtroppo era da tanto che Ilario non faceva più ridere.
Va detto però che il record negativo del giorno precedente era dovuto a una serie di coincidenze sfortunate. Innanzitutto, sua madre.
Quella mattina la vecchia Guglielmina non era a casa: si era svegliata alle sei per mettersi in fila davanti all’ufficio postale di vicolo Misone, di fronte a piazza della Trinità. Voleva essere sempre la prima a ritirare la pensione. E quel giorno arrivava l’attesissima tredicesima. «Mamma, non è come dal fornaio, che se arrivi tardi rischi di non trovare più il tuo pane preferito» aveva provato a spiegarle Ilario, inutilmente. «Lascia perdere, cuoricino mio. E se finiscono il denaro? Ricordi cosa è successo alla signora Patrizia? In posta era l’ultima della fila, così l’hanno rimandata a casa e ha dovuto aspettare una settimana per tornare a ritirare la pensione. Poveraccia…»
Ilario si era svegliato e aveva fatto colazione con il caffè, la spremuta d’arancia e il pane tostato, condito con olio d’oliva e salsa di pomodoro, che gli aveva lasciato Guglielmina sul tavolo, in sala da pranzo. Si era lavato, sbarbato, aveva pettinato all’indietro i capelli neri, che teneva lunghi più per incuria che per scelta. Poi si era piazzato di fronte al lungo specchio della camera da letto: alto, mediamente slanciato, aveva ispezionato il proprio corpo stropicciato dalla notte e quel poco che restava della sua muscolatura, una volta armonica e definita.
Neppure con la portinaia era riuscito a segnare un punto. Antonietta non era in guardiola ad ascoltare la radio come sempre, ma quella mattina aveva visto bene di mettersi a lavare le scale dell’ingresso B, sporche da almeno due settimane. E così Ilario non l’aveva incrociata uscendo di casa.
L’ufficio provinciale del ministero era a soli due isolati di distanza. Ilario percorreva tutti i giorni a piedi la stretta via della Grazia, superava il Supermercato del giocattolo, dove da piccolo comprava le sue costruzioni, girava a sinistra su vicolo Pontezelo e poco prima dell’antica chiesa di Sant’Antonio entrava in un palazzaccio anni Sessanta, timbrava il cartellino alle otto e mezza in punto e restava fino a tardo pomeriggio.
In ufficio condivideva una piccola stanza al secondo piano assieme a Carmen, la signora Carmen, decana del ministero. Nonostante rimanesse seduta per ore alla scrivania, immobile davanti a un televisore portatile sempre acceso con l’audio bassissimo, e nonostante divorasse masse informi di junk food che ordinava al telefono alla rosticceria dell’angolo, la signora Carmen restava segaligna e piatta come un coltello.
«Buongiorno, signora Carmen.»
«Morale, apra la finestra che oggi l’aria pizzica e sa di buono. Qua dentro è la solita muffa.»
«Certo» rispose Ilario avvicinandosi alla maniglia per eseguire l’ordine. «Ha guardato ieri l’estrazione?»
«No, con Benito abbiamo visto Ritorno all’amore. Ieri Pablo si è dichiarato a quella sgualdrinella di Mariana. Non capisco cosa ci trova…» Benito era il bassotto che la signora Carmen portava spesso anche in ufficio, Ritorno all’amore era una telenovela messicana del 2009, che la tv locale Canale Tre ritrasmetteva in prima serata da un paio d’anni. Una storia senza fine di passioni, vendette, assassini, rapimenti, colpi di scena, sparizioni, riapparizioni, con al centro Mariana, eroina bella, ricca e amante dei cavalli. Che chissà perché alla signora Carmen non andava affatto a genio.
Quel breve dialogo con la collega gli valse comunque un punto.
Ilario si mise a smazzare un po’ di corrispondenza arretrata. Di lavoro ne aveva sempre tanto, non era tipo da stare con le mani in mano. Spesso sbrigava anche le pratiche della signora Carmen. A differenza di molti suoi colleghi, che passavano ore a giocare ai solitari online, a Ilario non dispiaceva faticare.
Trascorse il resto della mattinata attaccato al computer: una vecchia macchina che gli aveva passato il ministero, ma che lui aveva aggiornato con i pezzi più pregiati sul mercato. Nero, con quel continuo ronzio provocato dalla ventola potenziata e dal doppio processore, il Calabrone, come lo chiamava lui, era più di un computer, era un insettone intelligente. Non faceva domande, risolveva problemi.
A metà pomeriggio, dopo la breve pausa pranzo consumata in ufficio e una mezz’ora di siesta, con le gambe stese sotto la scrivania e la testa abbandonata all’indietro, fu convocato dal capo dipartimento al quarto piano.
«Cosa vorrà?» chiese alla collega.
«Licenziarci. Questo ufficio è inutile» lo rassicurò Carmen, senza distogliere lo sguardo dal televisore.
Il commendatore Alvaro Castello era un uomo gioviale, raramente autoritario, alto, barba lunga, capelli a punta scolpiti col gel, completi vittoriani, occhialoni bianchi d’osso. Veniva dalla capitale ed era stato trasferito a Caprifoglio dal viceministro in persona, per incompatibilità ambientale. Nessuno sapeva bene in cosa consistesse quella incompatibilità. Solo Carmen non aveva dubbi al riguardo: i due avevano duellato per una donna e il viceministro, sconfitto, alla fine lo aveva rimosso e spedito al Sud. Ma Carmen guardava troppe telenovela e rischiava di confondere la finzione con la realtà.
«Entri, Ilario, ho per lei una splendida notizia. È pronto a partire in missione?»
«Buonasera, commendatore… Missione?» Il giovane impiegato non si era mai mosso da vicolo Pontezelo.
«Il jackpot dei record! Non ha saputo? Cinquantasei milioni in mano a quei vecchi paesani di Pietra Rosata. E sarà lei il messaggero.»
«Non capisco, scusi…»
«Già immagino come andrà a finire. Festeggeranno per un paio di giorni tra canti e balli; tutti i pietresi, vecchi e bambini, affogheranno nel vino. Prometteranno di condividere il premio con i paesani. Poi tutto cambierà. In peggio. E ciascuno penserà solo a sé. Non sapranno gestire la vincita e…»
«E…?»
«Le spiego, Morale. Noi potremmo anche starcene fermi ad aspettare, perché tocca a loro reclamare la somma. Ma già vedo il circo mediatico che si scatenerà attorno a quei paesani, voglio che tutto fili liscio. Questo ministero è stato al centro già di troppe polemiche. Siamo pur sempre quelli delle tass...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. I comunisti che vinsero alla lotteria
  4. Ringraziamenti