LEZIONE N. 1
Scopri quello che ti piace
Quello che vedi qui sotto è il post-it da cui tutto è partito.
Alcuni anni prima di scrivere Appassionate, la mia terapeuta aveva pronunciato questa frase che mi era sembrata subito importante, tanto che quel giorno, tornata a casa, per non dimenticarla l’avevo scritta su un post-it che poi avevo appiccicato al muro. L’intenzione era continuare a pensarci mentre andavo avanti con la mia vita. Così facendo, senza accorgermene, ho lasciato passare almeno un paio di anni senza concludere nulla che andasse in quella direzione. Poi un giorno ho staccato il post-it, l’ho preso in mano e mi sono domandata: cosa mi piace fare? Cosa so fare bene?
Ho cominciato a rifletterci. Mi piaceva scrivere, lo sapevo da sempre. Eppure non scrivevo. Ogni volta una scusa. Da ragazzina pensavo di non esserne capace, da adulta credevo fosse troppo impegnativo. Quando, anni prima, avevo iniziato il mio romanzo, era stato difficilissimo. Mi ero costretta ad accostare gli scuri alle finestre e a mettere i tappi nelle orecchie pur di trovare la concentrazione giusta. Chiusa nella mia stanza, stare seduta le ore necessarie a produrre qualcosa era una sofferenza tale che a fine giornata c’erano solo poche pagine disordinate da leggere. Un’enorme fatica, poi arenata sui rifiuti delle case editrici. Un fallimento, insomma. Ma l’idea di scrivere mi piaceva e, davanti a quel post-it, era l’unica risposta che mi veniva di dare.
Troppo spesso siamo invitati ad associare al piacere il successo, oppure la spontaneità con cui lo si raggiunge; in mancanza di questi due presupposti, meglio rinunciare in partenza. Chi di noi, ammettiamolo, si figura il piacere connesso con la difficoltà, con la fatica? Nelle pubblicità ce lo raccontano così, tutto appare semplice, perfetto, pulito. Una volta, quando lavoravo ancora in televisione, un’amica con la quale coabitavo, affascinata dal mio desiderio di scrivere, mi chiese: «Ti sei mai immaginata mentre presenti un tuo libro? O partecipi a un festival? Ti sei mai immaginata il piacere di firmare delle copie ai tuoi lettori?». Io rimasi di sasso, non ci avevo mai pensato. No, non avevo osato spingermi fin là, al contrario, ero rimasta reclusa nei limiti del «non si può fare».
Fino ad allora avevo immaginato il mio piacere di scrivere al negativo: non sono all’altezza, è troppo faticoso, non ho talento, e perciò non ero mai andata oltre. Non avevo provato a forzare i limiti che il mondo mi aveva messo davanti: non lo potevo fare, quindi il mio sogno di scrivere non poteva esistere. È per questo che molti di noi alla domanda: «Cosa ti piace?» non sanno nemmeno come rispondere.
Per trovare bisogna innanzitutto cercare
Non possiamo trovare una cosa di cui ignoriamo l’esistenza, soprattutto se rinunciamo a cercare, perché scoraggiati da fallimenti passati o semplicemente perché non sappiamo da che parte cominciare.
Spesso, durante i miei seminari o alle presentazioni, mi sono sentita chiedere: «Io non so cosa mi piace. Come faccio a capirlo? È possibile che non ci sia nulla che mi appassioni?». Le prime volte mi sono fermata a riflettere: era possibile che qualcuno non avesse niente che gli facesse piacere? Poi mi sono detta che persino l’essere più misantropo della Terra, che odia chiunque, alla sua maniera un piacere lo prova ed è quello di stare senza nessuno accanto. Mi sono resa conto che è il dis-piacere il metro con cui molti misurano la loro realtà. Non sappiamo dire cosa ci piace, ma sappiamo bene cosa non ci piace. Quindi, ne ho concluso che il piacere esiste, dobbiamo solamente cercarlo nella sua versione positiva, potente e trasformatrice. Ti do alcuni indizi che ho scoperto io cercando il mio. Il primo, fondamentale, è: tu conosci il tuo piacere da sempre.
Niente di trascendentale, non è una luce che scende per dirti quel che devi fare. Probabilmente è quell’idea a cui corre subito la mente quando sull’autobus ti abbandoni a fantasticare su un’altra vita (lavorativa o personale), più soddisfacente, più appagante. È altrettanto probabile che tu non ti permetta mai di parlarne ad alta voce, per non essere smentita da chi ti conosce, ma anche per proteggere la tua idea, evitando che i commenti degli altri la sviliscano. Non ne sei ancora consapevole, ma in qualche maniera la cosa che ti piace la fai già, solo non ci hai mai prestato attenzione. Probabilmente ti viene bene in modo molto naturale e, se qualcuno ha bisogno, si rivolge proprio a te. Forse è quella cosa in cui, senza accorgertene, stai migliorando da quando sei bambina, anche se non ti sei mai iscritta a un corso. O magari è quella per cui continui da anni a iscriverti a corsi, convinta di avere sempre tanto da imparare.
Nel libro Il codice dell’anima, James Hillman spiega la sua Teoria della ghianda: la nostra anima, l’espressione di chi siamo, deve superare delle difficoltà per trovare la sua via e nascere. Nelle difficoltà da superare, per tutti importanti ma per alcuni veramente dure, non si nasconde una volontà punitiva da parte della vita, anzi! È proprio nel superare grossi ostacoli che alcuni di noi riescono a esprimere nella maniera migliore la loro anima. Proprio come il germoglio della ghianda, che per venire alla luce deve spaccare la sua rigida corazza, così noi per superare le nostre difficoltà affiniamo i nostri talenti in maniera unica. Le nostre reticenze, persino i limiti fisici e umani che ci tengono lontani dal nostro essere più autentico, hanno come ragione d’esistere quella di farci scoprire la nostra vocazione, di metterci sulla strada del nostro destino. Queste difficoltà sono direttamente proporzionali alla qualità di ciò che dobbiamo fare. Fronteggiandole conosceremo il nostro daimon, il nostro principale alleato per raggiungere la nostra anima, la nostra vera essenza.
È in questa ricerca naturale e allo stesso tempo volontaria che sta la radice del nostro piacere. Nella certezza, forse difficile da sostenere in alcuni momenti, che quello che ci piace fare è il nostro destino.
Insomma, quello che ti piace è già molto vicino a te, un po’ in ombra, o forse ben camuffato, ma, stanne certa, attende speranzoso che tu lo riconosca. Puoi trovarlo nascosto in un atteggiamento, oppure addirittura in una caratteristica del tuo corpo. Io, per esempio, tra i miei amici sono stata per anni quella che raccontava storie. Su ogni argomento potevo citare la vita di qualcuno, un episodio ascoltato per caso oppure letto su un giornale. Ho sempre creduto nelle storie come miglior modo per descrivere la vita. Anche se non sempre si sono rivelate il migliore per vivere la mia, almeno non in quella forma. Ma questo te lo racconterò in un altro capitolo.
Quindi il primo passo da compiere per trovare quello che ti piace è cominciare a cercarlo. È un passo enorme perché compierlo significa sapere che ciò che cerchi esiste e che per raggiungerlo devi fare qualcosa. Se invece rinunci, allora ti poni in uno stato di attesa, di non-azione e, a quel punto, il fatto che il piacere non arrivi è per te una conferma che non esista. Ecco perché bisogna agire sempre, per dimostrare concretamente che la nostra intenzione è reale. Perché se è vero che «si inciampa nei tesori» è vero pure che «nulla accade se non andate nel bosco», come scrive Clarissa Pinkola Estés.
Per trattenere questa esperienza, prova a fare una cosa semplice, quasi un gioco. Chiedi ai tuoi amici e alle persone che ti sono accanto qual è secondo loro il tuo talento più evidente. Le loro risposte possono arrivare sotto forma di battuta o addirittura come giudizio, ma tu scrivile su un quaderno. Domandalo ad almeno cinque persone di cui ti fidi, pregandole di dirti almeno tre cose che ai loro occhi ti riescono bene. Puoi farlo già da ora, inviando un messaggio, o una mail. Fallo subito, inizia adesso a cercare il tuo piacere. Oppure scrivi un appunto sulla tua agenda, inizierai a prendere confidenza con l’idea che il piacere è una cosa da fare, della quale bisogna assumersi la responsabilità. Esattamente come facciamo per le cose importanti.
Spesso chi ci vede da fuori può descrivere bene alcune nostre caratteristiche. Può succedere che i tuoi amici ti rispondano in maniera diversa, o che almeno due dicano la stessa cosa. Ecco, questo è già un indizio. La prima indagine, però, potrebbe non portare a niente. Non importa, quel che conta è che tu ti sia messa in moto. Scrivi comunque le risposte sul tuo quaderno e volta pagina. L’atto più importante è l’inizio della tua ricerca, tu stai dicendo al tuo corpo e alla tua mente che hai cominciato e che nei prossimi giorni ascolterai i segnali che loro ti manderanno per trovare il tuo piacere. Perché il corpo partecipa e, anzi, scoprirai presto che ogni muscolo, organo e cellula collaborano con te in questa esplorazione.
Il piacere è fisico, si sente
La vita è energia, come l’amore, che è l’energia che riconosciamo più facilmente. L’amore riscalda, si dice, ma non è solo un’espressione romantica, anzi, proprio come i modi di dire popolari e più condivisi, fonda il suo senso nell’esperienza della realtà. Non è forse vero che hai caldo quando abbracci chi ami? Oppure che ti sudano le mani quando devi parlare con qualcuno che ti interessa? O che ti vengono le guance rosse quando vedi la persona che ti piace? È proprio questa energia che devi cercare, l’energia quindi è il secondo indizio.
Nella struttura del corpo il piacere occupa il secondo chakra, un punto energetico posizionato tra i genitali e l’ombelico, tra l’istinto e la volontà, è lì in mezzo che si accende il fuoco.
I chakra sono sette punti energetici che nella cultura orientale, e sempre più frequentemente anche in quella occidentale, sono identificati in sette zone specifiche del corpo, su una linea verticale che sale dal primo, posizionato sotto i genitali, al settimo, che si trova al culmine della testa, in corrispondenza di un’apertura verso il cielo, verso l’universo. I chakra poggiano idealmente l’uno sull’altro e ognuno di loro si nutre dell’energia prodotta da quello inferiore e ispirata da quello superiore. Uno scambio che racchiude due concetti fondamentali per questo tuo viaggio: sostegno e potenzialità. Il chakra inferiore sostiene e il chakra superiore indica la direzione dell’evoluzione.
Il secondo chakra è l’energia che ti permette di sentire il piacere. Si appoggia sul primo, che è l’energia della sopravvivenza, e precede il terzo, che è l’energia del potere, dell’espressione di sé. Non si può tendere all’espressione di sé se non passando per, e restando in contatto con il piacere. Il piacere del secondo chakra è proprio il desiderio, ma non il desiderio concettuale, bensì quello dei sensi. «Nel recuperare il secondo chakra noi reclamiamo il diritto di sentire. Reclamiamo anche la passione e il piacere, il senso di bisogno e la vulnerabilità e il collegamento dei nostri sensi tanto alla realtà interiore che a quella esterna» come scrive Anodea Judith, nel suo Libro dei chakra.
Partendo alla ricerca di ciò che ci piace, noi rivendichiamo la volontà di compiere azioni sentite, che abbiano umanamente senso per noi e per gli altri. Attraverso il secondo chakra il piacere si fa sentire e noi impariamo a seguirlo, fiduciosi.
Dopo aver lasciato il mio lavoro come autrice televisiva ho curato per un paio di anni un mio blog, in cui scrivevo racconti e novelle. Non ero ancora in grado di renderlo proficuo economicamente, ma senza impegnarmi con un romanzo e, con maggiore benevolenza e supporto nei miei confronti rispetto agli anni precedenti, avevo deciso di scrivere in maniera regolare, per “frequentare” il mio piacere e alimentarlo con la pratica quotidiana. Durante quel lungo periodo mi sono resa conto di qualcosa che all’inizio era impercettibile e che quindi mi sfuggiva: era simile alla sensazione che provavo con un uomo da cui ero attratta. Mentre scrivevo sentivo il mio piacere, era lieve, un fremito. Le prime volte stavo in ascolto e mi domandavo: cosa mi sta succedendo? Adesso accade sempre, quando scrivo le cose che mi premono, in cui credo, le nuove interviste per Appassionate o anche in questo momento. Il piacere è la misura della mia verità. Il piacere esiste e si sente.
Il piacere sta nella scelta quotidiana
Ricordo perfettamente come mi sono sentita i primi anni dopo aver lasciato il lavoro: ero sola, non sapevo in che modo pagare l’affitto ma ero più viva che mai. Fu allora che mi feci una promessa: da quel momento avrei seguito il piacere per costruirgli intorno il mio mestiere, anzi di più, la mia vita. Lo avrei usato per aiutarmi a scegliere, come una rabdomante davanti a un bivio, avrei seguito il piacere, certa di trovare lì le mie risorse, attingendo a quella fonte la mia determinazione. E così è stato. In quel periodo ho cominciato a collaborare con un noto settimanale femminile e poco alla volta molte delle novelle scritte nel mio blog sono state pubblicate. Scoprivo che vivere la vita come la volevo io era possibile. Ma la vita, appunto, è più complicata di una linea retta e avrei dovuto imparare tante altre cose. Accanto al piacere, l’orgoglio di aver scelto e la possibilità di continuare a farlo rendevano libera la mia vita, sebbene fosse molto difficile. Non sapevo ancora come arrivare a sostentarmi economicamente facendo quello che mi piaceva, però continuavo a incitarmi: doveva essere possibile.
Nei miei seminari ricordo sempre che non dobbiamo essere rigidi con noi stessi. Non esiste mai una cosa veramente giusta o totalmente sbagliata, quasi sempre le nostre decisioni dipendono dal contesto, dalla situazione pregressa, dalle possibilità reali di fare o non fare in un determinato momento, ma al netto di questo possiamo sempre scegliere.
Se restiamo liberi da imperativi troppo rigidi, con il tempo possiamo modificare le circostanze mentre le possibilità si fanno più concrete ...