La bestia
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La bestia

  1. 560 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La bestia

Informazioni su questo libro

Niente è più come prima per la Confraternita del Pugnale Nero: dopo aver evitato la guerra con le Ombre, le alleanze sono cambiate e sono stati tracciati nuovi confini. Ma, mentre la Confraternita si prepara per un attacco su larga scala, uno dei suoi guerrieri, Rhage, combatte una battaglia interiore. Mary, la sua amata shellan, è al suo fianco e il Re e i suoi fratelli prosperano. Eppure Rhage non riesce a capire, o controllare, il panico e l'insicurezza che lo affliggono. Dopo aver riportato una ferita mortale in battaglia, Rhage deve riconsiderare le sue priorità, e quando trova la risposta, per lui e per Mary il mondo sarà stravolto.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2018
Print ISBN
9788817098540
eBook ISBN
9788858692059

Capitolo 1

Scuola femminile Brownswick,
Caldwell, New York

Formicolio sottopelle.
Rhage spostò il peso da un piede all’altro, con l’impressione che il flusso sanguigno avesse cominciato a ribollire e che le bolle solleticassero dall’interno ogni fottutissimo centimetro quadrato di pelle. Ma quello era il meno: fibre muscolari si inceppavano qua e là in tutto il corpo e per colpa dei crampi le dita si contraevano, le ginocchia si muovevano a scatti e le spalle si irrigidivano neanche stesse per fare una schiacciata a tennis.
Per la milionesima volta da quando si era materializzato scrutò con attenzione il prato incolto poco più avanti. Ai tempi in cui la Scuola femminile Brownswick era ancora aperta, il campo di fronte a lui di sicuro era un bel tappeto erboso dolcemente ondulato, tosato con cura in primavera e in estate, liberato dalle foglie in autunno e graziosamente innevato, come nelle illustrazioni dei libri per bambini, in inverno. Adesso era un infernale campo di touch football invaso da sterpaglie contorte capaci di procurare danni non solo estetici alla regione inguinale di un povero maschio, alberelli simili a figliastri orrendi e deformi dei più maturi aceri e querce, e lunghe erbacce marroni di fine ottobre pronte a farti inciampare se solo cercavi di sprintare in avanti.
Analogamente, gli edifici in mattoni che avevano ospitato i pargoli dell’élite privilegiata offrendo loro spazi dove alloggiare e istruirsi, senza una regolare manutenzione invecchiavano male: finestre rotte, porte marcescenti, imposte sbilenche che sbatacchiavano nel vento gelido, aprendosi e chiudendosi come se i fantasmi non riuscissero a decidere se volevano farsi vedere o solo sentire.
Era il campus dell’Attimo fuggente, in pratica. Dove però tutti avevano fatto le valigie al termine delle riprese, nel 1988, e nessuno aveva più toccato niente di niente.
Ma i fabbricati non erano deserti.
Rhage inspirò a fondo, soffocando un paio di conati di vomito. Nascosti nei dormitori e nelle aule abbandonate c’erano tanti di quei lesser che era impossibile isolare odori specifici nel tanfo nauseabondo generale. Era come ficcare la faccia in un secchio di esche per squali e inspirare neanche il mondo fosse a corto di ossigeno, Cristo.
Dopo che qualcuno aveva aggiunto una spruzzata di borotalco a quell’ammasso appiccicoso e maleodorante di teste di pesce del giorno prima.
Giusto per dare un dolce tocco finale…
Con la pelle che ricominciava a prudere, Rhage intimò alla sua maledizione di darsi una calmata, promettendole che, sì, okay, appena possibile avrebbe potuto scatenarsi. Non ci provava neanche a trattenerla, la bestia – non che cercare di frenarla servisse a qualcosa – ma se lasciarla a briglia sciolta non era sempre un bene, quella sera sarebbe stato un vantaggio sul piano offensivo. La Confraternita del Pugnale Nero si trovava ad affrontare… quanti lesser? Cinquanta? Centocinquanta?
Erano un bel po’ anche per loro – per cui sì, quel… regalino… da parte della Vergine Scriba sarebbe tornato utile.
Quando si dice un estraneo imbucato. Più di un secolo prima la madre della razza lo aveva dotato di un sistema di spegnimento automatico, un programma di modifica del comportamento così oneroso, così sgradevole e così devastante che di fatto gli aveva impedito di precipitare nell’idiozia più assoluta. Grazie al drago, se non riusciva a regolare a dovere i suoi livelli di energia e a moderare le emozioni, si scatenava l’inferno.
Letteralmente.
Già, negli ultimi cento anni Rhage era riuscito a evitare che la bestia si pappasse i suoi cari o li facesse comparire nel notiziario serale con un titolo del tipo “Jurassic Park è redivivo”.
Ma con quello che lui e suoi fratelli dovevano affrontare a momenti – in quel campus a casa del diavolo – con un pizzico di fortuna quel gigantesco bastardo con le scaglie viola, i denti a sega elettrica e una fame da lupi si sarebbe fatto una mangiata degna di Nobu. Anche se, come già detto, loro erano in cerca di una dieta unicamente a base di lesser.
Niente fratelli a mo’ di sofficini, per favore. E niente umani a mo’ di tapas o di dessert, grazie.
Più per discrezione che per affetto, in quest’ultimo caso. Quei ratti senza coda non andavano mai da nessuna parte senza due cose: una mezza dozzina di amici deficienti al cubo, evolutivamente inferiori e notturnamente codipendenti e i loro fottutissimi cellulari. YouTube era una bella rottura di palle quando cercavi di tenere segreta la tua guerra con i non morti, cacchio. Per quasi duemila anni nessuno – salvo i diretti interessati – si era impicciato della lotta dei vampiri contro la Lessening Society dell’Omega, e il fatto che gli umani non si limitassero alle loro competenze specifiche – ovvero distruggere l’ambiente e dirsi reciprocamente cosa dire e cosa pensare – era solo uno dei tanti motivi per cui li odiava.
Accidenti a Internet.
Scalando marcia per non esplodere troppo presto, Rhage puntò lo sguardo su un vampiro che stava correndo al riparo a sei o sette metri di distanza. Assail, figlio di Vattelapesca, era vestito in nero-corteo-funebre; la chioma corvina alla Dracula non richiedeva camuffamenti e il volto diabolicamente bello era così assorto in quella missione omicida da incutere rispetto. Quando si dice fare un favore… e un’inversione di rotta di centottanta gradi: il narcotrafficante stava dando una mano alla confraternita, e aveva mantenuto la promessa di tagliare i rapporti commerciali con la Lessening Society recapitando ai piedi di Wrath la testa del Forelesser dentro a una scatola.
E anche svelando l’ubicazione di quel covo che i lesser utilizzavano da tempo come quartier generale.
Ecco perché erano tutti lì, nelle erbacce fino ai coglioni, in attesa che il conto alla rovescia degli orologi sincronizzati con quello di V arrivasse alla mezzanotte in punto.
Quello non era un attacco improvvisato, tanto per sparare alla cazzo sul nemico. Dopo una serie di nottate – e giornate, grazie a Lassiter, alias 00-scemo, che si era occupato delle ricognizioni in orario diurno – era stato studiato con cura, coordinato e organizzato per essere messo in atto. Tutti i guerrieri erano presenti: Z e Phury, Butch e V, Tohr e John Matthew, Qhuinn e Blay, oltre ad Assail e ai suoi due cugini, Zanna I e II.
Chi se ne fregava di come si chiamavano veramente, bastava che arrivassero armati fino ai denti e carichi di munizioni.
In attesa, poco lontano, c’era anche lo staff medico della confraternita, con Manny e la sua unità chirurgica mobile a un chilometro e mezzo di distanza e Jane ed Ehlena a bordo di uno dei furgoni nel raggio di tre chilometri.
Rhage controllò l’orologio. Sei minuti e spiccioli.
Quando il suo occhio sinistro cominciò a ballare la samba imprecò. Come cazzo faceva a mantenere la posizione così a lungo?
Scoprendo le zanne, soffiò fuori dal naso due strisce gemelle di fiato condensato, preavviso di un toro pronto a caricare.
Cristo, non ricordava l’ultima volta che era stato così irrequieto. E non voleva pensare al perché. Anzi, da quand’era che evitava di pensarci, al perché?
Be’, da quando lui e Mary vivevano quello strano momentaccio e lui aveva iniziato a sentirsi…
«Rhage.»
Il suo nome era stato bisbigliato così piano che lui si girò di scatto, temendo che il suo subconscio avesse deciso di parlargli. No. Era Vishous… e dalla faccia che aveva, Rhage avrebbe preferito vivere uno sdoppiamento di personalità. Quegli occhi di diamante brillavano di una luce inquietante. E i tatuaggi alla tempia non miglioravano le cose.
Il pizzetto era un elemento neutro… a meno di non valutarlo in termini di stile. Nel qual caso era la parodia di una barba come Dio comanda.
Rhage scosse la testa. «Non dovresti appostarti…?»
«Ho visto questa notte.»
Oh, cazzo, no, pensò Rhage. Eh, no, fratello caro, non puoi farmi questo proprio adesso.
«Risparmiami il tono alla Vincent Price, okay?» mormorò, voltandosi dall’altra parte. «O stai cercando di imitare il tipo che fa la voce fuori campo nei trailer del film…»
«Rhage.»
«… perché hai un futuro in quel campo. “In un mondo… dove tutti devono… chiudere il becco e fare il proprio dovere…”»
«Rhage
Vedendo che Rhage non si girava, V gli si piazzò di fronte guardandolo in cagnesco, gli occhi chiarissimi un’accoppiata di funghi atomici dopo un’esplosione nucleare. «Voglio che tu vada a casa. Subito
Rhage aprì la bocca. La richiuse. La aprì di nuovo… e dovette rammentare a se stesso di non alzare la voce. «Senti, non è il momento buono per le tue stronzate da medium…»
Il Fratello lo afferrò per il braccio e strinse con forza. «Vai a casa. Non ti sto prendendo per il culo.»
Il terrore lo raggelò, azzerandogli la temperatura corporea… ma Rhage scosse di nuovo la testa. «Vaffanculo, Vishous. Dico sul serio
Ne aveva abbastanza di testare le magie della Vergine Scriba. Non…
«Stanotte morirai, cazzo.»
Col cuore che si fermava, Rhage fissò quel viso che conosceva da tempo immemorabile… i tatuaggi, le labbra serrate, le sopracciglia nere… e l’intelligenza geniale, solitamente filtrata da un sarcasmo tagliente come la spada di un samurai.
«Tua madre mi ha dato la sua parola» ribatté. Un momento, davvero stava parlando della propria dipartita? «Mi ha promesso che quando morirò, Mary potrà venire nel Fado con me. Tua madre ha detto…»
«Al diavolo mia madre. Vai a casa
Rhage distolse lo sguardo. Non poteva fare altrimenti se non voleva che gli scoppiasse la testa. «Non lascerò i fratelli. Non esiste. Potresti sbagliarti, tanto per dirne una.»
Sì, come no, quand’era stata l’ultima volta che era capitato? Nel Settecento? Nel Seicento?
Mai?
«E poi non voglio farmela sotto all’idea di finire nel Fado» aggiunse, parlando sopra a V. «Se comincio a pensarla così finirò con una pistola in mano.» Prese il fratello per il pizzetto perché la piantasse di interrompere. «E il terzo vaffanculo sai qual è? Se stanotte non combatto, non ce la farò a starmene chiuso in casa per tutto il giorno… senza che il mio amico viola esca fuori per colazione, pranzo e cena, mi segui?»
C’era anche una ragione numero quattro. E la quarta motivazione… era terribile, così terribile che la scacciò subito, appena si affacciò alla sua mente.
«Rhage…»
«Non mi succederà niente. Ho tutto sotto controllo…»
«No, invece!» sibilò Vishous.
«Okay, d’accordo» sbottò Rhage, piegandosi in avanti. «E se anche dovessi morire? Tua madre ha concesso la grazia suprema alla mia Mary. Se finisco nel Fado, Mary mi raggiungerà. Non mi separerò mai da lei, non ho motivo di preoccuparmi. Io e lei staremo benissimo. A chi importa se anche tiro le cuoia?»
«Non credi che ai Fratelli fregherebbe? Davvero? Be’, grazie tante, stronzo» ribatté V, piegandosi in avanti a sua volta.
Rhage controllò l’orologio. Ancora due minuti.
Ma gli pesavano come duemila anni.
«E tu ti fidi di mia madre» riprese V in tono di scherno, «per una cosa così importante. Non ti facevo così ingenuo.»
«È riuscita a darmi un cazzo di alter ego alla T-Rex! Non è male come credibilità.»
Tutt’a un tratto nelle tenebre intorno a loro risuonarono una quantità di richiami di uccelli. All’ascoltatore ignaro potevano sembrare gufi o civette che avevano attaccato a cantare come in Pitch Perfect.
Soltanto allora i due fratelli si accorsero che stavano gridando, accidenti.
«Lasciami in pace, V» sussurrò Rhage. «Visto che sei così intelligente preoccupati della tua, di vita.»
L’ultimo pensiero conscio, prima che il suo cervello entrasse in modalità Zero Dark Thirty focalizza...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Dedica
  4. Ringraziamenti
  5. La bestia
  6. Capitolo 1
  7. Capitolo 2
  8. Capitolo 3
  9. Capitolo 4
  10. Capitolo 5
  11. Capitolo 6
  12. Capitolo 7
  13. Capitolo 8
  14. Capitolo 9
  15. Capitolo 10
  16. Capitolo 11
  17. Capitolo 12
  18. Capitolo 13
  19. Capitolo 14
  20. Capitolo 15
  21. Capitolo 16
  22. Capitolo 17
  23. Capitolo 18
  24. Capitolo 19
  25. Capitolo 20
  26. Capitolo 21
  27. Capitolo 22
  28. Capitolo 23
  29. Capitolo 24
  30. Capitolo 25
  31. Capitolo 26
  32. Capitolo 27
  33. Capitolo 28
  34. Capitolo 29
  35. Capitolo 30
  36. Capitolo 31
  37. Capitolo 32
  38. Capitolo 33
  39. Capitolo 34
  40. Capitolo 35
  41. Capitolo 36
  42. Capitolo 37
  43. Capitolo 38
  44. Capitolo 39
  45. Capitolo 40
  46. Capitolo 41
  47. Capitolo 42
  48. Capitolo 43
  49. Capitolo 44
  50. Capitolo 45
  51. Capitolo 46
  52. Capitolo 47
  53. Capitolo 48
  54. Capitolo 49
  55. Capitolo 50
  56. Capitolo 51
  57. Capitolo 52
  58. Capitolo 53
  59. Capitolo 54
  60. Capitolo 55
  61. Capitolo 56
  62. Capitolo 57
  63. Capitolo 58
  64. Capitolo 59
  65. Capitolo 60
  66. Capitolo 61
  67. Capitolo 62
  68. Capitolo 63
  69. Capitolo 64
  70. Capitolo 65
  71. Capitolo 66
  72. Capitolo 67
  73. Capitolo 68
  74. Capitolo 69
  75. Capitolo 70
  76. Capitolo 71
  77. Capitolo 72
  78. Capitolo 73
  79. Capitolo 74
  80. Glossario dei nomi comuni e dei nomi propri