Storia di una matita. A casa
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Storia di una matita. A casa

  1. 144 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Storia di una matita. A casa

Informazioni su questo libro

È da tempo, ormai, che Lapo ha lasciato il suo paesino di campagna per trasferirsi in una grande città e inseguire il suo sogno: diventare un illustratore. Le dolci colline, i campi di grano e il mare quieto di casa sua sono un ricordo sempre più lontano, fino a quando… Driiiin! Lapo riceve una telefonata: suo padre, conosciuto da tutti come Cespuglio di More per via della chioma sempre aggrovigliata, ha bisogno di lui. Per Lapo è giunto il momento di mettere i sogni da parte e tornare a casa. Ma ad aspettarlo c'è un'incredibile avventura, fatta di amicizie vecchie e nuove, di tramonti, di alberi speciali… e di matite colorate! Un tuffo nel passato e nella natura che svela a Lapo un profondo segreto: i sogni non vanno trascurati, ma coltivati, perché, proprio come piccoli semi, sono in grado di dare vita a grandi storie.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
Print ISBN
9788817098380
eBook ISBN
9788858692332

1

La campanella suonò e Lapo salutò la classe: «L’ora di arte è finita. Ci vediamo domani!»
Dalle finestre, una luce calda aveva avvolto l’aula.
Avvicinandosi alla cattedra, Matilde esclamò: «Maestro Lapo, non te ne andare!»
Il suo sguardo era dolce, quasi implorante. Lapo non voleva deluderla, ma non poteva trattenersi di più.
«Matilde, mi dispiace, ma non posso proprio restare. Fra poco arriverà la maestra Emilia. Con lei studierete matematica.»
«Posso farti vedere il mio disegno?» chiese allora la bimba, sorridendo.
«Certo!»
«Eccolo qua» disse lei, mostrando a Lapo un capolavoro dai colori vivaci.
«Oh, ma è bellissimo!»
Matilde, però, non era l’unica artista della classe: il piccolo Dario aveva scritto una favola e tutti erano curiosi di ascoltarla.
«Maestro, la storia inizia così: “Era un giorno di primavera e in un piccolo paese di mare si fece una scoperta sensazionale…”»
«Bene, continueremo a leggerla domani. E prenderemo spunto dalla tua storia per fare tantissimi disegni.»
«Tantissimi sogni?» chiese Filippo.
«No, disegni» ripetè Lapo, mentre Carla e Tommaso infilavano nella cartella album e matite colorate.
Qualche giorno prima Lapo aveva accompagnato gli alunni della sua classe allo zoo. Era stata una gita rocambolesca... e un po’ magica: i bambini si erano imbattuti in alcuni animali davvero particolari, un elefante disegnatore e un temperinoceronte, e da quel giorno, durante l’ora di arte, non facevano altro che disegnare creature fantastiche e bizzarre.
Dalla fantasia di Carla era nato lo Zapanda, una creatura metà zaino e metà panda.
Da quella di Tommaso il Forbicillo, occhi tondi tondi, becco lungo e appuntito.
«Mi ricorda qualcosa. Assomiglia a un paio di…»
«Forbici!» esclamò Tommaso.
La gita allo zoo non aveva creato solo dei piccoli artisti, ma anche delle grandi amicizie. La timida Pamela, per esempio, non era più così silenziosa: era diventata compagna di banco di Sabrina e le due erano ormai amiche per la pelle.
Per Lapo era sempre difficile lasciare la sua classe, la Quarta B.
«Bambini, adesso devo proprio andare. A domani!»
«A domani!» risposero tutti in coro.
Il maestro uscì dalla porta dell’aula e passò di fronte all’ufficio della preside. Da fuori, si sentiva il ronzare di fax e fotocopiatrici.
Lapo si fermò un momento, ricordando il giorno in cui era stato assunto. Fare il supplente del maestro Bruno, che insegnava arte alla scuola elementare, gli aveva dato l’opportunità di insegnare e disegnare allo stesso tempo. In compagnia della sua splendida classe, pergiunta: l’avventura più emozionante della sua vita.
E dire che di avventure ne aveva vissute tante, lui. Ed erano nate tutte dalla sua passione per l’arte e per il disegno. Una volta si era persino trasformato in una gigantesca matita. Incredibile, vero? Al posto dei piedi gli era spuntata una mina di grafite ben temperata, con cui Lapo aveva imparato a tracciare disegni incredibili.
Nel giro di poco tempo si era trovato un lavoro come disegnatore di strada e aveva attirato l’attenzione di un grande magnate della televisione, che voleva dedicargli uno dei suoi programmi tv.
Ma questa è un’altra storia... O forse no?
Perso nei suoi pensieri, Lapo scese le scale e dopo pochi passi si ritrovò in cortile, un luogo che gli stava particolarmente a cuore, perché era stato in quello spiazzo che aveva realizzato i primi disegni con la sua classe.
Ma per Lapo quello non era il momento di abbandonarsi ai ricordi: fuori dal cancello della scuola, qualcuno lo aspettava.
Lunga, nera e con i finestrini oscurati, c’era una limousine.
La portiera posteriore si aprì quel tanto che bastava per lasciar intravedere una mano, che gli fece cenno di salire.
«Io?» chiese Lapo, guardandosi intorno. Ma nei paraggi non c’era nessun altro. Il silenzio era calato su tutta la città. Quella mano cercava proprio lui.
E così, con le gambe molli e tremolanti, Lapo salì sull’auto.
Dentro, ad aspettarlo, c’erano due gorilla. Non quelli che aveva visto durante la gita allo zoo, ma due guardie del corpo. Due veri e propri energumeni.
Il più grosso, con le spalle larghe come un armadio, gli parlò. La voce, neanche a dirlo, era cupa e profonda:
«Il magnate vuole parlarti. Ha un grosso problema e solo tu puoi risolverlo.»
Disorientato, Lapo sentì il click delle portiere che si serravano. Tentò con tutte le forze di tenere a bada la paura. Era in trappola.
L’autista accese il motore e sfrecciò via.
Ma all’improvviso un rumore strano, acuto, si levò dall’automobile. Forse era ingolfata. Anzi no, era…
Drin… Drin…
Il gorilla più grosso, innervosito, esclamò:
«Ma che succede?»
Lapo sudava freddo, mentre l’autista accelerava e l’auto, ancora più forte, faceva...
Drin… Drin…
Fu in quell’istante che Lapo aprì gli occhi.
Vide il soffitto della sua camera da letto, bianco, percorso da una piccola crepa.
Aveva sognato.

2

I sogni non si ricordano con facilità. Sono difficili da acchiappare. Scompaiono magicamente, come se il sole del mattino fosse una gigantesca gomma gialla che li cancella, lasciandone solo una traccia leggera.
A Lapo, invece, capitava spesso di fare sogni nitidi e di ricordarli al suo risveglio.
Drin… Drin…
«Il telefono…» borbottò sbadigliando.
Ma, al posto di rispondere, si rigirò sotto le coperte, ripensando al sogno. Era iniziato così bene: quanto desiderava tornare a insegnare! Quanto gli sarebbe piaciuto trascorrere ancora quelle divertenti mattinate con i bambini della sua classe!
Poi, però, il sogno aveva preso una brutta piega.
Il magnate? Tornare nel suo ufficio? Risolvere di nuovo i suoi guai?
Neanche per sogno!
Drin… Drin…
Finalmente Lapo si decise a rispondere.
Allungò una mano sul comodino e, sbadigliando, afferrò il telefono.
«Pronto…»
Dall’altra parte sentì solo un lungo e lento Tuuuu… Tuuuu…
«Pronto? Pronto!»
Avevano riattaccato.
Allora Lapo si alzò, si preparò un buon caffè e si vestì.
Era domenica e la primavera, appena arrivata, illuminava la città. Così Lapo decise di uscire a fare una passeggiata.
Scese giù per le scale e incontrò Franco, il portiere.
«Signor Lapo, perché non prende mai l’ascensore?» borbottò Franco. «Eppure abita all’ultimo piano!»
«Be’, non saprei» rispose Lapo alzando le spalle. «Gli ascensori non mi piacciono, sono troppo stretti. E poi voglio tenermi in forma…»
E così dicendo filò via, fuori dal portone.
All’angolo della strada, Lapo incontrò un gruppo di ragazzini. Radunati intorno a una fontanella, ridevano e scherzavano, e avevano tutta l’aria di chi la sta per combinare.
A un tratto si voltarono verso la strada, portandosi alla bocca dei piccoli cerchi insaponati. In men che non si dica, la via si riempì di piccole bolle di sapone danzanti.
Tutte le persone che passavano di lì si fermarono a osservarle, incantate. Qualcuno si divertiva a schivarle, qualcun altro le sfiorava o cercava di acchiapparle per farle scoppiare.
Dai balconi e dalle finestre, fecero capolino tanti occhi curiosi.
Persino le auto non ripartirono al segnale del verde.
Lapo ricordò che anche lui, quand’era bambino, si divertiva a fare le bolle di sapone nel suo piccolo giardino. Volavano in aria libere e fragili fino a quando, Plop!, scoppiavano gentilmente. Ed ecco che...
Plop!
Anche il suo ricordo esplose all’improvviso, interrotto da un suono che Lapo conosceva bene.
Drin drin drin…
Uffa, ancora! Com’era possibile? Come aveva fatto il suo telefono a seguirlo fino a lì? Forse Lapo aveva ricominciato a sognare, e quel telefono che squillava lo avrebbe svegliato ancora una volta.
Ma a un tratto fu tutto chiaro: a squillare era il cellulare che aveva in tasca. Se ne dimenticava sempre, ma da qualche giorno ne aveva comprato uno. Era stata Mirella a convincerlo, così potevano sentirsi quando volevano. E anche sua madre era stata felicissima dell’acquisto, perché finalmente poteva raggiungerlo in qualsiasi posto e in qualsiasi momento.
Drin drin drin…
«Pronto!» rispose Lapo, circondato da piccole bolle di sapone ballerine.
«Ciao, Lapo!»
E chi mai poteva essere?
...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 1
  4. 2
  5. 3
  6. 4
  7. 5
  8. 6
  9. 7
  10. 8
  11. 9
  12. 10
  13. 11
  14. 12
  15. 13
  16. 14
  17. 15
  18. 16
  19. 17
  20. 18
  21. 19
  22. 20
  23. 21
  24. 22
  25. 23
  26. 24
  27. 25
  28. 26
  29. 27
  30. 28
  31. 29
  32. Ringraziamenti