LE QUINDICI REGOLE D’ORO PER ARRICCHIRSI CON ONORE
I
Fai tutto il possibile per partire col piede giusto
Diceva Seneca: «Non è il luogo a fare l’uomo». Forse aveva ragione, ma molte attività di ogni dimensione dipendono dall’idoneità dei luoghi: qualunque commercio si voglia avviare, bisogna scegliere il luogo adatto e fuggire quello inadatto.
E questo è pochissimo compreso da chi è nuovo alla mercatura e magari sceglie i luoghi solo in base a dove può spendere poco e dove non ci sono altri traffici mercantili.
Al contrario, va scelto come sede della propria attività un luogo ben frequentato e abitato da mercanti e da gentiluomini: come l’uomo d’arme si dimostra valente nell’uso delle armi quando frequenta luoghi dove esse si utilizzano, così anche il mercante, se abita nei luoghi frequentati da altri mercanti, diventa di giorno in giorno sempre più esperto e pratico – e di conseguenza più ricco.
Inoltre sarebbe opportuno poter scegliere un luogo dove si vive in pace e senza timore, perché già il solo sospetto di guerre fa male alla mercatura; e dove l’aria è salubre, perché l’aria è uno degli elementi più necessari alla vita umana, molto giova quando è salubre e al contrario nuoce quando è corrotta – e questo causa malattie, spesso gravi, e di conseguenza perdita di denaro.
Ma, soprattutto, le attività andrebbero avviate in luoghi in cui vi è certezza delle leggi e in cui l’amministrazione della giustizia è rapida e efficiente, perché per il mercante sono una difficoltà non da poco le dispute dei giuristi, nemici della sua borsa, e perché le cose mercantili necessitano di rapidità d’attuazione.
Infine, va considerata la natura del luogo: bisogna evitare di abitare nei luoghi dove l’offerta e la ricchezza sono eccessive, luoghi che di solito sollecitano a intraprendere molti progetti, cosa pericolosissima che spesso conduce al fallimento.
Piuttosto, sfòrzati di abitare nei luoghi nei quali chi vi abita ed esercita la mercatura consegue maggiori guadagni. È nato da qui il proverbio che dice: «Nel lago grande si pigliano i pesci grandi». E così l’ideale è abitare dove ci si può dedicare a grandi faccende e, di conseguenza, ottenere onori e ricchezze.
Nell’avviare un’attività è anche indispensabile valutare e sperimentare per quale si è portati, perché alcuni sono adatti e fortunati nel settore dei metalli, altri nei beni alimentari, altri ancora in merci inerti come lane, cotoni, pepe eccetera, o in prodotti specifici, come panni e stoffe tessute a mano, o bestiame. E anche il luogo geografico non è uguale per tutti: alcuni hanno fortuna a commerciare in Levante, altri in Ponente, altri in Tramontana; alcuni sono abili a inviare aiutanti, altri a viaggiare di persona.
Inoltre bisogna essere previdenti nel cercarsi gli affari ed è necessario esaminarne di continuo e trovarne di nuovi, perché la prova di un ingegno capace è trovare cose nuove, come dice Boezio, nel De consolatione: «È proprio di un ingegno dei più miseri fare ricorso sempre a quanto è già stato trovato e non a quanto si deve ancora trovare». E Aristotele: «È facile rimanere aderenti a ciò che è stato già trovato». E tale indagine deve riguardare attività idonee e pienamente adatte al luogo, alla persona, alle tue possibilità economiche e che si possono concludere con abilità.
Infine, considera che un mercante abile deve anche sapere cambiare o modificare al momento opportuno la propria attività, quando l’utile diminuisce perché vi si sono dedicati in molti. Sappi tu venirne fuori con destrezza.
II
Confida solo in te stesso
Sii audace e prudente insieme, impara a guardare lontano e abbi fiducia nella fortuna
La fiducia in se stessi è precisamente sicurezza e capacità di agire, e questa condizione è coerente con la personalità del mercante, perché il mercante vile non deve prosperare.
Ma non deve neanche essere troppo temerario e audace da eccedere la giusta misura, perché se è troppo audace o sfrenato è pericoloso, soprattutto quando va oltre le sue possibilità. Deve osare con moderazione ed esercitare la sua arte con coraggio e rimettendosi con fiducia in mano a Dio e alla fortuna. Come cantò Virgilio: «La fortuna aiuta gli audaci e respinge i pavidi».
La virtù più propria e adeguata al mercante, comunque, è la prudenza. Benché sia una virtù comune e conveniente ad ogni grado, stato e condizione di uomini, lo è maggiormente per il mercante, perché le altre cose, scienze e arti sussistono e sono regolate con norme sicure e regole speciali, mentre solo la mercatura si amministra in larga parte per arbitrio, a cui dunque è estremamente necessaria questa dote.
La prudenza è il principale elemento dell’onestà e ha in sé il discernimento del bene e del male, e consiste nel ricordarsi del passato, nel valutare il presente e nel provvedere al futuro, come dice Boezio nel De consolatione: «Non basta guardare ciò che è posto davanti agli occhi, ma la prudenza deve misurare l’esito delle cose». E Tullio dice: «Questo è il pregio dell’intelletto, determinare con anticipo ciò che può accadere in bene e in male e che cosa si debba fare quando qualcosa sia accaduto, e fare in modo che non si debba mai dire: “Non l’avrei mai creduto”».
Gli errori del mercante, infatti, sono per lo più o dannosi o inemendabili, e perciò chi esercita la mercatura deve avere la testa a posto ed essere capace di fare tutto; deve capire senza fraintendimenti ed essere cauto in ogni sua deliberazione, avere di volta in volta la mente flessibile, e prendere con prudenza decisioni e rimedi riguardo alle cose infauste che dovessero accadere. Dalla prudenza derivano previdenza, cautela, precauzione e docilità. E perciò il mercante deve essere provvido: quando desidera la conclusione di un progetto futuro deve, procedendo verso di essa, ordinare le cose presenti, mediante le quali conseguire l’obiettivo che si è posto. Deve anche essere cauto nel distinguere il bene dal male, il bianco dal nero e l’utile dal danno, il vero dal falso e le lusinghe dalla verità, e non lasciarsi ingannare sotto l’apparenza del bene e dell’utile, come i Greci ingannarono i Troiani con il cavallo facendolo a somiglianza di un dono per Minerva.
Il mercante deve essere anche astuto: l’astuzia, ovvero la callidità, non deve tuttavia essere utilizzata per offendere gli altri ma per non lasciarsi offendere e per riuscire a capire ed esaminare dove si nascondono l’inganno e la fallacia. E se l’uomo è ingenuo o irrazionale eviti di esercitare la mercatura, perché in questa arte, al giorno d’oggi, ci sono mille insidie, frodi e inganni.
In altre parole, l’attività del mercante deve essere razionale e accompagnata da grande serietà e discernimento, senza leggerezza, e poi deve rimettersi in mano alla fortuna.
La fortuna, il più delle volte, è favorevole a chi si sa governare con accortezza e con la guida della ragione, e viceversa abbandona chi agisce senza giudizio e senza regola. Da qui è nato il proverbio che dice: «La fortuna non va a casa dei matti, e se vi va, vi alberga poco».
Il mercante equilibrato dovrà dunque autonomamente fare sottili indagini con l’intelletto, innanzitutto tenendo a memoria quell’egregio detto di Lattanzio: «È necessario che ciascuno confidi in se stesso e che, per la ricerca e la valutazione della verità, abbia fiducia nel proprio giudizio e nella propria intelligenza, piuttosto che prestar fede agli altrui errori e lasciarsi ingannare, come se fosse privo di ragione. Dio ha dato a tutti gli uomini il senno, secondo le capacità di ciascuno, affinché potessero investigare le cose sconosciute e sottoporre a esame quelle udite da altri». Ne segue che, nonostante ognuno abbia come dono di natura la capacità d’indagare razionalmente, quelli che allontanano da sé il senno e l’indagine razionale e approvano i pareri altrui senza indagare altrimenti e senza nessun altro giudizio, sono guidati dagli altri come le pecore.
E per circoscrivere ancor più la questione, si veda quello che dicono molti, ossia: «Mercanzia non vuole consiglio». E questa massima, per lo più, io l’ho ritenuta profondamente vera, perché mentre in ogni fatto – civile, politico ed economico – serve il parere degli altri, nella mercatura è proibito.
Intendo nell’analizzare e nell’organizzare le decisioni da prendere: innanzitutto perché, se devi chiedere un consiglio, la persona più indicata è un altro che svolge un’attività come la tua, a cui pertanto dirai tutto o parte delle tue faccende. Se gli dirai tutto, avrai paura che ti possa essere d’impaccio; se gli dirai solo una parte, non ti saprà consigliare.
Se invece chiederai a un uomo che svolge un’altra attività e non capisce i princìpi della tua arte, i tuoi piani, le tue previsioni e la tua abilità, egli potrà solo rovinare la tua capacità di progettare, cui muoverà qualche appunto mettendoti dubbi, che anche a te appariranno fondati, finendo dunque per distruggere il tuo progetto.
Sicuramente il mercante, e soprattutto quello che tratta grossi affari, deve avere tanta pratica da arrivare quasi a farsene un idoneo abito mentale, in modo da non sapere solo esaminare e progettare, ma anche riuscire a prevedere gli esiti futuri, cosa che si ottiene con l’esperienza. Infatti, come un valoroso capitano militare, visto con l’occhio il luogo della battaglia, sa dire come si deve disporre l’esercito, dove può essere sbaragliato, dove può attaccare con successo e così via, così un mercante, una volta che gli viene esposto un negozio, ti sa dire il suo probabile esito, gli eventuali ostacoli e danni e cose simili.
In parallelo, così come deve essere capace di guardare lontano, il mercante deve essere sempre pronto nelle sue azioni. E questo agire senza difficoltà deriva sempre da una mente equilibrata e ben organizzata.
Inoltre è molto utile avere grazia. Alcuni hanno una grazia istintiva e sembra sempre che ciò che esce loro di mano sia elegante e molto ordinato; mentre chi non ha la grazia si deve sforzare d’averla.
III
Sii sempre pronto a sopportare stenti ed affanni
Per quanto la buona disposizione dell’animo e della mente, che è il principale fondamento per chi vuol praticare l’arte della mercatura, soddisfi maggiormente e con più frutto il fine che si prefigge il mercante, tuttavia si richiede ed è necessaria anche l’abilità fisica.
E se al lettore sembrerà che questa parte in cui trattiamo della disposizione del corpo sia vana e superflua, tuttavia, se riuscirà a capire quanto sia gravoso il peso della pratica mercantile forse non si meraviglierà più e riterrà che questa parte non solo non è vana e superflua, ma anzi è pure utile e necessaria.
Infatti, per fare profitto, ossia per realizzare il fine di quest’arte, è necessario, accantonata ogni altra occupazione, dedicarsi con grande diligenza a tutte quelle cose che in qualche modo possono essere utili e giovare a tale professione.
Perciò bisogna a volte patire gli stenti di giorno e di notte, camminare a piedi e a cavallo, andare per mare e per terra, e darsi molto da fare a vendere e comperare e a mettere in tutte queste simili faccende quanta più diligenza possibile. Va posta in secondo piano, come ho detto, ogni altra cura, non solamente rivolta alle cose superflue, ma anche a quelle necessarie per la conservazione della vita umana. E perciò si conviene a volte rinviare a un altro momento il mangiare, il bere e il dormire, anzi bisogna sopportare fame, sete e veglie notturne e altre cose simili che sono fastidiose e contrarie al normale equilibrio del corpo; il quale, se non fosse, come uno strumento a ciò preposto, adatto a tali avversità, non potrebbe sopportarle, e, patendo, riceverebbe un disagio cui seguirebbero necessariamente la malattia e poi la morte.
Di conseguenza avremmo uno di questi due inconvenienti: o, non praticando l’arte come si conviene, il mercante non riuscirebbe a conseguire il profitto richiesto dall’arte stessa e non otterrebbe il fine prefissato, ossia il guadagno con onore; oppure, anche se guadagna, non potrebbe perseverare nell’esercizio della sua attività per inabilità del corpo e, perseverando con un corpo inabile, si ammalerebbe e morirebbe.
E poiché entrambi questi inconvenienti, che rappresentano due eccessi, sono grandi e da evitare, noi diciamo e confermiamo che è sommamente utile e necessario avere il corpo in buone condizioni, in modo che sia adatto a tale attività, cioè che concorrerà al conseguimento del fine come uno strumento idoneo, non diversamente dal martello, che serve al fabbro per forgiare il chiodo. E la mente e l’anima guidano il corpo come l’artista nel rispettare le proporzioni delle sue opere. E così come sostengo che il corpo deve essere abituato a sopportare le fatiche, dico pure, come ci insegna Aristotele nel secondo libro dell’Etica, che tutti gli eccessi sono viziosi: dico che ci sono molti mercanti con una corporatura robusta, che sopportano le fatiche e hanno forze che eccedono la misura richiesta alla loro arte. Il mercante, se deve essere adatto a sopportare le fatiche, non deve però essere un facchino, perché normalmente quelli robusti e forti non sono per natura abili nel ragionare.
Il mercante deve dunque essere in grado di sopportare gli affanni e avere un corpo insieme agile e delicato, a rispecchiare la nobiltà dell’intelletto; dunque non dico corpi deboli, e neppure forti, robusti e da facchino, che normalmente sono propri di chi è privo di un’intelligenza vivace.
IV
Concentrati sulla tua arte
Non strafare e lascia guadagnare anche gli altri
Diceva Seneca: «È proprio di uno stomaco viziato assaggiare molte cose». Io ti dico: concentra il tuo intelletto e il tuo traffico in un’unica attività, e non avere il desiderio di guadagnare tutto, lascia guadagnare anche gli altri; come dicevano i nostri antichi, «chi tutto vuole di rabbia muore» e «chi tutto vuole, tutto perde». Accontentati e lascia guadagnare ognuno, e tu tieni dietro al tuo traffico e praticalo costantemente: «La goccia scava la pietra cadendo non due volte, ma spesso». Non voler prendere ogni uccello che vola, perché molti sono falliti per aver voluto intraprendere grandi cose, nessuno per aver fatto troppo poco.
Faccio l’esempio di un mercante che trasporta lane dalla Catalogna a Venezia: questa è l’attività in cui è esperto, se ne intende bene e ne trae grandi vantaggi, conoscenza e credito. Ma una volta giunto a Venezia, vede i compratori di lane che le vendono ai lanaioli al minuto, a termine e con scadenza lontana nel tempo e questa gli sembra una vendita più proficua di quella che farebbe all’ingrosso. E così decide di vendere anch’egli ai lanaioli che vede guadagnare con la produzione dei panni; e vedendoli guadagnare si mette anch’egli a produrre panni. Dopodiché, non ancora soddisfatto, inizia a cercare di conoscere i luoghi in cui vengono portati i panni, sente dire che a Levante si fa un buon guadagno e decide di esportarli lì. E così via via all’infinito si mette a esaminare traffici grandi e svariati guadagni... io ti dico: costoro sono pazzi e volano con l’intelletto. E sono smodatamente avviluppati dall’avidità, sino a venire in noia a loro stessi per l’infinita, insaziabile bramosia del loro animo. Costoro vanno equiparati ad esseri bruti – e di questi ne conosco in gran numero.
In generale tutti quelli che vogliono arricchirsi velocemente sono pericolosissimi: se vuoi diventare ricco, vivi a lungo e guadagna poco per volta, perché altrimenti sono tutte parole vane.
V
Persegui la qualità
Ricorda che i...