Quello che so sulle donne
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Quello che so sulle donne

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Quello che so sulle donne

Informazioni su questo libro

Le donne sono un mistero. Il fatto che non le comprendiamo, l'idea che ci facciamo di loro, la convinzione di non poterle afferrare… Tutto questo le rende speciali. Tutto questo ce le fa amare. Vi è mai capitato di pensare che: "Io le donne non le capirò mai"? A William no. Lui sa che le donne vivono fortissimo, sa che si lasciano risuonare dentro ogni emozione e tengono le cose importanti sempre vicino al cuore. È psicologo, lui, e di donne ne ha salvate tante, strappate ai mostri della depressione e dell'anoressia. Poi è arrivata Sofia, una "ragazza uragano", di quelle che riescono a sconvolgerti la vita in un istante. Un incrocio di sguardi, ed ecco che tutto comincia: innamorarsi, perdersi, rincorrersi e ritrovarsi legati. Lui silenzioso e riflessivo, lei che balla a piedi nudi e canta a squarciagola: sembrano opposti, ma non lo sono. Perché Sofia è come la luna, che appare nel cielo per metà, tenendo sempre un lato nascosto. È lì, nel buio, che conserva le sue paure, le parole che non dice, le parti del corpo che odia, le notti di passione, di sesso e di oscurità… Tutte le donne lo fanno, tutte nascondono una parte di sé. Ed è proprio quella la parte più donna di ogni donna, il volto segreto che gli uomini inseguono e desiderano. Grazie a Sofia, William metterà alla prova quello che sa - o crede di sapere - sull'amore. E scoprirà che un uragano può distruggerti, dominarti, farti impazzire. Ma quando lo incontri, è per sempre.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
Print ISBN
9788817099875
eBook ISBN
9788858692585

1

Vasco

  Come sei già sveglia?
Da quanto tempo sei lì, così?
Vasco Rossi, Toffee
Cara Sofia,
mi ricordo quando sdraiata sul letto ascoltavi Vasco...

2

Nevermind

Sono inutili gli amori di oggi, come le cose che acquistiamo e non usiamo mai. Come le centinaia di cose che ho comprato su Amazon solo per il gusto di comprare online, questa nuova tendenza moderna che crea una dipendenza assurda. Per fortuna io riesco a smettere di dipendere da tutto, tranne dall’odore della nicotina che si incendia tra le mie mani e dal profumo di donna che è rimasto in bagno, al solito posto, secondo ripiano, vicino al mio Bleu de Chanel che ormai uso di rado.
Cammino per casa, alcune foto sono sparse su un tavolino di vetro vicino alla televisione, vacanze fatte e immortalate dentro le polaroid. Solo quello rimane, a volte, immagini ferme, senza tempo né emozioni.
Il microonde mi dice che il mio latte senza lattosio con cacao è pronto. Maledette intolleranze, che ti prendono dopo una vita passata a mangiare di tutto in maniera eccessiva. Il fatto è che non teniamo mai conto del dopo, in ogni cosa che facciamo, persino nei rapporti. Accompagno il latte con una brioche che poso su un tovagliolo di carta: un’abitudine che avevo preso per non sporcare il tavolo, così non ti arrabbiavi.
Siamo quello che perdiamo, dicono. Io sono fatto dalle cose che ho lasciato andare e non riesco a dimenticare.
Accendo la musica. Rihanna, Needed Me. You needed me / Ooh / You needed me / To feel a little more, and give a little less / Know you hate to confess / But baby ooh, you needed me...
Mi preparo per andare al lavoro, una doccia al volo, una camicia stirata male, un pantalone, un po’ di Wax arrivato dalla Germania, che profuma di anguria. Lo passo tra i capelli e in pochi istanti rimangono immobili.
Siamo diversi, uomini e donne intendo, in tutto, persino nelle parole che pronunciamo o nelle cose che immaginiamo. Siamo diversi nei modi di fare, anche nell’essere stronzi lo siamo: le donne possono esserlo di più, sanno uccidere o farti semplicemente mancare l’ossigeno, sanno intasarti i pensieri, lacerarti il fegato, e sanno, in un modo tutto loro, lacerarti la vita.
Dovrei gettarle, certe fotografie, cancellare quei ricordi che mi tengono legato. Si sa, le storie tristi sono quelle che ci rimangono dentro perché la felicità tendiamo a dimenticarla, il dolore no. Io non riesco a dimenticare niente, nemmeno il colore del rossetto che mettevi prima di uscire, che poi mi lasciavi addosso, perché le altre donne dovevano vedere il tuo marchio. Mi divertiva questa tua psicopatia, era dolce a suo modo, come quando volevi che leccassi le tue dita e poi iniziavi a toccarti, dicevi che era diverso venire col mio sapore. Non dimentico nemmeno le tue minigonne e i collant messi apposta per farmi impazzire, lo sapevi bene che notavo tutto di te. «Ti guarda come io guarderei quel gran figo di Brad Pitt» ti aveva detto una volta una tua amica. Non ho mai smesso di guardarti così, mi veniva naturale, io che ho sempre lasciato gli altri a debita distanza: non troppo vicini, ma nemmeno così lontani da farli andar via. Che poi chi vuole andare va via comunque, senza tante spiegazioni, un po’ come hai fatto tu... O forse sono stato io a mandarti via.
Che paura che fanno le emozioni, soprattutto se non le controlli, soprattutto se non fanno parte di te... Le cose nuove spaventano chiunque, credo: ci buttiamo a capofitto per poi tirarci indietro o cadere in quel burrone fatto di cose che non abbiamo mai provato prima.
Dovrei gettarle, certe foto. Certi occhi poi ti rimangono dentro e mica li lasci andar via. Come le tue amate poesie. Ormai credo di odiarle, le poesie, mentre invece tu le vedevi in ogni cosa che ti faceva emozionare. Tu hai sempre visto della poesia anche in me, per questo mi hai fatto mettere qualcosa di me in quella stanza che usavi solo tu per le tue fotografie. Su quel muro mi hai fatto scrivere ciò che forse non riuscivo a dirti a voce. È ancora lì, quella scritta, ma io non la guardo mai, evito sempre di ricordare le mie debolezze. Mostrare le proprie debolezze è sintomo di paura e di troppa fiducia, e tu lo sai che non sono il tipo, non mi fido mai e tendo a non aver paura di nulla, se non delle giornate di pioggia senza il tuo maglione bianco vicino al mio naso. Mi arrivano ancora ondate di te, a volte... Che stupidi che siamo, lasciamo sempre che ciò che ci fa bene ci distrugga. «Noi siamo eclissi» dicevi, ma fuori è spesso luna piena ultimamente. Io non copro più il tuo corpo e tu non ti nascondi più con me, e non hai idea di quanto sole sia sparito.
Ci fate caso, a volte, a quante cose abbiamo da dire, ma ci teniamo dentro? Il nostro cervello immagazzina tutto quello che facciamo, le cose che proviamo, e le trasforma in parole, parole che a volte teniamo dentro perché “gli altri non capiscono”, oppure perché vorremmo soltanto essere ascoltati, senza nessuno che ci dica “non dovevi fare questo”, “ma se fai così è meglio”, “ma stai sbagliando!”. A volte vogliamo semplicemente sbagliare, perdere noi stessi, fare un giro immenso e poi ritrovarci. A volte vogliamo soltanto fumarci la nostra sigaretta e pensare alle cose sbagliate, magari poi farle e pentirsi o, perché no, esserne fieri. Vogliamo tutti un po’ sentirci liberi di essere noi stessi. Me l’ha insegnato una donna – a essere libero, intendo.
Ho imparato tanto dalle donne. Se solo avessimo più cuore e meno testa, se solo potessimo, come loro, essere così forti da salvarci da soli, forse non sarei qui a scrivere, e potrei anche non raccontarvi come, col tempo, ho imparato che farsi male ci viene talmente bene che poi siamo altrettanto bravi a non curarci più, a lasciarci andare, a dire “non fa nulla”, “passerà”. Che creature ridicole che siamo noi esseri umani, egoisti e orgogliosi, piccoli piccoli come le formiche che schiacciamo con le dita da bambini.
Se siamo formiche, allora, probabilmente qualcuno sta giocando con noi, ci osserva, osserva come gli umani si ammazzano a vicenda, come gli amori si distruggono. Come due persone, pur amandosi da matti, a volte, non sanno stare insieme.

3

Ragazza uragano

  Keep exploring, seek and find.
You know you might surprise yourself.
Jack Garratt, Surprise Yourself
Ogni tanto capita, capita di incrociare due occhi, un sorriso che ti scatena qualcosa dentro. Gli occhi sono importanti, sapete? Fanno certe cose, gli occhi, che ti prendono a morsi il cuore. E le donne sono maestre in questo, loro sorridono con gli occhi, piangono con gli occhi, si arrabbiano con gli occhi, fanno persino l’amore con gli occhi. Ti imprigionano in un mondo tutto loro, ti strappano l’anima e la fanno propria.
Che forza, ’ste donne, si dice siano il sesso debole e invece pare che siano il motore di questa vita, questa vita che non ci appartiene davvero, ma ci rende partecipi di un viaggio che non conosciamo. Incrociamo sguardi, ci innamoriamo, dipingiamo volti, mettiamo maschere, corriamo, urliamo, e poi perdiamo, a volte noi stessi, altre ciò che ci sta a cuore.
Mia nonna mi diceva che è meglio far arrabbiare il diavolo che una donna, e forse aveva ragione: noi uomini non siamo in grado di gestirla, una donna arrabbiata. Anzi, non siamo in grado di gestire una donna e basta. Dio solo sa quanto fascino ha una donna ingestibile. Sofia lo era, sapete? Era la donna più incandescente che io avessi mai conosciuto, una meteoropatica assurda, sempre a mescolare gli opposti, felpa e piedi scalzi sul pavimento freddo di casa, urlava nei giorni di pioggia e sorrideva in quelli di sole, amava il piumone e ci si rotolava dentro, ma poi sotto era mezza nuda. Era un sacco di cose, lei.
L’ho conosciuta durante un tramonto, quando ancora il cielo non vuole disfarsi del sole e la notte quasi di prepotenza si affaccia sui tetti delle case. In quel momento il mare si calmava, faceva silenzio, ed era sempre a quell’ora che finivo di lavorare e tornavo a casa. L’estate era appena iniziata e il paesino balneare in cui vivo si stava ripopolando, molti turisti, molte facce nuove.
Lungo la via, mi fermavo sempre al solito tabacchi, le solite Winston blu, e poi camminavo a piedi fino a casa. Non lavoravo molto distante, ma amavo passare per il centro, dove a quell’ora in estate le persone tornavano dal mare, i ristoranti si preparavano per la cena, il traffico aumentava.
La mia zona era piena di case estive che d’inverno restavano disabitate, per mesi nel quartiere rimanevo solo io. Poi, nel giro di qualche settimana, finalmente iniziava la vita: le case si riempivano, i vicini stendevano i panni al sole e arrostivano carne in giardino la sera.
Casa mia non era grandissima, ma piena di finestre oscurate: io potevo vedere fuori e nessuno poteva vedere me. Il pavimento in parquet di un colore leggero per gli occhi, un pianoforte in salotto che non ho mai usato e qualche quadro qua e là, in salotto una grande riproduzione di Untitled (Boxer) di Jean-Michel Basquiat, uno dei pochi writer statunitensi riusciti a portare i graffiti dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte. Un dannato, un po’ come tutti gli uomini pieni d’arte, quell’arte che poi, se non riesci a farla uscire, ti riempie di mostri pronti a divorarti l’anima.
Ogni volta che aprivo la porta, la mia gatta Luna era pronta a farmi le feste. Nera, identica a quella di Sailor Moon, per questo l’ho chiamata così.
Vivo solo da qualche anno, ormai, a vent’anni la mia famiglia ha cominciato a starmi stretta. A quell’età sei nel pieno delle tue fantasie, quindi è ora che tu vada via di casa, è giusto viversi tutto per imparare a sopravvivere. Quelli sono gli anni in cui devi crearti valori tuoi, e per farlo bisogna uscire, viaggiare, pensare a se stessi. Io facevo un lavoro che mi permetteva di stare per le mie, nella mia piccola casa, con le mie abitudini. Cucinavo anche, stiravo, sbrigavo le faccende di casa per poi buttarmi sul divano a ingozzarmi di serie televisive. Non mi lamentavo della mia vita, probabilmente mi mancava solo una donna, una donna che si prendesse cura anche di me.
Non è vero che siamo forti, noi uomini, toglietevelo dalla testa. Non siamo donne, e la differenza è davvero tanta, credetemi: noi uomini sappiamo cavarcela, sappiamo restare a galla... Per voi donne è un’altra storia, voi prendete la vostra borsa, che pesa sempre tantissimo, piena delle vostre cianfrusaglie e di cose che nemmeno ricordate di avere, la mettete sopra la vostra spalla e con la testa fissa al cielo camminate e camminate, raggiungendo tutto quello che volete, con una tenacia incredibile, voi e la vostra testa dura che non vi fa smettere mai di sognare.
Quel giorno, mi ricordo, erano i primi di giugno, il cielo era ancora incerto, ma il sole sembrava non volesse andar via. Io ero sul divano, con la mia sigaretta accesa mentre pompavo il disco di Emis Killa, Terza stagione, quando tra una canzone e l’altra una voce mi fece trasalire. Più che una voce sembravano le urla di una mamma che chiamava incessantemente la figlia.
«Sofia, Sofia!!!»
Mi avvicinai alla finestra. Sul balcone della casa accanto alla mia, una ragazza con una maglietta bianca e il sotto di un costume nero fumava una sigaretta. Avrà avuto circa vent’anni, i capelli castano scuro le scendevano leggeri sulle spalle, bagnati. Immersa nei suoi pensieri, venne distratta dalla mamma che gridava e le indicava la doccia nel giardino di sotto, lanciandole un accappatoio e diverse occhiatacce. Mi avvicinai al finestrone del salotto che dava sul giardino adiacente, e un minuto dopo la vidi uscire mentre si toglieva la maglietta, restando soltanto in costume. Qualche tatuaggio addosso – sulla coscia, sull’avambraccio sinistro e in piccoli punti che non si vedevano bene da quella distanza –, unghie colorate di nero e un bel seno. L’acqua le scendeva sul corpo in maniera lineare e perfetta, aveva gli occhi chiusi con la testa rivolta verso l’alto, come nei film. Io sembravo il serial killer che osservava la sua vittima.
Sofia. Chissà che tipo era.
Io lo so che a molti di voi non è ancora capitato, ma certe volte vi assicuro che succede, e in questo le donne sono davvero brave: quei mal di pancia lampo, quelli che ti vengono quando guardi certi occhi, certi sorrisi che ti fottono il cervello, quegli uragani che pensi: “Questa sicuro mi rovina la vita!”. Chi sta leggendo questo libro sa quel che dico, perché è facile che siate anche voi ragazze uragano, o che siate stati catturati da una di esse.
Ma all’inizio che ne sai? Ci penso mentre mi allontano dalla finestra e ritorno a fare le mie cose, con Luna che miagola per casa in cerca di cibo... Che ne sai che poi anche i capelli di una donna diventano lievi e incessanti pensieri nella testa? Eppure si sa che i capelli sono la bellezza delle donne: in alcune culture, come quella islamica, la chioma viene considerata l’emblema della bellezza femminile e come tale deve essere per modestia coperta. Una donna va amata per quel che è e non per quel che mostra, quindi coprire i capelli è un modo per lasciare che l’uomo si innamori di lei, non di quello che crede di aver visto in lei.
Ma le donne, certe donne, be’, sono il senso di tutto.
Mi piace pensare che ogni donna abbia un po’ di mare nel proprio corpo, che ogni graffio sia solo un’onda più intensa. Mi piace pensare che ogni smagliatura sia un confine tra sole e acqua disegnato dalla sabbia. Mi piace pensare che il seno di una donna sia un pianeta vivibile, dove poggiare la bocca per poter respirare aria migliore. Mi piace pensare che ogni donna che prova dolore sia poi imbattibile, immune alla tristezza. Ma anche una donna piange, e lo fa sempre col cuore, quasi a far lacrimare la terra. Mi piace pensare che tutto questo coraggio sia semplicemente un disegno perfetto sopra un paio di labbra che sanno di nuvole. Perché questa terra ha il sapore di donna.

4

Gli uomini sono stupidi

Non mi ricordo più di te, nemmeno più di te, ti avrò rimosso all’ultimo sorso.
Federica Abbate, Fiori sui balconi
Gli uomini sono stupidi.
Sì, avete capito bene.
Le donne definiscono gli uomini “tutti uguali” quando invece, a volte, vorrebbero soltanto chiamarli “stupidi”. Nel film Closer, il personaggio interpretato da Julia Roberts dice: «Gli uomini sono merda e merda rimangono», e non ha tutti i torti.
Certo, anche le donne danno il loro bel da fare, il comico americano Louis C.K. parlando di differenze tra uomini e donne una volta disse semplicemente: «I maschi ti mandano ai pazzi. Le femmine SONO pazze».
Inutile negarlo, le differenze tra uomini e donne esistono e non sono sottili da non poterle vedere. Ci sono eccome. Proviamo a pensare alla biologia: le differenze più evidenti sono indubbiamente quelle fisiche, partendo dal seno, che a detta di ogni uomo è quella parte che “se fossi donna passerei tutto il giorno a toccarmi”. Ma ci sono anche differenze comportamentali e di linguaggio: per esempio, secondo alcuni studi gli uomini si fermano a settemila parole al giorno, per le donne, invece, il risultato è di circa ventimila. E mentre le donne in genere amano parlare di gossip e provano piacere nel farlo, gli uomini pare parlino principalmente di sesso, perché, sempre secondo certi studi, l’uomo pensa al sesso circa ogni 52 secondi, mentre la donna evoca nella sua mente scene osé solo una volta al giorno.
L’ansia è donna, la memoria lo è, infatti l’uomo tende a dimenticare sempre tutto, al contrario della donna, che ricorda ogni minimo dettaglio. Ma vi svelo un segreto: è tutta una questione di neuroni. Sì, perché la differenza principale tra un uomo e una donna è la dimensione del cervello. Quello femminile è più leggero, pesa in media cento grammi in meno rispetto a quello maschile. Ma questo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Quello che so sulle donne
  4. 1. Vasco
  5. 2. Nevermind
  6. 3. Ragazza uragano
  7. 4. Gli uomini sono stupidi
  8. 5. Sigarette
  9. 6. Cuori di ghiaccio
  10. 7. A presto
  11. 8. Le donne e il cibo
  12. 9. Luna piena
  13. 10. Giorgia
  14. 11. Temporali
  15. 12. Quello che le donne non dicono
  16. 13. Giochi proibiti
  17. 14. Lettera
  18. 15. Léon
  19. 16. Combattere
  20. 17. Santorini
  21. 18. Convivendo
  22. 19. Sintonia
  23. 20. Legarsi
  24. 21. Bipolare
  25. 22. Addobbi
  26. 23. Domenica
  27. 24. Parigi
  28. 25. Se stessi
  29. 26. Odio e amore
  30. 27. Coraggio
  31. 28. Quello che non so sulle donne
  32. 29. Via
  33. 30. 4 giugno
  34. PUCÙNDRÌA