Lo spirito creativo
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Lo spirito creativo

  1. 218 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Al contrario di ciò che spesso si crede, lo spirito creativo non è un dono unico posseduto solo dai giganti dell'arte, della letteratura, della scienza o dalle persone di successo: è una capacità alla portata di chiunque voglia esplorare nuove possibilità. In questo saggio utile e stimolante, Daniel Goleman - che con le sue ricerche sull'intelligenza emotiva ha rivoluzionato il nostro modo di guardare noi stessi e gli altri -, Michael Ray e Paul Kaufman mostrano come portare la creatività nei diversi ambiti della nostra esistenza: nelle relazioni con gli altri, nella vita familiare, sul lavoro e nella comunità. Con esempi pratici e storie illuminanti, gli autori ci aiutano a riconoscere e a dare voce alla nostra creatività, e ci ricordano che "lo spirito creativo è dentro di noi, qualsiasi cosa facciamo. Il difficile sta nel liberarlo. Speriamo che questo libro vi aiuti a farlo".

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2017
Print ISBN
9788817127189
eBook ISBN
9788858691984

CAPITOLO TERZO

La creatività al lavoro

Riformare il posto di lavoro

Dalla macchina all’organismo
Il bisogno di creatività sta modificando l’organizzazione del posto di lavoro e il comportamento delle persone. Questi cambiamenti sono imperniati sull’uso e l’interpretazione dell’informazione, ossia sulla base stessa delle idee. Il futuro di un’azienda dipende dall’efficacia con cui essa acquisisce l’informazione, la interpreta e agisce di conseguenza. Negli anni Settanta, ad esempio, i grandi fabbricanti d’auto di Detroit non compresero che gli automobilisti americani desideravano vetture che contenessero i consumi, e pertanto non si mossero in quella direzione; ciò consentì ai produttori di automobili giapponesi di penetrare in modo massiccio nel mercato americano.
Oggi la grande diffusione sul posto di lavoro delle tecnologie dell’informazione – compresi i computer e i database – sta inducendo grandi cambiamenti nel mondo dell’azienda. Come osserva Shoshana Zuboff, della scuola di Direzione Aziendale di Harvard, le aziende stanno cercando di servirsi di queste tecnologie per raccogliere dati sulle proprie operazioni, in quello che è un processo di continuo apprendimento e automiglioramento. Questi nuovi flussi di informazioni dovrebbero consentire alle aziende di perfezionare costantemente prodotti e servizi e di migliorare i processi di produzione, distribuzione e marketing. D’altra parte, come sottolinea Zuboff, «macchine intelligenti hanno bisogno di lavoratori intelligenti».
Le nuove tecnologie, per quanto elaborate, non bastano. Di per se stesse, sono paragonabili a un’automobile che, per quanto brillantemente costruita, sia senza conducente e non abbia una destinazione. In ultima analisi, l’intero processo di raccolta e uso dell’informazione viene forgiato da lavoratori «intelligenti» nel senso più ampio del termine: persone con percezioni innovative che desiderano porsi domande penetranti.
Il modo in cui l’individuo che lavora interpreta l’informazione – il modo in cui se la spiega e in cui ne decide il significato – è importante come l’informazione in sé e per sé. L’interpretazione è, in realtà, un atto creativo. Ma il grado di creatività è influenzato dai nostri sentimenti, compresi quelli che si trovano ai limiti della consapevolezza. Il modo in cui reagiamo all’informazione che ci sta di fronte è influenzato dalla nostra convinzione di poter parlare senza tema di rappresaglie, dalla sensazione che gli altri abbiano fiducia in noi, come pure dalla fiducia che noi stessi nutriamo nel nostro intuito. Basterà solo ricordare i molti esempi tragici – il disastro del Challenger, tanto per citarne uno – in cui i responsabili, che presumibilmente erano persone razionali, non vollero agire, o furono incapaci di farlo, nonostante disponessero di informazioni sufficienti.
Poiché la creatività attinge contemporaneamente dalle azioni e dai valori di una persona – dal conscio e dall’inconscio, dall’analitico e dall’intuitivo – un ambiente di lavoro creativo necessita davvero dell’entusiasmo e dell’impegno di tutto l’individuo. Ad esempio, alla scuola di Direzione Aziendale della Stanford University c’è un corso di creatività sul tema: «Chi sono io? Qual è il mio lavoro?» in cui si chiede allo studente di riflettere sul proprio autentico potenziale, su ciò che dà alla sua vita significato, soddisfazione e quel senso di scopo che è fonte di motivazione.
Molti sono i modi in cui lo spirito creativo può trovare espressione sul posto di lavoro. La creazione di nuovi prodotti è naturalmente il più ovvio, ma ce ne sono anche altri – ad esempio escogitare il sistema per fornire servizi migliori ai clienti, operare innovazioni nella gestione, apportare miglioramenti nel metodo di distribuzione, o introdurre nuove idee per procurarsi i finanziamenti. Le idee creative possono anche essere usate per rafforzare l’organizzazione stessa, ad esempio aumentando l’iniziativa dei lavoratori. Una di tali innovazioni consiste nell’eliminare le descrizioni delle mansioni – tanto restrittive e burocratiche – che incasellano i dipendenti limitandone le prestazioni. Un’altra idea (usata con successo da una fabbrica svedese e anche da altre aziende negli USA e in Brasile) è quella di condividere tutte le informazioni finanziarie – ad esempio il flusso di cassa settimanale – con tutti i dipendenti. L’eliminazione dei tradizionali segreti aziendali aiuta i dipendenti a comprendere la realtà più vasta dell’azienda, incoraggiandoli a generare idee che possano ridurre i costi e aumentare i profitti.
I cambiamenti che migliorano l’ambiente di lavoro scaturiscono dagli sforzi combinati di dirigenti e dipendenti. Leader creativi possono creare una situazione che dà potere ai dipendenti; allo stesso tempo, questi ultimi possono chiedere di svolgere mansioni che li mettano in condizione di attingere dalle loro capacità uniche. Quando sia i dirigenti sia i dipendenti adottano una prospettiva creativa, ecco che sul posto di lavoro cominciano a verificarsi dei cambiamenti che, per quanto lievi, sono tuttavia importantissimi. Si comincia a dar valore non più solo al prodotto finale del lavoro, ma anche al processo. Si apprezza il fatto che i lavoratori imparino nuove cose, crescano dal punto di vista personale ed esprimano le proprie intuizioni. L’organizzazione è concepita non più come una sorta di enorme macchina impersonale, ma come un complesso organismo vivente guidato da un’intelligenza vivace, bisognosa di continua stimolazione.
Che cosa possiamo fare
Poiché la risoluzione creativa di problemi richiede l’impegno psicologico dell’individuo nel suo complesso, il moderno posto di lavoro deve andare incontro a cambiamenti vitali. Dagli sforzi pionieristici compiuti da aziende sparse in tutto il mondo, stanno emergendo alcune idee fondamentali che possono modificare la psicologia dell’ambiente di lavoro.
Oltre la gerarchia
Una di queste idee innovative è quella di ridurre gli effetti negativi della gerarchia, in altre parole di «appiattire» la piramide aziendale. Le aziende sono più produttive quando chi sta in prima linea – a diretto contatto con i clienti – ha maggiori responsabilità e libero accesso a una più ampia gamma di informazioni su tutta l’organizzazione. I dipendenti possono usare queste informazioni, insieme al proprio intuito, per prendere decisioni critiche su due piedi. In tale contesto, la fiducia nelle capacità delle persone diventa una virtù fondamentale, contrapposta a una cieca adesione alla «politica aziendale».
Un porto sicuro per le idee
Questo significa la volontà di lasciar emergere liberamente le idee e di essere recettivi a esse. Significa controllare il cinismo e i giudizi severi, in modo che i dipendenti si sentano liberi non solo di dare suggerimenti anticonformisti ma anche di porre quelle che superficialmente potrebbero sembrare «domande stupide». Per far questo è necessario accostarsi alla risoluzione di problemi apprezzando non solo gli approcci analitici, ma anche quelli intuitivi, riconoscendo che le emozioni e i valori soggettivi hanno un ruolo fondamentale nel generare nuove idee. Tutto questo richiede un’atmosfera di rispetto – un ambiente nel quale le persone si sentano sicure di poter condividere le proprie ispirazioni con gli altri.
Qualcosa di più di un semplice lavoro
Una terza idea fondamentale è quella di ampliare il significato stesso del lavoro. Nella stessa azienda, l’ambiente di lavoro può diventare più simile a quello domestico – più umano – fino a comprendere comodità come l’asilo nido per i figli dei dipendenti. Può essere un ambiente fisico stimolante dal punto di vista sensoriale, un ambiente che promuova l’interazione spontanea fra persone che svolgono diverse mansioni a diverso livello e che ammetta qualche momento di relax durante la giornata lavorativa.
Il significato del lavoro può cambiare anche quando l’azienda si assume un ruolo più ampio nella comunità. Rispondendo alle esigenze sociali della comunità, e rendendosi conto che un posto di lavoro non è solo un luogo dove si crea ricchezza, ma anche una realtà che influenza la qualità della vita delle persone, un’azienda può farne «qualcosa di più di un semplice lavoro». Come dice un dirigente: «Più che un’azienda, diventa un vero e proprio movimento».
Pionieri
Queste che abbiamo appena elencato non sono idee affascinanti ma impraticabili: sono qualcosa di più. In alcune aziende sono state già messe in pratica. In questo capitolo vedremo come questi principi siano stati attuati da alcune realtà aziendali pionieristiche (e dagli uomini e dalle donne che le guidano). Ecco alcuni dei luoghi e delle persone che incontreremo.
* Anita Roddick, imprenditrice dell’anno in Gran Bretagna, fondatrice e presidente della Body Shop International.
Azienda poco ortodossa fin dall’inizio, la Body Shop vende una propria linea di cosmetici naturali. I suoi prodotti si basano su ricette di bellezza tradizionali; molti di essi si ispirano alle culture del Terzo Mondo e vengono sviluppati senza effettuare test sugli animali. Invece di immagini di modelle perfettamente truccate, le vetrine della Body Shop espongono manifesti che promuovono nel pubblico la consapevolezza ecologica.
Ecco come la Roddick ricorda i propri esordi: «Eravamo molto ingenui sul modo in cui generalmente si fanno gli affari. Non sapevamo che si può essere disinvolti a proposito della verità. Ad esempio, nei cosiddetti “shampoo all’henné” moltissime aziende non ne mettono neanche l’ombra; invece aggiungono un profumo che, secondo loro, sa di henné. Così noi producemmo uno shampoo pieno di vero henné. Il problema, purtroppo, è che l’ingrediente genuino puzza di letame di cavallo. D’altra parte noi sentivamo di dover essere onesti, e perciò dicemmo: “Non preoccupatevi se puzza un po’ di letame: è l’odore dell’henné”».
Agli occhi dell’industria cosmetica tradizionale, l’approccio della Body Shop era poco meno che ridicolo, e le sue probabilità di sopravvivenza minime. Ciò nondimeno, oggi l’azienda della Roddick ha più di cinquecento punti vendita in quasi quaranta Paesi, e un tasso di crescita annuale del cinquanta per cento. Le maggiori aziende produttrici di cosmetici stanno ora seguendo l’esempio di Anita Roddick, e aggiungono alla propria produzione linee di cosmetici naturali.
Alla Body Shop la creatività è stimolata attraverso il costante cambiamento. Dice Anita Roddick: «La creatività scaturisce dal rompere le regole – un po’ come quando dichiari che ti sei innamorata di un anarchico». Come dirigente, il suo atteggiamento è che «bisogna essere costantemente aperti ai suggerimenti ed evitare quel modo di fare retorico col quale dici agli altri che, sì, ascolterai, ma poi non se ne farà nulla».
Roddick crede che «un’azienda possa essere gestita in modo etico: fare soldi, certo, ma al tempo stesso potenziando la spiritualità del posto di lavoro. Portare spiritualità nell’ambiente di lavoro equivale a dire: “Perché in ufficio il mio modo di agire dev’essere diverso da quello che ho con i miei famigliari a casa?”. Significa assicurarsi che l’azienda sia gestita sulla base di principi femminili, dove il principale valore etico sia la premura
* Yvon Chouinard non decise di fondare una delle aziende produttrici di abbigliamento e attrezzature sportive più innovative del mondo. Assolutamente no. L’azienda di Chouinard, la Patagonia, con sede nella California meridionale, nacque dalla sua passione per le ascensioni in montagna e dalla sua esigenza di disporre di buoni chiodi da alpinismo – punte di metallo che gli scalatori martellano nelle pareti di roccia.
«Ecco, a me piaceva arrampicarmi, ma non c’erano buoni attrezzi disponibili» ricorda Chouinard. «Così, quando ebbi diciotto anni decisi di comprarmi una piccola forgia a carbone, un’incudine, qualche martello e delle tenaglie per fabbricarmi i chiodi da solo. Cercavo di migliorare gli unici che trovavo sul mercato a quel tempo, che erano fabbricati in Europa. Erano fatti di acciaio dolce, e si potevano usare solo una volta. Così decisi di forgiarli usando un acciaio di qualità molto superiore.
«Ne feci alcuni per me, poi per gli amici, e ben presto mi ritrovai a venderli. Tutto qui. Non siamo stati noi a inventare queste attrezzature per l’alpinismo; certo però che vi abbiamo apportato moltissime innovazioni.»
Infatti, come racconta Chouinard, l’attività gli prese la mano: «Arrivai al punto in cui non potevo limitarmi a farne solo qualcuno al giorno e poi definire quest’attività un’azienda. Dovevo produrne sempre di più, e ora abbiamo cinquecento persone che lavorano qui». Nel 1990 la Patagonia ha avuto profitti per 120 milioni di dollari e un tasso di crescita annuale del trenta per cento.
Il prezzo di quel successo, dice Chouinard, «è che mi sono ridotto a lavorare in mezzo alle scartoffie. Ma ho sempre conservato la mia officina di fabbro e ogni tanto, per schiarirmi la mente, mi metto al lavoro. Perché è quello che mi piace davvero fare».
Il modo casuale in cui Chouinard entrò in affari è del tutto in carattere con lui, e si riflette in uno stile di gestione non ortodosso. «Che lo ammettessi o no, ero diventato un uomo d’affari, ma decisi che se avessi continuato, lo avrei fatto a modo mio» spiega. «Il che significa, rompendo le regole.»
Una di queste fratture sta nella decisione di Chouinard di non competere in modo diretto con altre aziende del suo settore. «Noi cerchiamo di fare prodotti che siano non-competitivi» spiega Chouinard. «Io non voglio fare le stesse cose che produce un’altra azienda. Se lo facessi, certo, dovrei competere direttamente con loro per la qualità, il prezzo, la distribuzione, la pubblicità: in tutti i soliti modi in cui si compete quando si vuole vendere un prodotto identico a quello di qualcun altro.
«Invece di fare così, preferisco investire il mio denaro e le mie energie in un Dipartimento di Ricerca e Sviluppo molto forte. In questo modo, possiamo uscire sul mercato con prodotti unici, e non c’è alcuna competizione. Forti di questi prodotti, noi della Patagonia ci precipitiamo a venderne il più possibile – finché tutti ci copiano. Allora non facciamo altro che abbandonare il prodotto e andare avanti in tutt’altra direzione. Cerchiamo di fare le cose in modo diverso da come le insegnano sui libri.»
* Immaginate un’azienda senza una gerarchia. Un’azienda dove il potere – invece di essere concentrato all’apice della piramide – sia massimamente decentrato. Un’azienda nella quale non ci siano segreti finanziari e ogni dipendente conosca il flusso di cassa settimanale dell’azienda. Un posto dove tutti condividano le responsabilità; dove la crescita personale e l’iniziativa indipendente siano incoraggiate in quanto possono potenziare quelle della collettività. Un sogno utopistico?
Assolutamente no. Questa azienda esiste, a Stoccolma, in Svezia.
La Skaltek progetta, produce e vende macchinari pesanti usati nell’industria per la fabbricazione di fili e cavi metallici. Le macchine della Skaltek, costruite appositamente per i singoli clienti, sono vendute in tutto il mondo e il successo dell’azienda è dovuto, almeno in parte, al modo insolito con cui essa incoraggia la creatività dei suoi dipendenti.
Il fondatore della Skaltek, Öystein Skalleberg, è un ingegnere che, avendo lavorato a lungo in aziende tradizionali, non ne approvava i metodi di gestione. Non poteva sopportare la competizione, la distanza artificiosa e il clima di sfiducia che regnavano fra le persone. Trovava disgustosa la prassi del segreto aziendale e l’abitudine di nascondere le informazioni ai dipendenti. Non riusciva a fare propria la mentalità aziendale basata sulla filosofia del «difenderò il mio piccolo spazio nella gerarchia».
Fu così che Skalleberg lasciò la ditta dove aveva lavorato fino ad allora, ben determinato ad avviare un’azienda fatta a modo suo. Alla Skaltek nessuno ha titoli particolari che conferiscano uno status privilegiato: ne esiste uno solo, uguale per tutti. Le mansioni non sono limitate da rigide descrizioni fatte con lo stampino: alla Skaltek i dipendenti che costruiscono una macchina possono essere gli stessi che poi la venderanno al cliente. In questo modo, le informazioni sul successivo impiego delle apparecchiature possono essere direttamente tradotte in idee utili per migliorarle.
Aspetto forse ancora più radicale, alla Skaltek c’è una riunione settimanale di tutti i dipendenti, nella quale si fa un rapporto completo del flusso di cassa della settimana precedente: vendite, spese… tutto. Trasparenza completa. E poiché tutti conoscono la provenienza e la destinazione del denaro, i salari vengono stabiliti apertamente e sono oggetto di discussione da parte di chiunque.
* Esistono anche altri sistemi per modificare il clima psicologico sul posto di lavoro, in modo che i dipendenti si sentano abbastanza fiduciosi da poter esprimere liberamente le proprie idee. Uno degli approcci più inconsueti è quello di un corso – tenuto all’aperto e destinato ai dipendenti della Midwest Energy Company di Sioux City, nello stato dell’Iowa – in cui si insegna ad apprendere dal rischio. Il programma, intitolato «Giocare per Vincere» è condotto dal Pecos River Learning Center di Santa Fe (New Mexico). Il corso è una sorta di rito di passaggio ideato per insegnare alle persone – boss inclusi – che non c’è nulla di male nel correre dei rischi, nel modificare la routine, e perfino nel mostrarsi spaventati davanti ai colleghi. L’idea è quella di convincere la gente che a fare un salto non si rischia alcuna punizione.
Durante il programma, i dipendenti della Midwest Energy, che tra loro si conoscono principalmente nei ruoli e nella routine lavorativa, si affrontano in un contesto di immediatezza e voglia di mettersi in gioco decisamente nuovo. In un certo senso, viste le sfide, fisiche e psichiche, che essi affronteranno insieme nel corso, è come se si conoscessero per la prima volta. Ad esempio, la Corporate Tower è una parete verticale alta più di quindici metri munita di pioli. I colleghi sono legati l’uno con l’altro con cavi elastici, in modo da dover coordinare l’ascesa, aiutandosi l’un l’altro.
Eventi come questo offrono delle opportunità in termini sia di crescita personale sia di sforzo collettivo. Quando i dipendenti di un’azienda si confrontano con questi stimoli – che la maggior parte di loro trova in qualche modo scoraggianti – il sostegno dei colleghi fornisce il coraggio necessario per andare avanti. Quando un manager si prepara a lasciarsi andare da una piattaforma vertiginosamente alta, stiamo assistendo a un primo passo, in senso sia letterale sia figurato.
Il direttore esecutivo del Pecos River Learning Center, Larry Wilson, sottolinea che esistono «moltissime persone riluttanti a fare il primo passo in numero...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Lo spirito creativo
  4. Prefazione
  5. CAPITOLO PRIMO. DENTRO LA CREATIVITÀ
  6. CAPITOLO SECONDO. LA CREATIVITÀ NEI BAMBINI
  7. CAPITOLO TERZO. LA CREATIVITÀ AL LAVORO
  8. CAPITOLO QUARTO. CREARE COMUNITÀ
  9. Appendice. Un programma per sviluppare la vostra creatività
  10. Ringraziamenti
  11. INDICE GENERALE