Anche gli alberi bruciano
eBook - ePub

Anche gli alberi bruciano

  1. 176 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Anche gli alberi bruciano

Informazioni su questo libro

S in da piccolo, Michele ha marciato lungo i giorni, i mesi e gli anni senza mai uno scarto, senza mai una ribellione. Unico, solido legame è quello con nonno Dino, ex partigiano, ora spento dall'Alzheimer. Ma un giorno, complice una lezione di judo saltata, Michele torna a casa prima del previsto e sorprende il padre, algido professore universitario, tra le braccia di una sua studentessa. Lo scossone emotivo lo sbalza fuori dai binari della sua educata regolarità, e lo sospinge verso Vera, una compagna di classe taciturna quanto spiazzante, che sembra l'unica in grado di capirlo. Quando i genitori, in un goffo tentativo di salvare il matrimonio, annunciano il trasferimento di loro tre in America, e quello conseguente di nonno Dino in casa di riposo, Michele alza la testa, e per la prima volta nella sua vita prende una decisione che scardina gli equilibri precari da cui è sempre stato condizionato. Accanto, si ritroverà proprio Vera, ma anche tutti i suoi segreti scuri.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Anche gli alberi bruciano di Lorenza Ghinelli in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2017
Print ISBN
9788817094238
eBook ISBN
9788858690253
prima parte

Soci

Se non gli avessero tagliato la strada, Marco ci avrebbe fatto lezione, come sempre. Mi sarei avvicinato di un altro passo alla cintura marrone e magari avrei pure fatto un hippon secco a Gianni. Dopo un pomeriggio a sudare sul tatami sarei arrivato a casa e avrei salutato mio padre, e lui mi avrebbe chiesto com’era andata la giornata. Mi sarei pure chiuso in camera a studiare, perché è una vita che mi rompe le palle anche se gli ho giurato che il judo non toglie tempo alla scuola. Poi sarebbe tornata la mamma e anche Milla con nonno Dino. Avremmo cenato tutti insieme come ogni sera. Come una famiglia qualunque.
Invece Marco si è slogato una caviglia cadendo dalla moto, e la lezione è saltata, e con lei quel che restava della mia famiglia.
Ho infilato la chiave nella toppa di casa alle quattro e un quarto invece che alle sei. Un’ora e tre quarti contengono solo seimilatrecento secondi, non sapevo davvero che i rapporti potessero sfaldarsi più in fretta delle ali di una farfalla.
Ho percorso il corridoio come sempre, e se prima mi era sembrato che la tivù fosse accesa, poi ho capito che le voci erano vere. Ma era troppo tardi, ormai, perché a quel punto ero già in sala. Credevo che non ci fosse niente di peggio che beccare i propri genitori a fare sesso, ma non è così, perché seduto sul divano c’era mio padre con la sua studentessa addosso.
Devo essermi scordato di essere visibile e sono rimasto a guardarli. Quando lei mi ha visto ha gridato, per poi alzarsi da lui tirandosi giù la gonna, senza grazia. È barcollata appoggiandosi con la mano al pianoforte della mamma, picchiando tre note stonate. Infine è toccato a mio padre vedermi. È sbiancato, proprio come sbiancava dentro di me.
«Michele» ha detto.
Ho stretto i pugni. Gli ho dato la schiena e sono salito in camera. La porta di casa si è chiusa poco dopo, e i suoi passi erano già sulle scale.
«Michele, apri.» Avevo chiuso a chiave la porta, e non me n’ero accorto. Sono rimasto sul letto a fissare il soffitto, ma continuavo a vedere la studentessa cavalcare il papà, così mi sono girato sul fianco. «Michele, ti prego, parliamo. Non è come pensi, te lo giuro.» Le sue nocche contro la porta, la sua voce che tremava. Non l’avevo mai sentita così. Solo al funerale della nonna, forse, ma era un’incrinatura diversa, di dolore. Qui ho riconosciuto invece la puzza della paura e ho continuato a lasciarla fuori. «Michele, lasciami spiegare, ti prego.»
Sono scivolato giù dal letto, piano. Ho girato la chiave e sono tornato a sdraiarmi, con gli occhi alla finestra e la schiena a mio padre. «Non avrei mai voluto che vedessi quello che hai visto, davvero.»
Avresti soltanto voluto fare quello che hai fatto, questo gli volevo dire, ma mi è rimasto impigliato dentro, tra i rovi che mi crescevano in pancia.
Quando la sua mano si è posata sulla mia spalla sono schizzato a sedere, furioso.
«Non potevate scopare in facoltà?»
Ho guardato il papà smarrirsi, inseguire parole che non c’erano.
«Non credere che sia facile, per me.»
«No di certo, alla tua età. Scoparti una di venticinque dev’essere stata una fatica.»
«Michele...» La sua voce si era fatta profonda, e ho provato a guardarlo negli occhi, ancora, ma erano quelli di un uomo distrutto e li ho dovuti abbassare. Mi ricordava troppo un lombrico che nessuno schiaccia per non sporcarsi le suole.
«Starò zitto. È quello che vuoi, no?»
Ho fatto uno sforzo e ci siamo guardati, nei suoi occhi c’era un sì.
«Parlerò a tua madre, ok?»
Ho annuito. Lui mi ha detto grazie.
È stato in quel momento che l’ho voluto umiliare.
«C’è ancora quel 125 che ti avevo già chiesto, la patente l’ho presa.» E come ho chiuso la bocca ho capito di avere umiliato anche me. Ero un lombrico anch’io, e potevamo ancora guardarci negli occhi. Mio padre ha sorriso, triste come quando lo deludo.
«È così, dunque.» E ha chiuso la porta, lasciandosi dietro un odore di studentessa.
Da questo momento io e mio padre siamo soci.
Dovrei studiare per l’interrogazione di matematica, ma sono soltanto una blatta riversa sul dorso mentre le ore passano.
Qualcosa di storto sta affondando le sue radici qui dentro, nel mio petto. La sensazione è proprio questa: che oltre ai rovi nella pancia mi stia fiorendo una macchia nera sul cuore.

Ritratto di famiglia

Ho ignorato la porta d’ingresso sbattere e la mamma salutare, pure il suo affaccendarsi alle stoviglie un’ora più tardi, al piano di sotto.
«Michele, scendi o no? È pronto!» Ma non posso continuare a farlo e allora obbedisco, col passo di chi si avvicina a un precipizio.
Quando entro in cucina ci sono tutti: Milla, col suo pallore moldavo, nonno Dino, il papà che condisce l’insalata dandomi la schiena, e la mamma.
«Hai studiato tutto questo tempo?» Mi dà un bacio sulla guancia.
«Sì.» Siedo senza guardarla.
«Tutto bene?»
Alzo le spalle e disegno con la forchetta strade ubriache sulla tovaglia, il papà mette in tavola l’insalata e la mamma il roast-beef. Al nonno tocca una minestrina, ma tanto non sembra farci caso. Non fa più caso a niente, e noi lo stesso: ormai ci siamo abituati ai soprammobili chiusi negli scatoloni e ai cassetti sotto chiave, per evitare che il nonno si faccia male con pinze, forchette, forbici, pinzatrici e altre cose ben più banali. Abbiamo persino cambiato la serratura del portone di casa e oscurato lo specchio del bagno, perché una volta ha urlato che lì dentro c’era un ladro: l’abbiamo trovato che puntava il dito contro la sua immagine riflessa e abbiamo avuto ancora più paura. Da un paio di mesi ci confonde o ci riconosce a stento.
«Cos’hai fatto sul collo? Sei rosso» chiede la mamma a mio padre. Ma lui si aggiusta il colletto dicendo solo: «È stata un’ape.» E vorrei che ci fosse la studentessa a sentirlo, mentre riduce il suo marchio a una puntura d’insetto.
«Fammi vedere.»
Ma mio padre le scaccia le mani. «Possiamo mangiare, per favore?»
Guardo il nonno alle prese col brodo, e mi ricordo che le api migrano in sciami e a volte si perdono. L’ho scoperto a otto anni, quando invasero la sala all’improvviso mentre guardavo SpongeBob, calandosi giù dalle tapparelle chiuse. In casa c’eravamo solo io e lui. Quella nube nera e ronzante mi spaventò a morte e lo raggiunsi correndo in cucina. Chiuse la porta senza sapere da cosa scappassi. La chiuse e basta. Mi arrampicai su di lui come fosse un albero, i suoi rami nodosi mi afferrarono ai fianchi e mi strinsero a sé. Anche se ero già grande.
«Che succede, Michele?»
«Le api, nonno, sono un esercito, uccidile.»
Poggiò l’orecchio alla porta e annuì. Poi senza lasciarmi andare la mano chiamò un suo amico apicoltore perché, mi sussurrò, le api vanno comunque protette.
Quando l’uomo arrivò, dell’ape regina non c’era traccia. «Senza di lei sono perdute, non le posso condurre nell’arnia» disse.
Il nonno scosse la testa e le osservammo stancarsi e morire. Prese scopa e paletta e liberò le moribonde fuori dalla finestra. Era infinitamente triste.
«Ti dispiace che sono morte?» gli chiesi.
Lui mi accarezzò i capelli e mi sussurrò una frase all’orecchio che non ho mai scordato: «È duro vivere, senza la propria regina.»
E per farmi capire che cosa intendeva, mi raccontò dei giorni della guerra, e dei rifugi antiaerei in cui lui e la nonna si stringevano per ore. Quando i miei rincasarono, mi accorsi di non avere sentito la loro mancanza.
Il nonno è il padre di mio padre, e non so se stasera preferirei essere scambiato per il papà o per uno sconosciuto. Vorrei sussurrargli che i nonni vanno protetti, proprio come le api, ma è chiaro che mio padre delle api non sa nulla. E comunque il cervello del nonno si accende e si spegne come una luce intermittente. Il suo Alzheimer galoppa e l’unica che riesce a stargli un po’ dietro è Milla, la sua badante.
«C’è una cosa che volevo chiederti…» dice la mamma a mio padre, poi però si pulisce la bocca e prende tempo, soppesando le parole. «Per caso hai parlato con Mr. Holland?»
«Sì, questa mattina» e continua a brucare l’insalata, composto.
«E?» Gli occhi della mamma s’illuminano, anche se si sforza di non darlo a vedere. Lo capisco perché li abbassa sul piatto, stringendo la forchetta come se le potesse scappare.
Il papà prende tempo, ingoia il suo roast-beef e alza le spalle. «Trasferirci adesso sarebbe avventato, ho appena avviato un progetto di ricerca e da Philadelphia non riuscirei a coordinarlo.»
«Capisco» dice la mamma, e invece si spegne, quasi come il nonno e forse di più.
Mr. Holland ha offerto a mio padre una cattedra in America; è da un po’ che insiste per farci trasferire tutti. La mamma insegna musica, però l’ho capito che le sarebbe piaciuto suonare e basta, magari in giro per il mondo, facendo parte di un’orchestra, un gruppo, qualcosa. L’America per lei profuma di nuovo, ma l’unico odore che a mio padre importa è quello della sua studentessa, adesso mi è chiaro.
«Comunque la cattedra è lì, magari tra qualche anno ci pensiamo.»
La mamma annuisce e il papà continua a mangiare. Così guardo il nonno succhiare il brodo e in mezzo a queste persone che non sanno niente di me e niente di loro mi rendo conto che ho bisogno di qualcuno dalla mia parte, qualcuno di cui fidarmi, e non resisto, voglio che torni, adesso, in qualunque modo.
«Chicchirichì» sussurro.
Il nonno si accende. «Chicchirichì!» dice sbattendo la forchetta sul tavolo, «Chicchirichì!» e si alza all’improvviso colpendo la tavola col bacino e rovesciando il bicchiere di vino del papà. Scoppio a ridere.
«C’era proprio bisogno di provocarlo?!» dice la mamma tamponando la tovaglia con lo scottex, mentre Milla cerca di calmarlo sussurrandogli una nenia moldava di cui noi non capiamo una parola. Magari gli sta augurando di morire in fretta e male.
Un mese fa il nonno ha visto un documentario sui polli: deve avergli ricordato quelli che allevava con la nonna, nella casa in campagna in cui i miei mi mollavano il sabato sera, quando ero piccolo e loro si amavano ancora. Ho ricordi vaghissimi, confusi. Non è so...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Dedica
  4. prima parte
  5. seconda parte
  6. epilogo
  7. Indice