Il metodo Montessori per tutti
eBook - ePub

Il metodo Montessori per tutti

Comprenderlo appieno e usarlo per educare i propri figli alla libertà e all'autonomia

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il metodo Montessori per tutti

Comprenderlo appieno e usarlo per educare i propri figli alla libertà e all'autonomia

Informazioni su questo libro

Il metodo Montessori è uno dei sistemi educativi più famosi e influenti: fondato sullo sviluppo libero e naturale del bambino, copre la formazione dall'età prescolare fino all'adolescenza, ed è largamente diffuso in Italia e in tutto il mondo. Nonostante la fama, però, è difficile avere una comprensione piena del metodo Montessori, che richiede una lunga preparazione di base scientifica. Questo libro fornisce per la prima volta una spiegazione chiara dei principi e delle applicazioni, semplificando i contenuti senza alterarne la validità. Un percorso lineare, che mostra la pedagogia montessoriana dal nido alla Casa dei Bambini, fino alla prima adolescenza, e fornisce risposte e consigli pratici anche a chi vuole applicare questo metodo educativo in casa. Con un'intervista a Renilde Montessori e un'introduzione di Daniele Novara, che sottolinea la qualità e i motivi di una scelta pedagogica basata sull'indipendenza del bambino, questo volume contiene finalmente tutte le domande e le risposte sul metodo, per capirlo, sceglierlo per i propri figli e usarlo in famiglia.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2017
Print ISBN
9788817095600
eBook ISBN
9788858690635

LA SCUOLA PRIMARIA MONTESSORIANA

Il ruolo dell’educazione consiste nell’interessare profondamente il bambino
ad un’attività esterna a cui egli possa dedicare tutte le sue capacità.
1
Il successo della Casa dei Bambini segna un punto di svolta nella storia dell’educazione. Con quell’esperienza Montessori non ha solo trovato un’occupazione per i più piccoli, come si pensava all’origine del progetto, ma ha cambiato alla radice lo sguardo dell’adulto sull’infanzia mettendo al centro le competenze e le risorse che il bambino possiede. Ha scoperto un metodo scientifico per sviluppare tutte le potenzialità di questo specialissimo periodo di vita e per organizzare al meglio l’apprendimento e la scuola.
Tutto ciò non può di certo fermarsi alla prima infanzia, il sapere va affinato, l’esperienza ampliata includendo anche le discipline di studio e tenendo conto delle caratteristiche di un bambino che sta diventando via via più grande. Montessori continua la sua ricerca e rende sistematico un metodo di lavoro che oggi è patrimonio condiviso di tutte le scuole primarie Montessori e, per alcuni aspetti, anche di quelle tradizionali.
Molte persone, chiedendomi di continuare, per l’educazione dei bambini d’età maggiore di sette anni, il medesimo indirizzo usato pei più piccoli, mettevano in dubbio che ciò sarebbe stato possibile. [...] Non deve ormai il fanciullo cominciare a seguire la volontà degli altri, anziché la propria? Non dovrà un giorno affrontare un vero sforzo, nel compiere un lavoro «necessario» anziché un lavoro «scelto»? Infine, non dovrà essere iniziato al «sacrifizio» poiché la vita dell’uomo non è una vita facile e fatta di godimento? Alcuni, poi, venendo a qualche particolare pratico dell’istruzione elementare, la quale si affaccia già ai sei anni e a sette deve essere necessariamente affrontata, mettevano questa semplice obiezione: ecco che si avanza il brutto spettro della tavola pitagorica, l’arida ginnastica mentale imposta dalla grammatica: che farete voi? Abolirete tutto questo o converrete che bisognerà pure «assoggettare» il bambino a tali necessità?»2
Per la scienziata l’età della scuola primaria si colloca nel secondo piano di sviluppo. Come abbiamo visto, i piani di sviluppo dividono in fasi la crescita dei bambini e ne sottolineano peculiarità e bisogni. Il secondo va dai sei ai dodici anni e segna il passaggio dalla sensorialità e dalla concretezza tipiche del primo, all’astrazione e all’intellettualizzazione.

Il secondo piano di sviluppo: il bisogno di uscire all’esterno, l’astrazione, la nascita del senso morale

L’ambiente si deve ampliare, gli orizzonti vanno allargati, altrimenti non ci sarà sviluppo. Sappiamo che il bambino di tre anni ha bisogno di uno spazio circoscritto, ben predisposto e ordinato da esplorare, sperimentando in autonomia e nella sicurezza di sapere dove si trova e di cosa dispone. Pensiamo invece a un bambino di otto anni, che nello stesso spazio potrebbe sentire di aver già consumato tutte le esperienze e che non si «accontenta» più solo di esplorazioni sensoriali, ma ha curiosità e domande che lo portano «fuori», anche solo da un punto di vista simbolico.
Come per i più piccoli, Montessori mira a organizzare un ambiente di apprendimento adeguato, allestendo stimoli che consentiranno al bambino di costruire le sue nuove competenze. Nel secondo piano di sviluppo l’ambiente e gli stimoli devono quindi cambiare. La scuola come ambiente chiuso non è funzionale e non risponde ai bisogni del bambino: ecco perché alcuni alunni manifestano con il proprio comportamento la fatica di accettare questa limitazione. Spesso siamo tentati di credere che siano loro il problema: devono ancora crescere e imparare come si sta in classe. Se questo per certi versi è vero, perché alcune competenze hanno bisogno di tempo ed esperienze vissute, per altri tutto dipende da come usiamo quel tempo e che tipo di esperienze offriamo loro. Montessori ricorda come sia l’ambiente a fare la differenza: se non risponde ai suoi reali bisogni, il bambino ce lo segnala con un comportamento che noi definiamo inadeguato (disturba, non sta fermo, non accetta le proposte eccetera). Se invece il contesto si modifica, rispondendo alle esigenze di apprendimento di quel determinato periodo evolutivo, l’atteggiamento del bambino cambia. La studiosa parla in questo caso di «normalizzazione».
Nel secondo piano di sviluppo è quindi auspicabile condurre i bambini fuori dalla classe (organizzando gite, uscite didattiche o anche solo una passeggiata in giardino per vedere i vari tipi di foglie), mostrar loro le cose nella loro autenticità (osservare i girini per parlare di anfibi o l’evoluzione di un baco da seta per scoprire da dove arriva il tessuto). Queste esperienze intensificano la cultura impartita a scuola, la rendono viva fugando il rischio di nozionismi fini a se stessi, custodiscono e implementano la curiosità intellettuale dei bambini.
Chissà perché si pensa che se i bambini si divertono non imparano. La scommessa è invece proprio quella di predisporre un ambiente che permetta ai bambini fare esperienze che li incuriosiscano, li divertano. L’apprendimento sarà una conseguenza. Se pensiamo anche alla nostra storia di alunni, di sicuro ci ricordiamo molto di più le esperienze vissute che le lezioni frontali. Ci ricordiamo di quella volta in cui abbiamo fatto cadere da una torretta un sasso e un rametto per vedere quale dei due toccava terra per primo o quando abbiamo messo in scena un matrimonio con tanto di celebrante e invitati. Infatti è grazie alle esperienze, più che alle spiegazioni, che abbiamo compreso l’esistenza della forza di gravità e i gradi di parentela tra persone. Da adulti abbiamo apprezzato la sapienza dei maestri che predispongono condizioni e proposte per offrire apprendimenti che diventano non solo piacevoli ma duraturi.
I bambini di quest’età riescono a rappresentarsi mentalmente oggetti e contesti, possono ragionare su fenomeni che non sono presenti ai sensi, fanno ipotesi e traggono deduzioni: passano cioè al piano astratto. Sono quindi meno vincolati dal piano percettivo, dalle informazioni che il mondo sensoriale offre loro, perché, una volta acquisite, possono richiamarle alla memoria. I processi immaginativi si innestano sulle esperienze e sono supportati dalla progressiva capacità di astrazione.
«L’immaginazione è la grande potenza di quest’età; e, dal momento che non possiamo offrirgli il tutto, tocca al bambino immaginarlo.»3
Se hanno visto da vicino un bosco e ne hanno studiato le caratteristiche, non hanno bisogno di esplorare tutti quelli a loro disposizione, sanno che ambienti sono, come sono fatti, come ci si muove al loro interno, che odori hanno, che suoni si sentono, che animali li abitano, e così via. L’esperienza allarga man mano il panorama, ma lo schema generale è ormai acquisito. Si parte dal particolare, che cresce attraverso l’immaginazione e raggiunge una conoscenza totale. A seconda del clima il bosco potrà essere di conifere o di latifoglie, ma avrà ovunque una stessa grandezza, altrimenti si dovrebbe parlare di foreste o viali alberati. I bambini sanno cosa sono e possono ragionare su come si sono formati, su cosa accadrebbe se un mozzicone di sigaretta ancora acceso fosse gettato a terra, possono chiedersi perché in alcuni gli alberi vengono tagliati periodicamente e in altri ciò è proibito.
La capacità astrattiva e l’interesse culturale più ampio che si sviluppano in questo periodo portano il bambino a porre molte domande: «Perché dopo il giorno viene la notte?», «Dove va il sole quando in cielo ci sono la luna e le stelle?», «Come mai non è sempre estate?». Il bambino fa ipotesi, cerca di verificarle, non vuole solo conoscere le cose, ma comprenderne a fondo le cause.
Spesso gli adulti non sanno come comportarsi: le domande sono troppe, incalzanti, e necessitano di spiegazioni complesse. Montessori in merito racconta un aneddoto per segnalarci cosa evitare: «Un bambino domanda al papà perché le foglie sono verdi. Felice di cogliere quest’occasione, il padre si lancia nella spiegazione della clorofilla, dell’aria, della luce e non la finisce più. Il bambino ascolta, educatamente, ma pensa: “Che disgrazia aver scatenato questo!”».4
Per la studiosa i primi passi dei bambini nel mondo dell’astrazione vanno sostenuti come quelli nel mondo reale. Non diciamo tutto, ma il «necessario e il sufficiente»,5 forniamo delle spiegazioni chiare, comprensibili, non enciclopediche, ci sarà tempo per continuare la ricerca e gli approfondimenti.
Il bambino, come abbiamo visto, usa la sua capacità immaginativa per costruirsi una rappresentazione della realtà, lo fa partendo da un dettaglio reale e per questo ha bisogno di esattezza, di risposte rigorose, perché la sua immaginazione è ancora vaga. Gli servono numeri, misure, nomi precisi che gli piacciono e si ricorda. Montessori fa l’esempio di un bambino di sette anni che sceglie di studiare il fiume Reno. La maestra traccia una cartina del fiume con tutti i suoi affluenti, ma lui non si accontenta, vuole conoscerne la lunghezza e per far da solo una piantina chiede la carta millimetrata. Geografia, matematica, disegno lo assorbono, lavora al progetto per due mesi traendone molta soddisfazione.
L’importante è che la curiosità sia incoraggiata favorendo l’esplorazione della realtà. Possiamo portare il bambino a osservare le stelle o al planetario, in biblioteca per una ricerca, possiamo cercare con lui informazioni in merito alle sue domande. Se in quest’età riesce a trovare un contenuto, un aspetto che sia per lui accessibile e che catturi il suo interesse, sarà capace di studiare e capire rapidamente le materie. Altrimenti esse rimangono meno accessibili e comprensibili.
Se il seme verrà gettato troppo tardi l’interesse non sarà più presente; invece all’età di sei anni ogni genere di cultura viene accolto con entusiasmo e più tardi questi semi si gonfieranno e germoglieranno. Se mi chiedete quanta semente può essere seminata, la mia risposta è: «Il più possibile!».6
In questo periodo si riscontra inoltre la nascita del senso morale: il bambino vuole sapere se un’azione è giusta o sbagliata, giudica quelle degli altri, si confronta con il Bene e il Male, stabilisce i propri criteri, che spesso saranno diversi da quelli dei grandi. Inizia a interiorizzare il senso delle regole, a seguirle non più solo perché proposte dall’adulto.
Si confronta con il concetto di giustizia: capisce che le sue azioni hanno delle conseguenze anche sugli altri, che hanno dei bisogni diversi dai propri. Si profila un’idea di reciprocità: a me non piacerebbe essere trattato così, ecco perché anch’io non devo farlo nei confronti degli altri. Questo pone le basi per il formarsi del concetto di giustizia che propone Montessori: «responsabilità individuale e cosciente».
La giustizia abitualmente in uso sia a scuola sia in famiglia può essere definita «giustizia distributiva»; cioè uguaglianza per tutti, tanto nella distribuzione dei castighi quanto in quella dei premi. Trattare in maniera particolare un individuo potrebbe apparire un’ingiustizia; questo porta al concetto di diritto. Si giunge così ad un’affermazione della individualità nel senso dell’egoismo e dell’isolamento. Una tale concezione non favorisce certo lo sviluppo interiore. Invece, la giustizia, quella che non viene mai considerata, nasce proprio dall’educazione interiore.7
Montessori ritiene che trattare tutti allo stesso modo non sia garanzia di giustizia. I bambini hanno bisogni diversi, devono poterli riconoscere e trovare risposta. Ciò permette loro, in seconda battuta, di aprirsi all’altro e ai suoi bisogni che vanno rispettati, per interiorizzare il senso di un atteggiamento «giusto» in quanto etico, morale. Ciò viene percepito interiormente, in profondità, non è collegato a regole esteriori imposte a priori, ma costruito attraverso la propria esperienza maturata nel tempo.
In questo piano di sviluppo, più che in passato, il bambino sente il bisogno di stare in gruppo, cerca gli altri bambini, gioca e impara a lavorare con i compagni. Questo è del tutto in linea con il bisogno di «uscire fuori» cui abbiamo accennato prima, tipico di questo periodo. Scoperta del mondo significa anche scoperta del mondo sociale.
«È nei liberi rapporti, nel reale esercizio che fa adattare i limiti di ciascuno ai limiti altrui, che si possono organizzare le “abitudini” sociali.»8
La sua capacità di vivere le relazioni dipenderà da quanto gli sarà permesso sperimentarle. Per Montessori si impara facendo, anche le competenze più sociali si acquisiscono in questo modo. È normale che i bambini litighino, si arrabbino, si alleino, si allontanino, si ritrovino, si chiariscano, portando ognuno le proprie motivazioni e cercando di incontrare quelle dell’altro. È normale all’interno di un processo di apprendimento, ma non sempre gli adulti offrono ai bambini la possibilità di vivere questa normalità e li aiutano a dare un senso alle azioni.
Pensare che la questione morale sia da affrontare più tardi è un abbaglio, ci fa muovere in ritardo, quando il periodo sensitivo è già passato e tutto è più strutturato e complesso.

La proposta della scuola primaria Montessori

Come nella Casa dei Bambini, la scuola primaria Montessori ha al centro i bisogni e la crescita degli alunni: tutto concorre alla loro maturazione come scolari e soprattutto come persone.
Se nel primo piano di sviluppo il lavoro si fondava sulla sensorialità e sull’esperienza pratica, alla scuola primaria invece i bisogni formativi rispondono alla necessità di maggior astrazione e riflessione tipica di questa nuova fase. Un passaggio che avviene attraverso una logica ben precisa.
Nelle scuole primarie Montessori si insegna al bambino a ragionare, più che ad apprendere il ragionamento dell’insegnante, non si punta ad accumulare concetti, ma a farli propri attraverso una pratica diretta, a ordinarli perché siano pronti per essere applicati anche in contesti diversi da quelli in cui sono stati studiati. L’alunno impara a collegare i propri saperi tra loro, la sua mente si apre, la sua intelligenza viene arricchita, lui ne trae piacere ed è spinto ancor più facilmente a misurarsi con lo studio e l’apprendimento. I bambi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Tutto è connesso
  4. Chi è Maria Montessori
  5. Incontro con Renilde Montessori
  6. La proposta Montessori al Nido
  7. La Casa dei Bambini
  8. La scuola primaria montessoriana
  9. Continuare alla scuola media
  10. Cosa rende diverso il metodo Montessori
  11. In famiglia
  12. FAQ
  13. Note
  14. Bibliografia
  15. Consigli per continuare...
  16. Ringraziamenti
  17. Indice