Design Your Life
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Design Your Life

Come fare della tua vita un progetto meraviglioso

Bill Burnett, Dave Evans

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  1. 304 pagine
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Design Your Life

Come fare della tua vita un progetto meraviglioso

Bill Burnett, Dave Evans

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Informazioni sul libro

"Che cosa voglio fare della mia vita?", "Chi voglio diventare?", "Come posso trovare il coraggio di lasciare un lavoro che non mi dà più soddisfazioni e costruirmi un nuovo percorso?".
Quanti di noi si sono trovati almeno una volta a porsi queste domande? In mezzo alle infinite possibilità del mondo in cui viviamo, la maggior parte di noi si sente disorientata e incapace di capire che cosa desideri davvero. Utilizzando la loro esperienza come innovatori della Silicon Valley e come docenti di uno dei corsi più frequentati a Stanford, Designing Your Life, che insegna agli studenti come progettare la loro vita futura, gli autori di questo libro hanno elaborato un metodo e una "cassetta degli attrezzi" per imparare ad analizzare la nostra vita con uno sguardo nuovo e individuare le innumerevoli opportunità che ci vengono offerte.
Prendendo ispirazione dalla capacità di creare e sperimentare che da sempre guida designer e innovatori - "prova, riformula, riprova" - i due autori ci mostrano come vincere le paure e i luoghi comuni che ci immobilizzano e costruire un'esistenza in cui poterci sentire realizzati. Un approccio agile e versatile, estremamente efficace perché applicabile a molteplici contesti, indipendentemente dall'età o dalla situazione specifica in cui ci troviamo. Perché, con il giusto approccio, tutti possiamo dare alla nostra vita la forma giusta per noi.

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Sì, puoi accedere a Design Your Life di Bill Burnett, Dave Evans in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Desarrollo personal e Salud mental y bienestar. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2019
ISBN
9788858696989
1

Parti da dove sei

A ll’entrata del laboratorio di design, a Stanford, è appeso un cartello che dice TU SEI QUI. I nostri studenti lo amano. Si potrebbe definirlo in qualche modo illuminante. Non importa da dove vieni, dove pensi di andare, quale sia stata la tua carriera finora o quale pensi avrebbe dovuto essere. Non è troppo tardi, e neanche troppo presto. Il design thinking può esserti d’aiuto nel costruire il tuo percorso indipendentemente dal punto di partenza, senza guardare ai problemi che stai affrontando. Tuttavia, prima di immaginare in quale direzione ti stai incamminando, devi sapere dove ti trovi e quali problemi stai tentando di risolvere. Come ti abbiamo mostrato, i designer amano i problemi, e quando pensi come uno di loro ti accosti a essi con un atteggiamento mentale completamente differente. I designer si sentono rinvigoriti da quelli che chiamano “problemi maligni”. Non si chiamano “maligni” perché rappresentano il male, ma perché resistono alle soluzioni. Parliamoci chiaramente, non stai leggendo questo libro perché hai tutte le risposte, un lavoro da sogno e la tua vita è intrisa di più significato e scopo di quanto puoi immaginare. Da qualche parte, in qualche area della tua vita, sei bloccato.
Hai un problema maligno.
E questo è un punto meraviglioso e molto eccitante da cui partire.
Ricerca dei problemi + problem solving = una vita ben progettata.
Nel design thinking prestiamo la medesima attenzione alla ricerca dei problemi e alla loro soluzione. Dopotutto, che senso ha lavorare sul problema sbagliato? Vogliamo sottolineare questo concetto perché in realtà non è sempre facile comprendere quali siano i nostri problemi. A volte pensiamo di aver bisogno di un nuovo lavoro o di un nuovo capo, ma molto più spesso non comprendiamo che cosa funziona e che cosa no nella nostra vita. Spesso affrontiamo i problemi come se fossero una questione di addizione o sottrazione. Vogliamo aggiungere qualcosa (addizione) oppure liberarci di qualcos’altro (sottrazione). Vogliamo un lavoro migliore, più denaro, più successo, un migliore equilibrio, liberarci di dieci chili, della nostra infelicità o del nostro dolore. Oppure abbiamo solo un vago senso di scontento, o la sensazione di volere qualcosa di diverso o qualcosa di più.
Di solito definiamo il nostro problema in funzione di ciò che manca, ma non sempre. E, alla fine, il succo è:
tu hai problemi;
i tuoi amici hanno problemi;
tutti abbiamo problemi.
A volte i problemi sono legati al lavoro, alla famiglia, alla salute, all’amore o al denaro, oppure alla combinazione di tutte queste cose. A volte sembrano così schiaccianti che non tentiamo nemmeno di risolverli; ci limitiamo a conviverci, come se fossero degli irritanti compagni di stanza di cui ci lamentiamo continuamente, senza tentare mai di liberarcene. I nostri problemi diventano la nostra storia, e ognuno di noi può restare bloccato nella propria storia. Scegliere su quale problema lavorare può essere la decisione più importante che prendi, perché le persone possono perdere anni (o una vita intera) a lavorare sul problema sbagliato.
Una volta Dave ha avuto un problema (ok, ne ha avuti parecchi, e potremmo dire che tutto questo libro è il frutto della sua sorprendente inettitudine) che lo ha tenuto inchiodato per anni.
Dave ha iniziato a frequentare il college a Stanford per laurearsi in biologia, ma ha scoperto ben presto non solo che la odiava, ma che stava ottenendo pessimi risultati. Si era diplomato alle superiori credendo che il suo destino fosse diventare un ricercatore sul campo in biologia marina. I responsabili per questa particolare versione del destino di Dave erano due: Jacques Cousteau e Mrs. Strauss. Cousteau era il suo eroe dell’infanzia: Dave guardava ogni episodio della serie che raccontava le imprese della Calypso e immaginava di essere stato lui a inventare il respiratore Aqua Lung al posto di Jacques. Gli piacevano anche le foche. Credeva fermamente che la miglior cosa del mondo sarebbe stata essere pagati per giocare con le foche. Era anche curioso di sapere se le foche facessero sesso in acqua o sulla terra (fu solo con la nascita di Google molti anni dopo che imparò che si accoppiano sulla terra).
La seconda ragione sbagliata per diventare un biologo marino aveva a che fare con Mrs. Strauss, la sua insegnante di biologia alle superiori. Ora, Dave andava piuttosto bene in tutte le materie al liceo, ma soprattutto in biologia. Perché? Perché Mrs. Strauss era quella che gli piaceva di più. Rendeva interessante la biologia. Era una grande insegnante. E Dave aveva creato una falsa correlazione tra l’ottimo insegnamento di lei e il suo forte interesse per la materia. Se il suo insegnante di educazione fisica fosse stato altrettanto bravo, Dave avrebbe potuto credere che il suo destino consistesse nel mettersi un fischietto al collo e diventare sostenitore dell’obbligatorietà del Dodgeball sul luogo di lavoro.
Quindi, la sfortunata unione di Jacques Cousteau e di Mrs. Strauss fece sì che Dave lavorasse per più di due anni sul problema sbagliato. Pensava di lavorare per risolvere il problema di come diventare biologo marino, o più esattamente di come ereditare la Calypso da Cousteau quando sarebbe morto. Dave iniziò il college con la ferma convinzione che il suo futuro fosse nella biologia marina, e dato che Stanford non offriva una laurea in questa materia, decise di seguire gli studi in biologia. E li odiava. A quel tempo, i corsi di biologia consistevano per lo più in biochimica e biologia molecolare. Gli studenti dei corsi preparatori a medicina andavano fortissimo in queste materie, ma non Dave. Dal punto di vista accademico lo stavano distruggendo, insieme ai suoi sogni di essere pagato per giocare con le foche mentre parlava con un accento francese.
Quindi decise che, per risolvere il suo problema dell’odio per la biologia e dei suoi risultati accademici terribili, tutto quello di cui aveva bisogno era un po’ di vera scienza. Aveva bisogno di fare ricerca in un laboratorio. Questo lo avrebbe portato un passo più vicino a investigare le abitudini di accoppiamento delle foche. Fece in modo di entrare in un laboratorio di ricerca sull’RNA, il che voleva dire essenzialmente pulire le provette. Era mortalmente noioso, e lui si sentì ancora peggio.
Trimestre dopo trimestre, i suoi assistenti ai corsi e ai laboratori di biologia continuavano a chiedergli perché voleva laurearsi in quella materia. Dave iniziava a parlare loro di Mrs. Strauss e di Jacques Cousteau, ma loro lo interrompevano e dicevano: «Non sei bravo in biologia. Non ti piace, sei sempre irascibile e sgradevole. Dovresti proprio lasciar perdere. Dovresti abbandonare questo corso di laurea. La sola cosa in cui sei bravo è discutere, forse dovresti diventare un avvocato».
Nonostante questo tsunami di feedback sfavorevoli, Dave ha perseverato, perché si era fissato in mente questa idea riguardo al suo destino, e ha continuato a lavorare al suo “problema” di passare gli esami a biologia. Si era così concentrato sul problema che aveva in mente da non prendere mai in considerazione quello vero: non avrebbe dovuto cercare di laurearsi in biologia e la sua idea del destino era fuoristrada sin dall’inizio.
Abbiamo sperimentato, dopo lunghissime ore di insegnamento, che le persone buttano un sacco di tempo lavorando sul problema sbagliato. Se sono fortunate falliranno in modo miserevole molto velocemente e saranno obbligate dalle circostanze a lavorare su problemi migliori. Se sono sfortunate e intelligenti, avranno successo – noi lo chiamiamo il «disastro del successo» – e si sveglieranno dieci anni dopo domandandosi come diavolo sono finite ovunque siano e perché sono così infelici.
Il fallimento di Dave come biologo marino era così completo che alla fine ha dovuto arrendersi e cambiare il suo corso di laurea. A lui ci sono voluti due anni e mezzo per risolvere un problema che era chiaro a chiunque altro dopo più o meno due settimane. Alla fine si è trasferito a ingegneria meccanica, dove ha avuto un discreto successo ed è stato felice.
Qualche volta, però, spera ancora di giocare con le foche.

Una mente da principiante

Se Dave avesse imparato a pensare come un designer appena finite le scuole superiori, avrebbe affrontato il problema del suo corso di laurea con una mente da principiante. Non avrebbe pensato di avere tutte le risposte prima di porre le domande. Sarebbe stato curioso. Avrebbe voluto sapere esattamente che cosa fa un biologo marino, e lo avrebbe chiesto a qualcuno che faceva quel lavoro. Sarebbe andato alla Hopkins Marine Station di Stanford (che dista circa un’ora di macchina dal campus) e avrebbe chiesto come si fa ad andare a lavorare nel campo della biologia marina partendo da una laurea in biochimica. Avrebbe provato a fare qualcosa: per esempio, avrebbe potuto trascorrere un po’ di tempo in mare aperto e avrebbe scoperto se era così affascinante come pareva in televisione. Avrebbe potuto offrirsi come volontario su una nave da ricerca, magari trascorrendo un po’ di tempo occupandosi della vera vita delle foche. Invece ha iniziato il college con i suoi propositi (e il suo corso di laurea) già ben definiti, e ha finito con l’imparare nel modo più difficile che forse la sua idea iniziale non era la migliore.
Non accade lo stesso anche a tutti noi? Spesso ci innamoriamo della nostra prima idea e ci rifiutiamo di lasciarla andare. Non importa quanto si rivela pessima. E, più importante, crediamo veramente che sia una buona idea lasciare che il nostro sé diciassettenne – zelante, ma fuori strada – possa determinare il lavoro che faremo per il resto della nostra vita? E adesso? Quanto spesso andiamo avanti con la nostra idea iniziale e pensiamo di possedere le risposte a domande che non abbiamo mai realmente approfondito? Quanto spesso verifichiamo se stiamo veramente lavorando sul problema giusto?
«Ho bisogno di un lavoro migliore» non è la soluzione al problema «Non sono così felice al lavoro e preferirei piuttosto stare a casa con i miei figli». Attenzione a lavorare su un problema veramente buono, ma che non è quello giusto, non è veramente il tuo problema. Non si risolve un problema di matrimonio in ufficio, o uno di lavoro con la dieta. Sembra ovvio, ma come Dave possiamo perdere parecchio tempo lavorando sul problema sbagliato.
È anche probabile finire impantanati in quelli che chiamiamo problemi di gravità.
«Ho questo grave problema e non so cosa farci.»
«Oh, caspita, Jane, qual è il problema?»
«È la gravità.»
«Gravità?»
«Sì, mi sta facendo impazzire. Mi sento sempre più pesante. Non riesco a pedalare in salita facilmente. Non mi lascia MAI. Non so che cosa fare. Mi puoi aiutare?»
Questo esempio può sembrare stupido, ma sentiamo continuamente versioni di questo “problema di gravità”.
«I poeti non guadagnano abbastanza denaro nella no...

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