Mai fermarsi
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Mai fermarsi

  1. 176 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Mai fermarsi

Informazioni su questo libro

"Mi sembra di essere cambiata pochissimo: il mondo attorno a tutti noi, invece, corre così veloce che mi è tornata la voglia di fermarmi, di nuovo, per raccontare come eravamo e come mai siamo diventati così. Non ho mai avuto tempo per chiedermi se ero felice." Il segreto di Barbara Palombelli è vivere tutto in presa diretta, senza filtri, in uno slancio continuo di rigore ed entusiasmo che non conosce tregua. Dall'infanzia negli anni Cinquanta ("una realtà libera come nessun asilo potrà mai essere") all'avventura della conduzione di Forum ("un transatlantico da guidare tutti i giorni, su cui si provano emozioni incredibili"), l'autrice racconta con dolcezza e ironia gli affetti e gli eventi che l'hanno accompagnata, coinvolgendo noi tutti nelle sue peripezie di bambina, ragazza, donna.

"Ero una bambina preoccupata, " scrive "sono una donna ancora preoccupata." L'impegno continuo e costante, nel lavoro come nella vita famigliare, è stato il suo segreto. Nella sua valigia dei ricordi ci sono le ginocchia sbucciate di una bambina irrequieta, un'educazione rigorosa ma libera, il rumore delle macchine da scrivere nelle redazioni dei giornali, Roma con i suoi giardini e le sue strade, con le sue case e i salotti. E poi quattro figli, di cui tre adottati dopo lunghe battaglie, una famiglia che sembra un circo, gli amici, i maestri, i compagni di viaggio. In queste pagine dense di emozioni si scopre il mondo di una donna che ha avuto il coraggio di correre dietro ai suoi sogni. "Non ho mai buttato un minuto della mia vita o del mio corpo. Le persone con cui ho vissuto i momenti più belli le amerò per sempre."

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Dal galateo di papà

(Norme di contegno a tavola, direttamente dall’Accademia navale di Livorno, 1939)
La sedia né troppo lontana, né troppo vicina alla tavola: i gomiti stretti ai fianchi, il busto eretto. Nessun dondolio della sedia. Non si allungano le gambe sotto la tavola, né si attorcigliano intorno alle gambe della tavola, né vi si puntano i gomiti sopra.
Non si fissa il tovagliolo nel colletto o sul petto.
Non si puliscono col tovagliolo piatti, bicchieri, posate, né si esaminano i bicchieri contro luce.
Non si scelgono i pezzi migliori, servendosi, né si osserva il modo di servirsi degli altri.
Non si fanno complimenti, né si rifiuta di servirsi per primi: anche se si è serviti per primi si inizia a mangiare solo dopo che ha iniziato a mangiare il capotavola (padrone, o padrona di casa).
Non bisogna distrarsi, o distrarre, mentre ci si serve.
Non si rimproverano i camerieri mentre si è a tavola.
Non si mangia troppo in fretta o troppo lentamente.
Non si riempie il proprio piatto per poi lasciarlo a mezzo.
Non si soffia sui cibi per farli raffreddare.
Non si versa il vino nella minestra né si fanno altre mescolanze.
Non si solleva la scodella per portare via il poco rimasto sul fondo.
Ricordare sempre che il capo deve rimanere eretto, che il gomito deve sollevarsi dal tavolo e cioè che non si deve abbassare la bocca per prendere il cibo.
Sedendosi a tavola, non si dice «buon appetito» e durante la conversazione si rifugge sempre dalle frasi convenzionali come «a tavola non si invecchia» ecc. si ringrazia sempre invece quando il vicino porge qualcosa.
Non si apre la bocca masticando, né si parla a bocca piena.
Non si fa rumore, masticando, né con i denti né con il palato.
Non si fanno i bocconi troppo grossi.
Non si tracanna il bicchiere tutto d’un fiato e fino in fondo.
Non si beve mentre si ha il boccone in bocca, o senza essersi prima pulita la bocca, che va anche subito ripulita dopo aver bevuto.
Non si taglia il pane col coltello, ma si spezza con le mani.
Non si porta alla bocca tutto il pezzo di pane strappandolo con i denti, né se ne toglie la mollica, e tanto meno la si plasma con le dita.
Non si introduce la propria posata nel piatto di portata.
Non si taglia prima in pezzi tutta la carne o altro che si ha davanti.
Non si intinge il pane nel sugo o nella salsa rimasta nel piatto.
Non si riprendono a spolpare le ossa già lasciate.
Non si sposta verso destra o verso sinistra il piatto vuoto.
Non si raccatta una posata caduta e tanto meno la si rimette a tavola.
Non si taglia il pesce con il coltello.
La mano sinistra non si tiene sulle ginocchia, ma sulla tavola, quando è inoperosa.
In nessun caso si porta il coltello alla bocca.
Non si fanno commenti su cose che non piacciono o non si possono mangiare.
Non si attira l’attenzione su qualcosa di estraneo che si possa trovare nei cibi.
Non si usano gli stecchini.
Non si parla di servizio, di cose tristi o di malattie né si fanno discorsi lunghi con commensali che siano dall’altro capo del tavolo, né si fanno discussioni.
Non si adoperano per il naso fazzoletti poco puliti, né si caccia la testa sotto la tavola o da uno dei lati per soffiarsi, né lo si fa rumorosamente spiegando dopo il fazzoletto.
Non si starnutisce rumorosamente, o in modo da far piovere nei piatti dei vicini.
Non si tirano noccioli, bucce, pezzi di pane o altro.
Non si decantano pranzi fatti altrove.
Non si chiedono cose che i padroni di casa non hanno fatto mettere in tavola, adattandosi a imitarli.
Non si fuma senza che i padroni di casa lo abbiano autorizzato. In ogni caso, mai prima che si sia finito di mangiare.
Se si hanno sigari o sigarette di qualità migliore di quelli offerti dai padroni di casa, si evita di servirsene e di offrirli.
Non si prende il sale dalla saliera col proprio coltello, ma con l’apposito cucchiaino.
A tavola non si legge.
Nessuno si leva da tavola prima che lo abbia fatto il padrone di casa.
Non si piega il tovagliolo, ma lo si lascia con garbo alla sinistra del posto occupato.
Non si porta via alcunché dalla tavola.
La forchetta si tiene con la destra, quando si tratta di vivande per le quali non è necessario adoperare il coltello: maccheroni, risotto, frittata, verdure, sformati, uova anche sode, polpette ecc.
Si tiene con la sinistra quando con la destra si debba adoperare il coltello per tagliare. In tal caso si prende con la forchetta il pezzo tagliato, con la punta del coltello vi si adatta per benino il contorno, gelatina o salsa, e si porta alla bocca in modo che le punte della forchetta siano rivolte in giù. Quando occorresse interrompere, forchetta e coltello si mettono nel piatto a contatto di punte, non sulla tavola o sull’orlo del piatto.
Quando si è finito si lasciano le posate nel piatto parallelamente con le punte verso l’interno della tavola e perfettamente al centro.
Il cucchiaio si adopera il meno possibile, solo per vivande liquide o semiliquide. Si può portare alla bocca o per la punta o per margine laterale, dalla parte più vicina al manico. Se una distinzione si vuol fare, è più comodo adoperarlo dalla parte della punta quando, nel liquido, c’è qualcosa di solido. In questo caso né si introduce troppo nella bocca, né si attira il contenuto succhiandolo, né si consuma la cucchiaiata a parecchie riprese. Non si aspira in nessun caso.
Non si adoperano cucchiaio e forchetta per mangiare i maccheroni.
La posata non si prende dalla parte più bassa, la forchetta si adopera con il manico nel pugno e l’indice disteso, oppure come il cucchiaio, il cucchiaio si adopera prendendolo con il pollice e l’indice e appoggiandolo sul medio ripiegato. Il coltello si adopera anch’esso col manico nel pugno. Usa anche tenere il coltello come una penna: questo uso non è da imitare perché forzato e poco comodo.
Il formaggio si taglia con il coltello ed il pezzo si adatta su di un pezzo di pane.
Le ossa o le lische non si prendono con le dita, ma si depongono sulla forchetta e poi sull’orlo del piatto.
Il bicchiere si prende dalla parte più bassa.
Quando è servita qualche vivanda che non si sa come si mangi, o viene dato qualche cosa che non si sa come adoperare, è prudente attendere e seguire l’esempio degli altri.
La piccola coppa dell’acqua che viene portata su di un tovagliolino col piatto della frutta, serve per lavarsi le dita. Tovagliolino e coppa si mettono a sinistra. Dentro l’acqua possono esserci una fettina di limone o un fiore che non si devono toccare.
Agli asparagi, presi con la pinza speciale quando c’è, oppure con altra posata comune, si taglia la parte verde e si porta alla bocca con la forchetta oppure, quando sono freddi, si possono prendere dal proprio piatto con le mani.
Per la frutta si adoperano la forchetta e il coltello apposito, supponendo che la frutta sia già abbondantemente lavata. La frutta non si sbuccia intera ma si taglia prima a quarti: mele, pere. Le pesche si sbucciano dopo averle tagliate in due. Le albicocche e le prugne non si sbucciano. Si portano intere alla bocca quelle secche, si tagliano a fettine quelle fresche, senza portare alla bocca il nocciolo. Alle banane si incide la corteccia da cima a fondo, denudandone la polpa, che si mangia a piccoli pezzi, con la forchetta e il coltello. I fichi freschi si tagliano in quattro spicchi senza separare il picciolo; poi se ne stacca col coltello la polpa che si porta alla bocca con la forchetta. Agli aranci e ai mandarini si incide per spicchi la buccia, indi se ne separano gli spicchi e si tagliano a metà per trarne i semi: non si sbucciano in tondo, né a spirale. In America, usa tagliarli in due senza sbucciarli, nel senso orizzontale ed estrarne col cucchiaino la polpa e il sugo. Le ciliegie si portano alla bocca una per volta, non a ciocche, e se ne lascia cadere il nocciolo sulla forchettina. Meglio così che lasciarlo cadere nella mano socchiusa. Le fragole, se sono grosse e servite con il gambo, si prendono a una a una con le mani, si passano nello zucchero e si portano alla bocca. Se sono piccole, si mangiano col cucchiaino.
Le foglie dell’insalata non si tagliano, ma si portano alla bocca come vengono servite.
La frutta col guscio legnoso, noci, nocciole, mandorle, si schiaccia, non coi denti o con le dita, ma con lo schiaccianoci; se ne cava il contenuto e si porta alla bocca con le mani. Per il popone, si libera la polpa dalla buccia e si porta alla bocca con la forchetta, dopo averla tagliata in pezzi con l’aiuto del coltello. L’uva si porta alla bocca chicco per chicco, e per chi non usa ingoiarli, si fanno ricadere nel cucchiaio vinaccioli e buccia e si depongono all’angolo del piatto.
Il gelato si prende con la spatola dal piatto comune, badando a non farlo scivolare, e si mangia col cucchiaio quando c’è, oppure con la forchetta, accompagnandolo con biscotti, se ci sono.
Prendendo il tè o il caffè latte o il cioccolato non si inzuppano pane o biscotti nella tazza, né ci si riempie la tazza: si dovrebbe mangiare e bere separatamente.
Nel brodo freddo non si mette il formaggio.
Qualche volta insieme al pane viene servito il burro che si spalma sul pane in piccoli pezzi.
Possono esserci anche a tavola per ogni commensale delle mandorle salate: se ne mangia qualcuna negli intervalli delle portate, senza divorarle tutte.

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Mai fermarsi
  4. Una bambina preoccupata
  5. Foto di gruppo con ginocchia sbucciate
  6. Il braccialetto perduto
  7. Mai raccontato a nessuno
  8. Nella città senza tempo
  9. Mi piace lavorare!
  10. Case, salotti e potere
  11. Una luce che ti costringe a svegliarti felice
  12. Il circo
  13. Amici e maestri
  14. Una follia formato famiglia
  15. Il coraggio
  16. La più bella delle favole
  17. Ciao, Silvia
  18. Nessuno è perfetto
  19. Dal galateo di papà
  20. C’erano una volta le macchine da scrivere
  21. Marito
  22. Una staffetta della vita
  23. Collari e ricordi
  24. Casa Portese
  25. Copyright