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Eddington fu uno degli scienziati che si appassionarono a questo enigma del tempo. Era un fisico, astronomo, filosofo e divulgatore scientifico; ideò e condusse esperimenti mentali, fu il padre di nuove teorie e il suo nome venne associato a importanti idee fisiche. Nel 1919, gli chiesero che cosa pensasse di chi diceva che la relatività generale era talmente difficile che solo tre persone al mondo potevano affermare di comprenderla davvero. Stando alla leggenda, la sua risposta fu: «E chi sarebbe la terza?».
Eddington fece la prima, difficile misurazione della deflessione della luce stellare durante il suo passaggio in prossimità del Sole (uno dei test chiave della teoria einsteiniana dello spaziotempo curvo) nel 1919, effettuandola durante un’eclisse solare in modo che la debole luce della stella non risultasse invisibile a causa della brillantezza del Sole. Con questo esperimento rese Einstein famoso, conquistando a propria volta la celebrità .19
Le riflessioni di Eddington sui fenomeni fisici sono profonde. Ogni astronomo e ogni studente di astrofisica conosce il limite di Eddington, che descrive l’equilibrio che ha luogo nelle stelle tra la pressione di radiazione e la forza di gravità e che si è dimostrato fondamentale nella comprensione non solo delle stelle giganti ma anche di oggetti astronomici esotici come le quasar.
Eddington sapeva che, nonostante i grandi progressi di Einstein, c’erano ancora dei misteri da spiegare in relazione al tempo. Nel suo libro del 1928, La natura del mondo fisico, scrisse:
Il tempo cammina: è questo uno dei suoi caratteri più importanti. Il fisico tuttavia sembra qualche volta disposto a trascurarlo.20
In quel libro, Eddington non diede nessuna spiegazione del significato di adesso e non presentò teorie sul motivo per cui il tempo scorre; in compenso, ci fornì la spiegazione oggi più accettata della direzione del tempo.
Per spiegare la propria idea riguardo alla direzione del tempo, Eddington chiese ai lettori di immaginare una serie di eventi presa come una funzione del tempo. Definì questa immagine come un diagramma spaziotemporale e si richiamò a Hermann Minkowski (di cui abbiamo parlato nel capitolo 6). Noi ci serviremo però di una versione meno astratta, che mantiene tutti gli elementi essenziali: uno spezzone di pellicola di un film (come si usava una volta, quando i film venivano registrati come una serie di fotografie e non sotto forma di bit immagazzinati nella memoria di un computer). Tenendo in mano un singolo fotogramma, siete in grado di dire se lo state guardando correttamente, da davanti, o se invece lo state osservando da dietro? Stabilirlo è difficile, a meno che nell’immagine non ci sia qualche scritta, come un cartello stradale: se vedete scritto «
» potete concludere che lo state guardando dalla parte sbagliata. Su larga scala, la natura presenta una forte simmetria destra-sinistra (montagne, alberi ed esseri umani sembrano altrettanto reali anche quando vengono osservati in uno specchio), ma la cultura no. Pure la biologia rompe la simmetria: non solo la maggior parte delle persone sono destrimane, ma anche la molecola del comune saccarosio è destrogira.
Ora, nessuna di queste azioni violerebbe le leggi della fisica. Un uovo rotto potrebbe riassemblarsi e quindi volare sul tavolo, se le forze molecolari dovessero essere organizzate nel modo giusto; solo, è molto improbabile che ciò accada. L’attrito tende a far rallentare i corpi, non a farli accelerare. Il calore passa dagli oggetti caldi a quelli freddi e non viceversa. Gli urti rompono gli oggetti, non li rimettono assieme. Queste osservazioni possono essere raccolte sotto una formulazione precisa: la cosiddetta Seconda legge della termodinamica. (La Prima legge afferma che l’energia non può mai essere creata o distrutta; certo, nel calcolo dell’energia occorre includere anche la massa-energia di Einstein, E = mc2.)
La Seconda legge stabilisce che esiste una grandezza chiamata «entropia» che, per un dato insieme di oggetti, col passare del tempo può soltanto restare costante oppure crescere. L’energia, dal canto opposto, è una grandezza che rimane sempre costante: può spostarsi da una cosa all’altra, ma la somma dell’energia di tutti gli oggetti rimane invariata. A differenza della Prima legge, la Seconda non è assoluta ma soltanto probabilistica; tuttavia, anche se può essere violata, la probabilità di una sua violazione per insiemi di particelle su larga scala è talmente piccola da risultare di fatto trascurabile.
Il collegamento posto da Eddington tra la freccia del tempo e l’entropia ha pesanti implicazioni per quanto riguarda la nostra comprensione della realtà e forse anche la nostra stessa coscienza, al punto che c’è chi ritiene che dovrebbe entrare a far parte del bagaglio di conoscenze di ogni persona istruita. Nel suo influente saggio del 1959, Le due culture e la rivoluzione scientifica, C.P. Snow si lamentava del fatto che non tutta la gente «istruita» fosse consapevole di questo grande progresso nella nostra comprensione del mondo:
Mi è capitato molte volte di presenziare a incontri di persone che, secondo gli standard della cultura tradizionale, sono ritenute molto istruite e che esprimevano con notevole gusto la loro incredulità di fronte all’ignoranza degli scienziati. In un paio di occasioni, ho ceduto alle provocazioni e ho chiesto alla compagnia quanti di loro fossero in grado di descrivere la Seconda legge della termodinamica. La loro risposta è stata fredda e negativa. Eppure, la mia domanda non era nient’altro che l’equivalente scientifico di «Avete mai letto un’opera di Shakespeare?».21
Uno studioso che paragona la Seconda legge della termodinamica a Shakespeare! Non sono sicuro di essere d’accordo con Snow, anche se il suo libro ha avuto una grande influenza sulla mia vita (era una lettura comune per le matricole alla Columbia). Forse le persone «molto istruite» di Snow non avevano mai sentito parlare della Seconda legge, ma immagino che la maggior parte di loro avessero una conoscenza della fisica sufficiente a commentare con intelligenza l’equazione E = mc2; la teoria della relatività , quindi, potrebbe essere presa come un termine di paragone più adeguato con Shakespeare.
Eddington portò la Seconda legge ancora più in alto, elevandola a uno status mistico al pinnacolo della scienza. Scrisse:
Penso che la Seconda legge della termodinamica occupi la posizione suprema fra le leggi della natura. Se qualcuno vi dice che la vostra teoria dell’universo preferita è in disaccordo con le equazioni di Maxwell, tanto peggio per le equazioni di Maxwell. Se si scopre che è contraddetta dalle osservazioni empiriche, beh, può capitare che gli sperimentatori combinino qualche pasticcio. Se però emerge che la vostra teoria va contro la Seconda legge della termodinamica, non posso darvi nessuna speranza: è destinata a crollare nella più assoluta umiliazione.
Un’affermazione del genere sembra più vicina a una dichiarazione religiosa che non al giudizio di un eminente scienziato. Tuttavia, la convinzione di Eddington riguardo alla «posizione suprema» della Seconda legge ha una base semplice: in radice, infatti, questa legge non fa altro che dichiarare che gli eventi con una probabilità elevata hanno molte più chance di verificarsi rispetto a quelli con una probabilità bassa. È una tautologia, ma proprio per questo è vera. Parleremo presto dell’interpretazione della probabilità ; ora però, per iniziare, cerchiamo di rendere la Seconda legge un po’ meno misteriosa.
Il cuore della Seconda legge della termodinamica è il concetto di entropia. Che cos’è l’entropia?
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Demistificazione dell’entropia
L’entropia assomiglia a un concetto mistico, ma è anche uno strumento ingegneristico con unità di misura ordinarie espresse in calorie per grado...
Io sono lo spirito che nega!
Ed è giusto che sia così: infatti, tutte le cose
Chiamate all’esistenza dal vuoto
Meritano di essere distrutte...
Mefistofele, nel Faust di Goethe
La fisica ha la tendenza a dare alle comuni grandezze delle definizioni oscure e astratte. Per esempio, a meno che non siate laureati in fisica, la definizione di «energia» formulata da Emmy Noether (si veda il capitolo 3) e insegnata nei corsi avanzati potrebbe suonarvi un po’ ostica:
Si definisce «energia» la grandezza canonicamente conservata corrispondente all’assenza di dipendenza temporale esplicita nella lagrangiana.
È inutile dire che non è questo il modo in cui l’energia viene spiegata nelle scuole superiori (o anche nella maggior parte dei corsi di fisica di base); tuttavia, questa formulazione può risultare molto utile quando occorre tener conto di nuove circostanze. Per esempio, se siete Einstein e avete appena derivato alcune equazioni da voi chiamate «relatività », e volete capire come ridefinire la conservazione dell’energia nel quadro di queste nuove equazioni, potete semplicemente applicare la regola di Noether. (Per ulteriori spiegazioni su questa comprensione avanzata dell’energia, si veda l’Appendice 2.)
Ci sono altre grandezze fisiche con definizioni altrettanto astratte e mistificanti che si dimostrano utili per gli esperti ma oscure per i non addetti ai lavori. Una di queste è la definizione avanzata di «entropia», che nella sua formulazione più astratta può essere espressa nei seguenti termini:
L’entropia è il logaritmo del numero di stati quantistici accessibili a un sistema.
La comprensibilità di questa definizione fa a gara con quella della definizione di energia data dalla Noether. Messa in questi termini, l’entropia sembra essere qualcosa di astratto e arcano, alla portata esclusiva dei fisici statistici più ferrati in matematica.
Se avete questa impressione, rimarrete forse sorpresi di scoprire che l’entropia di una tazza di caffè è di circa 700 calorie per grado Celsius. Quella del vostro corpo è di circa 100.000 calorie per grado. Con un pizzico di conoscenze fisiche e chimiche e l’aiuto di un manuale di chimica, potete calcolare l’entropia degli oggetti comuni; se la cosa vi incuriosisce, provate a cercare sul web «entropia dell’acqua».
Calorie per grado? Queste sono le stesse unità della capacità termica, insegnata nei corsi di fisica delle superiori, che esprime la quantità di calore che dobbiamo mettere in un oggetto per far salire la sua temperatura; suona molto più familiare del logaritmo del numero di stati quantistici, non vi pare? E non suona neppure simile al «grado di disordine». L’entropia potrà anche essere un po’ misteriosa, ma non è qualcosa di mistico: è una cosa ordinaria e uno strumento essenziale nel campo dell’ingegneria.
La forza motrice del fuoco
Se la tecnologia dei computer è il motore della rivoluzione informatica, la macchina a vapore è stata quello della rivoluzione industriale. All’inizio del Settecento, le macchine a vapore erano enormi – occupavano interi edifici – e inefficienti, ma rappresentavano comunque uno strumento economico per pompare l’acqua fuori dalle miniere profonde. La forte concorrenza incentivò un rapido progresso. Nel 1765, James Watt (il cui nome sarebbe stato infine associato all’unità di misura della potenza) aveva già scoperto dei modi per rendere queste macchine più piccole e ridurre il loro spreco di energia. Nel 1809, Robert Fulton guidava battelli a vapore su sei fiumi statunitensi e nella baia di Chesapeake. Alla fine, i motori diventarono abbastanza piccoli da poter essere installati su una locomotiva, i trasporti andarono incontro a una trasformazione e si aprirono le porte dell’Ovest americano. La rivoluzione non si è fermata: le centrali a carbone e a gas naturale di oggi sono versioni avanzate delle macchine a vapore, e lo stesso vale anche per le centrali nucleari (che, pur usando l’uranio al posto del carbone, si basano ancora sulla produzione di vapore).
Le prime tappe dello sviluppo della macchina a vapore seguirono perlopiù un metodo empirico. Lo scozzese James Watt, un costruttore di strumenti, si rese conto che in queste macchine c’era un dispendio di energia dipendente dal fatto che il cilindro che spingeva il pistone veniva continuamente riscaldato e raffreddato; introdusse quindi un condensatore separato che fece aumentare moltissimo l’efficienza. Il metodo che usiamo oggi, che non si limita a procedere per prove ed errori ma si basa su una comprensione teorica e un modo più profondo di ottimizzare l’approccio, venne messo a punto agli inizi dell’Ottocento da un giovane ingegnere militare francese, Sadi Carnot, che sviluppò la fisica delle macchine a vapore raggiungendo alcune conclusioni degne di nota.
Carnot dedusse che il funzionamento della macchina non dipendeva necessariamente dall’uso del vapore: le macchine a vapore erano solo un membro di una classe di motori che estraggono energia meccanica «utile» da un gas caldo. La sua analisi viene oggi utilizzata per i mo...