Comandante supremo
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Comandante supremo

  1. 704 pagine
  2. Italian
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Comandante supremo

Informazioni su questo libro

Il presidente degli Stati Uniti Jack Ryan e il presidente russo Valeri Volodin non hanno ancora terminato la loro partita a scacchi per il controllo del mondo. Questa volta tocca alla Lituania cercare di uscire dalla sfera di influenza russa: con il coraggio di chi ambisce alla libertà piena, il governo di Vilnius comincia a rifornirsi di gas naturale dalla Norvegia. Il combustibile viene stoccato nella nave Independence, che però subisce un misterioso attentato ecoterroristico. Volodin non resta a guardare: comincia ad attuare il suo piano di invasione della Lituania, con il pretesto di reagire a un attacco sferrato dalle truppe polacche a un convoglio militare russo di stanza a Vilnius. Nel suo Paese, però, Volodin deve fare i conti con i temibili siloviki, un potente gruppo di ex membri dell'esercito o dei servizi segreti, che lo ritengono colpevole di aver fatto crollare il prezzo del petrolio provocando l'inasprimento delle sanzioni internazionali. Per crearsi una via di fuga, Volodin assolda allora Andrei Limonov, un equity manager privato che dovrebbe aiutarlo a mettere al sicuro il suo immenso patrimonio.I membri del Campus, Domingo Chavez, Dominic Caruso e Jack Ryan junior si ritrovano così costretti ad agire su più fronti: Jack Ryan junior intercetta i piani finanziari di Volodin e di Limonov, mentre Dom e Ding vengono inviati in Lituania per ottenere informazioni sui siti sensibili in previsione di un eventuale attacco russo.Tra sottomarini e navi da guerra, informatica e finanza, cambi d'identità e terrorismo al servizio della politica, la sfida per la conquista del pianeta è tutt'altro che chiusa. Chi sarà alla fine il comandante supremo?

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2016
Print ISBN
9788817091190
eBook ISBN
9788858686355

1

La Independence era una nave, ma il suo compito non era quello di viaggiare da un punto di partenza a uno di arrivo. Anzi, rimaneva ancorata nel porto di KlaipÄ—da, sulla costa baltica della Lituania, collegata a una lunga banchina con dispositivi di supporto e ormeggio, ponti di collegamento in ferro e un enorme impianto di tubature.
La supermetaniera era stata accolta in porto con grande clamore l’anno precedente, perché tutti sapevano che avrebbe segnato una svolta epocale per i lituani. E sebbene adesso non fosse altro che un oggetto fisso e ondeggiante e non assomigliasse più a una nave, aveva compiuto la sua missione.
Independence era il nome, ma anche l’obiettivo. Era un impianto galleggiante di stoccaggio e rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL), il primo del suo genere.
Da decenni la Lituania dipendeva dalla Russia per coprire il fabbisogno di gas ed energia elettrica. Per un qualsiasi capriccio dettato dalla situazione politica della regione, la Russia poteva alzare il prezzo del gas o diminuire le forniture. Era già accaduto più volte nel corso degli ultimi anni e, a mano a mano che la tensione tra gli Stati baltici e la Russia cresceva, il fatto che la Lituania dipendesse dalla benevolenza del suo vicino era diventato un chiaro pericolo per la sicurezza nazionale.
Una struttura per l’importazione di GNL aveva la possibilità di cambiare le cose. Con la Independence e il gasdotto dal porto, i carichi di GNL dalla Norvegia adesso potevano arrivare tramite metaniera, essere scaricati nell’impianto di rigassificazione e trasformati nel gas naturale necessario alla nazione.
In questo modo, se i russi avessero di nuovo chiuso i rubinetti del gas o alzato i prezzi a cifre insostenibili, la Lituania e i suoi vicini alleati non avrebbero dovuto far altro che aprire la valvola di sicurezza di cui era provvista la Independence.
Il processo per la rigassificazione è altamente tecnico e accurato, ma sorprendentemente semplice da capire. Per poterne trasportare grandi quantità, il gas deve essere trasformato in forma liquida, riducendone così di seicento volte il volume. Ciò viene realizzato raffreddando il gas fino a -160 °C. La forma liquefatta della merce viene trasportata a questa temperatura in serbatoi speciali, in questo caso dalla Norvegia alla Lituania. Qui il GNL viene pompato nei serbatoi di stoccaggio della Independence, dove il sistema di rigassificazione riscalda il liquido con propano e acqua di mare, trasformandolo di nuovo in gas. Quest’ultimo viene pompato in tubi che lo scaricano nel porto di Klaipėda e poi, attraverso un gasdotto di diciotto chilometri, all’impianto per l’erogazione. Da lì viene convogliato direttamente nelle case lituane, dove fornisce il calore necessario per affrontare i lunghi inverni baltici.
Da un punto di vista economico, il progetto da trecentotrenta milioni di dollari stava già dando i suoi frutti. La Russia aveva infatti abbassato il prezzo del gas il giorno stesso in cui la Independence era finita su Internet, in modo da competere con quello norvegese.
Ma dire che i russi non ne erano molto contenti era l’eufemismo del secolo. Mosca non vedeva di buon occhio la competizione sulle esportazioni di energia in Europa. Era abituata a detenerne il monopolio e lo aveva usato per minacciare gli Stati vicini, per arricchire la nazione e, forse ancora più importante, per mascherare la miriade di altri problemi economici della Russia. Il presidente russo Valeri Volodin, in modo tipicamente iperbolico, era arrivato persino ad affermare che il nuovo impianto di gas naturale della Lituania non era altro che un atto di guerra.
La Lituania, come molti altri ex Stati satellite della Russia, era abituata alla retorica sediziosa di Mosca, perciò il governo di Vilnius ignorò, semplicemente, le minacce di Volodin e importò ingenti quantità di gas naturale tramite i gasdotti russi e piccole quantità di GNL dalla Norvegia attraverso il mar Baltico. La Independence fungeva, in definitiva, anche da modello per le altre nazioni baltiche per lo sviluppo di vie alternative di approvvigionamento energetico.
Il resto dell’Europa aveva partecipato alla costruzione e alla consegna della Independence alla Lituania. Dopotutto, la stabilità della regione era nell’interesse di tutti, e le nazioni NATO che potevano essere messe alle strette o addirittura controllate dalle esportazioni russe di energia rappresentavano un anello debole della catena.
Si diceva pertanto che se la Lituania dipendeva dalla Independence per la sua energia, l’Europa in generale dipendeva dalla Independence per la sua sicurezza.
Un elettricista tedesco di mezza età che camminava lungo la banchina notò il corpo che galleggiava in acqua e questo gli salvò la vita.
Quella mattina aveva deciso di partire presto per andare a controllare alcuni circuiti capricciosi nella stazione di pompaggio, ma trovò il furgone bloccato dietro un cancello chiuso. Dato che avrebbe fatto prima ad andare a piedi piuttosto che aspettare qualcuno che portasse la chiave, si era avviato lungo la banchina a passo svelto, dettato dal fastidio di aver cominciato la mattinata con il piede sbagliato. Era appena a un quarto del percorso quando girò la testa verso sinistra e notò qualcosa ondeggiare a pelo d’acqua, proprio al limite dell’area illuminata dalle luci della banchina.
All’inizio pensò che fosse soltanto un sacco della spazzatura, ma preferì fermarsi per assicurarsene. Raggiungendo l’inferriata, prese un faro industriale dallo zaino e lo accese, dirigendo il fascio di luce verso l’acqua.
Un sommozzatore con la muta e una bombola d’ossigeno sulla schiena galleggiava a faccia in giù, con braccia e gambe divaricate.
L’elettricista tedesco parlava poco il lituano, ma provò a chiamarlo comunque. «Labas!» Ciao! «Labas?»
Non ci fu alcuna reazione dal sommozzatore a venti metri dalla banchina. Guardando con più attenzione, vide lunghi capelli biondi fluttuare intorno alla testa e una corporatura minuta, e si rese conto che il corpo apparteneva a una donna, probabilmente piuttosto giovane.
L’elettricista faticò a estrarre il walkie-talkie, ma quando alla fine ci riuscì gli venne in mente che non ci sarebbe stato nessuno sul suo canale finché i suoi colleghi non fossero arrivati al lavoro, ovvero non prima di un’ora. Non si ricordava quale fosse il canale per le emergenze, perciò cominciò semplicemente a correre nella direzione da cui era venuto, verso l’ufficio preposto alla sicurezza portuale.
E quella decisione, generata dal panico, trasformò l’elettricista tedesco nell’uomo più fortunato dell’anno in Lituania.
A diverse centinaia di metri dall’elettricista sconvolto, la Independence galleggiava tranquilla su acque calme e scure in una fredda mattina d’ottobre, inondata dalle luci sul ponte e collegata alla banchina e alla stazione di pompaggio.
La nave e la banchina non erano ancorate alla terraferma lituana ma all’isola di Kiaulės Nugara nella laguna dei Curi, all’imboccatura del porto di Klaipėda. Durante il giorno le acque del porto erano trafficate, ma adesso, alle 4,08 di mattina, erano praticamente vuote dalla struttura di GNL fino all’imboccatura della laguna, se si escludevano un paio di piccole imbarcazioni a scafo rigido che solcavano le acque lentamente e senza quasi alcun rumore. Gli agenti di sicurezza sulle barche non sapevano dell’elettricista che stava correndo lungo la banchina, perché la gigantesca supermetaniera era posizionata proprio tra le imbarcazioni dei guardiacoste e il tedesco.
Le due barche passarono a una ventina di metri l’una dall’altra durante il pattugliamento. Gli uomini sui ponti delle imbarcazioni si guardarono, ma s’incrociavano troppo di frequente durante un turno per salutarsi ogni volta.
Al porto di Klaipėda i controlli erano piuttosto rigidi ed erano state prese tutte le misure necessarie a impedire attacchi terroristici via terra o via mare. Ma anche se le guardie alla stazione di pompaggio, sull’isola, sulla Independence e sulle barche di pattuglia erano ragionevolmente vigili e attente, nessuno pensava veramente che potesse succedere qualcosa di grave.
Sì, il mese precedente alcuni dimostranti a bordo di piccole barche di legno avevano assaltato la struttura passando per l’imboccatura del porto. Avevano con sé cartelloni colorati in cui chiedevano la fine della globalizzazione, un megafono con il quale uno dei dimostranti urlava ogni genere d’imprecazioni agli operai del porto, oltre a barattoli pieni di petrolio che avevano intenzione di lanciare contro la supermetaniera per dimostrare qualcosa di fondamentale importanza.
Non erano stati molto chiari su che cosa fosse, questo qualcosa.
I dimostranti non avevano capito che quello era un impianto di gas naturale, non di petrolio, e che il contenuto dei barattoli sarebbe inevitabilmente finito in mare.
Per fortuna delle acque circostanti, i guardiacoste avevano raggiunto e bloccato gli attivisti prima che potessero avvicinarsi abbastanza alla supermetaniera da rappresentare un pericolo.
Ecco il genere di minaccia che gli agenti di sicurezza del porto avevano in mente, anche perché la Independence era incredibilmente robusta. Aveva un doppio scafo in acciaio fresato e, all’interno, il GNL raffreddato era protetto da serbatoi a membrana isolati termicamente. Un lanciarazzi RPG dalla costa, una bomba molotov o un IED avrebbero avuto scarso effetto sull’enorme impianto.
A pieno carico, con centosettantamila metri cubi di gas naturale liquefatto, la Independence possedeva l’energia di cinquantacinque bombe atomiche, ma al momento c’era solo un ottavo della capacità massima nei serbatoi di stoccaggio e, a ogni modo, ci sarebbe voluta una bomba a dir poco devastante per sfondare il fianco della nave e dare fuoco al gas.
Le due imbarcazioni di pattuglia passarono vicino alla metaniera di GNL, ad appena duecento metri più a est, ma era incredibilmente buio in quel punto. I due uomini sui ponti avrebbero avuto bisogno di una supervista per vedere l’anomalia che era proprio davanti ai loro occhi. Invece, entrambe le barche continuarono il proprio percorso. Una verso nord, l’altra verso sud.
Dietro di loro, piccole scie di bolle emergevano sulla superficie delle acque scure, per poi scomparire rapidamente. I guardiacoste non avevano notato niente e continuarono il pattugliamento.
Alla fine della banchina, l’elettricista fermò un agente di sicurezza su un pick-up e in un inglese incerto gli spiegò di aver visto il corpo di una donna nella laguna. L’agente non sembrava convinto, ma si dimostrò disponibile, e disse al tedesco di salire a bordo per condurlo al punto esatto.
Non appena l’elettricista chiuse lo sportello, un lampo di luce spinse entrambi a guardare fuori del parabrezza, in direzione della supermetaniera. Un bagliore emanò dal fianco più lontano della nave proiettandone la sagoma, poi una fiamma sottile schizzò in cielo, squarciando l’oscurità, e la palla di fuoco che seguì trasformò la notte in giorno.
L’agente al volante del pick-up sapeva benissimo che la Independence era incredibilmente solida ma anche, in sostanza, un’enorme bomba. Mise la retromarcia e pestò sull’acceleratore, percorrendo duecento metri a marcia indietro, letteralmente inseguito da una serie di fragorose esplosioni che fecero oscillare la banchina e schizzare detriti ovunque, oltre a provocare potenti onde d’urto.
Alla fine il pick-up finì in un fosso al lato della strada di accesso che portava alla banchina. Qui l’agente e l’elettricista saltarono giù dal veicolo e si tuffarono nel fango.
Sentirono un grande calore sopra le loro teste, le schegge piovere tutt’intorno e le sirene dalla banchina, ma soprattutto sentirono la fragorosa morte della svolta epocale della Lituania.
Il comunicato dei responsabili arrivò secondo le modalità oggi in voga. Fu registrato un account Twitter, dal quale venne pubblicato un solo tweet. Questo conteneva un link a un video di nove minuti che cominciava con una scena notturna di quattro uomini e una donna mascherati, spalla contro spalla, apparentemente da qualche parte sul ciglio di una strada buia.
Un obiettivo per la visione notturna di bassa qualità installato sulla videocamera conferiva un che d’inquietante al video mentre i cinque avanzavano in una foresta, ma agli occhi di qualunque soldato sarebbero sembrati bambini intenti a giocare più che agenti speciali addestrati. Un uomo usò una tronchese su un recinto di filo spinato, poi i cinque entrarono nel varco, proprio accanto a un cartello che recitava:
ZONE PROTÉGÉ
Altre immagini in cui si muovevano furtivamente su strade asfaltate e intorno a edifici di cemento, uno zoom traballante su una guardia in una torretta in lontananza. Poi spezzarono la catena sul portellone di un container con la stessa tronchese e, poco dopo, i cinque individui portarono fuori alcune casse, trasportandole poi di nuovo al di là del recinto di filo spinato.
Ora, in una stanza ben illuminata, le cinque casse venivano mostrate allineate sul pavimento, aperte. All’interno vi erano scatole rettangolari grandi come pagnotte, sei in ogni cassa. L’unica dicitura leggibile sulle scatole recitava Composizione Quattro.
Di nuovo, un soldato avreb...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Personaggi principali
  4. Prologo
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. 21
  26. 22
  27. 23
  28. 24
  29. 25
  30. 26
  31. 27
  32. 28
  33. 29
  34. 30
  35. 31
  36. 32
  37. 33
  38. 34
  39. 35
  40. 36
  41. 37
  42. 38
  43. 39
  44. 40
  45. 41
  46. 42
  47. 43
  48. 44
  49. 45
  50. 46
  51. 47
  52. 48
  53. 49
  54. 50
  55. 51
  56. 52
  57. 53
  58. 54
  59. 55
  60. 56
  61. 57
  62. 58
  63. 59
  64. 60
  65. 61
  66. 62
  67. 63
  68. 64
  69. 65
  70. 66
  71. 67
  72. 68
  73. 69
  74. 70
  75. 71
  76. 72
  77. 73
  78. 74
  79. 75
  80. 76
  81. 77
  82. 78
  83. 79
  84. 80
  85. 81
  86. Epilogo