Il segreto di Black Rabbit Hall
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Il segreto di Black Rabbit Hall

  1. 406 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il segreto di Black Rabbit Hall

Informazioni su questo libro

Amber Alton sa che il tempo scorre in modo diverso a Black Rabbit Hall, la grande casa di famiglia dove lei, il suo gemello Toby, i piccoli Kitty e Barnes trascorrono le estati e le vacanze. Vacanze all'insegna della libertà, delle corse scalzi sulla spiaggia o tra i boschi. Il tempo a Black Rabbit Hall è immobile, eterno, nessuno fa caso agli orologi e sembra non accada mai nulla. Eppure una notte tempestosa qualcosa succede, qualcosa di terribile, e niente più è come prima. Sono passati oltre trent'anni quando Lorna arriva a Black Rabbit Hall, decisa a sposarsi in Cornovaglia, in una di quelle maestose e austere residenze che hanno il sapore di un'altra epoca. È un incontro col passato degli Alton, un'immersione totale, sconvolgente, nella stagione felice di una famiglia che sembra essersi dissolta tra le sale ormai fredde e umide, i soffitti crepati, le stanze polverose di quella grande casa. È tra quelle camere che Lorna scopre l'urgenza di capire cosa è accaduto a quei bambini e al tempo stesso di trovare risposte al proprio passato, disseppellendo ricordi e immagini della sua infanzia e della madre adottiva, scavando nei segreti che ancora segnano la sua famiglia.Con un romanzo intriso di atmosfere gotiche, Eve Chase ci conduce in un viaggio affascinante nel cuore di due donne, separate dai decenni eppure irrimediabilmente legate in un nodo di misteri e non detti che avvolge ogni pietra, ogni soglia, ogni gradino di Black Rabbit Hall.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2017
Print ISBN
9788817092180
eBook ISBN
9788858687246

Diciannove

LORNA

L’ufficio di Dill è una stanzetta con le pareti di mattoni, nel vano sotto le scale che portano alla cantina. Dill borbotta le sue scuse, è una sistemazione temporanea, dice, e non è l’ideale, era il posto dove appendevano i fagiani – ci sono ganci di metallo sui muri – e le dispiace se puzza un po’, e aggiunge che se il telefono fa strani rumori bisogna sbatacchiare con forza il ricevitore. Ma Lorna non la ascolta. Jon le vuole parlare, è urgente. È preoccupata. «Jon.»
Dill chiude piano la porta. Un’ape grossa come un topo compare dal nulla e comincia a scagliarsi contro la finestra a piccoli pannelli in speranzosi ispidi tonfi.
«Stavo per riagganciare.» La voce di Jon è soffocata, remota, come se chiamasse da un altro pianeta. «Sono qui per salvarti.»
«Non fare lo stupido.» Lei ride, prudente.
«Potevi chiamarmi.» Non riesce a nascondere il dolore nella voce. A Londra di solito si sentono due o tre volte al giorno. «Non sapevo se stavi bene.»
«Ho cercato di telefonarti. La linea è tremenda qui, lo sai. Ma sto bene. Perché non dovrei?»
Passa un istante. Lei se lo figura che si infila la manona tra i capelli dorati. «È solo che sto in pensiero per te.»
«Non sono una bambina» replica lei, un po’ irritata, seduta in punta sulla sedia girevole, cercando di trovare spazio per i gomiti tra le cianfrusaglie ammucchiate sulla scrivania: conti – non pagati, in rosso – che scivolano fuori da un raccoglitore; un vecchio PC beige; un numero di «Country Life» macchiato di tè. «Sarebbe questa l’emergenza?»
«No. Lorna, ascolta, ho fatto qualche indagine sulla tua Black Rabbit Hall.»
Non le piace la cosa. È quasi come se l’avesse fatta seguire. «Perché?»
«C’era qualcosa che non andava. Che non mi tornava.»
«Non capisco.» Lorna cerca di aprire la finestra per far uscire l’ape, ma è incastrata. Così tira la tenda per confinare l’insetto finché non finisce la telefonata. La stanza si fa più buia.
«Non c’è modo di addolcire la pillola, temo. Lorna, non hanno il permesso per i matrimoni.»
È come se la temperatura precipitasse di colpo. «Io… non capisco.»
«Non possiamo sposarci a Black Rabbit Hall. Il proprietario non ha l’autorizzazione per affittare la casa come sede di nozze. Niente assicurazione. Nulla di nulla.»
«Ma possono procurarsela, l’autorizzazione? Sarà solo una formalità.» Maledice l’attenzione ai dettagli di Jon, il suo rispetto per quelle regole che chiedono solo di essere infrante.
«Non credo. L’ispettorato d’igiene, la sicurezza, le norme antincendio… manca tutto, tesoro. E quindi che chiedano una caparra in contanti mi puzza.»
È come se lo sentisse, un odore metallico, di monete. Vagamente insanguinato. Si morde la punta del dito, si chiede che fare. Il suo sogno finisce qui?
«Mi dispiace. Lo so che ti eri innamorata della casa.»
Lei si raddrizza sulla sedia, ha deciso. No, non è la fine. «Comunque ci sposiamo qui.»
«Non dirai sul serio.» Jon ride, è incredulo.
«Perché no? Andiamo. Che problema c’è? Chi è che si deve fare del male? L’ultima volta che ho visto un poliziotto è stato alla stazione di Paddington. Non ci sono vicini che si lamentino per il rumore o per le macchine parcheggiate.»
«Ma potrebbero far chiudere la casa come se fosse un… rave illegale. Lascia perdere.»
«No. Non posso, Jon. Non posso proprio.»
«Che cos’è che hai?» chiede lui piano.
Lei esita, poi gli dice la verità. «Questa casa mi è entrata dentro. Ce l’ho sottopelle.»
Lorna avverte il suo dissenso. La sua confusione. La distanza che si allarga tra loro, veloce, come un treno che si allontana dalla stazione.
«Okay, ascolta. Devi venir via. Oggi. Quel posto ti dà alla testa, tesoro.»
«Non dire sciocchezze. Sono appena arrivata.» Avvoltola stretto il filo del telefono attorno al dito. «E poi qui sto benissimo.» Non vorrebbe suonare così euforica, come se da tutta quella bellezza lui fosse escluso, ma in un certo senso è così. Chiude gli occhi per un attimo, cerca di riprendere le misure, di sentirsi vicina a lui, di dire la cosa giusta. Ma è come se fossero separati da anni, non da giorni. «Io non vado da nessuna parte.»
Lui tace per un attimo. «C’è qualcuno lì, un uomo, o c’è qualcosa che non mi dici?» Scherza, ma solo in parte.
«Un uomo? Qui? Tipo un giardiniere? Un bel maggiordomo giovane? Jon, ti prego.»
«Non so cosa pensare.» È più freddo, adesso. «Sei così… strana.»
«Grazie.» Detesta sentirsi privata del suo affetto, così si mette sulla difensiva. «È perché sono venuta? Perché ho osato partire per il fine settimana senza di te? Se credi che mi trasformi in una casalinga anni Cinquanta solo perché stiamo per sposarci, be’… allora dobbiamo parlare sul serio.»
«Non volevo che partissi perché era un invito strano, okay? Ed è così lontano. Non c’è nessuno per miglia e miglia.» Esita, la voce ha un altro timbro, più difficile da ignorare. «Sei vulnerabile, Lorna. Sei ancora in lutto, scombussolata.»
Scombussolata? Certo che no. E non si sente vulnerabile. Non si sente nemmeno in lutto. No, si sente viva, carica di energia per la prima volta da mesi, in un posto del tutto diverso. Ma non sa come spiegarlo a Jon senza sembrare ancora più strana di quanto lui già non la creda.
«Da quando abbiamo messo piede in quella casa le cose tra noi vanno, non so… storte. Quando ne parli hai quella febbre negli occhi.»
«Oh, per l’amor di Dio, piantala!» Spaventata dalla durezza della propria voce, cerca di farsi perdonare. «Scusa. Non volevo…» Invece voleva, almeno un po’. E le parole scivolano in un silenzio punitivo, spezzato solo dall’inutile battaglia dell’ape per sfuggire alla tenda. Per un attimo è come se dietro la stoffa ci fosse lei, che spinge contro qualcosa di spesso ed estraneo, qualcosa che non capisce.
«Sai che ti dico, Lorna? Non la pianto, proprio no. Sarebbe ora che fossi sincera con me – e con te stessa – sulla ragione per cui riesci a pensare e a parlare solo di quel vecchio rudere in Cornovaglia.»
«Mi piace.»
«È più complicato di così, vero? C’entra tua madre.»
Dà un colpetto al vassoio della posta impolverato, cerca di mandar giù il groppo che le si è indurito in gola. «Voglio scoprire come mai ci sono delle foto di me e mia mamma sul viale. Mi tormenta, okay?» Decide di non dirgli che vuole anche disperatamente scoprire che cos’è successo ai bambini Alton alla fine dell’estate del ’69, soprattutto a quello che si chiamava Barney. «Lo so che sembra stupido.»
«Nient’affatto. È naturale cercare di rimettere insieme i pezzi di un puzzle dopo…» Tace, cerca le parole giuste. «Di dare un senso a una cosa insensata. Lo capisco, non pensare che non ne sia capace.»
«No invece» borbotta lei.
Lui la ignora. «Ma non è solo questo. Non c’entrano solo quelle foto, vero?» Il telefono è caldo e pesante nella sua mano, una pistola carica. «Non puoi continuare a correre, Lorna, a correre intorno al tuo passato invece di affrontarlo di petto, a fingere di cercare una cosa mentre in realtà stai tentando di disseppellirne un’altra.»
La sta trascinando in un posto in cui lei non vuole andare, la spinge nello spazio murato dentro la sua testa. È un po’ che cerca di portarcela: lei resiste, lui ci riprova. L’impulso di riappendere è quasi insopprimibile.
Jon sospira. «Lorna, mi sono sempre chiesto se dopo la morte di Sheila avresti deciso di cercare la tua madre naturale.»
L’ape in trappola sbuca da una fessura sotto la tenda e sale a spirale nell’aria, folle, come un aereo senza pilota. Lorna è rigida, le dita strette alla cornetta le fanno male, lotta contro la nausea crescente. «Non è questo» riesce a dire, un tremito nella voce. «Ce l’ho, il suo nome. Potrei trovarla, se volessi. Ma ho deciso di non farlo tanto tempo fa, lo sai.»
«No. Ha deciso Sheila. Ti ha fatto sentire in colpa anche solo per averci pensato, figuriamoci se ti lasciava fare delle domande. Era terrorizzata che un giorno tu decidessi di andare a cercare un’altra madre e respingessi lei. Per questo non riusciva a parlarne. Per questo non ti ha nemmeno mai detto che eri stata adottata prima che avessi nove anni. Non sopportava l’idea, vero?»
«È meglio se vado, Jon.» La sua voce è a stento un sussurro. Si sente inaspettatamente protettiva verso la madre, eppure riconosce la dolorosa verità nelle parole di lui.
«Lorna, ti prego. Possiamo cercare tua madre insieme. Sappiamo che era della Cornovaglia, che ti hanno adottata da Truro. Io voglio aiutarti. Per questo ho suggerito che facessimo un giro lì, quella volta, in macchina.»
«Me lo ricordo» riesce a dire lei.
«Per favore, facciamolo insieme. Ci saranno degli indizi. Magari è più facile di quanto non pensi.»
«Io non sto cercando quella donna. Io non voglio trovarla.» Non gli dice che non potrebbe mai rischiare di essere respinta una seconda volta: sa che pronunciare queste parole ad alta voce la farebbe piangere. Così dice, più enfatica: «Non ho mai voluto trovarla» e sente la propria decisione rafforzarsi.
«Non consapevolmente.»
Un respiro secco. Non ha la risposta pronta.
«Merda. Vorrei essere lì con te. Non sono cose che si dicono al telefono.»
Lorna sente dei passi fuori dalla porta, lievi, poi ancora più lievi quando si allontanano. Forse qualcuno ha ascoltato.
«Ma te lo devo dire… Dal giorno del funerale di tua madre, nel sonno hai chiamato il nome della tua madre naturale parecchie volte.»
Trasalisce, il gelo nello stomaco. «Perché… perché non me l’hai detto?»
«Aspettavo il momento giusto. Non è mai venuto. Mi dispiace.»
Le si riempiono gli occhi di lacrime. Batte le palpebre per ricacciarle indietro.
«Tu mi fai entrare ovunque ma non lì, vero?» A Jon si spezza la voce, e lei sta anche peggio, il suo passato affligge le persone che ama, scappa fuori nonostante i suoi tentativi di trattenerlo. «Sto sveglio tutta la notte a pensarci, a sentire la tua mancanza, a chiedermi perché ho lasciato che andasse avanti fino a questo punto. Tu ti porti dietro un sacco di divieti d’accesso, Lorna, lo sai? Non vuoi lasciarmi entrare. Ma io voglio una moglie che mi dica tutto.» La voce si incrina di nuovo. «Ti voglio tutta, o…»
«Niente?» Lei deglutisce.
«Non ho detto questo.»
Lorna ricorda all’improvviso un ex fidanzato – quello prima di Jon – che le diceva che lei metteva alla prova le relazioni fino a farle a pezzi per dimostrare che non valeva la pena di salvarle. Che si costruiva intorno delle pareti che rendevano impossibile una vera intimità. Quel legame è imploso poco dopo. E Jon qui sta cercando di dire la stessa cosa. Ma lei non può abbattere quelle barriere, nemmeno per lui. Non sa come si fa.
«Tesoro, ci sei?»
Lo perderà per questo. Nel profondo ne è certa: è quello che ha sempre temuto, di perdere il solo uomo che la fa sentire ancorata, al sicuro, amata. E se si teme qualcosa lo si immagina, e lo si riesce a riconoscere quando comincia a succedere. E comincia così.
«Di’ qualcosa.»
L’ape si posa sul suo ginocchio nudo, quasi priva di peso, un minuscolo solletico di vita. Lorna la guarda, quella bella creatura spaventata, e capisce che il momento è cruciale. Che è la cosa più importante. Che forse può ancora salvare il loro legame. Ma c’è qualcosa che le blocca la gola. Non escono le parole. E l’ape vola verso la finestra, si ricaccia in trappola da sola dietro la tenda.
Immersa nell’acqua torbida – la vasca è simile a uno stagno – Lorna trattiene il fiato fino a sentire male al torace. La aiuta a smettere di pensare a quell’orribile scambio con Jon, alla mancanza di contatto tra loro, come se qualcuno avesse tagliato i cavi. Una volta ricomposta, quando le mani avevano smesso di tremare, aveva cercato di richiamarlo invano. Dal telefono di Dill la chiamata andava direttamente alla segreteria telefonica. E si era sentita enormemente sollevata, che vergogna. Dopo l’insalata di granchio, a cena con Dill sulla terrazza – Mrs Alton non aveva appetito –, non aveva riprovato.
Una vocetta dentro la sua testa non può evitare di chiedersi se non sarebbe più facile tirarsi indietro adesso, far saltare tutto, che guardarsi dentro, col rischio di cercare le risposte a quelle domande dolorose che Jon sembra pretendere da lei. Se è l’inizio della fine, perché non chiudere subito?
Lorna schizza fuori dall’acqua, boccheggiando.
Preoccupata da pensieri sempre più oscuri, è davanti alla finestra della camera da letto, in pigiama, i capelli avvolti stretti in un asciugamano. Il buio privo di stelle preme contro il vetro irregolare. Non c’è il conforto della luna stanotte, nemmeno un puntino brillante...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il segreto di Black Rabbit Hall
  4. Dedica
  5. Prologo
  6. Uno
  7. Due
  8. Tre
  9. Quattro
  10. Cinque
  11. Sei
  12. Sette
  13. Otto
  14. Nove
  15. Dieci
  16. Undici
  17. Dodici
  18. Tredici
  19. Quattordici
  20. Quindici
  21. Sedici
  22. Diciassette
  23. Diciotto
  24. Diciannove
  25. Venti
  26. Ventuno
  27. Ventidue
  28. Ventitré
  29. Ventiquattro
  30. Venticinque
  31. Ventisei
  32. Ventisette
  33. Ventotto
  34. Ventinove
  35. Trenta
  36. Trentuno
  37. Trentadue
  38. Trentatré
  39. Trentaquattro
  40. Trentacinque
  41. Epilogo
  42. Ringraziamenti