CAPITOLO SETTE
Giulietta si svegliò un po’ frastornata. Ricordò la serata precedente e la confusione aumentò. Perché doveva essere così difficile?Maxwell le piaceva ed era evidente che anche lei lo attraeva. Si toccò le labbra mentre ricordava i suoi baci appassionati, ma dopo che si erano baciati non le aveva quasi più parlato. A dire la verità, neanche lei lo aveva fatto. Accidenti! Aveva cercato di stare lontana dalle relazioni da quando si era trasferita a New York. L’esperienza con Roberto le era bastata. Eppure Maxwell le era piovuto addosso come un ciclone. Con tutte le donne che poteva avere sembrava volere proprio lei!
Sarebbe stata solo un capriccio. Nulla di più. Un uomo che passava con tanta facilità da una donna all’altra non poteva nutrire sentimenti profondi. Forse avevano ragione i giornalisti, aveva veramente un cuore di ghiaccio, anche se non le era sembrato così quando l’aveva baciata…
Si preparò per uscire. Si vestì in modo sportivo, con dei jeans e una maglietta. Poi guardò l’ora, erano quasi le nove. Bene, non lo avrebbe incontrato. Era ancora imbarazzata e di sicuro lui lo avrebbe notato. Voleva evitarlo il più possibile. Forse nel frattempo l’attrazione si sarebbe raffreddata.
Uscì per prendere l’autobus. Era una bella giornata di sole, aria frizzante e cielo terso. Gli alberi della sua via erano ancora verdi, anche se di lì a poco le foglie sarebbero ingiallite. Avrebbe voluto quasi mettersi a correre. Si ripromise che l’indomani si sarebbe svegliata prima.
Mezz’ora dopo era a casa di Maxwell. Il portiere la salutò e non le chiese nulla. Probabilmente, era stato avvisato. Giulietta si diresse subito in biblioteca. Trovò tutto come lo aveva lasciato e si mise al lavoro. Aveva intenzione di esaminare il faldone con le ricette dei dolci. Poi notò un biglietto.
Fa’ come se fosse casa tua. In cucina ci sono dei pasticcini e del caffè, se ti va uno spuntino. Non andartene per pranzo. Mangiamo insieme verso le 13. A più tardi… Maxwell. Fortuna che aveva deciso di evitarlo… Sospirò. Avrebbe dovuto chiarirsi con lui, al più presto. Intanto, cercò di concentrarsi sul lavoro.
Rimase assorbita nella lettura per circa tre ore, poi si alzò in cerca del bagno. Per caso finì in una camera da letto, con un letto enorme che troneggiava nel mezzo. Doveva essere la stanza di Maxwell. Non voleva fare l‘impicciona. Lui stava per arrivare e ci mancava solo che la trovasse lì! Uscì nel corridoio e finalmente la porta successiva era quella del bagno.
Maxwell non tardò ad arrivare. Quel giorno indossava un gessato grigio chiaro a righe blu. Una camicia della stessa tonalità faceva risaltare i suoi occhi.
«Ciao, sei venuta allora…» Maxwell sorrideva soddisfatto.
«Sì, e sono anche riuscita a esaminare quasi tutto il primo faldone.»
«Non ero sicuro di trovarti qui…»
Giulietta lo guardava senza capire.
«Eravamo d’accordo, no?»
Poi intuì che si riferiva al fatto che l’aveva baciata. Aveva pensato che si fosse offesa. Arrossì di nuovo, ma anche se lui se ne accorse fece finta di nulla.
«Vieni in cucina, che mangiamo qualcosa? Ci sono dei sandwich di tacchino e verdura. Spero ti piacciano, altrimenti ordiniamo qualcosa già pronto.»
«No, vanno benissimo, grazie.»
Maxwell prese una bottiglia di vino bianco dal frigo e ne versò due bicchieri.
«Sei stata a tuo agio qui, spero. Domani verrà la signora delle pulizie, ma le ho detto di sistemare la biblioteca prima del tuo arrivo, così non ti darà fastidio.»
La penisola dove avevano cenato la sera prima era apparecchiata. Doveva aver preparato tutto prima di uscire.
«Accomodati.»
Mise in tavola il cibo e il vino e si sedette. La guardava fisso.
«Sai, volevo scusarmi per ieri sera…»
Giulietta lo interruppe: «Non importa. Per favore, facciamo finta che non sia successo nulla».
Ma non era questo che Maxwell intendeva.
«No, invece. Mi sono comportato da stupido andando via in quel modo senza salutarti come si deve… ma ero talmente preso da te che, se non me ne fossi andato…»
Oddio, non si sta scusando per avermi baciata… Giulietta non sapeva che cosa rispondere. Aveva deciso che non era pronta per questo, ma ora non riusciva a dirglielo.
«Ti ho già detto mi piaci moltissimo, Giulietta, ma non voglio metterti fretta. Vorrei solo che tu mi dedicassi del tempo per conoscerci.»
«Max… non voglio nessuna storia in questo momento.»
Ecco, l’aveva detto.
«Allora, permettimi di frequentarti da amico, almeno questo. Poi sarai tu a decidere.»
Lo sguardo di Maxwell era fisso su di lei. A parole le diceva che voleva esserle amico, ma quello non era uno sguardo da amico. Il lupo… ma lei non sapeva resistere.
«Va bene. Faremo come dici.»
Maxwell annuì soddisfatto.
«Allora, cosa te ne pare delle ricette della nonna?»
«Ce ne sono un’infinità e scommetto che sono tutte squisite. C’è solo l’imbarazzo della scelta per il libro. Tua nonna ha anche fatto delle foto e credo che si possano utilizzare.»
«Sicuramente la nonna lo apprezzerà.»
Mangiarono e Giulietta si offrì di sparecchiare. Maxwell non voleva, ma lei gli fece notare che sarebbe stato un peccato macchiare il completo che indossava, e quindi si arrese.
«Vado. Ci vediamo stasera? Ti vorrei portare in un posto…»
«Stasera non posso… mi dispiace. Ho la serata di lettura in libreria…»
Maxwell era un po’ deluso.
«Allora andremo a cena domani. Non prendere impegni per la serata.»
Giulietta si stava chiedendo se fosse una buona idea, ma si ritrovò a dirgli di sì. Era inutile farsi tanti problemi. In fondo, con lui si sentiva a suo agio, nonostante il suo cuore a volte facesse le capriole.
Poi Maxwell si avvicinò. Era molto, troppo vicino. Giulietta poté sentire il suo profumo mentre con le labbra le sfiorava la guancia.
«Ciao, vado» e la lasciò sola di nuovo.
E chi sarebbe riuscito a concentrarsi? Mise ordine in cucina, poi ritornò in biblioteca.
Il giorno dopo, Giulietta si svegliò di buonora. Voleva iniziare prima da Maxwell, visto che si era messa d’accordo con Niki e Carla per fare shopping nella pausa pranzo.
Quando arrivò a casa sua erano appena le otto. Non era sicura che fosse uscito, e così suonò il campanello. Le aprì la porta.
Quando lo vide, si chiese come facesse a essere sempre così impeccabile. In realtà, non si trattava solo dell’abito dal taglio sartoriale. Era il suo portamento. Sembrava a suo agio con qualsiasi cosa indossasse.
«Ciao, sei arrivata presto! Sono contento di vederti. Stavo preparando il caffè.»
«Ciao. Sono venuta prima perché prolungherò un po’ la pausa pranzo. Non voglio trovarmi indietro con il lavoro.»
Maxwell intanto si era diretto in cucina e Giulietta lo seguì.
«Siediti.»
Si accomodò sullo sgabello che aveva usato quando avevano mangiato insieme e, mentre si sedeva, Giulietta si rese conto che era un gesto familiare. Era come se si trovasse a casa. Isolò quei pensieri in un angolo della mente.
«Come è andata la serata di lettura?»
«Oh, molto bene. La libreria era affollata. Le ragazze hanno iniziato un nuovo libro in italiano e lo abbiamo commentato. È...