Il ragazzo che sapeva trattenere il mare
C’era una volta un ragazzo Speciale di nome Fergus che sapeva controllare il flusso delle correnti e delle maree. Questo accadeva in Irlanda ai tempi della grande carestia. Fergus avrebbe potuto usare questa sua abilità per procurarsi del pesce, ma viveva nell’entroterra, e nei fiumi e nei laghi il suo potere non serviva a nulla. Oppure sarebbe potuto partire per la costa – c’era stato una volta, da bambino, ed era in quell’occasione che aveva preso consapevolezza del proprio dono – ma sua madre era troppo debole per viaggiare e lui non voleva abbandonarla; quel figlio, infatti, era tutta la sua famiglia. Fergus le dava ogni boccone di cibo che riusciva a procacciarsi, quanto a lui sopravviveva mangiando segatura e il cuoio delle scarpe che faceva bollire. Ma fu la malattia e non la fame che infine se la prese, e niente si poté fare per salvarla.
Sul letto di morte, la madre fece promettere al figlio che non appena lei fosse stata sottoterra, lui sarebbe partito per la costa. «Con il tuo dono» gli disse «sarai il miglior pescatore che sia mai esistito e non soffrirai più la fame. Ma» gli raccomandò «non dire mai a nessuno ciò che sai fare, figliolo, altrimenti la gente ti farà patire le pene dell’inferno.» Fergus promise, e il giorno dopo la donna morì. Lui la seppellì nel camposanto, infilò i suoi pochi averi in una borsa e intraprese la lunga strada verso il mare. Camminò per sei giorni con una scarpa sola e senza cibo. Aveva molta fame, proprio come tutte le persone che gli capitò di incontrare nei paesi che attraversava. Alcuni erano in realtà disabitati, poiché i contadini erano andati a cercare miglior fortuna – e una possibilità di riempirsi lo stomaco – in America.
Quando finalmente raggiunse il mare, la cittadina dove arrivò si chiamava Skelligeen e lì non c’erano case vuote, né una sola persona che avesse l’aria denutrita. Fergus lo prese come un buon presagio: se gli abitanti di Skelligeen erano ancora lì, e ben in carne, significava che la pesca doveva essere abbondante. Il che era una fortuna, perché il ragazzo non credeva di poter resistere ancora molto senza cibo. Chiese a un uomo dove poteva procurarsi una canna da pesca o una rete, ma quello gli rispose che in città non avrebbe trovato niente del genere. «Noi qui non peschiamo» disse. E pareva andarne stranamente fiero, come se fare il pescatore fosse qualcosa di cui ci si doveva vergognare.
«Se non pescate» domandò Fergus, «allora di cosa vivete?» Non aveva notato segni di attività , mentre girava per le strade: né recinti con il bestiame, né campi dove non crescessero le solite patate marce che si vedevano ovunque in Irlanda.
«Ci dedichiamo al recupero» rispose l’uomo un po’ sibillino.
Fergus allora gli domandò se avesse qualcosa da mangiare. «Lavorerò per guadagnarmelo» propose.
«E che lavoro potresti mai fare, tu?» chiese quello, squadrando il ragazzo dalla testa ai piedi. «A me servirebbe qualcuno che possa sollevare delle casse pesanti, ma tu sei pelle e ossa come un uccellino. Scommetto che non pesi nemmeno settanta libbre!»
«Magari non vado bene per sollevare le casse, però so fare una cosa che nessun altro sa fare.»
«E sarebbe?» chiese l’uomo.
Fergus era sul punto di raccontarglielo, ma ricordò la promessa fatta a sua madre, perciò mugugnò qualcosa di vago e filò via.
Decise di costruirsi una lenza con il laccio della scarpa, per cercare di prendere del pesce. Poi fermò per strada una donna ben pasciuta e le chiese dove poteva trovare un buon punto per pescare.
«Non ti conviene darti la pena» rispose la donna. «Dalla riva si prendono solo pesci palla velenosi.»
Fergus ci provò comunque, usando come esca un pezzo di pane stantio. Rimase lì tutto il giorno ma non catturò niente di niente, nemmeno un pesce palla velenoso. Disperato, con lo stomaco che gli doleva per la fame, chiese a un uomo che camminava lungo la spiaggia se qualcuno avesse una barca da prestargli.
«Così potrò spingermi al largo» spiegò, «dove forse c’è più abbondanza di pesci.»
«Non ce la faresti mai» ribatté l’uomo. «La corrente ti farebbe a pezzetti scaraventandoti contro gli scogli!»
«Non me» obiettò Fergus.
L’uomo gli scoccò un’occhiata scettica, e fece per voltarsi. Fergus non voleva infrangere la promessa fatta alla madre, ma cominciava a pensare che sarebbe morto di stenti, se non avesse raccontato a qualcuno del suo dono. Fu per questo che disse: «Io sono in grado di controllare la corrente».
«Figuriamoci!» replicò l’uomo. «Ne ho sentite tante in vita mia, ma questa le supera tutte.»
«Se potessi dimostrarve...