CAPITOLO TRE
Le piste erano già disseminate di sciatori più o meno esperti, tranne la pista nera, la più ripida e tosta del circondario. Dalla vetta uno straordinario panorama accompagnava i più indomiti fino a valle. Il bianco accecante predominava anche sulle fronde maestose dei boschi attigui alla pista. Isabel era scesa dalla seggiovia con l’intento di scivolare fin giù lentamente, approfittando anche del sole per lasciarsi scaldare animo e corpo. Inspirò a fondo prima di darsi una spinta e cominciare la discesa.
L’aria frizzante le sferzava il viso. Socchiudeva le labbra lasciandosi baciare dalla purezza del vento. Nei tratti più lenti si voltava verso le montagne al suo fianco. La sua discesa disegnava un serpente immaginario sulla neve, e a esso si incrociava un altro tratto ondulato che la seguiva a pochi metri di distanza. Le curve del suo corpo erano esaltate dalla tuta che indossava, e Alexander si godeva quella vista lasciandola ignara.
Il sedere ancheggiava dolcemente da un lato e dall’altro, seguendo il movimento parallelo delle gambe. Il berretto le copriva interamente la testa, lo sguardo era coperto dagli occhiali da sole, ma lui avrebbe riconosciuto Isabel anche se fosse stata in mezzo a una folla in delirio durante un concerto. Gli spuntò un sorriso, e la testa gli si chinava ora a destra e ora a sinistra mentre seguiva i movimenti sensuali di lei. Lei sentiva a stento il suono della neve mossa dagli sci, poi solo il vento contro.
Alexander, deciso a farsi vedere, accelerò fino a sorpassarla, e nel momento stesso in cui le fu di fianco lasciò che quelle labbra perfette le dichiarassero quasi guerra col suo sorriso ammaliatore. Voltandosi verso quello sciatore che le stava di fianco, Isabel impiegò poco più di un attimo per riconoscerlo, poi le sembrò che il cuore si fermasse di colpo, per esploderle in petto un attimo dopo. Le sembrava che quel battito impazzito assomigliasse ai colpi di un batterista che col piede picchiava forte sulla cassa.
I due continuarono la discesa incrociandosi a ogni curva, lasciandosi alle spalle serpenti infiniti lungo tutta la pista. Alexander la tormentava tagliandole la strada. Lei, sorridendo sotto i baffi, accelerava di poco tentando di allontanarlo. Lui continuava a stuzzicarla, lei a sfuggirgli.
Mi vuoi sfidare?, pensò Alexander, spingendosi con determinazione ancora maggiore. La sorpassò sferzando letteralmente la neve e lasciando che una bella manciata la colpisse. Lei lanciò un urlo indispettito, poi sottovoce: «Vuoi la guerra? E guerra sia!». Riprese velocità allontanandosi dall’atleta, ma Alexander era un campione e gli bastarono pochi attimi per recuperare fino a sorpassarla.
Raggiunse lui per primo il traguardo e si mise da parte ad attenderla. Isabel frenò a un soffio da Alexander, senza voltarsi per guardarlo. Ebbe il tempo di abbassarsi per formare alla meglio una palla di neve, sollevò il braccio e prese la mira, ma lui la raggiunse ancor prima che potesse rendersene conto… Le afferrò il polso, orientò la palla su di lei: «Lanciatela, se hai il coraggio, su!». Isabel, accaldata e rossa per l’emozione, scosse il capo. Fece per girare la mano ma lui fu più scaltro, soprattutto più forte, e gliela fece finire sul viso. «No!» si ribellò Isabel, scrollandosi dalla faccia e dal berretto tutta la neve che le era rimasta attaccata. Risero entrambi prima che un velo d’imbarazzo predominasse. Aveva ancora il fiatone quando Alexander si avvicinò. Prese l’iniziativa puntando le racchette sulla neve per avvicinarsi ancora, di più, inesorabilmente.
«Ho come la sensazione che la mia sorpresa non ti sia piaciuta» esordì, col fiato ancora corto, piazzandosi di fianco a lei, per poi sollevare gli occhiali sulla fronte. Ed ecco quello sguardo che non aveva mai dimenticato, quel connubio perfetto di sfrontatezza e dolcezza. Lì, di fronte a lei, vicinissimo, col suo profumo, col suo sorriso, con quell’intruglio magico che la stordiva.
Isabel sorrise, abbassando appena il viso, lasciandosi vincere dalla timidezza che le colorava le guance. Era proprio come lo aveva visto nelle foto su Internet, attraente come ricordava.
«Una sorpresa… sorprendente!» rispose stupidamente, pentendosi subito. Scoprì anche lei lo sguardo sollevando gli occhiali, in preda all’affanno.
«Dio, Isabel, sei bellissima» le confessò allungando le mani sul suo viso, che cinse dolcemente per darle poi un bacio sulla guancia, «Be’, non mi saluti?».
Il batterista nel petto di Isabel continuava a colpire forte. Le labbra di Alexander le sembravano una brace sul suo volto. E il suo profumo le prendeva a morsi i polmoni. «Ciao» mormorò.
Alexander si scostò di poco continuando a fissarla, e la profondità del suo sguardo era come una trivella nel suo corpo.
«Ti avevo inviato un messaggio ma non mi hai risposto…»
«Ieri… mi è caduto il cellulare. Dopo averlo rimontato, non l’ho più acceso» chinò il viso, centellinando i respiri, «ma… il messaggio l’ho letto stamattina» spiegò Isabel riprendendo coraggio mentre i suoi occhi ora riuscivano a ricambiare lo sguardo di Alexander, seppur per pochi attimi alla volta.
«Avrai modo di farti perdonare» le disse con tono provocatorio. Poi continuò: «Come stai?».
Oddio, fra mille domande non poteva che scegliere la meno adatta, e Isabel sgranò gli occhi, poi balbettò un improbabile: «Be… be… ne». Nel frattempo, alle loro spalle altri sciatori raggiunsero il traguardo, trovando Isabel e Alexander decisamente di intralcio per la discesa.
«Forse è meglio che ci togliamo da qui» propose Isabel, che voleva tagliare corto e scomparire nel nulla il prima possibile, soprattutto perché non aveva quasi più la forza per respirare.
«Non sembri in ottima forma. Da quanto tempo non sciavi?»
Isabel afferrò con forza il braccio di Alexander, ora non respirava più davvero.
«Ok, stai calma, sei asmatica?» le chiese, visibilmente preoccupato. Lei scosse il capo. «Avviciniamoci al bar, potrai sederti e riprendere fiato.»
Le sganciò gli scarponi e, sostenendola per i fianchi, la scortò fino al primo tavolo disponibile all’esterno del locale. Vicini, col calore che si diffondeva ovunque, con quel senso di protezione che Isabel aveva dimenticato potesse ancora esistere nella sua vita. Quei pochi passi furono un balsamo per entrambi, e diedero loro modo di pensare meglio a quell’incontro. Alexander afferrò al volo una bottiglietta d’acqua dal vassoio che un cameriere teneva a mezz’aria.
«Metti in conto, amico, la mia ragazza ha sete!»
Il cameriere lo guardò torvo, ma ad Alexander poco importava, aveva già aperto la bottiglia per dissetare Isabel.
«Come ti senti?» le chiese, quasi sussurrando.
«Meglio.»
«Ordiniamo qualcosa, soffri di pressione bassa?»
«No. E comunque non credo sia una buona idea… Forse hai altri impegni, magari ti sta aspettando qualcuno in albergo» azzardò, conscia del fatto che quella situazione era a dir poco paradossale.
Alexander scoppiò in una sensualissima risata gettando il capo all’indietro: «Non ho nessun impegno e, soprattutto, nessuno mi aspetta. Guarda che non mordo…» e le si avvicinò, mettendo a dura prova il suo cuore, «devi pur farti perdonare, no?» più dolce.
Lei annuì deglutendo, mentre Alexander era certo di aver segnato un colpo a suo favore, anche se non era più un gioco, non era come in passato.
«Entriamo?» le indicò l’interno del bar.
«Veramente, preferirei restare fuori. Se per te non è un problema, beviamo qui qualcosa di veloce.» Sistemò meglio il berretto, anche se più in basso di com’era non avrebbe potuto scendere.
Alexander inclinò la testa interrogandola con lo sguardo, gli occhi appena stretti e le labbra leggermente incurvate: «Mi stai incuriosendo, sai? Mi nascondi qualcosa» considerò, fissandola maliziosamente.
Isabel sorrise, per poi fingere un colpo di tosse, il classico atteggiamento di chi viene smascherato: «No, non ho proprio nulla da nascondere» mentì, mentre il terrore che lui potesse scoprire tutto anche solo guardandola la torturava.
La mano del ragazzo, sollevandosi, le sfiorò il mento, e le toccò poi delicatamente le labbra, ricoperte da un gloss protettivo. «Sei uno spettacolo della natura» le sussurrò.
Isabel fece per scostarsi, «Non credo sia una buona idea».
«Allora, forse è meglio cambiare argomento. Parlami di te!»
Il cameriere tornò per prendere l’ordinazione, lasciando così a Isabel il tempo di valutare quanto potesse esporsi con Alexander. «Be’, la mia vita in questo periodo è monotona. Non sono una campionessa olimpionica come te. Per ora, faccio del semplice volontariato.» Fu una risposta davvero troppo vaga perché la curiosità di Alexander potesse placarsi.
«E gli studi? Avevi tanti progetti da realizzare, diventare un ingegnere e raggiungere l’Antartide: non li insegui più?»
Isabel si voltò verso la montagna di fronte, diede una scrollata di spalle, rassegnata: «Per il momento, non ho bisogno di inseguire questi sogni. Nella vita, alcuni eventi ti spingono a riflettere profondamente su altri valori, su altri bisogni, soprattutto su altre necessità ».
«Adesso, di cosa hai bisogno?» prendendo le esili mani di Isabel tra le sue.
Abbassando lo sguardo a quel tocco sicuro, Isabel fu come calata in mezzo a fiamme ardenti. Le mani di Alexander erano vellutate e calde, le sue gelide e ossute.
«Ho voglia di vivere lentamente, il più lentamente possibile, lasciando che ogni mio senso possa centellinare tutto quello che mi investe quotidianamente.»
«Ѐ un’ottima notizia. Sono incluso anche io, mi auguro!»
Isabel abbassò il viso, ma lui glielo sollevò poggiandole un dito sotto al mento. Lo sguardo, dapprima vago, di lei si posò sul suo, che non si era staccato un attimo, «Isabel…» implorando attenzione. Le pupille della ragazza si dilatarono, era concentrata al punto che non percepiva altro attorno. Annuì istintivamente.
«Sono cambiato. Non sono più il ragazzaccio che scappava dalla possibilità di instaurare un rapporto duraturo. Non voglio più fuggire, non da te. Ho sbagliato in passato, ed è stata dura continuare con la consapevolezza di aver commesso il più grosso errore della mia vita.» Allungò una mano sul viso arrossato di lei, con l’indice le accarezzò l’arcata delle sopracciglia, per poi tenerla in balìa del palmo a sfiorarle guancia e labbra. Il respiro di lei, bloccato dall’emozione, lasciava spazio solo al cuore di pompare accelerato nel suo petto.
«Dimmi che sono ancora in tempo, ti prego» il tono di voce di Alexander era sceso di un tono, facendosi sensuale e dolce allo stesso tempo. Ma quelle poche parole erano rimaste lì a vagare attorno ai loro visi. Il tempo… la preghiera per ottenere un’altra possibilità . Lei. Lui.
Isabel si liberò da quello sguardo per uscire dalla suggestione in cui Alexander era stato abilmente capace di farla cadere. Abbassò ancora di più i bordi del cappello, ancora un millimetro e si suoi occhi sarebbe stati coperti dalla lana. Scuotendo il capo nervosamente, si alzò: «Non credo sia possibile tornare indietro. Sono cambiata anch’io, è cambiata la mia vita da allora». Ma fece per an...