Cocobolo
Da ragazzino Zheng venerava suo padre. Questo accadeva durante il regno di Kublai Khan, nell’antica Cina, molto prima che l’Europa dominasse i mari; suo padre, Liu Zhi, era un famoso esploratore oceanico. Si diceva che nelle vene gli scorresse acqua salata. All’età di quarant’anni, le sue imprese avevano superato quelle di qualunque altro navigatore vissuto prima di lui: aveva disegnato la mappa dell’intera costa orientale dell’Africa, era entrato in contatto con tribù sconosciute nel cuore della Nuova Guinea e del Borneo, e rivendicato i diritti dell’impero su nuovi vasti territori.
Durante i suoi viaggi aveva combattuto contro pirati e briganti, sedato un ammutinamento, ed era sopravvissuto a due naufragi. Nel porto di Tianjin si trovava una grande statua di ferro che lo ritraeva, con lo sguardo nostalgico volto al mare. La statua era tutto ciò che a Zheng rimaneva di suo padre, poiché l’uomo era scomparso quando lui aveva soltanto dieci anni.
L’ultima spedizione di Liu Zhi era stata organizzata per scoprire l’isola di Cocobolo, a lungo ritenuta leggendaria, in cui, si raccontava, i rubini crescevano sugli alberi e l’oro liquido formava vasti laghi. Prima di partire, Liu Zhi aveva detto a Zheng: «Se non dovessi tornare, promettimi che verrai a cercarmi, un giorno. Non lasciare che l’erba ti cresca sotto i piedi!».
Zheng, debitamente, promise, pensando che nemmeno l’impetuoso oceano avrebbe mai potuto vincere un uomo come suo padre: invece, Liu Zhi non fece più ritorno a casa. Dopo un anno senza avere notizie, l’imperatore organizzò un sontuoso funerale in suo onore. Zheng era inconsolabile, e per giorni pianse ai piedi della statua del padre. Quando crebbe, tuttavia, scoprì cose su suo padre che era troppo piccolo per capire, quando Liu Zhi era ancora in vita, e così l’opinione che aveva di lui piano piano mutò. Liu Zhi era stato un uomo strano, ed era diventato ancora più strano verso la fine della vita. Correva voce che fosse impazzito.
«Nuotava nel mare per ore, tutti i giorni, perfino d’inverno» raccontò il fratello maggiore di Zheng. «Quasi non riusciva a sopportare di avere i piedi sulla terra.»
«Era convinto di essere in grado di comunicare con le balene» disse Ai, lo zio di Zheng, e scoppiò in una grassa risata. «Una volta l’ho perfino sentito mentre cercava di esprimersi nella loro lingua!»
«Voleva che andassimo a vivere tutti su un’isola in mezzo al nulla» spiegò la madre di Zheng. «Io gli dissi: “Ceniamo a palazzo, riceviamo duchi e visconti. Perché mai dovremmo rinunciare a questa vita per vivere come selvaggi su un fazzoletto di sabbia?”. Dopodiché, lui cominciò a evitarmi.»
La gente diceva che Liu Zhi aveva compiuto grandi imprese da giovane, ma poi aveva iniziato a inseguire chimere. Aveva navigato per scoprire una terra abitata da cani parlanti. Raccontava di un luogo nell’estremo nord dell’Impero romano dove vivevano donne polimorfe capaci di fermare il tempo.1 Era stato bandito dalla buona società, e infine i nobili avevano smesso di finanziare le sue spedizioni; perciò lui aveva cominciato a finanziarsele da sé. Esaurita la sua fortuna personale, lasciando moglie e figli sull’orlo dell’indigenza, aveva pensato di partire alla ricerca di Cocobolo per attingere alle sue ricchezze.
Zheng, insomma, capì che le stravaganze di suo padre lo avevano condotto alla rovina e, affacciatosi all’età adulta, fu attento a non ripeterne gli errori. Anche nel sangue di Zheng scorreva acqua salata, e come suo padre anche lui diventò navigatore, ma di un genere molto diverso. Non condusse infatti alcuna spedizione esplorativa, nessun viaggio pionieristico per attribuire nuove terre all’impero. Zheng era un uomo molto pratico, un mercante fatto e finito, ed era alla testa di una flotta di navi mercantili. Non prendeva rischi. Evitava le rotte preferite dai pirati, non si allontanava mai dalle acque conosciute. E la sua vita per mare andava col vento in poppa.
La sua vita sulla terra era ugualmente convenzionale. Cenava a palazzo e coltivava le amicizie giuste. Non pronunciava mai una parola sconveniente né sosteneva un’opinione controversa. In cambio si guadagnò un’ottima posizione sociale e un matrimonio vantaggioso con la viziata pronipote dell’imperatore, che lo proiettò a un passo dalla dorata nobiltà.
Per proteggere quanto aveva accumulato, faceva di tutto per prendere le distanze dal padre. Non parlava mai di lui, cambiò cognome, finse che non esistessero legami di parentela. Ma più Zheng invecchiava, più gli era difficile rinnegare il genitore. Gli anziani parenti dicevano spesso che le maniere di Zheng erano molto, molto simili a quelle di Liu Zhi.
«Il modo che hai di camminare, il tuo portamento» disse zia Xi Pen. «Perfino le parole che scegli: è come averlo qui davanti!»
Perciò Zheng cercò di cambiare. Si mise a imitare l’ampia falcata di suo fratello maggiore Deng, che nessuno paragonava mai al padre. Prima di dire qualcosa, a...