Correzioni Pericolose (YouFeel)
eBook - ePub

Correzioni Pericolose (YouFeel)

  1. 200 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Correzioni Pericolose (YouFeel)

Informazioni su questo libro

Il amore è tutta questione di stile. Scaricata da un fidanzato mediocre, licenziata da un lavoro mediocre, quasi sfrattata da un appartamento mediocre. Per Alice è proprio il momento di cercare qualcosa di meglio… qualcosa che vada oltre la tranquilla routine. Quando un amico le offre un posto di cameriera presso l'albergo di suo cugino, in un piccolo e idilliaco paesino della campagna inglese, Alice molla Londra e le sue comodità per lanciarsi in quell'avventura: una nuova vita, un nuovo lavoro, forse un nuovo amore e magari anche l'occasione per correggere quel famoso romanzo che da troppo tempo è chiuso in un cassetto! Certo, ci vorrebbe un svolta nella trama, qualcosa che possa davvero trasformare un romanzo comune nel bestseller tanto atteso. E l'incontro con il misterioso Edwin Bannister, illustre ospite dell'Hillgrove Manor, nonché potente editor londinese, sembra proprio perfetto… resta da vedere se è una quesitone di editing o di cuore. Mood: Ironico - YouFeel è un universo di romanzi digital only da leggere dove vuoi, quando vuoi, scegliendo in base al tuo stato d'animo il mood che fa per te: Romantico, Ironico, Erotico ed Emozionante.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2016
eBook ISBN
9788858686607

CAPITOLO UNDICI

Questa mattina

Quando questa mattina lui mi ha finalmente richiamata ‒ il primo contatto dopo il bisticcio su Phil ‒ mi trovavo in un minuscolo appartamento di Soho, alias «il covo di Simon».
Stavo preparando l’insalata, felicissima di stare un po’ a Londra: Dio quanto mi mancava! Il luminoso locale era gremito di gente, perlopiù amici e parenti di Simon: il mio amico fa sempre le cose in grande, nonostante il poco spazio. L’appartamento è però arredato con tanto gusto e funzionale intelligenza da sembrare molto più grande: il bancone della cucina, con l’ampia finestra che lo illumina a giorno, esibiva una vasta distesa di verdure, pasticci, formaggi, fiori e tagli di carne che facevano bella mostra di sé, riempiendo l’aria di profumi invitanti e paradisiaci. Quasi ogni fine settimana la casa di Simon si riempie di persone per il suo famoso brunch, ed è un evento a cui tutti noi, amici parenti o colleghi, partecipiamo con grande entusiasmo: ognuno porta qualcosa e aiuta a cucinare, sentendoci tutti una grande famiglia. Di solito, io e Julia arriviamo per prime e, mentre Simon finisce di preparare la tavola, ci stappiamo una bottiglia di vino e iniziamo a cucinare insieme chiacchierando a tutto spiano: è un po’ la nostra piccola tradizione. Ma non oggi, nossignore: questa mattina la mia migliore amica era stata requisita dal suo stronzissimo capo, che l’aveva messa sotto a sgobbare. Viva gli straordinari…
Io stavo giusto finendo di aggiungere una spruzzata di aceto balsamico all’insalata: mentre davo gli ultimi ritocchi, ed ecco che il mio cellulare si è messo a squillare. Ho immaginato fosse mia madre in preda a un attacco di nostalgia, e invece… era un numero che non conoscevo.
Il mio cuore ha cominciato a battere forte, speranzoso.
«Pronto?» ho risposto con voce tremante, schiarendomi la voce per dissimulare.
«Alice? Sono Edwin Bannister.»
Alleluia!
«Ciao… salve» ho balbettato. Scema, scema, scema!
«Ti ho chiamata per il nostro scambio di favori… se sei libera ti andrebbe bene vederci oggi pomeriggio? Lavoriamo un po’ alla pila mostruosa e poi ci dedichiamo al tuo terzo capitolo? Se non hai altri impegni, ovvio.»
Ok, scelta epocale: fare la donna ricercata che ovviamente ha già il pomeriggio impegnato da mesi con milioni di uomini strafighi che la corteggiano assiduamente, o mandare al diavolo le strategie e passare un altro pomeriggio con lui?
«Ho un pranzo a Londra con amici, ma nel secondo pomeriggio posso liberarmi. Ti andrebbe bene per le quattro?» ho buttato lì con molta nonchalance.
«Perfetto» ha detto lui senza nessuna inflessione.
«Ok, ci vediamo dopo allora…»
«A dopo» e ha attaccato.
Non ha menzionato Phil, e so che non lo farà mai più: ma quel suo riferimento ai miei altri impegni non mi è sembrato poi così casuale! Ero talmente emozionata che per scaricarmi sono uscita e sono andata a comprare un altro paio di cose per il pranzo: una bottiglia di Pinot grigio che avrei avuto un assoluto bisogno di bere non appena rientrata in casa, un paio di crostate alla lemon curd come mi aveva chiesto Simon, e poi… e poi ho pensato, perché non portare qualcosa anche a Edwin? Se avessimo fatto tardi a lavorare e ci fosse venuta fame, sarebbe stato carino fare una specie di aperimerenda insieme. E così, con le farfalle nello stomaco, ho acquistato un sacchetto pieno di muffin salati allo speck e formaggio, i miei preferiti. Ho sorriso a John, il panettiere sotto casa di Simon, tutta felice come una scema, e poi mi sono diretta quasi saltellando verso l’appartamento: erano ormai le undici e trenta, l’ora in cui di solito diamo il via alle danze. L’orario dell’aperitivo è un affare indiscutibile e io, vista l’agitazione per l’incontro che avrei avuto nel pomeriggio, ne avvertivo un estremo bisogno!

Adesso

Eccomi, sono rientrata: improvvisamente vengo travolta da una sensazione di deja-vu. Tanti ricordi della mia vita a Londra mi assalgono in un turbine di emozioni: osservando il soggiorno open space di Simon, rammento subito quanto abbia amato ogni singolo mobile di quella stanza, ogni momento vissuto lì dentro. È come se non mi fossi mai trasferita, come se fossi ancora la vecchia Alice, per un attimo: niente Hillgrove, niente rottura con Chris… una vita sicura e tranquilla che, anche se non particolarmente entusiasmante, almeno aveva una direzione certa. Ma poi, in un turbine di emozioni, il bellissimo volto di Edwin mi torna in mente con la prepotenza di un uragano emozionale, e torno subito al presente: eh sì, sono una Alice molto, molto diversa adesso…
Ho appena posato piede in soggiorno, che la zia di Simon è già comparsa sulla porta come un minitornado al profumo di patchouli.
«Finalmente! Pensavo non saresti più tornata! Siamo già tutti seduti!» trilla perforandomi i timpani e spingendomi verso la tavola gremita con una mano piena di anelli etnici.
Zia Georgette ‒ ormai la chiamiamo tutti zia ‒ è sempre stata così: un vulcano rosso, piccolo e rotondetto con una passione smodata per gli abiti vintage dalle improbabili fantasie. Quello di oggi? Color topazio con grossi fiorelloni color crema…
«Aiutami a preparare i cocktail, tesoro, su!» mi impartisce.
Mentre lei porta in tavola le ultime cose, io finisco di comporre gli aperitivi: i primi anni a Londra mi mantenevo facendo la barista, perciò senza modestia so il fatto mio. Venite da me, se volete un Moscow mule fatto come Dio comanda. Ho preparato tre Martini: uno per me, uno per Malcom Chipwick e uno per Robert Kolton; per tutti gli altri, gin tonic. Li carico su un vassoio e via.
«Finalmente!» strilla Margie Novak quando entro in salotto.
Margie è tipo una cugina di trilionesimo grado di Simon, e ci conosciamo sin dalle scuole superiori: lei è sempre stata una svampitella appiccicosa che, non so perché, mi adora; io, diciamo, la tollero…
«Ehi Margie…» biascico con l’entusiasmo di un contabile a fine turno, distribuendo a ognuno il suo bicchiere.
Stranamente, oggi c’è solo lei a rappresentare la pletora di cugini del mio amico, che di solito affollano in massa questi appuntamenti domenicali: ci sono sempre quasi tutti, tutti tranne il mio capo che grazie a Dio è sempre impegnato a dirigere l’hotel. Gli altri ospiti sono già tutti seduti: zia Georgette e zio Norbert, suo marito, Margie i suoi genitori ‒ Herbert e Katie Novak ‒, Malcom Chipwick, il personal trainer di Simon, e Robert Kolton con l’ultima fiamma, Maria, entrambi amici d’infanzia di Simon. Oh, sì, c’è anche un gruppetto di persone di cui non mi ricordo mai i nomi, sono quei fanatici del jogging con cui Simon se ne va a scorrazzare la mattina a orari assurdi per le strade di una Londra buia e deserta. Ma dico io, chi te lo fa fare di soffrire così? Do un sorso al mio drink… e che il pantagruelico pranzo abbia inizio!

Due caloriche ore più tardi…

Ok, penso che la pancia mi stia per scoppiare: ho mangiato due porzioni di tutto, credo… e il vino, quello di certo non è mancato! Mentre zia Georgette mette in tavola il porto e i dolci, tutta la compagnia è immersa in un rilassato e ozioso chiacchiericcio, la testa leggera e pigramente felice.
Ma io ascolto solo a metà, immersa nei miei pensieri. A cosa sto pensando? Mmh… tirate a indovinare… Un’immagine di Edwin fluttua nella mia mente come un gigantesco gelato al sapore di paradiso… me lo immagino all’hotel, seduto al bel divano della sua suite mentre sorseggia un calice di vino con una mano e regge un libro nell’altra, magari avvolto in una costosa vestaglia di seta nera e niente sotto… ed ecco che nella testa mi si contrappone un’altra immagine, quasi una sorta di negativo della prima: Phil con indosso la stessa vestaglia. Mi rendo conto con disgusto che, nossignore, proprio non mi entusiasma come immagine e, per quanto Phil sia carino, proprio non mi interessa scoprire cosa c’è sotto quella vestaglia. Al contrario di Edwin… Stupida! mi intima la mia vocina interiore, la stessa che mi consiglia sempre di non sprecare i soldi dietro a ogni televendita che millanta prodigiosi e innovativi prodotti per capelli che cambieranno la mia vita per sempre. Stupida, cosa speri di ottenere da Edwin Bannister? Non è libero, non è alla tua altezza e soprattutto non è interessato a te, è solo gentile. Phil invece è un ragazzo a posto, carino e disponibile: non vorrai mica morire zitella? Sto quasi per darle ragione e rispondere che no, cavolo, certo che non voglio crepare da sola col gatto che mi mangia la faccia, quand’ecco che mi ricordo di una cosa: quella vocina, per quanto sembri saggia, è proprio la stessa vocina che mi ha fatta rimanere tanti anni inchiodata a quella lumaca piena di peli e senza nerbo di Chris! La soffoco con tutta la gioia della ribellione: stai zitta piccola stronzetta saputella, so io cos’è meglio per me. E per me, per la nuova me, è molto meglio desiderare qualcosa di bello che infilarmi di nuovo in qualcosa di mediocre. Devo smetterla di avere paura di tutto, soprattutto della solitudine: ho una bella famiglia e degli amici sinceri, non sarò una modella ma il mio discreto didietro sta dignitosamente bene nei miei jeans preferiti e, che cavolo, ho pure un sogno nel cassetto! Non ho di certo bisogno di sistemarmi col primo sfigatello che mi viene dietro, no: quello di cui ho bisogno è un amore con la «a» maiuscola, e pazienza se non ho alcuna speranza con Edwin Bannister, almeno sono sulla strada giusta. La strada in cui, finalmente, seguo il mio cuore, e non gli annunci di un qualche stupido oroscopo o i consigli di quella strizzacervelli svitata a cui ho sborsato un patrimonio. Chissà quante Jimmy Choo mi sarei potuta comprare…
«… Alice? Tesoro?» sento zia Georgette che mi richiama alla realtà.
«Cosa?»
«Katie ti stava chiedendo come va il lavoro all’hotel!»
Ah sì? Diavolo, non stavo proprio ascoltando: «Oh, una favola, è tutto un eccitante susseguirsi di colpi di scena» rispondo al limite del sarcasmo, parandomi già da eventuali commenti di commiserazione per la mia sfavillante carriera…
«Non hai conosciuto nessuna celebrità? Per me sarebbe così eccitante lavorare lì!» mi viene in soccorso Margie, gli occhietti scintillanti di morbosa curiosità.
«Oh, be’… diciamo di sì, c’è un famoso editor che alloggia da noi.»
Tutti si girano verso di me, incuriositi e famelici: «Ma davvero? E l’hai conosciuto?» mi interroga Katie con i suoi minuscoli occhiettini indagatori.
«Ah… sììì… più o meno: oggi pomeriggio devo vederlo» butto lì. Poi, siccome tutti mi fissano come se fossi una mentecatta, sento il dovere di aggiungere: «Per lavoro. Si è offerto di darmi un’opinione sul mio libro, sapete…».
«Oh, certo, adesso si dice così, eh?» mi interrompe Simon, lanciandomi un’occhiatina maliziosa e ridacchiando nel suo milionesimo bicchiere. Ok, è palesemente sbronzo, il ragazzo.
«Simon! Non è per quello che lo vedo! Cioè, non è proprio libero, ecco…» rispondo, diventando tutta rossa. Be’, ok, tecnicamente non lo vedo solo per quello, ma ci spero…
«Oh, tesoro, sei proprio sfortunata con gli uomini… be’, forse è anche il lavoro che fai, sai com’è, fare la cameriera non è proprio una carriera che attira gli uomini di successo… non come la mia Margie, la mia piccola imprenditrice» cinguetta Katie Novak, dando pacchettine orgogliose sulla mano della figlia.
Non le tiro una scarpa solo perché sono nuove: ma che imprenditrice! Margie ha aperto uno stupido negozio macrobiotico dove tutto quanto sa di polistirolo stantio, e se non fosse stato per quel povero martire del suo ex marito che ha sganciato l’intera caparra per acquistarlo, non avrebbe nemmeno una bancarella al mercato!
Ogni volta che dico a qualcuno che faccio la cameriera devo sorbirmi questa umiliante ramanzina su quanto sia un lavoro così poco ambizioso, e adesso sul fatto che non ho più un uomo al mio fianco… come se non fosse già un problema per me!
«Com’è lui?» mi chiede Margie con un sorrisetto, facendosi tutta rossa.
Com’è? Com’è Edwin Bannister? Mi sento la faccia in fiamme. «Be’, è… diciamo che è molto affascinante» sussurro.
E super sexy e ommioddio voglio farci novantasette bambini! penso.
Un brivido mi corre giù per la schiena, mentre i rintocchi dell’orologio scandiscono il poco tempo che mi separa dal vederlo. Non vedo l’ora di sentirlo leggere il mio romanzo con la sua bella voce suadente… arrossisco al solo pensiero: nel prossimo capitolo ho inserito una scena decisamente piccante! Ed ecco che prendo...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Frontespizio
  4. CORREZIONI PERICOLOSE
  5. REBECCA WOODCREST
  6. PROLOGO
  7. CAPITOLO UNO
  8. CAPITOLO DUE
  9. CAPITOLO TRE
  10. CAPITOLO QUATTRO
  11. CAPITOLO CINQUE
  12. CAPITOLO SEI
  13. CAPITOLO SETTE
  14. CAPITOLO OTTO
  15. CAPITOLO NOVE
  16. CAPITOLO DIECI
  17. CAPITOLO UNDICI
  18. CAPITOLO DODICI
  19. CAPITOLO TREDICI
  20. CAPITOLO QUATTORDICI
  21. CAPITOLO QUINDICI
  22. EPILOGO