CAPITOLO NOVE
Un insolito personaggio
Quello stesso giorno Lorely Johnson aveva richiamato la misteriosa Jennifer Holden per organizzare l’incontro con Mister Lawrence Junior Vans.
La mattina seguente, alle nove in punto, la signora Holden si presentò nel locale in cui Ava, Montgomery e Courtney stavano facendo colazione.
Situato a pochi passi dal loro B&B, il Bryan’s place aveva tutta l’aria del set della mitica serie televisiva Happy Days. Capitava spesso ai suoi numerosi e fedeli frequentatori di fantasticare che uno scatenato Fonzie potesse fare il suo ingresso trionfale all’improvviso.
Il brunch era una vera delizia. Ava non aveva mai mangiato pancakes migliori. Perfino i sofisticati newyorkesi Courtney e Montgomery erano rimasti colpiti dalla qualità e dalla genuinità dei piatti elaborati con grande cura dal gestore Bryan e dal suo staff.
Dalle loro sorprendenti retrouvailles in stazione, i rapporti tra Ava e Montgomery non erano né freddi né caldi. Tiepidi era il termine esatto per definirli.
Ava continuava a provare attrazione per Montgomery. Era una lotta quotidiana non ricadere tra le sue braccia. Ad aiutarla c’era un pensiero fisso: la sua famiglia. Sven e il piccolo Thor la stavano aspettando, non poteva deluderli.
Montgomery non aveva mai smesso di lanciarle sguardi languidi. Perfino in presenza di Courtney e Lorely. Ava non poteva non sentirsi lusingata. Chi non lo sarebbe stata al suo posto? Era bello averlo in pugno. O almeno, avere quell’impressione.
Jennifer Holden era una mora con gli occhi verdi, sulla quarantina. Indossava un tailleur gonna in lino verde pastello, con un top di seta color malva e un paio di décolettés. Una mise perfetta per la sua carnagione chiara. Un paio di orecchini pendenti in oro bianco le illuminavano il viso. Era molto raffinata e femminile non solo nel vestire, ma anche nei modi.
In attesa della direttrice Johnson, che sarebbe arrivata a minuti, la Holden diede una decisa stretta di mano a ciascuno dei presenti. Indossava un diamante gigante all’anulare. La futura sposa si sedette sulla panchina di pelle bordeaux vicino a Montgomery, di fronte ad Ava e Courtney.
«Grazie di aver accettato quest’incontro» esclamò la donna.
«Vuoi scherzare. Grazie a te di averci proposto di incontrare tuo nonno» rispose Montgomery con il suo solito tono amichevole.
«Dimenticavo, io sono Montgomery Glenn. Lei è Courtney, la mia assistente. Lei, Ava Brodin, è una giornalista nostra amica. È per il suo bisnonno Lorenzo che siamo qui a Tacoma» concluse.
«Piacere!» esclamò con un sorriso Jennifer.
«Grazie di cuore, signora Holden. Non sa quanto quest’incontro sia importante per me. Quella storia potrebbe essere molto preziosa per le nostre ricerche su Lorenzo» aggiunse Ava, molto speranzosa e sorridente.
C’era qualcosa nello sguardo profondo e intenso di quella donna che aveva acceso una luce negli occhi di Ava. Quell’incontro non era un solo caso. Sarebbe valsa la pena di incontrare quel Lawrence Junior. Ava ne fu subito convinta. Non si erano mai viste prima, ma era come se una piccola voce nel suo cervello le confermasse che quell’incontro era una cosa estremamente positiva.
«Perdonami se non te l’ho chiesto prima. Mentre aspettiamo Lorely desideri una tazza di caffè o qualcos’altro?» chiese, galante come al solito, Montgomery.
«Prendo volentieri un cappuccino, grazie.» rispose Jennifer.
Per esaudire il desiderio della misteriosa signora Holden, Montgomery si recò al bancone, dietro al quale Bryan era indaffarato. Rimaste tra donne, Ava, Courtney e Jennifer presero a chiacchierare allegramente.
Fu la giovane Courtney a parlare.
«Bellissimo, il tuo anello di fidanzamento. Ne regalassero uno così anche a me…»
«Grazie, cara. In realtà, è anche la mia fede. Era talmente grosso che ho scelto di non indossare la fede. Uno solo di questa dimensione basta e avanza. Che ne dite?» chiese scherzosa Jennifer.
«Io dico: che diamante!» riprese Courtney.
La ragazza era rimasta davvero folgorata da quella gemma.
«Sei sposata da tanto?» chiese curiosa Ava, che si era arresa ai modi americani, decisamente più cool.
«Da due anni e mezzo. Finalmente. Quella con mio marito è stata una storia travagliata, ma si è coronata con uno happy ending. Abbiamo una figlia di quattordici mesi, Margot. È una bambina dolcissima. Non mi lamento. Posso dire che mi è andata bene» concluse con un sospiro.
«Che bello! Anch’io sono sposata e ho un figlio di due anni. Si chiama Thor. Mi mancano i miei uomini. Sono negli Stati Uniti da più di tre settimane ormai. Non vedo l’ora di riabbracciarli. Ma prima spero di risolvere il mistero che circonda il mio bisnonno» spiegò guardando di nascosto Montgomery in attesa al bancone.
Si augurava che lui capisse, prima o poi, che non c’era nessuna speranza per loro.
Courtney si sentì come un pesce fuori acqua.
L’argomento famiglia non era ancora di sua competenza. Non era ancora sposata, non aveva figli e da poco era tornata single. Invocò la banale scusa di andare a controllare dove era finito il caffè di Jennifer per allontanarsi. Preferì prendere parte all’appassionante e animata conversazione di Montgomery con quel simpaticone di Bryan, un omone biondo e semicalvo sulla cinquantina.
«Ava, come ti è venuta l’idea di lanciarti in quest’impresa così ardua?» chiese intrigata Jennifer.
«Dopo aver saputo delle tue ricerche, in città molti, come me, si sono fatti questa domanda» continuò.
«Forse non mi crederai. La cosa è accaduta per puro caso. Ero venuta a New York per fare un reportage sul museo dell’immigrazione di Ellis Island di cui Montgomery è direttore. A qualche giorno dalla mia partenza, in occasione di un party nel museo, ho fatto una scoperta inattesa e incredibile. Sul registro degli immigranti transitati sull’isolotto ho scoperto la presenza del mio bisnonno paterno. Sono rimasta sbalordita. Era come se fosse stato il destino ad avermi trascinato fin lì.»
«Incredibile! Roba da scrivere un romanzo. Diventerebbe un bestseller» esclamò Jennifer.
«Mi è venuto naturale lanciarmi sulle sue tracce. In famiglia nessuno sembra essere al corrente di questo suo soggiorno negli Stati Uniti d’America. Almeno così dicono. Che ricordi, mio padre non me ne ha mai parlato. Se non avessi scritto su Ellis Island, non l’avrei mai saputo. La vita è proprio imprevedibile: ti regala bellissime sorprese quando meno te l’aspetti» confidò Ava divertita.
«A chi lo dici? Mi sembra normale volerne sapere di più su di lui. Sfortunatamente, nemmeno io so molto sui miei bisnonni. Se devo essere sincera mi sarebbe piaciuto molto saperne di più. Soprattutto sulla mia bisnonna paterna, madre del nonno che state per incontrare. Ma lui è stato sempre così reticente nel rievocarne il ricordo. Chissà perché, è come se fosse arrabbiato con lei. Come se lei, in qualche modo, lo avesse ferito a morte. Ogni famiglia ha i propri segreti. La mia non fa eccezione, purtroppo.»
Erano giorni che Ava non si sentiva così leggera. Ascoltando con attenzione il racconto della signora Holden, aveva dimenticato ciò che la turbava. Il fatto che Montgomery si fosse allontanato per un attimo l’aveva fatta sentire di nuovo libera. Chiaramente a suo agio con la reporter, la Holden riprese a confidarsi:
«Ava, mio nonno è un uomo anziano. A breve compirà novantotto anni. Non ci sta più molto con la testa. Ma una cosa è certa: l’ho sentito spesso bestemmiare contro quell’italiano che si faceva chiamare Lawrence. Anche di recente. Quando si è sparsa la voce che stavate cercando un certo Lorenzo, ho pensato che potesse trattarsi di una sola e unica persona. Così ho pensato di contattare la Johnson, che sapevo vi affiancasse nelle ricerche. Mi auguro sinceramente possa trattarsi del tuo bisnonno. Speriamo solo che oggi nonnino non sia in uno di quei giorni in cui si mette a fare le bizze come i bambini. È l’unica mia preoccupazione.»
«Lo spero anch’io, Jennifer. Riporgo molta speranza in questo incontro. Grazie ancora di aver contattato Lorely Johnson.»
«Figurati. Mi fa piacere se posso esservi utile. D’altronde, quell’incontro potrebbe servire anche a me per conoscere meglio mio nonno. È sempre rimasto assai segreto riguardo alla sua infanzia. Devi sapere che lui non è semplicemente mio nonno: quando i miei genitori sono venuti a mancare per colpa di un incidente d’auto in cui fui l’unica illesa, è stato lui ad accogliermi a braccia aperte nella bellissima casa che un tempo era stata di sua madre Susan. Mi ha cresciuto da solo, facendomi da padre e da madre. Siamo molto legati. Mi viene l’ansia se penso che ormai sono pochi gli anni che ha davanti» confidò Jennifer.
La signora Holden si era commossa. Aveva le lacrime agli occhi.
«Non ci pensare, cara. Approfitta di ogni ora passata con lui. Anche mio marito Sven ha perso i genitori qualche anno fa in un brutto incidente in Kenya. Nonostante una prova del genere non si superi mai del tutto, oggi sta meglio. Soprattutto da quando è nato nostro figlio Thor. Diventare padre lo ha reso più sereno» raccontò Ava.
«Lo capisco. Formare una famiglia è stato un mio chiodo fisso fin da adolescente. Non vedevo l’ora di sposarmi e di avere dei figli. Poi finalmente, dopo anni di attesa e con il cuore infranto per tanti sbagli, ho incontrato mister John Holden. Il mio sogno si è realizzato. Ci siamo sposati ed è nata Margot. Non potrei essere più felice. In tutti quegli anni Lawrence Junior è rimasto la mia spalla e il mio confidente. Di lui, mi fido ciecamente.»
Così Jennifer iniziò a raccontarle di suo nonno.
Classe 1913, Lawrence junior non ebbe mai un rapporto eccezionale con suo padre Dany Vans, un imprenditore di successo, né con suo nonno, il magnate Douglas Doll. Il ragazzo era sempre stato diverso, più ribelle dei suoi coetanei. Era stato, invece, sempre molto apprezzato dalle donne di casa.
Pugile dilettante, aveva deciso inaspettatamente di cambiare rotta per abbracciare la carriera militare. Da colonello dei Marines, aveva partecipato al DDay del 1944. Ne andava molto orgoglioso. Se la sua carriera era stata brillante, in amore era stato meno fortunato. Era rimasto vedovo pochi anni dopo la nascita del suo unico figlio David, padre di Jennifer. Poi non si era più risposato: Candace era l’amore della sua vita. Alla sua unica nipote aveva sempre ripetuto: «Di amore vero nella vita ce n’è solo uno».
«Le storie romantiche di una volta mi fanno sempre emozionare. È come se in quell’epoca, la gente fosse più passionale e meno razionale. Per me, avevano ragione loro. L’amore va vissuto pienamente e istintivamente, con il cuore. Non è una materia da studiare. Sono felice che io e Sven la pensiamo allo stesso modo. Ci siamo amati da subito senza pensarci su. È stato tutto naturale.»
Mentre pronunciava quelle belle parole, Ava si sentì recitare la parte dell’ipocrita. Come faceva ad affermare questo dopo quello che aveva osato fare a Sven? Era forse un tentativo di autoconvincersi che era ancora la dolce e fedele Ava?
«Con il mio John, purtroppo, è stato più complicato. I primi anni abbiamo dovuto nasconderci. Lui era ancora ufficialmente sposato. Non mi sono mai sentita in colpa perché sapevo che era l’uomo della mia vita e lui sapeva che io ero la donna della sua. Abbiamo solo dovuto essere un po’ pazienti. Poi il tempo ci ha dato ragione. Oggi siamo felici» concluse la Holden.
Jennifer aveva appena confessato di essere stata motivo e complice di un tradimento. Capitava a tutte le donne prima o poi? Ava si rifiutava di crederci, nonostante lo avesse appena sperimentato.
Mentre le due donne si erano lasciate andare a confidenze, la direttrice Johnson aveva appena avvisato Montgomery della sua impossibilità a partecipare all’incontro.
Il suo assistente Justin aveva combinato un gran casino e toccava a lei ri...