Racconti da Shakespeare
eBook - ePub

Racconti da Shakespeare

  1. 124 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Racconti da Shakespeare

Informazioni su questo libro

AL POSTO DEL SIPARIO, LA COPERTINA. AL POSTO DEL PALCOSCENICO, LE PAGINE. AL POSTO DEGLI ATTORI, LA VOSTRA FANTASIA. SOLO SHAKESPEARE RESTA SHAKESPEARE. ANCHE QUANDO DIVENTA UN RACCONTO.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
Print ISBN
9788817040303
eBook ISBN
9788858602423
Racconti da Shakespeare
Ecco un classico dimenticato,
che non dimenticherete più…
Gli autori di Tales from Shakespeare nacquero a Londra nella seconda metà del XVIII secolo. Mary aveva undici anni alla nascita del fratello Charles, nel 1775. Il padre era impiegato nello studio di un avvocato che aveva dato loro anche una casa. Alla morte di quest’ultimo, nel 1792, la famiglia Lamb dovette affrontare molte difficoltà. Tutt’a un tratto si ritrovò senza casa e senza entrate. Charles cominciò a guadagnarsi a stento da vivere lavorando come impiegato della Compagnia delle Indie Orientali, dove rimase a compilare libri mastri per più di trent’anni; ricordando quel periodo scrisse di essere stato “incatenato alla scrivania… quasi fosse fatto di legno”.
I membri della famiglia Lamb manifestavano una certa predispsizione all’instabilità mentale e per un breve periodo, nel 1795, Charles fu rinchiuso in un istituto di cura. Anche se il soggiorno lì fu breve, visse sempre all’ombra della pazzia e nel corso della vita ebbe una serie di ricadute. Sua sorella Mary si occupò della madre paralizzata e del padre, ridotto in uno stato di demenza. La sua devozione e la sua abnegazione furono così grandi che anche la salute mentale ne fu compromessa. Un giorno del settembre 1796, in un eccesso di follia, Mary uccise la madre con una coltellata e ferì il padre. Il tribunale la giudicò insana di mente e lei trascorse un anno in manicomio prima di essere dimessa e affidata alla tutela del fratello. Lui si prese cura della sorella per il resto della vita e lei lo ripagò con la sua gentilezza e il suo buon umore. Dopo la morte del padre, Charles e Mary andarono a vivere insieme e non si separarono più.
Tra di loro si era instaurata una collaborazione domestica e letteraria, che durò più di trent’anni, fu “l’unione di due celibi”, come si definirono loro stessi.
Charles Lamb è considerato uno dei più grandi critici e saggisti del suo tempo. Cominciò a scrivere poesia intorno al 1790 e compose sonetti insieme a Coleridge. Proprio attraverso Coleridge, Charles e Mary conobbero Wordsworth, Southey, Hazlitt e altre figure di spicco del panorama letterario dell’epoca; le loro case furono luoghi di ritrovo per amici letterati. Charles diventò famoso grazie agli articoli pubblicati sul London Magazine con lo pseudonimo di Elia (pronunciato “a liar”, bugiardo), e non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato Tales from Shakespeare a dargli la fama fra i posteri, e che tutte le sue altre opere, così popolari mentre era vivo, duecento anni più tardi sarebbero state ricordate solo da pochi accademici.
Charles e Mary scrissero insieme tre libri per bambini; Tales from Shakespeare è quello più conosciuto. Nel 1807 Charles chiese a Mary di aiutarlo ad adattare le commedie e le tragedie di Shakespeare per renderle più comprensibili ai giovani lettori. Mary si sarebbe occupata delle commedie e Charles delle tragedie. Tales from Shakespeare, di cui Charles comparve come unico autore fino alla settima edizione, ebbe un immenso successo. Fu il primo libro a rendere accessibili a un pubblico più vasto i drammi e le commedie di Shakespeare e svolse un ruolo importante nel diffondere la conoscenza del drammaturgo.
Nella prefazione, gli autori spiegarono i loro propositi letterari: offrire ai giovani lettori un’introduzione alle opere di Shakespeare, sotto forma di racconti in prosa. Per questo, dov’era possibile, avevano cercato di usare le parole del grande drammaturgo. Questi “riassunti imperfetti”, come li chiamavano loro, volevano essere un’iniziazione, un punto di partenza verso la scoperta delle opere originali, per apprezzarle di più una volta che fosse venuto il momento di leggerle nella versione integrale.
Tales from Shakespeare, dichiaravano gli autori, era rivolto soprattutto alle bambine. Infatti, nel XVIII secolo solo i maschi avevano accesso all’opera del drammaturgo nelle biblioteche dei padri e di solito sapevano già a memoria le scene più famose prima che alle sorelle fosse permesso di leggere anche una sola pagina dell’autore, considerato troppo sconveniente per la loro sensibilità. Charles e Mary Lamb suggerivano che i fratelli assistessero le sorelle nella lettura di Tales from Shakespeare per aiutarle a capire i punti più difficili; poi avrebbero potuto leggere loro alcuni passaggi scelti delle scene originali da cui erano tratti, e così le fanciulle li avrebbero compresi meglio e apprezzati. Gli autori speravano che nelle giovani lettrici si accendesse un desiderio così grande di avvicinarsi di più a quelle opere, che una volta raggiunta l’età giusta, le avrebbero lette in edizione integrale e scoperte in tutta la loro ricchezza. Per capire questo atteggiamento, dobbiamo porci nel contesto del XVIII secolo e pensare anche alla biografia degli autori: Charles aveva ricevuto un’educazione convenzionale e completa, sua sorella no. E non c’è da stupirsi che sia stato Charles ad adattare le tragedie: i morti, il sangue versato, la follia non erano adatti a Mary, che aveva un equilibrio così fragile.
Una cosa è certa: dopo due secoli, Charles e Mary Lamb sono diventati i divulgatori “ufficiali” di Shakespeare, indiscussi e riconosciuti persino dal Bloomsbury Group, un gruppo di intellettuali e artisti che, agli inizi del Novecento, si riuniva nell’omonimo quartiere londinese in casa di Leslie Stephen e di Leonard e Virginia Woolf (e Virginia Woolf ammirava molto il drammaturgo!).
Dopo di loro sono stati tantissimi coloro che ci hanno trasmesso Shakespeare prima ancora che avessimo la possibilità di leggere o di vedere rappresentate le sue tragedie e le sue commedie: pittori, scrittori, musicisti, poeti, registi cinematografici… Tutti in modo diverso ci hanno consentito di accedere all’opera immensa del grande drammaturgo. Da Millais a Rimbaud, Polanski, Kurosawa, Woody Allen e Kenneth Branagh, per citarne solo alcuni, tutti ci riportano a Shakespeare.
Questo libro propone gli adattamenti di sei delle opere maggiori pubblicate da Charles e Mary Lamb. Attraverso Tales from Shakespeare, impariamo a conoscere i complessi intrighi delle opere del drammaturgo. E gli eroi di Shakespeare ci appariranno, attori o vittime del loro destino, carichi di tutte le grandezze e le debolezze dell’animo umano.
Charles si occupò della sorella fino alla morte; a un certo punto la follia di Mary divenne così grave, che lui dovette trasferirsi con lei in un istituto psichiatrico privato, e là morì all’età di cinquantanove anni, il fisico minato dall’alcol. Sua sorella gli sopravvisse dodici anni, ormai del tutto pazza. Furono riuniti nella stessa tomba.
Macbeth
Ai tempi in cui Duncan il Buono era re di Scozia, nel paese viveva un grande signore; il suo nome era Macbeth. Costui era cugino del re ed era famoso a corte per il suo valore in combattimento. Ne aveva appena dato prova soffocando una rivolta di nobili scozzesi appoggiati da un grande esercito proveniente dalla Norvegia.
I due generali vittoriosi, Macbeth e Banquo, tornavano a casa dopo la battaglia attraverso una landa desolata, quando si fermarono all’improvviso davanti a una strana apparizione. Di fronte a loro comparvero tre donne, con la barba e un aspetto così rinsecchito e selvaggio che non sembravano creature di questa terra. Macbeth cercò di rivolgere loro la parola, ma quelle gli fecero segno di rimanere in silenzio posandosi un dito ossuto sulle labbra grinzose. La prima strega si rivolse a lui e lo salutò chiamandolo signore di Glamis. Macbeth fu molto sorpreso che quelle creature lo conoscessero, ma la sua sorpresa fu ancora più grande quando la seconda strega lo salutò chiamandolo signore di Cawdor, un titolo al quale non aveva diritto. Infine la terza strega gli disse: «Viva Macbeth, che un giorno sarà re!» Quel saluto profetico fu il più sorprendente, perché i figli di Duncan erano ancora vivi e Macbeth non aveva speranze di succedere al trono. Poi le tre streghe si rivolsero a Banquo e annunciarono oscuramente: «Sarai meno di Macbeth, e più!», «Meno felice, e molto più felice!», «Genererai re, ma non sarai re!» Poi si dissolsero nell’aria e svanirono.
Mentre Macbeth e Banquo riflettevano sulla stranezza di quell’incontro, arrivarono dei messaggeri del re con l’incarico di annunciare a Macbeth che era diventato signore di Cawdor. Macbeth fu stupefatto di veder compiuto così presto l’evento predetto dalle streghe e rimase senza parole, incapace di rispondere ai messaggeri. Fu a quel punto che cominciò a sperare che la predizione delle streghe si realizzasse e a credere che un giorno sarebbe potuto diventare re di Scozia.
Si voltò verso Banquo e disse: «Adesso che sono signore di Cawdor, non credi che i tuoi discendenti diventeranno re?»
«Vedo» rispose Banquo «che si è acceso in te il desiderio per la corona. Ma ricorda che spesso i messaggeri delle tenebre ci dicono piccole verità per allettarci a compiere azioni dalle conseguenze fatali.»
Ma le insinuazioni delle streghe erano penetrate troppo in profondità nell’animo di Macbeth perché potesse ascoltare gli avvertimenti del buon Banquo. Da quel momento fu ossessionato da un solo pensiero: come conquistare la corona di Scozia.
Macbeth rivelò subito alla moglie la strana predizione delle streghe e le parlò di come aveva cominciato ad avverarsi. Lady Macbeth era una donna ambiziosa e senza scrupoli e fu lei ad alimentare la determinazione del marito, a cui in realtà ripugnava il pensiero di usare la violenza, convincendolo che la morte del re di Scozia era necessaria perché la profezia potesse compiersi.
Proprio allora re Duncan arrivò in visita presso il castello di Macbeth in compagnia dei suoi due figli, Malcolm e Donalbain, e un seguito di numerosi gentiluomini e servitori, per onorare come si conveniva il suo generale per la vittoria trionfale.
Il castello di Macbeth sorgeva in una posizione molto favorevole, in un luogo dove l’aria era dolce e salubre, come dimostravano i nidi di rondine in ogni sporgenza e contrafforte: le rondini, infatti, sono solite nidificare dove l’aria è più pura. Il re rimase molto colpito dalla dimora del suo generale e non fu meno impressionato dalle attenzioni rispettose della padrona di casa. Lady Macbeth era un’esperta nell’arte di dissimulare i propositi sleali dietro i sorrisi più amabili, e poteva sembrare un fiore innocente, quando invece era la serpe nascosta nell’erba.
Il re era stanco per il viaggio e si ritirò presto nella sua camera insieme a due paggi del suo seguito. Aveva gradito enormemente l’accoglienza dei suoi ospiti e prima di ritirarsi per la notte aveva distribuito dei doni tra tutti i suoi ufficiali e aveva fatto mandare a lady Macbeth, che si era dimostrata la più squisita delle padrone di casa, un prezioso diamante.
Presto fu notte fonda, l’ora in cui gli incubi vengono a tormentare le menti degli uomini sprofondati nel sonno e solo il lupo e l’assassino sono fuori a caccia. Era il momento che lady Macbeth attendeva per assassinare il re. Avrebbe preferito non compiere con le proprie mani un’azione tanto contraria alla natura femminile, ma temeva che il marito fosse troppo colmo del latte dell’umana tenerezza per versare il sangue del suo sovrano. Era ambizioso, ma aveva anche qualche scrupolo e lei temeva che gli venisse meno il coraggio.
Lady Macbeth aveva predisposto tutto e aveva fatto bere ai paggi del re tanto vino da farli cadere in un sonno simile alla morte. E così, in quell’ora fatale, si avvicinò al letto del re col pugnale in mano. Duncan dormiva profondamente e quando lei lo guardò in viso le sembrò che assomigliasse a suo padre e il coraggio di ucciderlo le venne meno; allora uscì dalla stanza per andare a parlare col marito.
La determinazione di Macbeth aveva cominciato a vacillare; c’erano molte buone ragioni per non commettere l’assassinio. Per cominciare, lui non era solo un suddito, ma anche il cugino del re. In secondo luogo, Duncan era suo ospite e le leggi dell’ospitalità prescrivevano che sprangasse la porta contro gli assassini del cugino, non che impugnasse un’arma contro di lui. Il re era un uomo giusto e buono con i suoi sudditi e non lesinava favori ai suoi nobili, soprattutto a lui!
Così lady Macbeth trovò il marito divorato dal dubbio e quasi deciso a non portare a termine il loro piano. Ma lei non era così debole e cominciò a versargli nelle orecchie parole che gli infondessero nel cuore il suo stesso ardimento. Gli spiegò tutte le ragioni per cui non potevano abbandonare il progetto: la facilità dell’impresa, la rapidità con cui sarebbe stata compiuta, il potere e il dominio assoluti che avrebbero avuto dopo l’azione di quella notte per tutte le notti e i giorni a venire! Poi si prese gioco con disprezzo de...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Occhiello
  5. Racconti di Shakespeare