Il primo giorno
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Il primo giorno

  1. 425 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il primo giorno

Informazioni su questo libro

Keira scruta l'orizzonte: il sole sta per sorgere sul sito archeologico della valle dell'Omo, Etiopia. Nelle stesse ore Adrian alza gli occhi alle stelle: attorno a lui la notte cilena avvolge i telescopi del più imponente progetto di astronomia mai realizzato. Ma questa non è una notte qualunque. È l'inizio di un lunghissimo viaggio. Adrian e Keira, astronomo lui, archeologa lei, sono da tempo, in modi diversi, in cerca di una risposta alla domanda che riempie i loro sogni: «Dove comincia l'alba?». Sarà quella notte, complice il destino, a incrociare le loro vite mettendoli sulle tracce di un antico oggetto che potrebbe condurli alla verità che cercano: un misterioso monile a specchio, parte di una mappa perduta in grado di riflettere la volta celeste com'era quattrocento milioni di anni fa. Un romanzo pieno di meraviglia, capace di illuminare gli impenetrabili segreti dell'universo e di accendere la più struggente delle storie d'amore

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
Print ISBN
9788817046619
eBook ISBN
9788858617793

Provincia dello Shaanxi

Qualcuno stava bussando contro il finestrino. Sobbalzai scorgendo nel buio il volto sorridente di un vecchio con un fagotto in spalla. Abbassai il vetro, l’uomo posò la guancia sulle mani giunte e mi fece capire che voleva lo facessi salire a bordo. Faceva freddo e il vecchio tremava; ripensai all’etiope che mi aveva accolto in casa sua. Aprii la portiera e spinsi i nostri bagagli sul tappetino. L’uomo ringraziò e si sistemò sul sedile posteriore, quindi aprì il fagotto e si offrì di dividere con noi le poche gallette che costituivano la sua cena. Ne presi una, perché sembrava veramente fargli piacere. Non eravamo in grado di comunicare con le parole, ma gli sguardi erano sufficienti. Me ne offrì un’altra per Keira. Era profondamente addormentata e gliela posai davanti, sul cruscotto. L’uomo sembrava contento. Dopo aver consumato quel misero pasto, si stese sul sedile, chiuse gli occhi e io feci altrettanto.
Il chiarore del giorno mi svegliò per primo. Keira si stiracchiò e le feci segno di non fare rumore, dato che avevamo un ospite che riposava sul sedile posteriore.
«Chi è?» mi chiese a bassa voce.
«Non ne ho la minima idea. Probabilmente è un mendicante, andava a piedi sulla strada e la notte era gelida.»
«Hai fatto bene a dargli la stanza degli ospiti. Dove siamo?»
«In mezzo al nulla e a centocinquanta chilometri da Xi’an.»
«Io ho fame» disse Keira.
Le mostrai la galletta. Lei la prese, l’annusò, esitò un attimo e la divorò.
«Continuo ad avere fame, e avrei voglia di fare una doccia e di una vera colazione.»
«È ancora presto, ma troveremo pure un posto lungo la strada per mangiare qualcosa.»
L’uomo si svegliò. Si rimise un po’ in ordine e salutò Keira con le due mani giunte; lei rispose al saluto allo stesso modo.
«Scemo che sei, è un monaco buddista. Probabilmente è in pellegrinaggio.»
Keira si sforzò di comunicare con il nostro passeggero e si scambiarono numerosi segni, poi lei si voltò verso di me con l’aria soddisfatta, ma non capivo per cosa.
«Metti in moto, l’accompagniamo noi.»
«Stai dicendo che ti ha dato l’indirizzo del posto in cui è diretto e che tu hai capito all’istante?»
«Prendi quella strada e fidati di me.»
Il fuoristrada sobbalzava violentemente mentre ci arrampicavamo verso la cima di una collina. La campagna era bella, e Keira sembrava scrutare davanti a sé, in cerca di qualcosa. In cima al colle la strada si biforcava per ridiscendere verso una boscaglia di pini e larici. Quando riemergemmo dalla vegetazione, il sentiero era scomparso. L’uomo seduto dietro mi fece segno di fermarmi e di spegnere il motore. In fondo a un viottolo c’era un ruscello che l’uomo ci fece costeggiare per arrivare a un guado, un centinaio di metri più giù. Salimmo sul fianco di una seconda collina e all’improvviso ci apparve il tetto di un monastero.
Ci vennero incontro sei monaci. S’inchinarono davanti alla nostra guida e ci fecero cenno di seguirli.
Ci condussero in una grande sala dalle pareti bianche, completamente priva di mobili; solo qualche tappeto ricopriva il pavimento in terra battuta. Ci portarono tè, riso e dei mantu, panini di farina di frumento cotti al vapore.
I monaci si ritirarono dopo averci messo davanti le vivande, lasciando me e Keira da soli.
«Potresti dirmi cosa ci facciamo qui?» chiesi io.
«Volevamo fare colazione, no?»
«In realtà pensavo a un ristorante, non a un monastero» borbottai.
Nella stanza entrò la nostra guida, che si era spogliato dei suoi stracci e indossava ora una lunga tonaca rossa cinta da una fusciacca in seta finemente ricamata. I sei monaci che ci avevano accolti lo seguivano e si sedettero a gambe incrociate dietro di lui.
«Grazie per avermi accompagnato» esordì facendo un inchino.
«Non mi aveva detto che parlava un francese tanto perfetto» si stupì Keira.
«Non ricordo di aver detto qualcosa la notte scorsa, e tanto meno questa mattina. Ho girato il mondo e ho studiato la sua lingua» disse rivolto a Keira. «Che cosa siete venuti a cercare da queste parti?» chiese il sant’uomo.
«Siamo turisti in visita nella regione» risposi.
«Davvero? Bisogna dire che la provincia dello Shaanxi trabocca di meraviglie da scoprire. Ci sono più di mille templi, e questa è la stagione più adatta per il turismo. Gli inverni qui sono particolarmente duri: la neve è bella, ma rende tutto più difficoltoso. Qui siete i benvenuti. Una stanza da bagno è a vostra disposizione per lavarvi. I miei discepoli vi hanno sistemato alcune stuoie nella camera qui accanto, riposatevi e godetevi la giornata. Vi serviremo da mangiare a mezzogiorno; io invece vi rivedrò più tardi. Ora devo lasciarvi, devo rendere conto del mio viaggio e meditare.»
L’uomo si ritirò; i sei monaci si alzarono e uscirono dietro di lui.
«Credi che sia il loro capo?» domandai a Keira.
«Non penso che sia il termine esatto, per i monaci buddisti la gerarchia è più un fatto spirituale che formale.»
«Eppure aveva tutta l’aria di un mendicante.»
«Essere privi di tutto è la caratteristica di questi monaci, ossia non possedere null’altro che il pensiero.»
Ci rinfrescammo e quindi uscimmo a camminare nei dintorni del monastero. Ai piedi di un salice ci abbandonammo alla dolcezza che regnava in quei luoghi fuori dal tempo, così lontani dalla civiltà moderna.
La giornata passò. Quando scese la notte mostrai a Keira le stelle che erano apparse nel cielo. Il nostro monaco ci raggiunse e venne a sedersi accanto a noi.
«Così, lei è appassionato di astronomia» esordì.
«Come fa a saperlo?»
«Semplice fatto di osservazione. Al crepuscolo, gli uomini guardano normalmente il sole che tramonta dietro la linea dell’orizzonte, lei invece scruta il cielo. È una disciplina che anch’io trovo appassionante. Difficile procedere verso la saggezza senza pensare alla grandezza dell’universo e senza interrogarsi sull’infinito.»
«Non sono esattamente una persona che potrebbe essere definita saggia, ma mi faccio queste domande da quando ero bambino.»
«In lei c’è pura saggezza» disse il monaco. «Anche da adulto, è ancora la voce del bambino a guidarla. Mi rallegra che lei riesca ancora a sentirla.»
«Dove ci troviamo?» domandò Keira.
«In un eremo, un luogo familiare dove siete protetti.»
«Ma noi non eravamo in pericolo» rispose Keira.
«Non ho detto questo» replicò il monaco, «ma, in caso contrario, qui sarete al sicuro, purché rispettiate le nostre regole.»
«Quali sono?»
«Non sono molte, state tranquilli: tra le altre, alzarsi prima dell’alba, lavorare la terra per meritarci il nutrimento che essa ci offre, non attentare a nessuna forma di vita, umana o animale, ma sono certo che non avevate queste intenzioni. Ah, quasi dimenticavo, non mentire.»
Il monaco si rivolse a Keira.
«Dunque il suo compagno di viaggio è astronomo. E lei, di cosa si occupa nella vita?»
«Sono una paleontologa.»
«Una paleontologa e un astronomo: che incontro fortunato!»
Guardai Keira: sembrava completamente ipnotizzata dalle parole del monaco.
«E questo viaggio turistico che state facendo vi ha permesso di scoprire qualcosa di nuovo?»
«Non siamo turisti» ammise Keira.
Le lanciai un’occhiata di disapprovazione.
Keira continuò: «Noi siamo piuttosto…».
«Degli esploratori?» intervenne il monaco.
«In un certo senso, sì.»
«Che cosa cercate?»
«Una piramide bianca.»
Il monaco scoppiò a ridere.
«Cosa c’è di tanto buffo?» chiese Keira.
«Ma l’avete trovata, la vostra piramide bianca?» s’informò il monaco, con una luce divertita negli occhi.
«No, siamo diretti a Xi’an. Pensiamo che si trovi in quella direzione, sul nostro percorso.»
Il monaco rise ancora più forte.
«Cos’ho detto di così divertente?»
«Temo che non troverete questa piramide a Xi’an, anche se non avete del tutto torto: si trova davvero sul vostro percorso, davanti a voi» continuò il monaco, sempre più ilare.
«Ho la sensazione che il nostro ospite ci stia prendendo in giro» mi disse Keira sconcertata.
«Per nulla al mondo, glielo giuro» disse il monaco.
«Allora mi spieghi perché ride non appena apro bocca.»
«Vi prego, non dite ai miei discepoli che mi sono divertito tanto in vostra compagnia. Per quanto riguarda la questione della piramide, giuro che vi spiegherò tutto domani. Ora è tempo che mi ritiri per la meditazione. Ci rivedremo all’alba. Non fate tardi.»
Il monaco si alzò e si congedò. Mentre si allontanava sul sentiero che conduceva al monastero, vedevamo che continuava a ridere.
Dormimmo profondamente. Quando Keira mi svegliò stavo sognando.
«Andiamo» disse, «è ora. Sento già i monaci in cortile, tra poco sarà giorno.»
All’entrata della nostra stanza ci avevano lasciato qualcosa da mangiare e del tè. Un discepolo ci guidò verso il bagno, facendoci capire a gesti di lavarci viso e mani prima di toccare il cibo che ci era stato offerto. Terminata la nostra toilette ci fece cenno di sederci e di servirci in raccoglimento.
Quindi lasciammo il perimetro dell’eremo e attraversammo la campagna verso il salice dove avevamo appuntamento con il monaco, che era già là ad aspettarci.
«Spero abbiate passato una buona nottata.»
«Io ho dormito come un neonato» rispose Keira.
«Dunque cercate una piramide bianca. Cosa sapete in proposito?»
«Secondo le mie informazioni» rispose Keira, «avrebbe un’altezza superiore ai trecento metri, il che ne farebbe la piramide più grande del mondo.»
«In realtà è molto più alta» disse il monaco.
«Dunque esiste veramente?» domandò Keira.
Il monaco sorrise.
«Sì, in un certo senso esiste.»
«E dove si trova?»
«Come ha detto lei stessa, è proprio davanti a voi.»
«Mi perdoni, ma non sono molto portata per gli indovinelli. Quindi, se lei può fornire qualche altra informazione, gliene sarei infinitamente riconoscente.»
«Che cosa vede all’orizzonte?»
«Delle montagne.»
«È la catena dei monti Qinling. Sa come si chiama la cima più alta, quella che si vede laggiù, proprio davanti a noi?»
«Non lo so» rispose Keira.
«Monte Hua, o Hua Shan: è bello, vero? È una delle nostre cinque montagne sacre. La sua storia ha molto da insegnarci. Più di mille anni fa, alle pendici del versante ovest fu costruito un tempio taoista dove si stabilirono alcuni saggi, i quali credevano che il dio dei mondi nascosti abitasse sulla cima. Ku Quianzhi, un monaco del quindicesimo secolo, fondò l’Ordine celeste del nord e annunciò di aver fatto una scoperta fondamentale, che definì una rivelazione. Il monte Hua ha cinque cime, est, ovest, nord, sud e la vetta centrale, ma lei come ne descriverebbe la forma?»
«Aguzza» rispose Keira.
«Vorrei invitarla ad aprire gli occhi. Guardi bene lo Hua Shan e rifletta ancora.»
«È di forma triangolare» dissi, rivolto al monaco.
«In effetti è così. E all’inizio di dicembre la cima più alta si riveste di un magnifico manto di neve. Un tempo erano nevi eterne, ma, al giorno d’oggi, si sciolgono alla fine della primavera per ritornare solo in inverno. Mi dispiace che non possiate rimanere ancora per scoprire il monte Hua in quella stagione, quando il paesaggio è di una bellezza grandiosa. Un’ultima domanda: di che colore è la neve?»
«Bianca…» mormorò Keira, che cominciava a intuire quello che il monaco voleva portarci a scoprire da soli.
«La piramide bianca è proprio davanti a voi. Ora capirete perché ho riso tanto, ieri, mentre vi ascoltavo.»
«Dobbiamo assolutamente andarci!» disse Keira.
«Si tratta di una montagna particolarmente pericolosa» riprese il monaco. «Esiste un sentiero intagliato nella roccia lungo ciascun versante, il sentiero sacro. Conduce alla vetta più alta, non soltanto del monte Hua, ma anche delle cinque montagne sacre della Cina; è chiamato il Pilastro delle Nuvole.»
«Ha detto pilastro?» chiese Keira.
«Sì, questo era il suo nome nei tempi antichi. Siete davvero sicuri di volerci andare? È pericoloso incamminarsi su quel sentiero.»
Mi bastò guardare Keira per capire che, anche se i rischi erano molti, ci saremmo inerpicati verso le cime del monte Hua. Era più risoluta che mai. Il monaco ci descrisse con mille particolari quello che ci aspettava. Quindici chilometri di gradini intagliati nel fianco della montagna conducevano a un primo crinale; di là, una serie di passerelle fissate alla parete rocciosa permettevano di attraversare precipizi e di aggirare i diversi versanti. Il sentiero sacro consentiva ai più temerari, ai più determinati, a coloro che l’affrontavano sorretti da una fede incrollabile, di raggiungere il tempio del dio, che si trovava a duemilaseicento metri di altezza, sulla cima del picco nord.
«Il minimo passo falso, il minimo errore possono essere fatali. Fate attenzione al ghiaccio che ricopre la pietra dei gradini più alti, anche in questa stagione. Badate a non scivolare, sono rari i punti in cui potreste trovare qualcosa a cui aggrapparvi. Se uno dei due dovesse cadere, che l’altro non tenti di salvarlo, sareste in due a precipitare nell’abisso.»
Eravamo stati avvertiti, tuttavia il monaco non cercò di scoraggiarci. Ci invitò a indossare un abbigliamento adatto, lasciando al monastero le nostre cose. L’auto poteva rimanere benissimo dove l’avevamo lasciata. A metà mattina partimmo a bordo di un carretto trainato da un asino. Il discepolo che ci accompagnava ci portò fino alla strada. Là fermò un camioncino di passaggio, confabulò con l’autista e ci fece salire dietro. Un’ora dopo il camioncino si fermò sul fianco della montagna, a mezza altezza. L’uomo alla guida ci indicò un passaggio che si addentrava in una foresta di pini.
Ci avventurammo nel bosco. Keira vide in lontananza i gradini di cui aveva parlato il monaco. Le tre ore successive furono molto più impegnative di quanto pensas...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Collana
  3. Frontespizio
  4. Citazione
  5. Prologo
  6. Primo quaderno
  7. Altopiano di Atacama, Cile
  8. Londra
  9. Parigi
  10. Londra
  11. Parigi
  12. Londra
  13. Parigi
  14. Londra
  15. Parigi
  16. Londra
  17. Parigi
  18. Kent
  19. Parigi
  20. Londra
  21. Parigi
  22. Zurigo
  23. Londra
  24. Parigi
  25. Londra
  26. Parigi
  27. Amsterdam
  28. Londra
  29. Saint Mawes, Cornovaglia
  30. Parigi
  31. Atene
  32. Addis Abeba
  33. Hydra
  34. Valle dell’Omo
  35. Hydra
  36. Atene
  37. Amsterdam
  38. Mar Egeo
  39. Amsterdam
  40. Hydra
  41. Amsterdam
  42. Aeroporto di Atene
  43. Londra
  44. Etiopia
  45. Roma
  46. Valle dell’Omo
  47. Francoforte
  48. Mosca
  49. Roma
  50. Alta Sassonia
  51. Francoforte
  52. Amsterdam
  53. Parigi
  54. Sull’altra sponda della Manica
  55. Parigi
  56. Londra
  57. Londra
  58. Madrid
  59. Londra
  60. Parigi
  61. Londra
  62. Londra
  63. Pechino
  64. Londra
  65. Provincia dello Shaanxi
  66. Port Blair
  67. Londra
  68. Isola di Narcondam
  69. Lingbao, Cina
  70. Parigi
  71. Direzione Xi’an
  72. Hydra
  73. Hydra
  74. Secondo quaderno
  75. Ringraziamenti