Ivanhoe
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Ivanhoe

  1. 479 pagine
  2. Italian
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Ivanhoe

Informazioni su questo libro

La battaglia per il trono d'Inghilterra tra l'usurpatore Giovanni Senzaterra e Riccardo Cuor di Leone, lo scontro fra il valore militare dei Normanni e lo spirito di libertà dei Sassoni, l'audacia e l'entusiasmo di Robin Hood e della sua compagnia di arcieri. E al centro di tutto Ivanhoe, cavaliere leale e coraggioso deciso a combattere per difendere i deboli e conquistare il cuore della bellissima Lady Rowena. Considerato il primo esempio di romanzo storico, ricco di personaggi e luoghi entrati nella leggenda, il capolavoro di Walter Scott conduce il lettore nel cuore dell'Inghilterra del XII secolo, nel tempo romantico dei cavalieri, delle battaglie e dei duelli, e attraverso le indimenticabili vicende di Ivanhoe ci porta alle origini della civiltà inglese, in un intreccio di passione e avventura che mescola in un perfetto meccanismo narrativo la storia con il mito.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2010
Print ISBN
9788817014649
eBook ISBN
9788858610503
IVANHOE

INTRODUZIONE DELL’AUTORE

Assetti le briglie, il carro, l’arredo,
saluti più volte... ma greve è il congedo.
PRIOR
L’autore dei Romanzi di Waverley ha goduto finora di una popolarità sempre maggiore e, nel suo particolare campo letterario, potrebbe essere chiamato il beniamino del successo. Era chiaro tuttavia che il continuare delle pubblicazioni avrebbe finito con lo stancare il favore pubblico a meno che non si fosse trovata qualche maniera per dare un’apparenza di novità alle pubblicazioni successive. Gli usi scozzesi, il dialetto scozzese, i personaggi scozzesi, come quelli con i quali l’autore aveva una più intima familiarità, furono la base su cui egli si è fondato finora per creare gli effetti della sua narrativa. Ma un interesse di questo genere doveva ovviamente generare, da ultimo, un senso di monotonia e di ripetizione se usato a esclusione di ogni altro, e il lettore avrebbe finito con l’adottare il linguaggio di Edvino nella storia di Parnell:
«Cambia l’incanto» ei grida,
«e vediamo se ancor fa buona prova;
la capriola è stata già eseguita».
Nulla può essere più dannoso, per chi professi le belle arti, che accettare di passare per un manierista, se può evitarlo, o di essere considerato capace di successo in un solo e limitato stile. Il pubblico, in generale, è pronto a pensare che chi ha saputo compiacerlo in un dato genere letterario è incapace, a causa di quello stesso talento, di avventurarsi in altri soggetti. Gli effetti di questa avversione del pubblico verso i creatori dei loro divertimenti quando essi cercano di ampliare il proprio campo d’azione, possono essere visti nelle censure rivolte solitamente dalla critica volgare ad attori o artisti che tentano di variare i modi delle loro fatiche per ampliare i confini della propria arte.
In questa opinione c’è del giusto, come vi è sempre in tutto ciò che rappresenta in qualche modo un’opinione popolare. Può avvenire spesso, sul palcoscenico, che un attore dotato in grado eminente delle qualità necessarie per riuscire nella commedia non abbia il diritto di aspirare all’eccellenza tragica; e così pure in pittura o in letteratura, un artista o un poeta possono essere padroni solo di modi di pensiero, di poteri espressivi che li limitano a determinati soggetti. Ma molto più facilmente la stessa capacità che conduce un uomo alla popolarità in un campo gli otterrà successo in un altro, e questo deve avvenire più spesso nella letteratura che non nella recitazione o nella pittura, perché chi si avventura in questo campo non è ostacolato nei suoi tentativi da alcuna particolarità di fattezze o di conformazione fisica, adatte a una determinata parte, o da alcuna meccanica e peculiare abitudine di usare il pennello, limitata a una data categoria di soggetti.
Esatto o no che sia questo ragionamento, l’autore sentiva che limitandosi a soggetti puramente scozzesi non solo avrebbe probabilmente stancato l’indulgenza dei suoi lettori, ma anche grandemente limitato il suo potere di procurare loro piacere. In un paese molto raffinato, in cui tanta genialità viene dedicata ogni mese nel procurare divertimenti al pubblico, un soggetto nuovo, come quello nel quale egli aveva avuto la fortuna di imbattersi, è la non mai gustata primavera del deserto:
L’uom benedice tal magnificenza.
Ma quando uomini, cavalli, armenti, cammelli e dromedari hanno trasformato la sorgente in fango, essa diviene ripugnante a quelli stessi che dapprima vi si dissetarono avidamente; e quegli che ebbe il merito di scoprirla, se vuol mantenere la sua reputazione nella tribù, deve mostrare il suo talento scoprendo una nuova fontana.
Se l’autore che si trova limitato a una data categoria di soggetti cerca di sostenere la sua reputazione sforzandosi di aggiungere nuove attrattive a temi dello stesso carattere di quelli che, trattati da lui, hanno già avuto successo, vi sono evidenti ragioni perché, a un certo momento, egli debba fallire. Se una miniera non è sfruttata, la forza e la capacità del minatore fatalmente si esauriscono. Se questo autore imita strettamente i modi narrativi già da lui condotti al successo, è destinato a meravigliarsi che non piacciano più. Se cerca di vedere gli stessi soggetti da un altro punto di vista, presto si accorge che quello che era semplice, grazioso e naturale è stato esaurito, e per ottenere l’indispensabile fascino della novità è costretto alla caricatura e, per non essere trito, deve divenire stravagante.
Non è forse necessario enumerare tante ragioni per spiegare come mai l’autore dei Romanzi scozzesi, come allora erano chiamati, sentisse il desiderio di provarsi su di un soggetto puramente inglese. Allo stesso tempo egli intendeva rendere l’esperimento il più completo possibile portando questo lavoro dinanzi al pubblico come la fatica di un nuovo candidato al suo favore, affinché nessun pregiudizio, favorevole o contrario, potesse influire su di esso, in quanto nuova opera dell’autore di Waverley; ma questa intenzione fu poi abbandonata per ragioni che saranno menzionate in seguito.
Il periodo scelto per la narrazione fu il regno di Riccardo I, non solo perché ricco di personaggi i cui soli nomi avrebbero attratto certamente l’attenzione generale, ma anche perché offriva un netto contrasto fra i Sassoni, coltivatori del suolo, e i Normanni che tuttora regnavano come conquistatori, riluttanti a mischiarsi con i vinti o a considerarsi sullo stesso loro piano. L’idea di questo contrasto fu presa dall’ingegnosa e sfortunata tragedia di Logan, Runnamede, in cui, circa in questo stesso periodo, l’autore ha visto i baroni sassoni e i normanni opposti gli uni agli altri sui diversi lati della scena. Egli non ricorda tuttavia i motivi di contrasto tra i costumi e i sentimenti delle due razze, e la storia fu ovviamente violata con la presentazione dei Sassoni ancora esistenti come una razza marziale di nobili altamente ispirati.
I Sassoni, tuttavia, sopravvissero come popolo, e alcune nobili famiglie sassoni possedevano ricchezze e potere, sebbene fossero eccezioni alle umili condizioni della razza in generale. Parve all’autore che l’esistenza delle due razze nello stesso paese – la vinta con i suoi modi semplici, schietti e casalinghi e con il suo spirito di libertà infuso dalle sue antiche leggi e istituzioni, e la vincitrice, con le sue brame di fama militare, di avventure personali e di tutto ciò che potesse distinguerla come il “fiore della Cavalleria” – avrebbe dovuto, se unita ad altri personaggi dello stesso tempo e dello stesso paese, interessare il lettore con il suo contrasto, se l’autore non fosse venuto meno al suo compito.
La Scozia, comunque, era stata usata di recente in modo così esclusivo come scena di ciò che si chiama un romanzo storico che la lettera preliminare del signor Laurence Templeton diveniva in qualche modo necessaria. Il lettore è rimandato ad essa come a una introduzione che esprime gli intenti dell’autore e le sue idee nell’intraprendere questo genere di opere letterarie, con la necessaria riserva che egli è ben lontano dal pensare di aver raggiunto la mira.
È inutile aggiungere che non vi era alcuna idea né intenzione di far passare il supposto signor Templeton per una persona reale. Ma poiché era stata recentemente tentata da uno straniero una specie di continuazione dei Racconti del mio locandiere, si pensava che questa epistola dedicatoria potesse passare per una imitazione dello stesso genere, e che, mettendo su una falsa pista i curiosi, si potesse indurli a credere di avere dinanzi l’opera di qualche nuovo candidato al loro favore.
Dopo che una considerevole parte dell’opera fu terminata e stampata, gli editori, che sostenevano di vedere in essa le possibilità di una grande diffusione, protestarono decisamente contro il progetto di farla apparire come una produzione assolutamente anonima e pretesero che fosse annunciata come opera dell’autore di Waverley. L’autore non fece un’opposizione ostinata, perché cominciava ad essere dell’opinione del dottor Weeler nell’eccellente racconto di Miss Edgeworth, Manoeuvring, e cioè che «burla su burla» potrebbe essere troppo per la pazienza di un pubblico indulgente, e venire considerato come un non prendere sul serio la sua benevolenza.
Il libro, dunque, apparve come una esplicita continuazione dei Romanzi di Waverley, e sarebbe ingrato non riconoscere che incontrò la stessa favorevole accoglienza dei suoi predecessori.
Annotazioni che possono essere utili al lettore per capire i personaggi dell’Ebreo, del Templare, del Capitano dei mercenari o Liberi Compagni, come erano chiamati, e di altri caratteristici di quel periodo, sono date con molta sobrietà, poiché un’informazione sufficiente su questi soggetti deve cercarsi nella storia generale.
Un episodio che ebbe la fortuna di piacere a molti lettori è stato attinto più direttamente ai racconti degli antichi romani. Alludo all’incontro del re con frate Tuck nella cella di questo allegro eremita. Il motivo generale della storia appartiene alle narrative di ogni paese, che fanno a gara nel descrivere i vagabondaggi di un sovrano travestito il quale, andando in cerca di informazioni o di divertimenti nei più bassi gradini sociali, incontra avventure piacevoli per il lettore o per l’ascoltatore. Il narratore orientale ha come tema le spedizioni del travestito Harun el Rascid e dei suoi fedeli servitori Mesrur e Giafar per le strade notturne di Bagdad; e la tradizione scozzese si dilunga sulle non dissimili imprese di Giacomo V, indicato durante tali escursioni col nome di Brav’uomo di Ballengeigh, così come il Comandante del Fedele, quando desiderava conservare l’incognito, era conosciuto col nome di Il Bondocani. I menestrelli francesi conoscono anch’essi un tema così popolare. Da un originale normanno deve essere derivato il romanzo in versi scozzese Rauf Colziar in cui Carlo Magno appare come ospite sconosciuto di un carbonaio. Sembra sia stato l’originale di altri poemi del genere.
Nella lieta Inghilterra vi sono a profusione ballate popolari su questo tema. Il poema di Giovanni il Castaldo, o il Maggiordomo, nominato dal vescovo Pervy nelle Reliquie di poesia inglese, si dice che abbia svolto un episodio simile; e abbiamo inoltre Il re e il conciapelli, di Tamworth, Il re e il mugnaio, di Mansfield, e altri sullo stesso soggetto. Ma la storia a cui l’autore di Ivanhoe deve riconoscersi particolarmente obbligato è più antica di due secoli di tutte queste ora ricordate.
Essa fu comunicata al pubblico in quel famoso archivio di antica letteratura raccolto dagli sforzi combinati di Sir Egerton Brydges e del signor Hazlewood nel periodico intitolato The British Bibliographer. Di lì è stato preso dal reverendo Charles Henry Hartshorne, dottore in lettere, il quale ha pubblicato un volume molto interessante intitolato Antichi racconti in versi, pubblicati soprattutto in base alle fonti originali, 1829. Il signor Hartshorne non ci dà altra autorità, per questo frammento, se non l’articolo del Bibliographer, dove è intitolato Il re e l’eremita. Un breve riassunto del suo contenuto mostrerà la sua somiglianza con l’incontro di re Riccardo con frate Tuck.
Il re Edoardo (non si dice quale fra i m...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Introduzione
  5. Cronologia
  6. Bibliografia
  7. Ivanhoe