
- 224 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Uno
Informazioni su questo libro
E se potessimo incontrare noi stessi come eravamo vent'anni fa o come saremo in futuro? Sul filo dell'allegoria e di una sofisticatissima, inesauribile capacità inventiva, 'Uno' ci conduce in un infinito numero di mondi dove non esistono né lo spazio né il tempo, alla ricerca di tutto ciò che saremmo potuti essere e non siamo stati, di ciò che siamo e non potremo essere.
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Informazioni
Print ISBN
9788817113977eBook ISBN
97888586492821
PLANANDO DAL NORD CON IL NOSTRO IDROVOLANTE BIANCO E IRIDATO, effettuammo una virata, sopra le montagne apparvero i colori di vecchia memoria. Il diffuso brusìo della città a poco a poco saliva verso di noi, nell’estate ardente, dessert di fine rotta dopo un lungo volo.
«Che distanza, cara? chiesi nell’interfono.
Leslie armeggiò con il ricevitore della radio di navigazione e fece apparire alcuni numerini luminosi sul cruscotto. «Cinquantuno chilometri a nord» rispose lei. «Ancora quindici minuti. Vuoi Los Angeles Avvicinamento?»
«Grazie» risposi, e le sorrisi. Com’eravamo cambiati da quando ci eravamo riscoperti! Lei, che un tempo aveva il terrore del volo, ora pilota a sua volta. lo, che un tempo avevo paura del matrimonio, ora marito da undici anni e ancora convinto che quella fosse una data meravigliosa.
«Buongiorno, Los Angeles Avvicinamento» dissi al microfono. «Qui è Martin Seabird Uno Quattro Bravo in frequenza — ha lasciato settemilacinquecento per tremilacinquecento, prua sud verso Santa Monica.» Tra noi il nostro idrovolante lo chiamavamo Growly;* al Controllo del Traffico Aereo davamo il nominativo ufficiale.
Come potevamo essere così fortunati, pensavo, da vivere una vita che da bambini avremmo considerato un sogno a occhi aperti? In meno di mezzo secolo di sfide e di apprendimento, di tentativi e di errori, ciascuno
di noi aveva lottato per superare i momenti difficili e raggiungere un presente meraviglioso che non avremmo mai osato sognare.
«Martin Uno Quattro Bravo è in contatto radar» disse la voce nelle cuffie.
«Un aereo lì» avvertì Leslie «e un altro lì.»
«Mantienili in vista.» La guardai, attrice diventata compagna nell’avventura: capelli dorati palpitanti intorno alle morbide curve del viso che catturava la luce del sole e l’ombra, occhi blu mare indaffarati a controllare il cielo intorno a noi. Che viso meraviglioso aveva costruito quella mente!
«Martin Uno Quattro Bravo» disse il Los Angeles Avvicinamento, «codice quattro sei quattro cinque.»
Quali equilibri avevamo trovato l’uno nell’altra, quell’eccezionale donna e io, da far sì che le nostre strade s’incontrassero e si unissero? Quali equilibri ci avevano trasformati da estranei in anime gemelle?
Ora volavamo insieme a Spring Hill, a un congresso di ricercatori che esploravano i confini del pensiero creativo: scienza e coscienza, guerra e pace, il futuro di un pianeta.
«Era per noi?» chiese lei.
«Hai ragione» risposi. «Che codice ci ha dato?»
Si girò verso di me, gli occhi colmi di divertimento. «Non te lo ricordi?» domandò.
«Quattro sei quattro cinque?»
«Appunto» confermò. «Che cosa avresti fatto senza di me?»
Quelle furono le ultime parole che udii prima che il mondo cambiasse.
2
IL TRANSPONDER È UNA SCATOLETTA NERA inserita nel cruscotto dell’anfibio, con finestrelle in cui si forma un codice di quattro cifre. Le serie di numeri che appaiono in quei quadranti e nelle camere oscure che si trovano a casa del diavolo servono alla nostra identificazione: numero di immatricolazione dell’aereo, prua, quota, velocità : insomma, tutto quello che interessa ai controlli del traffico aereo là sulla loro consolle dalla luce verdolina.
Quel pomeriggio, come già forse altre diecimila volte nella mia carriera di volo, allungai la mano per cambiare quei numeri nel quadrante. 4 nella prima finestra, 6 nella seconda, 4 nella successiva, 5 nell’ultima. Mentre avevo ancora lo sguardo rivolto in basso, assorto in quel lavoro, udii uno strano rumore sordo che iniziò in tono sommesso e salì via via fino a raggiungere un’intensità insopportabile per l’udito, poi uno scoppio come se avessimo cozzato contro un corpo estraneo, mentre un lampo di luce ambrata irrompeva nella carlinga.
Leslie gridò. «RICHARD!»
Girai la testa di scatto e vidi il suo volto, la bocca aperta, gli occhi sbarrati.
«È stata una turbolenza, cara» dissi «un po’ di aria agita...»
Poi vidi anch’io, e m’interruppi.
Los Angeles era scomparsa.
Scomparso l’orizzonte che abbracciava la città , scomparse le montagne che la circondavano, scomparso il velo di foschia che avevamo visto proprio sotto di noi.
Tutto svanito.
dp n="12" folio="14" ? Il cielo era diventato dello stesso colore azzurro che avevano alcuni fiori di campo, carico di intensità ma freddo. Là sotto non c’erano più autostrade e tetti di case e ipermercati, ma un’infinita distesa marina, uno specchio del cielo. Color viola del pensiero, quel mare, non le profondità dell’oceano ma tutto bassi fondali, come se un paio di metri più sotto ci fosse una sabbia color cobalto, un arabesco di argento e oro.
«Dov’è Los Angeles?» chiesi. «Vedi...? Dimmi che cosa vedi!»
«Acqua! Siamo sopra l’oceano!» rispose lei ansimando. «Richie, che cosa è accaduto?»
«Non lo so» le risposi, la mente annebbiata dalla confusione.
Controllai gli strumenti del motore, ma tutte le lancette si trovavano al loro posto. Velocità invariata, prua 142 gradi sul giro direzionale. Ma ora la bussola magnetica ruotava libera nel suo alloggiamento, senza più curarsi del nord o del sud.
Leslie provò i commutatori, premette gli interruttori automatici.
«Le radio di navigazione sono fuori uso» disse, la paura che le stringeva la gola. «L’alimentazione c’è, ma non dicono...»
Era proprio così. Gli indicatori di navigazione erano coperti di righe e di segnali a barrette inerti e a bandierine rosse di avviso avaria. Il quadrante del loran diede un’indicazione luminosa mai vista prima: STAZIONE PERSA.
Anche la nostra mente era vuota, lo fissammo in silenzio per un momento.
«Hai visto qualcosa prima che... cambiasse?» le chiesi.
«No» rispose. «Sì! C’è stato un sibilo, l’hai sentito? Poi un lampo di luce gialla, un... un’onda d’urto ci ha avvolti completamente, e poi se n’è andata, e così è sparito tutto il resto! Dove siamo?»
Cercai di ricapitolare. «L’apparecchio funziona bene eccetto che per le radio di navigazione e il loran. Ma la bussola magnetica ci ha piantato in asso... il solo strumento in un aereo che non può guastarsi ci ha proprio abbandonato! Non so dove siamo.»
«Los Angeles Avvicinamento?» chiese lei improvvisamente.
«Bene!» Premetti il pulsante del microfono. «Hello Los Angeles Avvicinamento, Martin Uno Quattro Bravo.»
Guardai giù, mentre aspettavo la risposta. La sabbia sotto il pelo dell’acqua sembrava incisa da un’enorme matrice contorta, come se vi scorressero turbinosi fiumi di fasci di luce, correnti dagli intrecci straordinari, ruscelletti che si diramavano come innumerevoli corsi d’acqua tributari, ognuno sottile e diviso, eppure tutti connessi tra loro, scintillanti qualche metro sotto la superficie.
«Hello Los Angeles Avvicinamento» chiamai di nuovo «qui è Martin Seabird Uno Quattro Bravo, mi sentite?»
Alzai il volume e nel microfono della carlinga udii un disturbo di origine elettrostatica. La radio funzionava, ma non saltava fuori nessuno a parlare.
«Hello a tutte le stazioni che ascoltano Martin Seabird Uno Quattro Bravo, chiamateci su questa frequenza.»
Rumore bianco. Neppure una parola.
«Non so più cosa pensare» confessai a Leslie.
Per istinto portai l’aereo in quota, in modo da avere una visione più ampia, nella speranza che da un’altezza più considerevole avremmo potuto scoprire un po’ del mondo che avevamo perduto.
Pochi minuti dopo mi ero reso conto di alcuni strani fatti: per quanto in alto salissimo, l’altimetro non cambiava... l’aria non si faceva più leggera con l’aumentare della quota. A quella che ritenevo essere una quota di tremila metri, lo strumento continuava a indicare il livello del mare.
Neppure il panorama era cambiato: chilometri e chilometri di quel caleidoscopico banco di sabbia, una sterminata gamma di colori, arabeschi mai uguali tra loro. L’orizzonte era ovunque lo stesso. Niente montagne. Niente isole. Niente sole, niente nubi, non un’imbarcazione, non un essere vivente.
Leslie diede alcuni colpetti all’indicatore di livello del carburante. «Sembra che non ci sia stato nessun consumo di benzina» osservò. «È possibile?»
«Più probabile che si sia inceppato il galleggiante.» La velocità dell’apparecchio aumentava o diminuiva a seconda di come azionavo la leva dell’acceleratore, ma la lancetta dell’indicatore del carburante si era bloccata a circa un dito sotto la metà del serbatoio.
«Ma bene» sbottai, scuotendo la testa. «Anche il guasto dell’indicatore di livello del carburante! Dovrebbe esserne rimasto ancora per due ore di volo, ma, tra non molto, dovremo risparmiare il più possibile quello che abbiamo.»
Esaminò il vuoto orizzonte. «Dove atterreremo?»
«Che importanza ha?» chiesi.
Il mare sfavillava di una fantasmagoria di colori, confondendoci con i suoi bizzarri motivi.
Tirai indietro la manetta e l’anfibio iniziò una lunga planata. Mentre scendevamo, guardavamo scorrere sotto di noi la misteriosa distesa d’acqua. Due luminosi sentieri splendevano uno accanto all’altro, prima curvandosi in direzioni opposte, poi serpeggiando parallelamente e infine riunendosi fra loro. Migliaia di altri solchi scavalcavano quei due, come rami in una foresta di salici.
C’è una ragione, pensai. Qualcosa ha dato origine a queste linee. Erano sentieri? Fiumi di lava? Strade sommerse?
Leslie mi prese una mano. «Richie» sussurrò con aria triste «pensi che siamo morti? Forse abbiamo urtato qualcosa in aria, o qualcosa ha urtato noi in modo così improvviso che non ce ne siamo accorti.»
Sono io l’esperto di famiglia sulla morte e io non l’avevo neppure presa in considerazione... Che lei avesse ragione? E che cosa faceva Growly in quel posto? Non ho letto niente riguardo alla morte in cui si dica che non è cambiata neppure la pressione dell’olio.
«Questo non può voler dire morire!» ribattei. «I libri dicono che quando moriamo c’è un tunnel e luce e tutto quell’incredibile amore, e qualcuno che ci viene incontro... Se si sono presi il disturbo di farci morire insieme, tutti e due contemporaneamente, non pensi che avrebbero trovato un modo per venirci incontro al momento giusto?»
«Forse i libri sbagliano» rispose lei.
Planavamo in silenzio, sfrecciando via colmi di tristezza. Come potevano la gioia e la speranza delle nostre due vite essere troncate così presto?
«Ti senti morto?» chiese lei.
«No.»
«Neppure io.»
Volavamo bassi sopra i solchi paralleli, verificando se vi fossero rami di corallo che spuntavano in superficie o tronchi galleggianti prima di ammarare. Neppure da morto desideri sfasciare l’aeroplano mandandolo a sbattere contro qualche scoglio.
«Questo è un modo stupido di terminare la vita!» si lamentò Leslie. «Non sappiamo neppure che cosa sia accaduto, non sappiamo neppure come siamo morti!»
«Il lampo dorato, Leslie, l’onda d’urto. Non potrebbe essere stata un’arma nucleare? Non potremmo essere le prime vittime della terza guerra mondiale?»
Ci pensò su. «Non credo. Non veniva verso di noi, si allontanava. E poi avremmo sentito qualcosa.»
Volavamo in silenzio. Tristi. Tanto tristi.
«Non è giusto!» sbottò Leslie. «La vita aveva appena cominciato a essere molto bella! Abbiamo lavorato sodo, abbiamo risolto molti problemi... Stavamo appena iniziando il nostro periodo migliore.»
Sospirai. «Be’, se siamo morti, siamo morti insieme. Almeno questa parte dei nostri progetti si è realizzata.»
«E tutta la nostra vita dovrebbe passarci davanti agli occhi in un lampo» osservò Leslie. «Ti è forse passata davanti agli occhi tutta la tua vita in un lampo?»
«Non direi proprio» risposi. «E a te?»
«No. E dicono anche un’altra cosa: che tutto diventa nero. Neppure questo è vero!»
«Come hanno potuto tutti quei libri, come abbiamo potuto noi stessi prendere un simile abbaglio?» dissi. «Ricordi quelle volte che ci trovavamo fuori del nostro corpo di notte? Ecco che cosa dovrebbe essere morire, proprio come se avessimo proseguito, se non fossimo tornati indietro al mattino.»
Non avevo mai pensato che morire mi avrebbe fatto impressione, avrebbe dovuto rappresentare un’opportunità creativa razionale per una nuova comprensione, un felice superamento dei confini della materia, un’avventura al di là delle barriere delle pure e semplici credenze. Non eravamo stati avvertiti che la morte significava volare su un oceano sconfinato, svuotati della vita.
Finalmente potevamo ammarare. Non c’erano scogli, né alghe marine, né popolazioni di pesci. L’acqua era calma e chiara, e il vento ne increspava appena la superficie.
dp n="16" folio="18" ? Leslie mi indicò i due sentieri luminosi. «Sembra che questi due siano amici» osservò. «Sempre insieme.»
«Forse sono piste di atterraggio dell’aldilà » azzardai. «Penso sia meglio allinearsi su di esse. Ammariamo proprio dove si congiungono, d’accordo? Pronta per l’ammaraggio?»
«Penso di sì» rispose lei.
Guardai fuori dai finestrini laterali, ricontrollando il carrello di atterraggio. «Il principale sinistro è su» dissi «l’anteriore è su, il principale destro è su, il carrello è su per l’ammaraggio, le alette di atterraggio sono giù...»
Incominciammo l’ultimo lento giro, per planar...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Abbiamo percorso un lungo cammino insieme, non è vero?
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