
- 144 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Pilotto
Informazioni su questo libro
Avete presente una patata? Somiglia molto a Pilotto, solo che lui ha le braccia, le gambe, gli occhi e la bocca. Parla e si muove. È nato una mattina in un bosco, dalla terra, e della vita non sa proprio niente. Gli piacciono gli alberi, il canto della cinciarella, l'acqua fresca. E più di tutto gli piace stare con il suo nuovo amico Riccio, che gli insegna un sacco di cose della vita. Insieme studieranno come tenersi lontani dal Cinghialozzo, una bestia feroce dalle zanne appuntite, che semina il terrore tra gli abitanti del bosco. E impareranno che due è meglio di uno. Una storia a cavallo tra verità e fantasia, in cui tutto accade per caso ma ogni cosa ha il suo significato.
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Informazioni
Print ISBN
9788817049207eBook ISBN
97888586478511
Un cane correva nel bosco. Era un cane da tartufi e cercava tartufi. Annusava qua e là, sotto il muschio e le foglie cadute, e ogni tanto abbaiava. Era un cane molto grosso e molto peloso, che sembrava quasi una pecora, ma era grigio come una nuvola della pioggia.
All’ombra dell’albero più grande fiutò qualcosa e notò un sasso bianco e ovale. Lo rovesciò col muso e vide spuntare, dalla terra umida e nera, uno strano rigonfiamento. Lo odorò a lungo, con quel suo naso umido e nero, e infine decise che non era un tartufo. Forse era solo un fungo, anche se non sapeva di fungo: sapeva piuttosto di patata. Forse era una patata.
Il cane grigio se ne andò e per quel giorno non tornò più. Allora la cinciarella, che per un po’ se ne era rimasta zitta sul suo ramo, riprese a cinguettare, e il suo canto era azzurro come le sue piume.
La patata si mosse. Prima piano, poi con più decisione, tanto che nel terreno si formò qualche piccola crepa. La cinciarella fece silenzio, piegò la testa da una parte e fissò con attenzione quella cosa che affiorava dalla terra: se si muoveva, non poteva essere una patata, perché le patate non si muovono.
La patata che non era una patata continuò a agitarsi, fino a quando non riuscì a tirar fuori due braccia, due belle braccia grassocce con grandi mani. Le braccia si allargarono per appoggiarsi al terreno, e in un attimo, con una piccola frana, Pilotto venne fuori: com’era brutto in quel momento, tutto ricoperto di terra!
La cinciarella volò su un ramo più alto, poi cinguettò, con una vocina quasi antipatica: «Poveretto! Nascere dalla terra come una patata!»
Pilotto, che si era seduto, alzò la testa, vide la cinciarella e si emozionò: «Che bella che sei! Hai le piume colore del cielo!»
La cinciarella si scosse tutta, perché le piaceva tanto quando le dicevano che era bella.
«E hai una voce bellissima, quando canti: ti ho sentita, sai?» aggiunse Pilotto.
«La tua voce, invece, mi fa ridere» rispose l’uccellino. «Sembra quella di una cornacchia.»
«Davvero?»
«Sì. Una cornacchia col raffreddore!»
«Quante cose che sai! Io invece non so niente. Io sono appena venuto al mondo» si scusò Pilotto, e si mise a quattro zampe, come i gatti. Poi si avviò, un po’ a fatica, e sparì tra i cespugli.
2
Passò un po’ di tempo e Pilotto si stancò di andare avanti a gattoni. Aveva le ginocchia graffiate e il collo che gli faceva male, perché si sforzava di tenere la testa alta. Decise allora di alzarsi in piedi e afferrò un ramoscello per tirarsi su. Non fu difficile. Le sue gambe corte e tozze lo reggevano senza problemi, e si sentì subito in equilibrio. Lasciò il ramoscello e provò a camminare, e scoprì che era facile e anche molto bello. «Che bravo che sei, Pilotto» si disse, ma diventò tutto rosso, perché non aveva mai ricevuto un complimento.
Quando sbucò in una radura, coi fili d’erba che gli solleticavano i piedi, gli venne voglia di correre, e allora aprì le braccia e partì di corsa.
«Che bravo che s…» si disse, ma non riuscì a completare la frase, perché mise un piede in una buca di talpa e cascò, rotolando sull’erba come un pallone.
«Che cosa succede?» domandò la talpa, sporgendosi dalla sua tana. «Hanno abbattuto l’albero più grande?»
«Davvero?» domandò Pilotto. «Povera cinciarella, era la sua casa!»
La talpa strizzò gli occhi in direzione di Pilotto, ma c’era troppa luce e vide solo una macchia scura stesa a terra.
«Che cosa fai, lì?»
«Sto raccogliendo i fiori per la mia nonna» gracchiò Pilotto, che non voleva fare brutta figura e dire che era caduto.
«Da quando in qua le cornacchie raccolgono i fiori?» domandò la talpa.
«Io non sono una cornacchia. Sono Pilotto.»
«Allora scommetto che hai fatto una corsa e sei cascato. Meglio così, vuol dire che l’albero più grande è ancora in piedi.»
«Come hai fatto a indovinare?» si stupì Pilotto, ma la talpa era già sparita, e lui rimase solo in mezzo al prato a pensare che a questo mondo c’è tanta gente intelligente che sa tante cose, mentre lui non sapeva niente.
3
Camminava piano e teneva le mani incrociate dietro la schiena. Era rientrato nel bosco e fiutava l’aria cercando l’odore dell’acqua perché voleva trovarsi una casa, e la sognava vicina a una fonte. Per vivere, infatti, Pilotto aveva bisogno di tanta acqua da bere tutte le volte che aveva sete. Non si nutriva di altro: niente bacche, niente fragole e niente pomodori. Niente latte e niente spezzatino di carne. Solo acqua, possibilmente fresca.
Aveva anche voglia di lavarsi, perché era ancora ricoperto di terra, secca e dura, che gli dava molto fastidio.
“Se fossi una cinciarella” pensò, “potrei volare in alto, e allora sì che la troverei subito, l’acqua.” Ma siccome non era una cinciarella, continuò a annusare l’aria col naso all’insù, fino a quando non si accorse di un bel frescolino che gli passava sopra i piedi: abbassò lo sguardo e vide che i piedi erano entrati in un ruscello.
“Strano” pensò. “Questo ruscello non ha odore. O forse sono io che non lo sento, perché ho la voce da raffreddore: l’ha detto la cinciarella.”
Fece un paio di passi e si immerse fino alle ginocchia, poi si chinò per prendere a schiaffi l’acqua e fare schizzi e spruzzi, e non c’era al mondo Pilotto più felice.
Come quando si lava una patata ricoperta di terra, che alla fine esce dalle mani tutta liscia e pulita, così Pilotto alla fine del bagno uscì dall’acqua che sembrava un altro: la sua pelle, adesso, aveva il colore di un’albicocca. Andò a specchiarsi poco sopra, dove il ruscello formava una pozza, e per la prima volta vide la propria immagine.
Assomigliava a un bambino appena nato, ma era più tondo e più robusto, con la testa grossa e pelata, il collo così corto che quasi non c’era, le mani e i piedi molto grandi. Naturalmente era un maschio.
Assomigliava a un bambino, a quei bambini che assomigliano un po’ a una patata: anche il naso lo aveva a patata.
Rimase a lungo a specchiarsi nell’acqua, facendo mille mosse e mille smorfie, e le smorfie lo facevano ridere.
Se ne andò solamente quando si accorse che l’aria si era fatta più fresca e più scura: si sentì stanco, anzi stanchissimo, e gli venne voglia di andare a dormire, ma si ricordò che non aveva una casa, e allora tutta la sua allegria sparì di colpo, e brontolando come un pentolone risalì il torrente alla ricerca della casa.
4
Il ruscello scendeva da una collina tutta verde di prati e di boschi. Per un tratto Pilotto camminò lungo la riva, poi trovò un sentiero che si allontanava dal corso d’acqua, e lo imboccò.
“Adesso conto fino al tre” pensò. “E se non trovo una casa entro il tre, mi metto a dormire sotto gli alberi!”
Cominciò a contare: «Uno… sette… ventisette… ma quando arriva il tre?»
Diceva così perché non sapeva contare.
Allargò le braccia per fare uno sbadiglio molto largo, e quando chiuse la bocca vide finalmente qualcosa di interessante: davanti a lui c’era un lieve avvallamento, in fondo al quale si apriva un buco che pareva proprio l’ingresso di una tana.
Si avvicinò con un po’ di paura e un po’ di speranza.
«C’è nessuno? Posso entrare? Sono io, Pilotto!»
Nessuna risposta.
«Allora, se non c’è nessuno, io entro. Va bene?»
Nessuna risposta.
Infilò il muso nell’apertura, che era poco più grande di lui, e sentì subito fresco e un buon odore di terra e di funghi.
Era buio, dentro, ma Pilotto, come tutte le creature che nascono sottoterra, ci vedeva benissimo anche al buio. L’altezza era giusta, una spanna oltre la sua testa, per il resto non era né lunga né spaziosa, ma a Pilotto le case piacevano piccole. E poi era fresca e sapeva di terra e di funghi.
«Ciao, casa» disse a voce alta. «Io sono Pilotto.»
Fu rapido a prepararsi il letto: si scelse un angolino e scavò, con le sue mani grandi e forti, una buca capace di accoglierlo. Ci si rannicchiò dentro e si addormentò.
Si svegliò un attimo dopo, perché c’era una goccia d’acqua che ogni tanto cadeva dal soffitto e finiva proprio sulla sua faccia.
“Sono fortunato!” pensò. Cercò la giusta posizione, con la bocca aperta sotto la goccia, e si riaddormentò, felice di bere nel sonno.
5
I raggi del sole passavano tra i rami e macchiavano l’erba di chiaro. Pilotto passeggiava tra i cespugli e ogni tanto si chinava a leccare qualche goccia di rugiada. Si sentiva sicuro, adesso che aveva una casa. Si guardava attorno, curioso di tutto, e ascoltava le mille voci del bosco. Avrebbe anche voluto cantare, ma preferì non farlo perché si vergognava, con quella sua voce da cornacchia. Temeva che gli uccelli lo prendessero in giro.
Era uscito di casa con un pensiero ben preciso...
Indice dei contenuti
- Cover
- Frontespizio
- Copyright
- Dedica
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
- 11
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- 14
- 15
- 16
- 17
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- 20
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