Il giuramento di Ippocrate
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Il giuramento di Ippocrate

  1. 120 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il giuramento di Ippocrate

Informazioni su questo libro

Il fondatore della medicina scientifica: tale è considerato da secoli Ippocrate di Cos (460-377 a.C. ca). Leggere i testi qui raccolti, attribuibili solo in parte a lui e alla sua scuola, significa assistere "in diretta" alla nascita di una nuova scienza e della moderna mentalità sperimentale.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817006170
eBook ISBN
9788858647417

MALATTIE II

(A: capp. 12 sgg. e B: capp. 1-11)

I libri nosologici del Corpus, cioè Malattie I-III, insieme ad Affezioni Interne e Affezioni, formano un gruppo ben individuabile nella nostra tradizione manoscritta. In realtà i libri delle Malattie non sono il seguito l’uno dell’altro, così come non sono dello stesso autore (Malattie IV, poi, inserito nel gruppo dal solo codice M, è invece in strettissima connessione con i trattati embriologici Generazione e Natura del bambino).
Eppure caratteri comuni sono tra di essi chiaramente rintracciabili, specialmente redazioni parallele di una stessa malattia. A partire soprattutto dalle osservazioni dei due grandi editori ottocenteschi di Ippocrate, É. Littré e F.Z. Ermerins, la spiegazione era stata trovata nell’individuazione dell’origine cnidia di questi libri. Loro modello archetipale sarebbero state le Sentenze cnidie, opera contro la quale polemizza l’autore del Regime delle malattie acute nel proemio (v. pag. 24). Questi libri sarebbero così da considerare le vestigia di quest’opera perduta e, in ogni caso, testimonianze dell’attività e della produzione della scuola medica di Cnido, fiorita precedentemente e rivale di quella di Cos (la «scuola» cioè di Ippocrate). (Il presupposto fondamentale a tal proposito è la seguente combinazione di notizie antiche: il rimprovero di Regime delle malattie acute 3 ai medici delle Sentenze cnidie di aver voluto precisare con esattezza il numero delle varietà di ogni malattia, con la notizia di Galeno nel suo Commento al trattato secondo cui gli Cnidi distinguevano 7 malattie della bile, 12 della vescica, 4 dei reni, 4 strangurie, 3 tetani, 4 itteri e 3 tisi: queste suddivisioni trovano in parte precisa corrispondenza in Affezioni Interne; sempre Galeno ha poi conservato nel suo Commento al libro VI delle Epidemie un frammento di Eurifonte, preteso autore o co-autore delle Sentenze, sulla cosiddetta malattia livida, che ha punti di contatto e addirittura di coincidenza con Malattie II 68; Regime delle malattie acute 2 dà infine testimonianza della terapia delle Sentenze consistente in purganti, e in «latte e latticello alla stagione»: prescrizioni ben attestate sia in Affezioni Interne che in Malattie II.)
È merito indiscutibile di J. Jouanna quello di aver fatto leva sulla particolarità della doppia redazione di alcuni capitoli in Malattie II (i capp. 1-11 corrispondono, in modo incompleto, ai capp. 12-31), per chiarire il problema dei rapporti reciproci tra tutti questi libri. Egli ha in particolare convincentemente individuato uno strato più arcaico nei capp. 12 sgg. (= Malattie II A), caratterizzato da un’assenza o rudimentalità dell’eziologia, da una registrazione minuziosa dei fenomeni nella parte sintomatologica e da una terapia complessa sganciata dall’eziologia e determinata in parte dalla tradizione, in parte dai brancolamenti di un’esperienza non guidata dalla teoria; e uno strato più recente (= Malattie II B, capp. 1-11), dove invece compare una precisa sezione eziologica, caratterizzata da una teoria della meccanica interna degli umori già assai elaborata. Le combinazioni possibili sono tra quattro umori – come nella «classica» trattazione della Natura dell’uomo, il manifesto di Polibo che ha poi finito per rappresentare la teoria di «Ippocrate» –: flegma, bile, bile nera e sangue (quest’ultimo però non considerato di per sé patogeno). La povertà intrinseca di una tale teoria, in cui per altro si deve riconoscere anche uno sforzo scientifico verso l’astrazione, porta a semplificare non solo la suddivisione delle malattie (per es. una sola angina al cap. 9 corrisponde alle tre angine dei capp. 26-28), ma anche le descrizioni dei sintomi.
Più dubbi e discutibili sono invece i risultati per quel che riguarda l’individuazione e l’evoluzione di una «scuola» cnidia, a partire dalle Sentenze, che sarebbe testimoniata in questi trattati. Così, per altro verso, le importanti ricerche sui trattati ginecologici condotte da H. Grensemann hanno cominciato a chiarire tutta una serie di problemi riguardanti la loro redazione: anche qui la Schichtenanalyse ha dato i suoi frutti nella determinazione dei diversi strati tra e all’interno dei diversi trattati. Ma i fatti che proprio con queste analisi si sono potuti accertare appaiono refrattari a lasciarsi interpretare nel quadro di due scuole mediche contrapposte, quella di Cnido e quella di Cos; e l’evoluzione che viene tratteggiata sembra riguardare più la medicina arcaica greca nel suo complesso che non essere limitata a una sola «scuola», la cui realtà storica si fa sempre più aleatoria.
DATAZIONE: Malattie II A è datato da Jouanna al 440/20 a.C., Malattie II B al 400/390.
TESTO: il testo è quello di Littré (VII, pp. 1-115), ma la traduzione è stata fatta sull’edizione, quando esisteva, di Jouanna.

SULLE MALATTIE, LIBRO SECONDO

A

12. Malattie dalla testa. Un torpore tiene la testa ed egli orina frequentemente e per il resto prova lo stesso che per la stranguria. Costui prova ciò per nove giorni; e nel caso che facciano eruzione per le narici o le orecchie acqua e muco, si libera dalla malattia e cessa dalla stranguria. Evacua allora senza pena orina molta e bianca fino a venti giorni e il dolore si ritira dalla testa, e dagli occhi nel guardare la luminosità gli si sottrae e gli sembra di vedere la metà dei volti. Costui al quarantesimo giorno risana completamente. Talvolta la malattia ha in effetti una recidiva al settimo o al quattordicesimo anno. E gli si ingrossa la pelle della testa e, toccata, cede e pur con pochi alimenti appare pastoso e di buon colorito e ha un udito non acuto.
Allorché tu incontri uno che sta così, che è all’inizio della malattia prima dell’eruzione dell’acqua per le narici e le orecchie, e che lo tenga un dolore intenso, rasatagli la testa occorre legargli intorno alla fronte l’otre di cuoio riempitolo d’acqua, la più calda che possa sopportare, e lasciarlo agli effetti delle fomente e quando l’acqua sia raffreddata versarne altra calda. Nel caso che sia debole, cessare e, dopo una pausa, fare di nuovo lo stesso finché si allenti l’intensità del dolore. E nel caso che il ventre non si scarichi, fargli un clistere e facendogli bere dei diuretici dargli ancora idromele annacquato da bere; e si tenga al caldo il più possibile e sorbisca il decotto, tenue, di orzo mondato. Ma nel caso che il ventre non gli si scarichi, fatta bollire in acqua della mercorella, pestandola, filtrandone il decotto, mescolare in parti uguali il decotto d’orzo mondato e quello di mercorella, e mescolare ancora al decotto poco miele: sorbirlo tre volte al giorno e berci sopra, al passato, vino melato, annacquato, bianco, poco. Quando gli facciano eruzione per le narici le materie mucose e orini molto1 e sia libero dal dolore alla testa, non faccia più uso dell’otre, ma facendo un bagno in molta acqua calda beva i diuretici e idromele annacquato; e i primi giorni succhi miglio e mangi zucca o bietole, per tre giorni; poi faccia uso di alimenti, i più emollienti e lassativi possibile, aumentandone man mano, ma poco, la quantità.
Quando siano passati i quaranta giorni – la malattia infatti si calma di regola in capo a questo tempo – purgatagli la testa, datogli prima un evacuante dal basso, purgalo; poi nel caso che sia la stagione, fargli bere in seguito latticello per sette giorni; nel caso che egli sia debole, per meno giorni. Nel caso che la malattia abbia una recidiva, fattogli un bagno di vapore completo, l’indomani dargli da bere elleboro e poi lasciar passare il tempo che ti sembri opportuno e allora, purgatagli la testa, datogli un evacuante dal basso, cauterizzagli la testa con otto escare: due lungo le orecchie, due alle tempie, due dietro la testa da una parte e dall’altra all’occipite, due al naso lungo il canto degli occhi; e cauterizzare le vene lungo le orecchie finché cessino di pulsare; e fatti i ferri a piccoli cunei, cauterizzare obliquamente le vene. Facendo ciò la sanità sopravviene.2
33. Nel caso che si produca un polipo nel naso, esso pende dalla metà della cartilagine come un’ugola e quando espella il respiro, sorte fuori ed è molle, e quando inspiri, ritorna indietro; e ha la voce velata e quando dorma, russa. Allorché stia così, tagliato un dischetto di spugna, fattolo a spira, avvolgerlo con filo di lino d’Egitto e farlo duro: da essere di grandezza da adattarlo alla narice; e legare la spugna con filo a quattro capi: che ognuno sia della lunghezza di un cubito. Poi fattone un solo capo, presa una verga sottile di stagno con una cruna a un’estremità, far passare la verga nella bocca per la parte fine; e quando tu l’abbia presa, fatto passare il filo per la cruna, tirare finché tu prenda il capo dei quattro fili; poi, piazzato uno specillo bisulco sotto l’ugola, puntellando, tirare finché tu estragga il polipo. Quando tu l’abbia strappato e che il sangue cessi di scorrere, messa intorno alla sonda della filaccia secca, apporvela; e per il resto far bollire fiore di rame nel miele e intingendovi lo stuello, metterlo nel naso; e quando ormai la piaga guarisca, fatta un’asta di piombo che raggiunga la piaga, intingendola di miele applicarvela finché egli risani.
44. Allorché lo prenda la pleuresia, febbre e brivido lo tengono e dolore attraverso la spina dorsale fino al petto, e ortopnea e tosse e il catarro è bianco e subbilioso e non espettora facilmente nella tosse, e dolore attraverso l’inguine, ed evacua orina sanguinolenta. Allorché stia così, nel caso che la febbre lo lasci al settimo giorno, risana, ma che non lo lasci, la malattia arriva a undici o a quattordici giorni. La gran parte in effetti muoiono in questo periodo, ma che superi il quattordicesimo giorno, la scampa.
Allorché il dolore stia così, applicare fomente; beva miele, bollitolo, versandovi su aceto in misura uguale a quella del miele; poi su quella che è la misura del miele cotto e dell’aceto, versandovi diciannove parti di acqua, darglielo a bere ripetutamente in poca quantità, e mescolarvi acqua versandovi sopra poco aceto; sorbisca poi anche del decotto di miglio, stillandovi sopra poco miele, freddo, dosato a un quarto di cotila3 a entrambi i pasti; e beva vino, bianco, generoso, annacquato, poco: il vino sia il più emolliente possibile, inodore. Allorché la febbre lo lasci andare, per due giorni sorbisca il miglio due volte al giorno e mangi bietole dal gusto più dolce. Poi dopo di ciò, fatto un cucciolo o un pollo ben bollito ne sorbisca il brodo e carni ne consumi poche. Per il resto del tempo, particolarmente per quanto egli è tenuto dalla malattia, faccia colazione col miglio e a sera usi di alimenti nella minore quantità e i più emollienti possibile.
68. (Malattia) livida. Lo tiene una febbre secca e tremito di tanto in tanto e ha male alla testa e un dolore gli tiene le viscere e vomita bile e allorché lo tenga il dolore non riesce a vederci, ma ha pesantezza. E il ventre si fa duro e il colorito livido e le labbra <quali appunto quelle di chi ha mangiato more>4 e il bianco degli occhi è livido, e li ha fuori dell’orbita come chi è strangolato. Talvolta cambia anche colorito e da livido si fa verdastro.
A costui far bere un evacuante dal basso e dall’alto, fare un clistere e purgare dalla testa; e fargli bagni caldi il meno possibile, ma [quando si sia bagnato]5 si scaldi al sole. E far bere alla stagione latticello e latte di asina e usare alimenti i più emollienti possibile, e freddi, astenendosi da quelli agri e salati; usi alimenti più oleosi, dolci e grassi. La malattia per lo più muore con lui.
71. Infiammazione bianca. Tutto il corpo si enfia di un’enfiagione bianca e il ventre è grosso a toccarlo e i piedi e le cosce si enfiano e le gambe e lo scroto; e respira con precipitazione e il volto è rossastro e la bocca secca e lo tiene la sete e quando abbia mangiato succede un respiro ripetuto.
Costui nello stesso giorno talora ha maggiore sollievo talora sta peggio. Nel caso che a costui il ventre si sconcerti da sé all’inizio della malattia, è vicinissimo a risanare; nel caso che non si sconce...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Il giuramento
  5. Malattie II
  6. Il regime delle malattie acute
  7. Fratture
  8. Le epidemie (II, IV, VI)
  9. Il prognostico
  10. L’antica medicina
  11. La malattia sacra e lo scritto Sulle arie, acque, luoghi
  12. Sui disturbi virginali