Bella del signore
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Bella del signore

  1. 800 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Bella del signore

Informazioni su questo libro

Ariane e Solal, lei nobile di nascita, lui altissimo dirigente della Società delle Nazioni, entrambi alteri ma irrequieti, si incontrano, si amano e fuggono via alla ricerca di una passione assoluta ed esteticamente perfetta. La perfezione formale, però, non esiste, l'amore a poco a poco si illanguidisce e viene sostituito dalla noia, fino alle estreme conseguenze. Un romanzo libero, svincolato dai dettami delle scuole e delle mode, capace di regalare l'emozione esaltante della lettura.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817106054
eBook ISBN
9788858645338

PARTE SECONDA

10

Adrien Deume trasse un sospiro di soddisfazione, fiero d’aver parcheggiato con una sola manovra la sua automobile tra le due Cadillac. Ritirò la chiave dall’accensione, si accertò che i finestrini fossero ben alzati, chiuse lo sportello a chiave, tirò a più riprese la maniglia per maggior sicurezza, considerò la sua macchina con tenero affetto. Fantastica, la sua Chrysler, una ripresa folgorante. Docile ma nervosa, ecco. Col grosso bastone sotto il braccio, recando gravemente la sua cartella di funzionario distinto, s’incamminò a passo lesto. Martedì 29 maggio. Fra tre giorni, il 1° giugno, membro A a ventiduemilacinquecentocinquanta franchi-oro come inizio, con aumenti annui sino a un massimo di ventiseimila! Mica male, eh?
Giunto nella hall principale, si diresse con aria indifferente verso la bacheca dei movimenti del personale, s’inebriò delle parole meravigliose che proclamavano la sua promozione. Abbagliato, trafitto, mistico al cospetto d’una presenza sacra, restò vari minuti a contemplarle, a comprenderle sino in fondo, a compenetrarsene, fissandole fino alla vertigine. Sì, era lui, era proprio lui, quel Deume, membro di sezione A, con effetto dal 1° giugno. Fra tre giorni, membro A! Era mai possibile? Eh sì, la promessa era lì, davanti a lui, augusta, ufficiale!
«Tesoro» disse al proprio volto nello specchio dell’ascensore che lo portava al lavoro.
Al quarto piano, allorché ne discese, scorse in lontananza Garraud, e si compiacque dei complimenti che avrebbe ricevuto. Ma quel povero B di Garraud non si sentì il coraggio di fingere e fece una giravolta per non dover congratularsi con lui. Le felicitazioni di Castro, recentemente promosso A e incontrato di lì a poco, furono invece calorosissime. I due A, il nuovo e l’imminente, conversarono amichevolmente. Castro si lamentava di terribili emicranie, Adrien gli consigliava il proprio medico, il migliore di Ginevra, come tutto ciò che gli apparteneva. Poi criticarono prudentemente le alte sfere del Segretariato e la loro mania di perpetue riorganizzazioni. La sezione culturale, soppressa l’anno prima, era stata appena ripristinata, per risopprimerla probabilmente l’anno venturo. Sorrisero l’uno all’altro con aria complice e si strinsero cordialmente la mano.
«Bravo tipo, dopotutto, questo Castro, molto simpatico» mormorò Adrien tirandosi dietro la porta del suo ufficio.
Sì, mettere Castro nella lista delle persone da invitare d’urgenza. E cancellare tutti i B, ormai declassati. Salvo Kanakis, nipote di ministro, d’altronde presto sarebbe entrato in A, quel porcello. Aprì l’armadietto per prendere la giacca da lavoro, ci ripensò. No, un uomo che fra tre giorni sarebbe stato membro A non doveva conciarsi con una vecchia giacca. Un A aveva il dovere d’essere costantemente curato nell’abbigliamento. Fece un giro su se stesso, poi sedette e contemplò la sua beatitudine.
«Nomina ufficiale, porca l’oca, affissa, porca l’oca, nessun pericolo di disdetta adesso, gliel’ho fatta! Ora posso ben dirlo, vecchio mio, ho avuto strizza finché non ho visto affissa la mia promozione! Tu capisci, non si sa mai, eh, qualche impiccio dell’ultima ora! Ma adesso, vecchio mio, è ufficiale, sicuro e certo! Niente da fare, caro Vévé, la pillola la devi mandar giù. E per giunta, mio caro, il S-S.G. viene a cena da me il 1° giugno! Fra tre giorni, hai capito Vévé? Ci viene forse a cena in casa tua? Ne dubito assai! Ancora un po’ di caffè, mio caro sottosegretario generale? No, così non va, troppo confidenziale, dopotutto è solo la prima volta. Ancora un po’ di caffè, caro signore? Sì, con un bel sorriso spontaneo, fra gente dello stesso ambiente. La seccatura è che ci saranno anche Mammi e Papi, alla cena. Santo Dio che idea infelice hanno avuto ad anticipare il loro ritorno da Bruxelles! Faranno sicuramente qualche gaffe. Papi di sicuro. Vabbé, pazienza, il S-S.G. vedrà che sono un self-made man. E poi ci sarà Ariane, in compenso. Coraggio, al lavoro!»
Con mano stracca, attirò a sé il memorandum britannico, lo respinse. No, decisamente, non aveva l’animo di mettersi a quella rogna, stamattina. Niente da fare, ostacolo di forza maggiore. E poi erano quasi le undici meno venti. Troppo tardi per abbordare un lavoro di quella mole. Avrebbe recuperato nel pomeriggio. D’ora in avanti però, vecchio mio, arrivare in orario al mattino, mai più tardi delle nove e un quarto. D’accordo, approvato. E se per ragioni imperative, eccezionalmente, in ritardo, lasciare cappello, bastone e cartella in macchina. Così, doppiato il capo della porta d’ingresso, funzionario impeccabile. Parimenti approvato. Adesso andare a far quattro passi nel corridoio per trovare un’ispirazione di lavoro leggero, una bagattella in armonia col suo stato d’animo. D’altronde, aveva forse bisogno di andare alle toilettes. Si sarebbe poi visto sul posto. Uscì dunque e camminò con passo lento e sguardo malinconico, giacché soffriva sinceramente di non lavorare, era angustiato dal memorandum britannico che aspettava sulla scrivania, inesorabile e voluminoso.
Alle toilettes, frequentatissime come sempre, si ritrovò accanto a Johnson, il direttore della sezione economica, il quale lo salutò con un cordiale “buongiorno”. Una dolce parità regnava in quel luogo di relax ove gli alti papaveri, stazionando dinanzi alle acque perenni, sorridevano amichevolmente ai loro subalterni, d’improvviso loro pari e compagni. Da quel consesso semicircolare di celebranti, tutti in piedi e solenni nei vespasiani, in comunione raccolti e talora meccanicamente trafitti da un brivido di evacuazione, si sprigionava un’atmosfera di complicità e di concordia, un unisono d’anime vibrava, di convento virile, di fratellanza segreta. Adrien ne riemerse rinvigorito, risoluto a darsi da fare.
«E adesso il dossier Camerun!» annunciò di ritorno in ufficio. Seduto al tavolo, declamò che il lavoro era la santa legge del mondo, quindi spalancò il fascicolo con energia. Mani incollate alle orecchie, si concentrò. Come esordire? “Ho l’onore di accusare ricevuta” eccetera eccetera oppure “Vi ringrazio sentitamente” eccetera eccetera? Per trovare la nota giusta, chiuse gli occhi. Ma furono battuti due colpi e Le Gandec entrò, in occhi tristi e lavallière al collo. Desideroso di piacere e atteggiandosi a faceto, salutò militarmente.
«Le undici, generale, l’ora è solenne» annunciò, e pronunciando l’ultima parola storse le labbra per fare il buffone. «Si va a prendere un caffettino?»
«Ottima idea» disse Adrien richiudendo di colpo il dossier e alzandosi. «Andiamo a rifocillarci con un caffettano sostentatorio!»
Come tutte le mattine alla stessa ora, marciarono con passo marziale verso la ricreazione. Erano entrambi felici. Le Gandec, perché si faceva vedere in compagnia di un futuro A, Adrien perché si sentiva deliziosamente superiore quand’era con Le Gandec, semplice membro di sezione ausiliare. La presenza di quel povero diavolo lo eccitava, faceva di lui un gentiluomo di fascino, spiritoso, impertinente, spesso si compiaceva di fingere disattenzione per umiliare l’umile gregario e costringerlo a ripetere le sue domande. Egli infliggeva così al buon Le Gandec le mortificazioni che lui stesso subiva da Huxley, gran specialista in sordità insolente.
Alla cafeteria, presero posto al tavolo di due graziose segretaria della sezione. Stimolato dalla loro presenza, Adrien ordinò, con occhio lucente: «Un espresso ben forte, per favore, per accrescere il mio potenziale cerebrale», poi azzeccò un doppio calembour, e citò Orazio per fare da contrappeso. Sentendosi ammirato, stuzzicò le due subalterne, ridacchianti e lusingate, fece l’impertinente e il dongiovanni, bevve un sorso alla tazza d’una di esse, per indovinarne i pensieri, morse la brioche dell’altra, con accenno di flirt. Per farla breve, brillò, gonfio della deferenza dei tre, galleggiando nella voluttà di essere importante. Tutto ringalluzzito, alle undici e venti, dopo aver insistito per offrire le consumazioni delle signorine, si alzò bruscamente, principe del quartetto, e diede il segnale di partenza.
«O lavoro, santa legge del mondo, il tuo mistero sta per compirsi» declamò sorridendo alle due segretarie.
Seduto davanti alla scrivania, gonfiò le gote, si divertì a fare dei venti infantili con le labbra. Quindi, posò la fronte sul sottomano e fece oscillare la testa da una parte e dall’altra, mugolando una triste melodia. Piegò poi il braccio sul tavolo, vi adagiò la guancia sinistra, chiuse gli occhi e fantasticò sottovoce, interrompendosi di tanto in tanto per pescare un cioccolatino, con la testa sempre coricata di lato.
«Si è comportata bene alla cena Heller Petresco, balle che Vévé era già impegnato, non digerisce la mia promozione, me ne frego c’è stata la pacca, Kanakis invece era sincero che non poteva, peccato che i Rasset non siano venuti perché gli era morta una zia, vero anche questo ho visto l’annuncio funebre, ha scelto un bel momento per schiattare quella, come senso dell’opportunità te la raccomando, imparare il bridge d’urgenza perché allora si possono invitare persone altolocate, signor direttore facciamo un piccolo bridge domenica pomeriggio, vuol essere dei nostri, e il gioco è fatto, dopo di che tocca a loro invitarci, il bridge è l’ideale, non occorre far tutto il tempo conversazione, ma crea intimità rapporti personali e poi ambiente raffinato elegante, lei non è sempre trattabile in quei momenti, la scena quando le ho detto che volevo telefonare a Dietsch che gli avremo fatto a quel tipo che non si fa più vedere, peccato conosce un sacco di gente e poi dà importanza ricevere un direttore d’orchestra lei lo avrà offeso; fare due schedari alfabetici delle cose da portare in viaggio, schedario A oggetti da mettere in valigia, schedario B oggetti già messi, su ogni scheda scrivere l’oggetto da portare con abbreviazioni indicanti il relativo bagaglio, fermaglio rosso per le cose indispensabili da portare con sé anche in un viaggio breve, fermaglio nero per gli oggetti utili solo in caso di viaggio lungo, così il giorno della partenza ogni volta che metto un oggetto nel bagaglio appropriato estraggo dallo schedario A la scheda dell’oggetto in questione e la trasferisco nello schedario B ciò consente un controllo, mi ci metterò questo pomeriggio, chiederò due schedari metallici, e poi un corpo da dea vecchio mio posso vederla nuda quando voglio e ne vale la pena ti prego di crederlo, consigliere ha tutt’altro aspetto che membro A, gli uffici dei consiglieri hanno due finestre, con due finestre ci si sente qualcuno, sì non muffire A, consigliere e presto.»
Risollevò la testa, gettò sguardi vaghi, sgranocchiò un biscotto per scacciare l’idea improvvisa della propria morte, consultò l’orologio. Undici e cinquanta. Quaranta minuti da ammazzare. Scendere in infermeria a farsi misurare la pressione? No, meglio un giretto ai passi perduti. Era la Sesta che si riuniva oggi, una commissione molto politica, un sacco di gente importante.
«Vieni, bello, si va a far conoscenze.»

11

Nella sala dei passi perduti, diplomatici e ministri circolavano discutendo con aria grave, l’occhio clinico, persuasi dell’importanza dei loro fugaci affari di formicai tosto spariti, persuasi altresì della propria importanza, intenti a scambiarsi profondi inutili avvisi, comicamente solenni e imponenti, dalle loro emorroidi accompagnati, sorridenti a momenti e amabili. Graziosamente istruiti dai rapporti di forza, sorrisi posticci, cordialità e pieghe crudeli agli angoli della bocca, ambizioni di nobiltà ammantate, calcoli e manovre, piaggerie e diffidenze, complicità e trame di quegli agonizzanti di domani.
Il primo delegato di Svezia s’inchinava tristemente, alta gru meccanica, davanti a lady Cheyne che immaterialmente sorbiva una tazza di tè, poi snodava con grazia ridicola le sue lunghe braccia elastiche e ocra. Grandi orecchie elegantemente degenerate, sorridente e freddoloso, spalle ricurve, lungo avvoltoio ingobbito e attore romantico dall’alto colletto, lord Robert Cecil spiegava un eccezionale colpo di golf a un piccolo presidente del Consiglio francese, radicale e panciuto, che non capiva un’acca ma apprezzava elettoralmente. Il giovane marchese di Chester irradiava sorrisi di timidezza beneducata e balbettava pudicamente suggerimenti discreti, “if I may say so”, a Benès, che per essere amabile e non compromettere il prestito mostrava denti troppo regolari. Alto cavallo svettante, Fridtjof Nansen approvava l’inviato speciale del Times scuotendo con vigore la testa per compensare la disattenzione. Lady Cheyne distribuiva equamente cortesie graduate secondo l’importanza dell’interlocutore, sorrideva tra le due rughe della ricchezza insolente, dalle narici agli angoli della bocca. Gli inferiori ascoltavano i superiori con affascinata avidità. Tossicoloso e barbettuto, un ministro degli Affari esteri ripeteva che era “inammiffibile” e che il suo governo non “confentirebbe” mai. D’oro inturbantato, mani di cenere e occhi sanguinolenti, un rajah si perdeva nei suoi sogni. Mosca cocchiera di carrozzone internazionale, una giornalista americana intervistava un ministro degli Affari esteri il quale le confidava che quell’anno sarebbe stato cruciale e avrebbe segnato una svolta nella politica internazionale. Obesa baiadera dagli occhiali di spessa tartaruga, altisonante di braccialetti e cammei, poetessa e trent’anni addietro iniziatrice d’un giovane re timido, la delegata bulgara esalava profumi nauseabondi, citava il supplemento d’anima di Bergson, poi insisteva, mammelle rotanti, presso il delegato greco tenuto per un bottone della giacca onde convincerlo meglio. Naso spellato dal sole, la bella segretaria del segretario generale lasciava sul suo cammino vaghi sentori di pero in fiore. Giovani lupi poliglotti e setosi ridevano arditamente. Igienica e saponata, l’occhialino appeso alla blouse, la delegata di Danimarca ascoltava, vergine e morale, un primo ministro che rispondeva tardivamente a dei saluti affrettati, poi diceva che quell’anno sarebbe stato cruciale e avrebbe segnato una svolta nella politica internazionale, ciò che in via sussidiaria annotava un giornalista in agguato. Il segretario generale aggiunto chiudeva un occhio e gonfiava le gote per meglio afferrare il senso celato delle frasi garbate di Titulesco, imberbe guardiano di harem. Sforzandosi al tono cameratesco, Benedetti, il direttore della sezione informativa, ripeteva le sue istruzioni al suo addetto monco mentre da lungi la gelosa segretaria sorvegliava quest’ultimo da cui aspettava il matrimonio da anni. Pressoché bianco, il delegato di Haiti vagabondava solo soletto tristemente cardandosi la lana dei capelli. Fauno di periferia, Albert Thomas faceva guizzare la lingua scarlatta tra la boscaglia della barba da pope dove gli occhiali scintillavano di malizia. La delegata bulgara andava e veniva, appassionatamente tintinnante, lasciando dietro al suo formidabile sedere una persistente scia di chypre, e a un tratto si slanciava verso Anna de Noailles, apparsa e morente, l’abbracciava ruggendo. Un ministro lussemburghese, non riuscendo a capacitarsi d’essere preso sul serio, delibava profondamente, la mano attorno all’orecchio, le osservazioni del delegato tedesco, al quale un tic faceva scoprire gli spaventosi canini. Due nemici passeggiavano a braccetto palpandosi reciprocamente i bicipiti. Condor tubercolotico, il ministro degli Affari esteri polacco riceveva rabbiosamente le congratul...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Occhiello
  3. Dedica
  4. Frontespizio
  5. Parte Prima
  6. Parte Seconda
  7. Parte Terza
  8. Parte Quarta
  9. Parte Quinta
  10. Parte Sesta
  11. Parte Settima
  12. Note
  13. Indice