L’attrice
Prologo
ANNA
Mi chiamo Anna. Se qualcuno mi chiede cosa faccio nella vita, di solito rispondo con tono vago: «Faccio teatro». Quando l’altra persona però insiste, «Ma esattamente cosa in teatro?», rispondo mio malgrado: «Faccio l’attrice». A quel punto avverto su di me lo sguardo curioso dell’interlocutore e mi pento di non aver risposto «la costumista» oppure «l’attrezzista».
«Ah, allora sei un’attrice?» dicono sorpresi, continuando a scrutarmi.
«Be’, sì» rispondo con un sorrisetto impacciato, cercando di minimizzare. «Faccio l’attrice.»
Non dico mai «Sono» ma solo «Faccio».
Questo perché non mi sono mai sentita una vera attrice.
Una vera attrice è sicura di sé, felice di esibirsi, ansiosa di successo e di applausi. Ne conosco tante così, ma io non sono per niente simile a loro. Non amo neanche un po’ essere osservata, sul palcoscenico faccio sforzi enormi per controllare il panico, al punto che spesso temo di non riuscire a dire le mie battute e alla fine, quando il pubblico applaude, non vedo l’ora di scappare in camerino, esausta. Sera dopo sera, spero che il panico svanisca, e spero di trovare un ruolo che mi appassioni.
La vita dell’attrice, però, mi piace. Mi piace alzarmi tardi, fare lunghi viaggi in macchina o in treno, dormire negli alberghi, vagabondare per città sconosciute, avere un sacco di tempo libero. Sognare di essere qualcun altro, o forse sognare di “essere” un’attrice. Sì, rispetto agli altri lavori, questo è il più adatto a me.
Alcuni mesi all’anno vado in giro per lavoro, ma spesso sto a casa senza fare granché. Vivo da sola, in un piccolo appartamento. Vado a letto con molti uomini. Nuda, sotto lo sguardo dell’amante di turno, dopo aver fatto sesso con lui, non ho mai provato disagio; sento, al contrario, di poter esprimere tutta la mia parte creativa, quella che non riesco a tirar fuori sul palcoscenico. Gli uomini mi ripetono di continuo quanto sono brava e come si trovano a loro agio con me.
Si tratta sempre di storie di breve durata. Ma questo non è un problema. Chi ha detto che un atto unico debba essere peggiore di una commedia in cinque atti? Quello che mi affascina è che tutte le storie sono diverse. E così anch’io posso recitare una parte nuova, sconosciuta fino a un attimo prima. Sono i miei momenti magici, quelli in cui mi sento protagonista. Sono io che dirigo me stessa, io che scrivo il copione; loro, gli uomini, non lo sanno, ma sono il mio pubblico.
Non mi è mai capitato di essere delusa o scontenta di un incontro. Mi guardo continuamente intorno per scovare nuove prede, con una frenesia che non è solo fisica, ma mentale. Ho provato a reprimermi, ma finisce che sto male.
Con alcuni capisco che succederà subito, la sera stessa; con altri, dopo averli provocati, mi sottraggo all’improvviso per incuriosirli di più, esco con loro magari un po’ di volte senza voler fare sesso, sicura di riuscire a intuire qual è il momento giusto, quello che ci renderà entrambi più felici e appagati.
Dopo pochi incontri, a volte senza dare spiegazioni, sparisco, o lascio che loro spariscano. Per ricordarli come si ricorda un film o una commedia, come rapidi flash. Mi resta il suono di una voce sensuale, profonda, la sorpresa del primo contatto, una frase particolare che mi è stata detta: «Sei una via di mezzo fra una Madonna e una puttana». Di uno mi è rimasto impresso il profumo. Ne ho comprata subito una boccetta per poterla annusare ogni tanto. Di altri ricordo il modo o i luoghi strani in cui l’abbiamo fatto.
Ci sono anche ricordi fastidiosi. Quello che ripiegava con cura meticolosa i suoi vestiti sulla sedia, mentre io attendevo nel letto impaziente (che pignolo!). Quello che mi svegliava al mattino prestissimo, quand’ero ancora addormentata, per dirmi che aveva voglia di scopare (che mancanza di stile!). Quello che mi parlava della sua ex moglie (che noioso!). Quello che nella foga mi ha rotto una costola (che sbadato!).
E ricordi buffi. Una volta, dopo un amplesso piuttosto movimentato, il mio partner e io ci siamo accorti che l’armadio di fronte al letto aveva le ante e i cassetti aperti. Sulle prime abbiamo pensato che nella stanza fosse entrato un ladro. Ma era assurdo. Poi lui ha detto che aveva sentito il letto muoversi in modo strano. E anch’io avevo avuto la stessa sensazione. In breve abbiamo scoperto che c’era stata una scossa di terremoto, ma nel vortice appassionato dei nostri movimenti non ce n’eravamo neanche accorti.
La scelta del partner può avvenire anche per motivi bizzarri. Di uno mi era piaciuta la casa. Una casa stupenda con un pavimento bianco e un terrazzo grandissimo che dava sul Gianicolo. Dopo una notte di sesso, in cui mi aveva mostrato la sua collezione di oggetti erotici da fare invidia a un sexy shop, la mattina mi sono svegliata presto, mentre lui dormiva, e mi sono aggirata per casa facendo finta che fosse mia. Ho preparato la colazione nella bellissima cucina che una domestica puliva ogni giorno e ho innaffiato le piante del terrazzo con la pompa. Poi me ne sono andata per non metterci più piede. Di un altro, invece, mi è piaciuta l’automobile. Era molto grande, di lusso. Quando al nostro primo appuntamento mi è venuto a prendere a casa, nel mio vicolo la macchina passava a stento. Le donne hanno dovuto togliere le sedie di paglia su cui sedevano e rifugiarsi nei portoni. Ci guardavano tutti. Quella sera ho voluto fare l’amore in auto, i sedili profumavano di nuovo.
Di solito preferisco gli uomini giovani. Quelli al di sopra dei quarant’anni tendono a diventare paterni. A dare consigli non richiesti.
A volte immagino come sarebbe dividere la vita con qualcuno dei miei amanti. Soprattutto con quelli che fanno un mestiere normale. Allora penso che potrei abbandonare il teatro, mettere su famiglia, diventare una brava mogliettina, avere bambini; mi vedo alla cassa di un negozio a contare le banconote e portarle a casa, rispondere al telefono ai clienti di un avvocato o partecipare a una prima di teatro al fianco di un regista importante. Ma è una fantasia come un’altra.
Ho cominciato a chiedermi per quanto tempo ancora andrò avanti così. Guardando la mia immagine riflessa nelle vetrine dei negozi, noto ormai che non sembro più tanto giovane. E c’è una vocina che mi si insinua nella mente e mi dice di smetterla con tutti questi uomini, di trovarne uno che sia per sempre. Anche in teatro la mia vita è la stessa. La grande occasione non arriva e continuo a ripetere, sera dopo sera, battute che mi sembrano insulse.
ROBERTO
Il mio nome? Roberto. Sono un fotografo. Chi pensa che sia un mestiere affascinante è fuori strada. Fac...