Afrodite immortale dal trono variegato,
figlia di Zeus, tessitrice d’inganni, ti prego,
non prostrare, Signora, il mio cuore
con angosce e tormenti,

- 160 pagine
- Italian
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- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Antiche storie d'amore
Informazioni su questo libro
Nella notte dei tempi, in un'epoca di cui si sono perse le tracce, il mondo si popolò di dei, di mostri e di eroi, e prese vita una selva di miti che affondavano le loro radici nel terreno del sacro e della fede religiosa. A dominare, in questa sinfonia mitologica, è il tema dell'amore, fi lo rosso scelto da Anacleto Postiglione per raccontare, attraverso le parole dei più grandi scrittori dell'antichità , le ansie di Deianira, le angosce di Fedra e di Medea, la tragedia di Didone, la disperazione di Orfeo e molte altre antiche storie d'amore. A cura di Anacleto Postiglione
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Informazioni
Print ISBN
9788817005173eBook ISBN
9788858646489AD AFRODITE
SAFFO, 1. Come una premessa
ma vieni qui, se mai un’altra volta,
udendo da lontano la mia voce,
ascoltasti e lasciando la casa del padre
venisti, l’aureo
udendo da lontano la mia voce,
ascoltasti e lasciando la casa del padre
venisti, l’aureo
carro aggiogato. Leggiadri passeri
ti portavano rapidi sopra la terra nera,
fitte agitando le ali dal cielo
nel mezzo dell’aria.
ti portavano rapidi sopra la terra nera,
fitte agitando le ali dal cielo
nel mezzo dell’aria.
Subito giunsero. E tu, beata,
sorridendo nel volto immortale
mi chiedesti che cosa di nuovo mi faceva soffrire,
perché di nuovo ti chiamavo,
sorridendo nel volto immortale
mi chiedesti che cosa di nuovo mi faceva soffrire,
perché di nuovo ti chiamavo,
che cosa più di tutto volevo
nel folle mio cuore. «Chi devo persuadere
a tornare al tuo amore?1
Chi, Saffo, ti fa torto?
nel folle mio cuore. «Chi devo persuadere
a tornare al tuo amore?1
Chi, Saffo, ti fa torto?
Se lei fugge, presto ti inseguirà ,
se non accetta doni, presto te li darà ,
se non ama, presto ti amerà ,
anche se non vuole».
se non accetta doni, presto te li darà ,
se non ama, presto ti amerà ,
anche se non vuole».
Vieni a me anche ora e scioglimi dai tormentosi
affanni e quello che il mio cuore desidera
si compia, compilo e tu stessa
siimi alleata.
affanni e quello che il mio cuore desidera
si compia, compilo e tu stessa
siimi alleata.
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VARIAZIONI SUL TEMA
INNI OMERICI: V e VI ad Afrodite
LUCREZIO: De rerum natura I, 1-43
«PITTORE DI LIANDRO»: Afrodite, coppa (V sec. a.C.), Museo Archeologico, Firenze
1 Il testo è incerto.
L’AMORE DI UNA DEA E LE LACRIME DI UN EROE
OMERO, Odissea V, 43-158
Dopo dieci anni di guerra sotto le mura di Troia e infinite peregrinazioni sulla difficile via del ritorno, Odisseo, aggrappato alla chiglia della sua nave squarciata dai fulmini, giunge all’isola di Ogigia, dove la ninfa Calipso lo accoglie amorosamente, lo nutre di ambrosia e di nettare e gli promette un’eterna giovinezza. Alberi, fiori, fontane, uccelli dalle lunghe ali, la spelonca dell’amore ombreggiata da una giovane vite rigogliosa di grappoli… un paradiso nell’«ombelico del mare», che avrebbe appagato anche un dio.
Ma in quel luogo incantato fuori del mondo, senza lotte e senza eventi, nel quale è tenuto prigioniero dalla ninfa innamorata, Odisseo è roso dall’insoddisfazione, dalla nostalgia della sua terra, dal desiderio di rivedere dopo tanto tempo il vecchio padre, la moglie e il figlio. Seduto malinconicamente sulla riva, guarda il mare e piange. Non basta a riempire il suo cuore l’amore della bellissima dea, che gli offre l’immortalità . E quando il messaggero degli dèi porta a Calipso l’ordine di lasciarlo partire, l’eroe, che tanto ha osato e sofferto, alza la vela sulla zattera che si è costruito e sfida, ancora una volta, le tempeste, optando per la condizione umana con tutto ciò che essa comporta.
Così disse Zeus e non disobbedì il messaggero Argifonte.1 Subito si legò ai piedi i bei sandali d’oro, fatati, che lo portavano per il mare e la terra infinita sulle ali del vento. Prese la verga con la quale, quando vuole, incanta e assopisce gli occhi degli uomini, altri invece sveglia dal sonno. Tenendola in mano, volava il forte Argifonte.
Dopo essere passato sulla Pieria, dal cielo piombò sul mare e si avventò sulle onde, come il gabbiano che nei paurosi gorghi del mare infecondo, dando la caccia ai pesci, bagna le folte ali nell’acqua salata. Simile a questo, avanzava Ermes sulla vasta distesa dei flutti.
Ma quando giunse a quell’isola remota, allora uscito dal mare violaceo andava sulla terra, finché non arrivò alla grande spelonca nella quale abitava la ninfa dai riccioli belli. La trovò che stava dentro. Sul focolare ardeva un gran fuoco e lontano per l’isola si diffondeva un profumo di tenero cedro e di oleandro che bruciavano. Lei dentro, cantando con la sua bella voce, intenta al telaio tesseva con una spola d’oro.
Intorno alla spelonca cresceva una rigogliosa selva di ontani, pioppi e odorosi cipressi. Qui facevano i loro nidi uccelli dalle lunghe ali: gufi, sparvieri e cornacchie ciarliere alle quali piace vivere sul mare. Tutto intorno alla grotta profonda si distendeva una giovane vite, piena di grappoli. Quattro fontane in fila, vicine tra loro, ma orientate in direzioni diverse, versavano acqua limpida. Nei pressi su morbidi prati fiorivano la viola e il prezzemolo.
Venendo qui, anche un dio sarebbe rimasto incantato e avrebbe gioito nel suo cuore. Si fermò stupito il messaggero Argifonte. Quando ebbe tutto guardato a suo piacere, subito entrò nella vasta spelonca. Non appena lo vide Calipso, la splendida dea, non tardò a riconoscerlo, perché gli dèi immortali non sono ignoti l’uno all’altro, anche se qualcuno abita lontano.
Dentro però non trovò il magnanimo Odisseo: seduto, come al solito, sulla spiaggia piangeva, straziandosi il cuore con lacrime, gemiti e affanni: guardava il mare infecondo e piangeva. Calipso, la splendida dea, fatto sedere Ermes su un magnifico sgabello dai vivi colori, gli chiese: «Perché mai sei venuto, Ermes dalla verga d’oro, onorato e caro? In passato non venivi qui spesso. Dì quello che hai in mente, perché il cuore mi spinge a farlo, se posso farlo e se deve essere fatto. Ma prima seguimi, perché ti offra doni ospitali».
Quando ebbe così parlato, la dea gli pose innanzi una tavola colma di ambrosia e gli versò rosso nettare. Bevve e mangiò il messaggero Argifonte. Dopo essersi ristorato col cibo, allora le rispose con queste parole: «Tu dea chiedi a me dio perché sono venuto. Dal momento che me lo chiedi, te lo dirò francamente. Zeus mi ha ordinato di venire qui contro la mia volontà . Chi vorrebbe attraversare una così immensa distesa di mare? Non c’è neppure vicina qualche città di uomini che offrono sacrifici agli dèi e scelte ecatombi. Ma purtroppo a un altro dio non è lecito trascurare o eludere il volere di Zeus armato di egida.
«Egli dice che qui da te c’è un uomo, il più infelice tra quanti combatterono intorno alla rocca di Priamo per nove anni; nel decimo, distrutta la città , tornavano a casa, ma durante il ritorno offesero Atena, che scatenò contro di loro venti funesti e lunghe onde. Allora tutti gli altri valorosi compagni perirono, lui invece venti e flutti spinsero qui. Costui Zeus ti ordina di farlo partire al più presto, perché non è destinato a morire qui lontano dai suoi, ma è destino che egli riveda i suoi cari e ritorni alla casa dall’alto tetto e alla terra dei padri».
Così disse. Rabbrividì Calipso, la splendida dea, e rispondendo gli rivolse parole alate: «Crudeli siete, dèi, e oltremodo invidiosi degli altri, voi che vedete di malocchio che noi dee ci corichiamo apertamente accanto ad un uomo, se qualcuna si procuri un caro sposo. Così quando Aurora dalle rosee dita si scelse Orione, voi dèi, che pure conducete una vita felice, vi adiraste con lei, finché a Ortigia la casta Artemide dal trono d’oro l’uccise colpendolo con i suoi miti dardi. Così pure, quando Demetra dalle belle trecce, cedendo al suo desiderio, si unì in amore con Iasione in un campo arato tre volte, ben presto venne a saperlo Zeus, che l’uccise col fulmine fiammeggiante.
«Così anche con me ora vi adirate, o dèi, perché mi sta accanto un uomo. Ma io lo salvai. Era solo, aggrappato alla chiglia, perché Zeus col fulmine fiammeggiante aveva colpito e spezzato la sua nave veloce in mezzo al mare colore del vino.
«Allora tutti gli altri valorosi compagni perirono; lui invece venti e flutti spinsero qui. Io l’ho accolto e nutrito e gli dicevo che lo avrei reso immortale e immune dalla vecchiaia per sempre. Ma poiché a un altro dio non è lecito trascurare o eludere il volere di Zeus armato di egida, vada pure, se quello lo spinge e così comanda, sul mare infecondo. Io certo non potrò dargli una scorta, perché non ho né navi né rematori che lo portino sulla vasta distesa del mare. Ma volentieri gli darò suggerimenti e non gli nasconderò nulla, affinché possa giungere illeso alla terra dei padri».
A lei rispose il messaggero Argifonte: «Dunque lascialo andare e temi l’ira di Zeus, che non abbia a sdegnarsi con te in futuro».
Così detto, il forte Argifonte partì. E la potente ninfa, sentiti gli ordini di Zeus, andò a cercare il magnanimo Odisseo. Lo trovò seduto sulla spiaggia: i suoi occhi non erano mai asciutti di lacrime, consumava il dolce tempo della vita sospirando il ritorno, da quando la ninfa non gli piaceva più. Certo la notte dormiva, anche per forza, nella profonda spelonca, non volendo accanto a lei che voleva; ma di giorno se ne stava seduto sulla scogliera, straziandosi il cuore con lacrime, gemiti e affanni, e tendeva lo sguardo sul mare infecondo.
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VARIAZIONI SUL TEMA
OVIDIO: L’arte di amare II, 183-215
DANTE: Inferno XXVI, 64-142
G. D’ANNUNZIO: L’incontro di Ulisse, dal I libro delle «Laudi» (1903)
G. PASCOLI: L’ultimo viaggio, dai «Poemi conviviali» (1904)
J. JOYCE: Ulisse (1922)
U. SABA: Ulisse, da «Mediterranee» (1944)
C. PAVESE: L’isola, dai «Dialoghi con Leucò» (1947)
«PITTORE DELLE SIRENE»: Ulisse e le sirene, stamno (intorno al 480 a.C.), British Museum, Londra
1 Epiteto di Ermes, di incerta etimologia.
POTENZA DI EROS
SOFOCLE, Antigone 781-806
In questo coro dell’Antigone è esaltata la forza dell’amore al quale nessuno può sfuggire, né gli uomini né gli dei.
Eros, invincibile nella lotta,
Eros che ti avventi sulle tue prede,
che dormi la notte su morbide guance di fanciulla:
nessuno può sfuggirti né degli dei immortali
né degli uomini che vivono un giorno.
Chiunque tu possiedi impazzisce.
Tu anche chi è giusto rendi ingiusto e lo porti a rovina.
Questa contesa tra consanguinei è opera tua.
Trionfa lo splendore degli occhi della vergine desiderata,
la sua bellezza è più potente di ogni cosa.
Questo gioco invincibile lo conduce la divina Afrodite.
Ora io stesso mi sento trascinato lontano dalle leggi e
non riesco a frenare le lacrime.
Vedo Antigone avviarsi ad altro talamo,
al freddo letto dove dormiremo per sempre.1
Eros che ti avventi sulle tue prede,
che dormi la notte su morbide guance di fanciulla:
nessuno può sfuggirti né degli dei immortali
né degli uomini che vivono un giorno.
Chiunque tu possiedi impazzisce.
Tu anche chi è giusto rendi ingiusto e lo porti a rovina.
Questa contesa tra consanguinei è opera tua.
Trionfa lo splendore degli occhi della vergine desiderata,
la sua bellezza è più potente di ogni cosa.
Questo gioco invincibile lo conduce la divina Afrodite.
Ora io stesso mi sento trascinato lontano dalle leggi e
non riesco a frenare le lacrime.
Vedo Antigone avviarsi ad altro talamo,
al freddo letto dove dormiremo per sempre.1
1 Nella seconda parte del dramma è sviluppato il contrasto tra la speranza delle nozze e la realtà della morte. «Antigone non è un’eroina di dimensioni sovrumane, è una come noi, con gli stessi desideri e con le stesse speranze, ma ha il coraggio di seguire contro tutti la grande legge divina» (A. Lesky).
AMORE E MORTE
SOFOCLE, Antigone 1183-1241
L’Antigone fu rappresentata nel 442 a. C. L’uomo – come dice Sofocle – è un essere prodigioso: si spinge al di là del grigio mare tra i venti tempestosi, affatica di anno in anno la terra con l’aratro, cattura gli uccelli del cielo e i pesci negli abissi del mare. Ha inventato la parola e ha scoperto la civiltà . Audace si protende verso il futuro, ma non può sottrarsi alla morte e al rischio di volgersi al male.
Polinice ha provocato la spedizione dei Sette contro la sua patria, Tebe, ed è caduto da traditore sotto le sue mura. Creonte, che ha assunto il potere, ordina che il suo cadavere resti insepolto, violando le leggi umane e divine. Antigone, che è nata per amare e non per odiare, copre con uno strato di polvere il fratello morto. Arrestata, difende la sua scelta in nome della legge di natura (physis) che nessuna legge positiva (nomos) può cancellare. Appena Creonte ha pronunciato la sentenza di morte contro Antigone, egli stesso comincia a precipitare. Emone, suo figlio e fidanzato di Antigone, è il primo che lo respinge. Maledetto da Tiresia, Creonte vuole salvare il salvabile, ma gli dei non accettano il suo desiderio di espiazione. Antigone si impicca ed Emone si uccide sul suo cadavere. Quando Euridice, la moglie di Creonte, apprende l’accaduto, entra in silenzio nella reggia per darsi la morte.
Euridice – Cittadini tutti, ho sentito i vostri discorsi mentre mi avviavo all’uscita per recarmi a pregare la dea Pallade. Apro la porta e u...
Indice dei contenuti
- Antiche storie d'amore
- Copyright
- Prefazione
- Nota Bibliografica
- Ad Afrodite (Saffo, 1). Come Una Premessa
- L’amore di Una Dea e Le Lacrime di Un Eroe (Omero, Odissea V, 43-158)
- Potenza di Eros (Sofocle, Antigone 781-806)
- Amore e Morte (Sofocle, Antigone 1183-1241)
- Le Ansie di Deianira (Sofocle, Trachinie 531-587)
- Il Sacrificio di Alcesti (Euripide, Alcesti 280-368)
- Il Delirio di Fedra (Euripide, Ippolito 198-249)
- L’innamoramento di Medea (Apollonio Rodio, Argonautiche III, Passim)
- Odio e Amore (Seneca, Medea 625-951; 995-1027)
- Una Scabrosa Confessione d'amore (Seneca, Fedra 589-671)
- Il Lamento di Arianna (Catullo, Carmi 64, 52-163)
- La Disperazione di Orfeo (Virgilio, Georgiche IV, 453-527)
- La Tragedia di Didone (Virgilio, Eneide IV, Passim.)
- Quando L’amore Diventa Odio (Virgilio, Eneide VI, 450-476)
- Il Tradimento di Tarpea (Properzio, Elegie IV, 4, 19-38; 63-94)
- L’amore Oltre La Morte (Properzio, Elegie IV, 7, 1-34; 77-96)
- La Leggenda di Saffo (Ovidio, Eroidi 15, 1-50; 123-184)
- La Fuga di Dafne (Ovidio, Metamorfosi I, 490-507; 525-556)
- Eco e Narciso (Ovidio, Metamorfosi III, 359-431; 469-510)
- Piramo e Tisbe (Ovidio, Metamorfosi IV, 55-166)
- L’amore Tra Un Fiume e Una Sorgente (Ovidio, Metamorfosi V, 574-638)
- Il Sogno d'amore di Un Artista (Ovidio, Metamorfosi X, 244-297)
- CeÃce e Alcione (Ovidio, Metamorfosi XI, 674-748)
- Il Dramma di Sofonisba (Tito Livio, Storie XXX, 12 e 15)
- Naufragio e Morte Romantica (Petronio, Satyricon 114)
- La Matrona di Efeso (Petronio, Satyricon 111-112)
- Un’avventura d'amore Finita Male (Petronio, Satyricon 126-127)
- L’altalena di Fotide (Apuleio, Metamorfosi II, 7; 10; 16-17)
- Amore e Psiche (Apuleio, Metamorfosi IV, 28-29; 32; V, 3-6; 21-23)
- Il Rapimento di Proserpina (Claudiano, Il Rapimento di Proserpina II, 247-314; 361-366)
- Ero e Leandro (Museo, Ero e Leandro 232-343)
- Edizioni Critiche Adottate
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