Quick
eBook - ePub

Quick

Il caso del serial killer sbagliato

  1. 460 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Quick

Il caso del serial killer sbagliato

Informazioni su questo libro

Nel 1992, durante una seduta di psicoterapia nel manicomio criminale di Säter, in Svezia, Thomas Quick dichiara di aver ucciso un ragazzino di undici anni. Comincia così una confessione lunga un decennio: uno dopo l'altro, Quick si attribuisce infatti oltre trenta delitti bestiali, a sfondo sessuale, durante i quali avrebbe stuprato, torturato, fatto a pezzi e mangiato le sue vittime. Qualcosa però non torna: anche se il reo confesso è in possesso di particolari riservati e noti esclusivamente agli inquirenti, che solo il vero colpevole può conoscere, mancano le prove materiali, mancano i testimoni; soprattutto, il suo racconto è pieno di contraddizioni. Le perplessità sono molte e il caso non ha mai smesso di comparire sulle prime pagine dei quotidiani svedesi ed europei: perché qualcuno dovrebbe confessare dei crimini che non ha commesso? E perché dovrebbe continuare a farlo davanti a una giuria pronta a emettere una sentenza di condanna per omicidio? Ossessionato da questa storia, Hannes Råstam si immerge per anni nelle torbide acque del caso, ripercorrendo nel dettaglio il lungo filo delle indagini: vaglia ogni interrogatorio, ogni dichiarazione, rilegge centinaia di sentenze, studia le ricostruzioni della polizia, i registri, le cartelle cliniche. Perché un dubbio lo tormenta e lo riempie d'orrore: è possibile che procuratori, medici e avvocati abbiano trasformato un malato di mente in uno dei peggiori serial killer della storia criminale?

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Quick di Hannes Råstam, Giorgio Puleo in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2013
Print ISBN
9788817065917
eBook ISBN
9788858648247

Seconda parte

«Se tu stai dicendo che la polizia insieme a uno psicologo
ha manipolato i tribunali in modo tale da far condannare
un innocente, allora ti posso dire che non è mai successo
nella storia giudiziaria.
La persona che potrà dimostrarlo farà un gran bello scoop!»

Claes Borgström, avvocato difensore di Quick dal 1995 al 2000,
in un’intervista con l’autore (14 novembre 2008)





Una vita di menzogne

Ero sulla porta della sala visite in attesa che il sorvegliante mi facesse uscire. Ma prima Sture rispose alla mia domanda.
Nel materiale dell’indagine della polizia erano stati annotati i permessi concessi a Thomas Quick per andare a Stoccolma. Al ritorno da uno di questi, aveva fatto «un viaggio ipnotico in una macchina del tempo» ed era stato in grado di fornire particolari incredibili sull’omicidio di Thomas Blomgren a Växjö. O almeno così il suo psicoterapeuta aveva interpretato l’improvviso ritorno dei ricordi.
«Lascia che ti racconti una cosa» mi disse Sture, con fare trionfante. «Durante quei permessi andavo alla biblioteca di Stoccolma e leggevo gli articoli apparsi sui giornali su Thomas Blomgren. Proprio così, stavo seduto lì e facevo scorrere i microfilm. Annotavo tutte le informazioni importanti, portavo gli appunti a Säter, li studiavo e poi me ne sbarazzavo.»
Anche se avevo sospettato che fosse andata in questo modo, era agghiacciante sentire Sture descrivere quanto diabolicamente scaltro fosse stato. Ma perché si era dato tanta pena per ingannare la polizia?
Secondo Sture il suo scopo non era stato ingannare gli inquirenti. Si trattava soprattutto di essere credibile per il suo psicoterapeuta e cercare di risultare un paziente interessante.
«In maniera indiretta sono stato spinto a recarmi nella biblioteca da Kjell Persson» mi spiegò Sture. «La pressione che provavo per quello che si aspettavano da me durante la terapia era enorme. Rimanevamo seduti lì tre volte la settimana, per due ore. E io raccontavo, raccontavo, ma niente di ciò che dicevo risultava interessante: Kjell Persson e Göran Fransson volevano qualcosa di concreto da dare a Penttinen e a van der Kwast. Parlare di Thomas Blomberg non mi sembrò pericoloso, si trattava di un crimine caduto in prescrizione per cui non rischiavo di essere processato.»
Per quanto mi sforzassi di capire, era tutto troppo paradossale.
«Inoltre…» continuò Sture, fissandomi raggiante, «ho un alibi per l’omicidio di Thomas Blomgren. Un alibi inoppugnabile. Io e mia sorella gemella abbiamo fatto la cresima il weekend di Pasqua del 1964: una festa che è durata due giorni nella nostra casa a Falun!»
«Sei davvero sicuro di questo? Che si tratti della data e dell’anno corretti?» replicai.
«Certamente» rispose con enfasi. «E ho sempre temuto che lo scoprissero. I miei fratelli e sorelle lo sapevano! Non sarebbe stato così difficile controllare!»
A quel punto arrivò il sorvegliante per farmi uscire.
Una volta fuori dall’ospedale psichiatrico, mi resi conto di avere molte cose sulle quali riflettere: il fatto che Sture Bergwall avesse ritrattato le sue confessioni cambiava drasticamente il mio lavoro per il documentario.
La riluttanza di Sture a darmi accesso alle cartelle cliniche svanì presto. Nel giro di pochissimo tempo riuscii ad avere a disposizione tanto di quel materiale che mai avrei sperato: cartelle cliniche, schede dei farmaci, ma anche una grande quantità di altri documenti – diari, annotazioni private e vecchi verbali di interrogatori – che Sture aveva diligentemente conservato.
«La mia grande sicurezza deriva dal sapere che nel materiale non c’è nulla contro di me. Per la prima volta non ho niente da nascondere. Niente!»
«La verità ci renderà liberi» risposi in tono scherzoso.
Se la nuova versione di Sture era veritiera, il suo racconto non poteva che rappresentare per lui una vera e propria liberazione.
Dopo la sua totale metamorfosi, parlammo spesso delle conseguenze devastanti che si sarebbero potute verificare se mi avesse mentito. Dentro di me ero convinto che mi stesse dicendo la verità, ma sapevo di doverci andare cauto.
Agli occhi del mondo esterno Sture era un pazzoide, un uomo senza alcuna credibilità. Il fatto che adesso affermasse di essersi inventato tutto non avrebbe cambiato le cose.
Inoltre, le condanne inflitte a Thomas Quick si appoggiavano su prove addizionali. Sapevo che avrei dovuto riesaminare – e confutare – ogni singola prova e che, se non ci fossi riuscito, il suo racconto sarebbe crollato come un castello di carte.
Insieme alla ricercatrice Jenny Küttim dovevo dar vita a un documentario che sarebbe andato in onda in due puntate il 14 e il 21 dicembre 2008. Avevamo esattamente tre mesi di tempo a disposizione.
Ogni giorno c’erano nuove domande da rivolgere a Sture e non era possibile fare affidamento sul telefono del suo reparto. Così gli comprammo un cellulare.
Sture Bergwall non aveva i soldi per pagare l’assistenza giuridica di cui aveva bisogno, ma Thomas Olsson, l’avvocato che avevo avuto modo di conoscere durante il lavoro sul caso Ulf, accettò di occuparsene pro bono.
Jenny e io decidemmo di dedicarci a tempo pieno al controllo delle dichiarazioni di Sture e della colossale mole di documenti a cui avevamo avuto accesso.
La lettura fu un’esperienza sconvolgente: era chiaro che si trattava di uno scandalo sanitario senza precedenti.

Arriva il serial killer

Dopo la rapina fallita a Grycksbo nel 1990, Sture Bergwall fu sottoposto a perizia psichiatrica nella clinica giudiziaria di Huddinge. Nel suo rapporto di undici pagine, l’assistente sociale Anita Stersky riassumeva così il passato del suo paziente fino a quel momento: soprusi ai danni di giovani ragazzi alla fine degli anni ’60, la susseguente condanna a essere rinchiuso in un reparto di isolamento in una clinica psichiatrica, un ricovero nell’ospedale Sidsjö a Sundsvall, quindi il rilascio di un permesso in prova e gli studi in un istituto di istruzione superiore popolare a Jokkmokk.
«Ma poi le cose sono andate storte» scriveva la Stersky. «S.B. è entrato in contatto con omosessuali che abusavano di stupefacenti e alcol. A parte tutto, provava una certa affinità con il gruppo, cosa che gli infondeva un senso di appartenenza, anche se era di per sé negativa.»
Nel gennaio del 1973, Sture era stato mandato per la prima volta nella clinica a Säter quindi, dimesso in prova, aveva iniziato a studiare a Uppsala. Tutto sembrava procedere bene fino al marzo del 1974, quando aveva aggredito un omosessuale e lo aveva quasi ucciso a coltellate.
Le relazioni dei servizi di assistenza sociale elencavano frequenti permanenze in cliniche psichiatriche, diversi permessi in prova, «desiderio di morte» e tentativi di suicidio. Poi, però, nel 1977 era stato dimesso da Säter.
Nel suo rapporto finale Anita Stersky rilevava l’attrazione di Sture Bergwall per giovani ragazzi, ma sottolineava anche che il paziente aveva imparato che «non era permesso vivere seguendo le proprie inclinazioni». Una delle ragioni per cui veniva asserito che egli era in grado di controllare i suoi istinti era che aveva «smesso completamente di assumere sostanze stupefacenti e bere alcolici».
Seguiva una descrizione di tutti gli anni passati a Grycksbo: l’attività con il chiosco, la vita con Patrik, l’indennità per malattia ritirata, il fallimento, i problemi economici, il periodo come steward in una sala bingo e per finire il fiasco della rapina alla filiale della Götabanken.
Nella conclusione, l’assistente sociale Stersky scriveva:
Durante le nostre conversazioni, S.B. è stato spesso in preda all’angoscia, nervoso e alle volte scoppiava in lacrime. Quando affrontavamo argomenti particolarmente scabrosi, poteva avere attacchi quasi isterici durante i quali si strappava la barba e rimaneva poi seduto rigidamente con gli occhi chiusi per diversi minuti: allora era impossibile venire a contatto con lui […]. Secondo la mia opinione, S.B. soffre di serie turbe psichiche e necessita un ricovero in una clinica psichiatrica-giudiziaria per via della sua pericolosità.
Sture mi raccontò che in quel periodo era stato vittima di una grave depressione: «Facevo una bella vita a Grycksbo. Avevo molti amici e un lavoro come steward in una sala bingo a Falun. Le vecchiette mi volevano bene. Molte sceglievano di venire lì perché c’ero io. Vendevo le cartelle, mi prendevo cura di loro, portavo loro il caffè, scherzavamo insieme. Le facevo sentire a proprio agio. Mi trovavo bene ed era il lavoro perfetto per me. Con la rapina in banca ho perso tutto: parenti, amici, il lavoro».
«In gioventù, negli anni ’60 e ’70, ho commesso atti più gravi. Ma era passato tanto tempo da allora. Dopo la rapina non potevo neppure pensare di guardare i miei fratelli e sorelle negli occhi. Ero completamente solo e non avevo niente e nessuno da cui tornare.»
Durante la permanenza a Huddinge, Sture mi disse di aver imparato due cose: «Nella clinica psichiatrica di Huddinge ho capito che persino un serial killer temuto come Juha Valjakkala poteva far nascere sentimenti di ammirazione in alcuni gruppi del personale: era rimasto rinchiuso in un reparto speciale d’isolamento ed era costantemente sorvegliato, ma i suoi crimini esercitavano un fascino morboso».
Nel 1988, Juha Valjakkala aveva assassinato insieme alla sua compagna finlandese un’intera famiglia ad Åmsele, nella provincia di Västerbotten. Dopo che i due furono arrestati in Danimarca, Valjakkala fu sottoposto a un’accurata perizia psichiatrica nella clinica giudiziaria di Huddinge. Anche se era passato molto tempo da quando l’uomo aveva lasciato la clinica, il suo ricordo era ancora altamente presente nel reparto.
«Alcuni membri del personale mi parlavano continuamente di Juha e io divenni una valvola di sfogo per il loro bisogno di parlare di lui e dei suoi omicidi» continuò Sture. «Mi resi conto che uno può essere ammirato e amato anche se è un criminale odioso.»
Questa la prima cosa che aveva imparato. L’altra, mi spiegò, era la «forma di terapia psicodinamica» che era stata sviluppata nella clinica di Säter e della quale gli aveva parlato Anita Stersky.
La Volvo blu scura superò il Golf Club di Säter, imboccò la Jonshyttevägen e continuò lungo la strada che costeggiava la riva verde del lago Ljustern. I passeggeri dell’auto non avevano la benché minima idea che l’uomo seduto accanto a loro avrebbe acquisito una fama internazionale, superando Jack The Ripper, Ted Bundy e John Wayne Gary per numero di omicidi.
Era la primavera del 1991, cataste di canne e rami erano state raccolte per i tradizionali falò per celebrare la vigilia del 1° maggio, ma non erano ancora stati accesi e Thomas Quick si chiamava ancora Sture Bergwall. Non sapeva che per i decenni a venire, la storia della sua vita avrebbe impegnato psicologi, medici, ricercatori, giornalisti e un gran numero di rappresentanti del sistema giudiziario svedese. Non si immaginava assolutamente che famosi esperti internazionali avrebbero considerato il suo caso come unico al mondo e che avrebbero seguito il suo singolare destino con grande interesse.
Quando Sture Bergwall arrivò all’ospedale psichiatrico di Säter, il 29 aprile 1991, il concetto di «serial killer» era relativamente nuovo per il cittadino svedese comune. Un certo numero di casi negli Stati Uniti avevano spinto l’FBI a coniare il termine e ad adottare nuovi metodi, soprattutto il cosiddetto criminal profiling, per rintracciare gli autori dei crimini difficili da catturare. Verso la seconda metà degli anni ’80, il fenomeno era stato oggetto di estese ricerche fra i criminologi e i ricercatori di scienze comportamentali americani, e alcuni anni più tardi scrittori e sceneggiatori cinematografici avevano iniziato a sfruttare questa nuova figura.
Quella primavera, il nuovo antieroe della cultura popolare fece la sua entrata in scena in grande stile: Hannibal «The Cannibal» Lecter, il protagonista della trasposizione cinematografica del romanzo di Thomas Harris Il silenzio degli innocenti. Nel film, il brillante serial killer aiuta gli inquirenti della polizia, con infernali indizi criptici, a identificare «Buffalo Bill», che rapisce e uccide donne con l’intento di cucirsi un vestito con le loro pelli. Il dottor Lecter offre tessere del puzzle, psicologicamente ingegnose, sotto forma di anagrammi e domande personali rivolte all’agente dell’FBI, Clarice Starling, spesso attraverso riferimenti e citazioni di Marco Aurelio. Ma gli indizi del mordace cannibale sono talmente sofisticati ed enigmatici da essere difficilmente decifrabili.
Sture non poteva andare al cinema, ma di recente aveva iniziato a noleggiare cassette VHS, e al pari di molti altri svedesi aveva imparato come i serial killer agivano e come dare loro la caccia.
In seguito era stato pubblicato un altro romanzo di successo, American Psycho, in cui Patrik Bateman, un milionario serial killer sadico e spietato, uccide le sue vittime con studiata freddezza, usando trapani e pistole sparachiodi. Non appena la biblioteca della clinica di Säter acquistò il romanzo, Sture Bergwall lo prese in prestito e lo lesse.
«Patrik Bateman, il protagonista del romanzo, è estremamente intelligente, e credo che per me questo fosse molto importante. Era una sorta di conferma che anche una persona intelligente può essere un serial killer. Sia Il silenzio degli innocenti sia American Psycho raggiunsero un certo status quando le recensioni apparvero sulle pagine culturali del “Dagens Nyheter” e di “Aftonbladet”. Questo mi spinse a interessarmi ai serial killer» mi aveva detto Sture.
Poco dopo, quasi con inverosimile tempismo, i successi popolari-culturali erano stati confermati da eventi reali.
Una calda sera verso la fine di luglio del 1991, due agenti di polizia di Milwaukee, nel Wisconsin, stavano attraversando in auto un quartiere caldo della città quando notarono un afro-americano che stava correndo con un paio di manette intorno a un polso.
L’uomo si chiamava Tracy Edwards e raccon...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Prefazione
  6. Prima parte
  7. Seconda parte
  8. Terza parte
  9. Postfazione
  10. Cronologia