DIRETTO 136
Io penso sempre al macchinista del diretto 136, — mi scappò detto ad alta voce.
La banda stava leggendo e Margherita, seduta davanti al camino, si divertiva a seguire il gioco della fiamma.
— Bambini, attenzione, — ammonì Margherita, — il babbo sta per dare i numeri del lotto.
Mi pentii di aver pensato ad alta voce ma non me ne preoccupai troppo: la banda pareva non avesse inteso e Margherita non dava l’idea di voler insistere sull’argomento.
Trascorsero alcuni minuti di confortevole silenzio ed ecco la voce della Pasionaria:
— Chi sarebbe, questo macchinista?
— Quale macchinista? — domandai con indifferenza.
— Quello del diretto 136, — precisò Albertino.
— Non ci badate, — risposi. — È un macchinista come centomila altri.
— Se fosse un macchinista come centomila altri, — osservò Margherita, — non penseresti sempre a lui. Se tu pensi sempre a lui, significa che si tratta di un macchinista eccezionale.
— Cosa gli è successo? — domandò la Pasionaria.
— Niente! — esclamai. — Cosa volete che gli sia successo?
— Ho capito, — disse Margherita. — Ti è accaduto qualche incidente domenica, quando sei andato a Milano in treno anziché in macchina.
— Non mi è successo niente! Il macchinista del diretto 136 è una faccenda mia personale che ho dentro il cervello da un sacco d’anni. È il protagonista di una piccola storia che mi piacerebbe descrivere. Ecco tutto. Non può interessarvi.
— Dipende, — affermò la Pasionaria. — Se è una storia bella interessa sempre.
— È una storia stupida! — precisai. — Tanto stupida che non ho mai avuto il coraggio di scriverla.
— Giovannino, tu non puoi giudicare se sia una storia stupida o no, — esclamò Margherita. — I lettori devono giudicare. Magari a te non piace più perché sono anni che l’hai dentro il cervello e ti è venuta a noia. Comunque si fa presto: prova a dirla e si vede.
— Smettiamola, — gridai seccato, — a voi non interessa un fico secco quello che scrivo, figuriamoci se può interessarvi quello che non scrivo. Non racconto niente.
— Allora, — disse con voce assai poco cordiale la Pasionaria, — quando non si vuole raccontare un fatto, non se ne parla. Sarebbe come se ti facessi vedere una fetta di torta e poi la mangiassi me.
— Lascialo perdere, — l’ammonì Margherita. — Se la tenga la sua storia. Questa sera ve ne racconto io trenta di storie di macchinisti.
— A me piacerebbe sapere la storia di quel macchinista lì, — osservò cautamente Albertino.
Dovetti cedere.
— Sta bene: vi dirò la storia del macchinista del diretto 136. Per voi risulterà una storia senza nessun significato perché non è adatta a voi.
— Ci sono delle situazioni scabrose? — si preoccupò Margherita.
— Non ci sono mai situazioni scabrose nelle mie storie, — replicai indignato. — Non è adatta a voi perché può avere un significato soltanto per me.
La banda attendeva immobile e io incominciai a raccontare la storia:
Il macchinista del diretto 136, ogni volta che era di servizio, appunto, sul diretto 136, partiva col cuore pieno di agitazione. «Ci sarà anche questa volta?», pensava mentre il treno incominciava a muoversi. «Ci sarà anche stavolta come tutte le altre volte?».
Infatti, già da due anni, quando il diretto 136 arrivava alla curva numero 18, succedeva un certo fatto che dava sempre più da pensare al macchinista.
Alla curva 18, il diretto doveva rallentare e, quando la macchina passava a velocità ridotta davanti alla casetta bianca che sorgeva a una cinquantina di metri dal piede della scarpata, il macchinista poteva vedere, con tutta tranquillità, che le imposte della seconda finestra del primo piano si spalancavano e si affacciava una giovane donna che, sorridendo, agitava il braccio in segno di saluto.
Margherita saltò su:
— Si capisce subito che si tratta d’una storia stupida e immorale, — osservò. — Una storia che i bambini non devono ascoltare.
La Pasionaria si ribellò:
— Se ascoltiamo la radio e se vediamo la televisione, possiamo anche ascoltare la storia del babbo.
— Il fatto è che voi la radio, e soprattutto la televisione, dovreste sentirle e vederle soltanto quando trasmettono i programmi per i bambini! — esclamò Margherita.
— Non abbiamo colpa noi se i programmi per i bambini sono tanto stupidi che fanno schifo perfino ai grandi! — replicò la Pasionaria.
— Margherita, non esageriamo, — dissi. —Non mi pare che la televisione trasmetta cose scandalose!
— Qui non si tratta di scandali! Qui si tratta di argomenti che, pur presentati pulitamente, non sono adatti ai bambini. Le storie d’amore, per esempio, comunque esse siano, fanno solo male ai bambini. E tu, pur non dovendo sottostare alle particolari esigenze della radio e della televisione, invece di raccontare una storia pulita, adatta ai tuoi figli, tiri fuori una storia d’amore!
— La mia è una storia pulitissima, — protestai.
— A salutare dalla finestra un treno che passa è forse una porcheria? — aggiunse la Pasionaria.
— Ma che treno! — replicò Margherita. —La donna giovane e bella non salutava mica il treno, salutava il macchinista. Ci vuol poco a capirlo. Cosa diresti se io, tutte le volte che passa la corriera, mi affacciassi per salutare l’autista?
— Cosa c’entra? — borbottò la Pasionaria. — La ragazza del diretto era giovane e bella e poi non aveva marito.
— E come fai a saperlo? — gridò Margherita.
— Se avesse avuto marito, cosa vuoi che gli interessava del macchinista? — rispose la Pasionaria. — E poi bisogna sentire come si svolge il fatto.
Ripresi la narrazione.
Arrivato dunque il diretto alla curva 18, ogni volta, una donna giovane e bella si affacciava alla seconda finestra del primo piano della casetta e salutava agitando il braccio e sorridendo. Erano ormai due anni che la cosa si ripeteva puntualmente. E puntualmente il macchinista rispondeva al saluto agitando il berretto.
Il fatto era diventato quasi un incubo per il macchinista e, con l’andar del tempo, pensava alla ragazza della curva 18 anche quando non era in servizio.
Il macchinista non era felice. Era celibe, abitava presso una vecchia zia che gli voleva un bene dell’anima. Il macchinista non aveva quindi preoccupazioni di nessun genere e avrebbe potuto tirare avanti in completa tranquillità, se la monotonia della sua vita non gli fosse venuta a noia.
Unico diversivo, la ragazza alla curva 18. Ma fino a quando sarebbe stato un diversivo?
Il fatto si ripeteva già da due anni e minacciava quindi di diventare «regolare», addirittura «regolamentare», e, quindi, di trasformarsi anch’esso in una semplice parte della noia generale.
E, un giorno, qualcosa accadde veramente di nuovo alla curva 18: giunto alla curva 18, il diretto 136 rallentò come di consueto. Poi, con un improvviso stridore di freni, si arrestò.
Un uomo scivolò giù dalla locomotiva e si perdette rapidamente tra la sterpaglia di un boschetto che si levava vicino alla scarpata.
Accadde un putiferio perché l’uomo che era saltato giù dal treno era il macchinista. Il diretto rimase fermo qualche minuto e poi, quando il capotreno ebbe compiuta la necessaria indagine, il convoglio riprese la marcia guidato dall’aiutante macchinista.
Il treno scomparve e, allora, il macchinista uscì dal suo nascondiglio e guardò la casetta bianca.
La donna giovane e bella era rimasta alla finestra: aveva visto il macchinista saltar giù dalla locomotiva e correre a celarsi nel cespuglio.
Continuava a sorridere e il macchinista si avviò verso la casetta bianca.
Giunto sotto la finestrella si fermò e guardò su.
— Scusate se uno sconosciuto vi rivolge la parola, — disse il macchinista. — Ma io...
— Non siete uno sconosciuto, — rispose allegramente la fanciulla. — Io vi conosco ormai da due anni. Voi siete il macchinista del diretto 136.
Il macchinista allargò le braccia:
— Diciamo piuttosto che io ero il macchinista del diretto 136. Dopo quel che è successo poco fa, credo che non lo sarò mai più vita natural durante.
La ragazza diventò triste:
— Peccato, — sospirò. — Peccato davvero. Mi piaceva tanto il macchinista del diretto 136... Adesso che non ci siete più voi, il diretto 136 non passerà più
— No davvero. Passerà regolarmente, come sempre, con un altro macchinista al posto mio.
La ragazza batté le mani piena di gioia:
— Non vedo l’ora che arrivi domani per vedere come sarà...