GENNAIO 1944
SABATO 1° GENNAIO 1944. SOLE BRILLANTE
– GIORNATA SPLENDIDA – SALUTE BUONA: CAROTE 200, CARNE 40, MINESTRA OTTIMA, PANE 300, MARGARINA 25 – IN TEATRO PER L’ADDIO ALLA “SORA NINA”.
Alle 2 del mattino, gente continua a bisbigliare attorno alla stufa. Appare d’improvviso il vicecomandante tedesco del campo, maggiore Block, senza scorta. Si vede che neanche lui può dormire stanotte, e non essendo in giro per servizio non ha il dovere di mettersi a urlare se trova dei prigionieri ancora alzati a quest’ora; anzi, è gentile e augura buon anno. Poi si siede e trova modo di spiegare che la Germania vincerà la guerra. Ne è sicurissimo: qualche migliaio di teste basterebbe a sistemare qualsiasi incrinatura interna. E si potrebbe parlare di sconfitta soltanto quando fosse caduto l’ultimo uomo sull’ultima barricata di Berlino.
In fondo non male: sarà una faccenda un po’ lunga, ma definitiva.
In teatro con Massimi, Libotte, Schneider, il “barone” Benini, Liebman, Novello, Coppola: pasticcio maccheroni. Fuori la tormenta. Racconti attorno alla stufa. Noi in cerchio attorno alla stufa, in penombra: tutti quegli sgabelli vuoti nella grande sala. Noi non vediamo tutto il mondo che ci sta attorno.
Carlotta Guareschi: scrivo questo nome per crearmi una realtà fisica della sua esistenza.
DOMENICA 2 GENNAIO 1944. TEMPO UMIDO – SALUTE DISCRETA, CAVOLI CRUDI, MINESTRA DI PATATE, CECI, PANE 400, MARGARINA – LESSI SU «LA VOCE DELLA PATRIA»: «BARACCA 51», UN ARTICOLO DEL TEN. ALFIO COZZI – RACCONTO CORCIA DEL CAPITANO LAZZERONI DEL 17 SETTEMBRE ’43.
Fino a poco tempo fa «La Voce della Patria» aveva un’anonima direzione tedesca e si limitava a regalarci della divertente propaganda generica. Adesso c’è un direttore italiano, Guido Tonella, e cominciano gli insulti
ad personam. Ce l’hanno particolarmente con gli ufficiali che non vogliono aderire alla repubblica. Un certo Alfio Cozzi, per quanto «volontario dal giorno del tradimento», è stato costretto a vivere qualche ora nella Baracca 51 dello Stalag IV B, assieme a un gruppo di questi ufficiali, e descrive l’ambiente: premesso che «di rifiuti, là dentro, ce ne sono di tutte le razze», il Cozzi fissa i tipi principali e conclude: «Insomma, uomini non più uomini ma ridotti a numeri, spiriti atrofizzati, falsi eroi da strapazzo, pecorume informe dal volto ernioso che trascorrevano le ore giocando a carte, contando balle e attendendo di ventiquattro ore in ventiquattro ore l’ora di tendere la scodella per ricevere l’imbeccata della vergogna, quella che il vincitore offre ai traditori».
Dopo aver sentito un capitano di Vascello consigliargli «con parole drammatiche di non andare ad ammazzare i fratelli», il nostro volontario non ne può più, e assieme ad altri compagni di fede ricorre al comando tedesco che provvede a isolarli. Così si avviano «verso la nuova dimora separati per sempre, soprattutto nell’anima. Noi di qua, loro di là. In mezzo, un vuoto incolmabile di odio reciproco». E così termina il lungo articolo: «“Io” mi diceva un sottotenente volontario che non smentiva nel volto bruno e negli occhi la sua origine sarda “io li metterei tutti in galera, fra quattro mura!”.
«“Per quella razza di gente” gli risposi “quattro mura sono troppe: ne basta uno!”».
LUNEDÌ 3 GENNAIO 1944. PIOGGIA, FANGO – SALUTE DISCRETA – MINESTRA LIQUIDA, ZUCCHERO 175, PANE 300, MARGARINA 25, CAROTE CRUDE – 2a CARTOLINA DA CASA 16 NOVEMBRE ’43.
Il vento porta via i cartoni dai tetti. Pozzanghere attorno alla baracca e in esse specchiamo la nostra malinconia. Siamo abbandonati. Nessuno pensa a noi eccetto i nostri cari. «La Voce della Patria» riporta un articolo di Marco Ramperti pubblicato sulla «Stampa».
Depressione postnatalizia; stagione nera: se adesso facessero delle proposte, il novanta per cento accetterebbe. C’è già chi si esprime chiaramente in proposito. Le notizie arrivate da casa che parlano di tanti ufficiali liberi danno il colpo di grazia. Misera Italia! Poveri italiani! Dovete ancora soffrire molto per imparare a essere uomini!
Sono abili i tedeschi. Creano disagio in baracca per i nuovi arrivi.
In teatro alla sera. Piove dentro. Coppola suona la Canzone delle due rose. Che malinconia.
I quarantacinque nuovi giunti da Tarnopol hanno trasformato la baracca in un inferno. Vorrei lavorare al Libro dei vostri sogni per il teatrino. Ma come faccio.
Ho ricevuto la seconda cartolina da casa.
Mia madre, che ho lasciata in un letto ridotta a pelle e ossa, mi scrive che presto verrà a trovarmi a piedi! Se va avanti così, ti verrò incontro per la stessa strada.
Commissione in vista! Non si parla d’altro, ed è una cosa preoccupante. Il vitto peggiora di giorno in giorno, la Gestapo ha bloccato il mercato nero e non entra nel campo una briciola di pane; continuano a giungere lettere dall’Italia che parlano di ufficiali rimpatriati e ora liberi. Madri, mogli, sorelle implorano: «Ma perché tu non rientri? Pensa ai tuoi figli!».
Gli italiani sanno fare miracoli: nel Lager esistono degli apparecchi radio e gente sfida la Gestapo e sta in ascolto giorno e notte e capta tutto, ma è inutile: nessuno si ricorda di noi. Badoglio, il Re, gli Alleati? Nessuno si è accorto che quasi un milione di italiani è stato portato via dalla sua terra e ha preferito la deportazione al tradimento. Basterebbero poche parole: «Avete fatto il vostro dovere».
Aumenta il freddo, aumenta la sporcizia. La Croce Rossa Internazionale fa questioni di forma e si disinteressa di noi. La tubercolosi si annuncia nei visi pallidi e nelle schien...