La cricca
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La cricca

  1. 263 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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La cricca

Informazioni su questo libro

n Italia quando si nomina il conflitto d'interessi si pensa subito a Silvio Berlusconi, al suo strapotere televisivo e alle leggi ad personam, ma il Cavaliere è solo l'ultimo erede di un sistema consolidato che comprende tutti: politici, professionisti, manager, sportivi, giornalisti. I casi si sprecano: magistrati che si arricchiscono con gli arbitrati, rettori universitari che amministrano gli atenei come beni di famiglia, imprenditori finanziati da banche di cui sono azionisti, società di brokeraggio presiedute dai loro clienti, medici che diventano strumento per aumentare i profitti delle case farmaceutiche, deputati e senatori che piegano con destrezza le leggi ai loro disegni. Sergio Rizzo conduce un'inchiesta attenta e senza precedenti nella giungla di enti, ministeri, aziende statali e parastatali e ordini professionali alla scoperta di una classe dirigente abituata a usare l'interesse pubblico per portare avanti i propri affari. Un libro-denuncia sulla situazione di un Paese che è diventato il paradiso dell'impunità.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
Print ISBN
9788817049788
eBook ISBN
9788858621127

1
Un bulldozer di nome Angelo

Funzionari corrotti, affaristi, politici e loro familiari.
Ecco i segreti della Cricca

In una testimonianza resa pubblica nel marzo del 2010 sul sito della rivista «Abitare» della quale è direttore, l’architetto Stefano Boeri confessa di non essersi accorto di niente. «Non c’è stato nulla di quanto ho visto o percepito che mi abbia fatto pensare agli accordi illegali o sottobanco di cui parlano le indagini tra imprese e committenti, tra rappresentanti dello Stato e privati appaltatori. Se avessimo avuto anche solo una prova di questi contatti, saremmo andati subito a denunciare la cosa alla magistratura.» Ma a lui, progettista di alcune fra le più importanti opere per il vertice internazionale del G8 alla Maddalena, che, parole sue, era «di fatto escluso dalle decisioni e dalle valutazioni economiche di cantiere», pure non sono sfuggiti almeno un paio di dettagli.
Primo dettaglio. I costi andavano in orbita senza che nessuno, in Sardegna, ma soprattutto a Roma, facesse una piega: da 200 milioni di euro si arrivò in un batter d’occhio a 327 milioni. Un rincaro mostruoso dovuto, afferma Boeri, «alle maggiorazioni già previste nell’appalto. Parliamo del 57% di aumenti dei compensi, già stabiliti, per le difficoltà dovute all’urgenza, il fatto che si lavorava su un’isola, i turni continui, il rispetto dei tempi…».
Vediamo se abbiamo capito bene: le imprese che si sono aggiudicate i lavori del G8 alla Maddalena a un determinato prezzo, evidentemente comprensivo come in ogni appalto anche del costo aggiuntivo di tutti quei problemi, si sono viste riconoscere, per contratto, una maggiorazione di quasi il 60% dell’importo proprio a causa di quei problemi. Per farla breve, è come se l’«urgenza» fosse stata pagata due volte. Secondo Boeri «un meccanismo assolutamente senza senso. Le maggiorazioni sono giustificabili per le vere emergenze, che com’è noto sono cosa ben diversa dalle urgenze. In una situazione come quella del G8 hanno invece determinato margini ingiustificati di guadagno».
Proprio così: «Margini ingiustificati di guadagno». A leggere le carte dell’inchiesta giudiziaria che a febbraio del 2010 ha scatenato un terremoto al vertice della struttura della Protezione civile incaricata di gestire i Grandi Eventi, questa era la regola, alla Maddalena. Frammenti di intercettazioni che danno nomi, cognomi e facce alla denuncia di Boeri. Il 4 settembre del 2008 è una dipendente del ministero delle Infrastrutture, Susanna Gara, a chiamare Fabio De Santis, funzionario delegato per i Grandi Eventi, per informarlo che, per il solo centro conferenze, che è nelle mani dell’impresa di Diego Anemone, uno dei principali indagati, sta arrivando un conto stellare. «Per quanto riguarda Anemone, il Main Conference… lì stanno per produrre un definitivo che è in aumento di qualcosa tipo il 50%. Da 32 di lavori tranne le maggiorazioni stanno per arrivare a quasi 50 più le maggiorazioni a tutte le cose speciali che sono state richieste…»
Un paio di settimane prima gli investigatori ascoltano altre telefonate, quelle fra l’architetto Marco Casamonti e un certo Valerio Carducci, proprietario della Gia. Fi. Costruzioni che ha l’appalto dell’ospedale militare della Maddalena. Casamonti gli dice di avere la possibilità di far crescere a dismisura la fattura: «Quella è una cosa che mi curo io. Guarda, secondo me, per fare quello che ci vuole… altri 60 milioni di lavori». Anche perché, come spiega qualche giorno dopo parlando con suo padre, porta a casa una parcella di 2 milioni di euro. Mica bruscolini.
Secondo dettaglio. «Alla Maddalena» dice ancora Boeri «la Protezione civile ha abdicato a un ruolo che forse non avrebbe nemmeno saputo svolgere. Al suo posto sono arrivati, con piglio di efficienza e rapidità, i tecnici dell’Unità di missione.» Di che cosa si trattava? Era «la struttura di Angelo Balducci, che aveva in mano tutto». I tecnici dell’Unità di missione, racconta il progettista delle opere del G8, «giravano, con occhiali Ray-Ban, in Audi e Bmw e avevano affittato ville sulla costa. A quanto ne so gli stipendi erano alti, assolutamente incommensurabili rispetto ai nostri». E con ogni probabilità anche rispetto a quelli della Protezione civile. Perché «l’Unità di missione non è esattamente la stessa cosa. Non è la Protezione civile che interviene nei terremoti o nelle calamità naturali. Nel nostro caso era un gruppo di tecnici selezionati che faceva riferimento all’ingegner Balducci. Con una consuetudine di rapporti diversi dalla Protezione civile». Un vero e proprio corpo separato. Una specie di «Protezione civile deviata» che dipendeva, sì, da Guido Bertolaso, ma operava con regole proprie: in campi che con la Protezione civile vera e propria non c’entrano un fico secco. E per capire come funzionava la Cricca, così è stato battezzato il gruppo di affaristi che gestiva quegli appalti pubblici in un micidiale coacervo di conflitti d’interesse, non si può che partire da qui.

Il «sistema» del Gentiluomo di Sua Santità

Fino allo scandalo dei lavori del G8, nel quale all’inizio del 2010 sono rimasti coinvolti i vertici della Protezione civile insieme a presunti imprenditori, magistrati, pubblici funzionari e familiari di questo male assortito gruppone, si sapeva poco o nulla del presidente del consiglio superiore dei Lavori pubblici Angelo Balducci. Molto più conosciuto, almeno al grande pubblico, era senz’altro suo figlio Lorenzo, giovane e promettente attore che ha recitato in varie fiction di Canale 5 e ha debuttato, neppure ventenne, in un film di Pupi Avati: I cavalieri che fecero l’impresa.
Era nota, negli ambienti politici, l’amicizia di Angelo Balducci con il braccio destro di Berlusconi, Gianni Letta, e la considerazione di cui godeva presso l’ex ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli, che peraltro era ritenuto uno dei massimi estimatori del capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Era noto, nella pubblica amministrazione, che Balducci aveva fatto una carriera invidiabile, arrivando fino alla presidenza del consiglio superiore dei Lavori pubblici, e aveva collezionato incarichi prestigiosi. Conferiti tanto dalla sinistra quanto dalla destra. Responsabile unico dei lavori per il Giubileo, commissario per i Mondiali di nuoto del 2009, per le opere dei 150 anni dall’Unità d’Italia, per i lavori del G8 alla Maddalena. Una carriera da molti attribuita alle sue capacità, da altrettanti invece alle sue relazioni. Indubbiamente notevoli. Spaziavano a 360 gradi, dai costruttori, ai giudici, ai politici: fino a quel Luigi Bisignani, ex giornalista, che negli anni Novanta era stato uno degli attori dell’affaire Enimont. Per non parlare del Vaticano. Prima che, inseguito dallo scandalo nel quale è rimasto coinvolto, la segreteria di Stato di Joseph Ratzinger ne prendesse le distanze sospendendolo da quel particolare ordine di cui faceva parte, era uno dei Gentiluomini di Sua Santità, ovvero i «dignitari laici della famiglia pontificia». Un titolo puramente simbolico che esiste dal 1968, quando Paolo VI abolì la corte vaticana, e che al massimo dà diritto ad accogliere gli ospiti di riguardo in visita ufficiale al pontefice. Ma è un privilegio che tocca a pochissimi. E fra i pochissimi, dal 29 giugno del 2008, giorno dei Santi Pietro e Paolo, c’è anche Letta. Il privilegio spetta rigorosamente alle persone che hanno acquisito particolari benemerenze verso la Santa Sede. Nel caso di Balducci, la dedizione con la quale ha curato le opere del Giubileo a servizio del Vaticano.
E chi, prima dello scandalo del G8, immaginava che un funzionario dello Stato, per quanto di alto profilo, ma con una posizione ancora lontana dagli estremi livelli apicali della pubblica amministrazione, potesse guadagnare ogni anno 2 milioni e mezzo di euro? Lo ha dichiarato lo stesso Balducci ai giudici, per dimostrare che non aveva alcun bisogno di chiedere tangenti agli appaltatori. Ragionamento che non fa una grinza. Perché un uomo ricco, che si mette in tasca ogni anno 5 miliardi di lire, ovvero lo stipendio di almeno 100 poliziotti, dovrebbe pretendere mazzette? E ricco, Balducci senza dubbio lo è diventato. Almeno a giudicare dagli immobili di proprietà della sua famiglia, una ventina, sparsi in giro per l’Italia, come ha documentato Carlo Bonini sulla «Repubblica». Già, ma come ci è riuscito? Come ha fatto un burocrate statale che ha diritto, secondo i dati ministeriali, a uno stipendio di 175.000 euro l’anno, a moltiplicare per quattordici le proprie entrate? Semplice: come molti suoi colleghi, che «arrotondano», per usare la formidabile espressione una volta impiegata dal presidente aggiunto del consiglio di Stato Pasquale De Lise, con gli incarichi extra. Arbitrati, collaudi di opere pubbliche e cosette del genere. L’unico sistema lecito che ha un funzionario pubblico per arricchirsi. Balducci evidentemente ne sapeva qualcosa. Per esempio, come rivelarono il «Giornale» e il «Corriere della Sera» già nel 2000, il presidente del consiglio superiore dei Lavori pubblici aveva fatto parte della commissione di collaudo per il tratto dell’Alta Velocità ferroviaria tra Firenze e Bologna: caso che, come vedremo più avanti, aveva fatto scalpore per la richiesta economica, elevatissima, avanzata dai collaudatori alle Ferrovie. E poi i collaudi per la linea C della metropolitana di Roma, e quelli per il Mose di Venezia…
Ma se non fosse esploso il caso degli appalti della Protezione civile nessuno, a parte naturalmente i componenti della cosiddetta Cricca, avrebbe avuto la più pallida idea di quanto fosse fitta la rete degli interessi intorno a lui. Una ragnatela che arrivava lontano, fino a lambire la politica che conta, quella che governa. «C’è un sistema» ha ammesso ai giudici il coordinatore del Popolo della libertà Denis Verdini, comparso anch’egli nei dossier della magistratura per i suoi rapporti con Riccardo Fusi, uno degli appaltatori dei lavori per la ricostruzione del dopo terremoto a L’Aquila. «C’è un sistema, ma non è illegale» ha sentito il bisogno di precisare. Anche se il semplice fatto che esista «un sistema», e che sia un politico così potente ad affermarlo candidamente, qualche brivido lo fa venire.
Esprimersi sugli eventuali illeciti è compito della magistratura. Una premessa d’obbligo, visto che quando questo libro è stato stampato le accuse erano ancora tutte da provare. Ma quel brivido evidentemente l’hanno avvertito anche i giudici di Firenze titolari dell’indagine, che usano lo stesso termine, «sistema», accompagnato da questo aggettivo: «gelatinoso». Arrivando a formulare capi d’imputazione, come la corruzione finalizzata all’assegnazione di appalti pubblici, che hanno riportato indietro di diciott’anni l’orologio della storia, alla stagione di Tangentopoli. Con qualche differenza, a cominciare dall’obiettivo principale: non più il finanziamento illecito di un partito, ma l’arricchimento personale. E dalle modalità: soldi, ma anche favori familiari. Quando non, sempre secondo i magistrati, prestazioni sessuali.
Durissime le parole usate dai giudici: «La struttura del dipartimento ministeriale di via della Ferratella, a Roma, diretta sino a poco tempo fa da Angelo Balducci, ora passato a capo del consiglio superiore dei Lavori pubblici, ha gestito i Grandi Eventi di cui si discute in una situazione di palese e grave illegalità, ove i funzionari preposti hanno operato a scopo di arricchimento personale intessendo con molti imprenditori stabili rapporti corruttivi». Funzionari come Balducci, il capo. Ma anche come Fabio De Santis, delegato alla gestione dei Grandi Eventi, che sarebbe stato nominato provveditore alle Opere pubbliche della Toscana per diretta intercessione di Verdini. E Mauro Della Giovampaola, delegato al controllo del G8, ritenuto dai giudici, al pari di De Santis, responsabile di aver favorito Diego Anemone, classe 1971, il costruttore al quale sono stati assegnati i lotti più importanti dei lavori alla Maddalena, e alcuni appalti per i 150 anni dall’Unità d’Italia e per i Mondiali di nuoto: lo stadio del tennis al Foro Italico e il nuovo museo di Tor Vergata, a Roma, oltre all’aeroporto di Perugia.
Al di là degli aspetti penalmente rilevanti, tuttavia, questa vicenda presenta un ingrediente assolutamente originale e deprecabile. L’intreccio incredibile, per la sua complessità e spregiudicatezza, tra funzioni pubbliche e interessi privati. Un intreccio sfrontato, alla luce del sole. Tanto che sarebbe stato semplicissimo, per chi ha avuto le responsabilità politiche di interventi pagati con i soldi dei contribuenti, come le opere del G8, i lavori dei Mondiali di nuoto e gli appalti per le celebrazioni per l’Unità d’Italia, scoprirlo e denunciarlo. Non servivano le intercettazioni telefoniche. Non servivano i pedinamenti. Non servivano le fotografie scattate con il teleobiettivo. Sarebbe stato sufficiente dare un’occhiata ai documenti depositati alle camere di commercio e consultabili facilmente su Internet.

Alle signore (e non solo) piace il cinema

Cominciamo con Rosanna Thau e Vanessa Pascucci. Chi sono? La prima signora è la moglie di Angelo Balducci, funzionario delegato alla gestione dei Grandi Eventi per la Protezione civile, presidente del consiglio superiore dei Lavori pubblici. Ovvero, il burattinaio delle opere del G8 in Sardegna, come ha confermato pure Guido Bertolaso («Io non ho dato gli appalti del G8 alla Maddalena, non li ho seguiti direttamente né personalmente. Ha gestito tutto Angelo Balducci» ha detto in un’intervista al «Corriere»), e che i magistrati hanno accusato di aver concesso appalti agli amici in cambio...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Ottocento anni fa
  4. 1. Un bulldozer di nome Angelo
  5. 2. La guerra persa dagli italiani
  6. 3. La grande abbuffata dei parlamentari
  7. 4. Se è l'avvocato che scrive la legge
  8. 5. Seggi, cliniche e affari
  9. 6. Vendo. Forse vendo… Non vendo!
  10. 7. La culla del privilegio
  11. 8. Il fascino discreto delle toghe
  12. 9. La partita dello sport non ha regole
  13. 10. Il grande incesto della finanza
  14. 11. Uno e trino
  15. 12. L'America è lontana
  16. Appendici varie
  17. Indice dei nomi
  18. Indice