La favola di Natale
eBook - ePub

La favola di Natale

Le opere di Giovannino Guareschi #19

  1. 96 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La favola di Natale

Le opere di Giovannino Guareschi #19

Informazioni su questo libro

Questa favola è nata in un campo di concentramento tedesco nel dicembre 1944, dove Guareschi si trovava internato: come lui stesso dice, le muse che lo ispirarono si chiamavano Freddo, Fame e Nostalgia. E così nasce la storia di Albertino, della nonna, del papà prigioniero, e delle piccole creature - buone o cattive - che vivono e parlano in un bosco fantastico. Ed è anche la storia di quegli uomini, affamati e infreddoliti, che l'ascoltarono in una baracca del Lager tedesco, e che proprio grazie alle parole di Guareschi riuscirono a mantenere viva la speranza del ritorno.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2018
Print ISBN
9788817003469
eBook ISBN
9788858631768

La favola di Natale

Cera una volta un prigioniero... No: c’era una volta un bambino... Meglio ancora: c’era una volta una Poesia...
Anzi, facciamo così: c’era una volta un bambino che aveva il papà prigioniero.
«E la Poesia?» direte voi. «Cosa c’entra?»
La Poesia c’entra perché il bambino l’aveva imparata a memoria per recitarla al suo papà, la sera di Natale. Ma, come abbiamo spiegato, il papà del bambino era prigioniero in un Paese lontano lontano.
Un Paese curioso, dove l’estate durava soltanto un giorno e, spesso, anche quel giorno pioveva o nevicava. Un Paese straordinario dove tutto si tirava fuori dal carbone: lo zucchero, il burro, la benzina, la gomma. E perfino il miele, perché le api non suggevano corolle di fiori, ma succhiavano pezzi d’antracite.
Un Paese senza l’uguale, dove tutto quello che è necessario all’esistenza era calcolato con così mirabile esattezza in milligrammi, calorie, erg e ampère, che bastava sbagliare un’addizione – durante il pasto – per rimanerci morti stecchiti di fame.
Stando così le cose, arrivò la sera della vigilia, e la famigliola si trovò radunata attorno al desco, ma una sedia rimase vuota. E tutti guardavano pensierosi quel posto vuoto, e tutto era muto e immobile nella stanza perché anche l’orologio aveva interrotto il suo ticchettare, e la fiamma era ferma, come gelata nel camino.
Allora il bambino – chi sa perché – si levò ritto sul suo sgabello, davanti alla sedia vuota, e recitò ad alta voce la Poesia di Natale:
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Din-don-dan: la campanella
questa notte suonerà
e una grande, argentea stella
su nel ciel s’accenderà...
Il bambino recitò la sua Poesia davanti alla sedia vuota del papà e, com’ebbe finito, la finestra si spalancò ed entrò una folata di vento. E la Poesia aperse le ali e volò via col Vento.
«La Poesia aperse le ali?» direte voi. «E come faceva ad aprire le ali? La Poesia è forse una farfalla?»
No, la Poesia è un uccellino. Un uccellino fatto di cielo azzurro impastato in un raggio di luna. Un uccellino che nasce (come sboccia un fiore) nel tiepido cuore del poeta, e subito scappa fuori dalla sua rossa gabbietta e va a saltare sul foglio bianco che sta sopra la scrivania.
Ma non può ancora volare perché gli mancano le ali: e allora il poeta intinge la penna e gli fabbrica le ali con le più belle parole che gli vengono alla mente. E ogni verso diventa una piuma. E quando tutto è finito, l’uccellino spicca il volo e porta per il mondo le parole del poeta. E tutti le leggono perché l’uccellino si posa – ad ali spiegate – dovunque scorge un foglio bianco, e le parole si vedono benissimo perché l’uccellino è fatto d’aria trasparente, mentre le parole sono scritte con l’inchiostro di Cina.
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La Poesia, dunque, spiccò il volo e via col Vento.
«Dove vuoi che ti porti?» le domandò il Vento.
«Portami nel Paese dov’è adesso il papà del mio bambino», disse la Poesia.
«Stai fresca!» rispose il Vento. «Perché prendano anche me e mi mandino al lavoro obbligatorio a far girare le pale dei loro mulini a vento! Niente da fare: scendi!»
Ma la Poesia tanto pregò che il Vento acconsentì a portarla almeno alla frontiera.
E cammina, cammina, cammina nella notte di pece, finalmente arrivarono al confine e il Vento fermò il motore, e la Poesia scese e si avviò a piedi verso la siepe che divideva i due Paesi. Faceva tanto freddo che la povera poesiola aveva tutte le rime gelate e non riusciva neppure a spiccare il volo.
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«Dove vai?» le chiese un vecchio il quale, con uno stoppino legato in cima a una pertica, cercava invano d’accendere qualche stellina nel cielo nero. «Dove vai?»
«Al campo di concentramento», rispose la Poesia senza fermarsi.
«Ohimè», sospirò il vecchio. «Internano anche la Poesia, adesso? Cosa ci resterà più?»
La Poesia continuò zampettando il suo cammino e finalmente arrivò al confine ma, appena attraversata la siepe, una rete le piombò addosso ed eccola prigioniera.
«Ah! Ah!» sghignazzò un omaccio vestito di ferro avvicinandosi con una lanterna. «Dove vai? Chi sei? Cosa porti scritto sulle ali? Spionaggio?»
E la Poesia a spiegargli chi fosse e dove andava, e quello a insistere sospettoso. Alla fine parve convinto e, inforcati gli occhiali, cominciò a leggere i versi scritti sulle ali.
Din-don-dan: la campanella
questa notte suonerà...
«No!» disse. «Proibito fare segnalazioni acustiche notturne in tempo di guerra!»
E, con un pennello intinto nell’inchiostro di Cina, cancellò molte parole. Poi, di lì a poco, scosse ancora il capo.
Una grande, argentea stella
su nel ciel s’accenderà...
«Niente! Contravvenzione all’oscuramento!» disse. E giù pennellate nere.
Latte e miele i pastorelli
al Bambino porteranno...
«Niente! Contravvenzione al razionamento!» borbottò. E giù ancora col pennello.
I Re Magi immantinente
sul cammello saliranno...
«Niente!» urlò furibondo. «Basta coi re! Guai a chi parla ancora di re!» E giù pennellate grosse così.
Poi, afferrato un grosso timbro, le timbrò le ali e disse che poteva entrare.
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La Poesia si mise a piangere.
«E come faccio a entrare così? Con tutte queste cancellature io non sono più una poesia...»
«O così, o niente!» disse l’omaccione mostrandole un foglio. «Guarda qui: il regolamento parla chiaro».
E il regolamento diceva infatti tra l’altro che, in quel Paese dove tutto è prosa, era proibito l’ingresso alla Poesia. La nostra poverella ritornò malinconicamente indietro e adesso, anche se avesse voluto volare, non l’avrebbe potuto più perché le pennellate nere le avevano tarpate le ali.
«Non ti rattristare, piccolina», le disse un vecchio dalla lunghissima barba bianca che stava seduto su un sasso, vicino alla siepe di confine. «Non ti rattristare se non t’hanno lasciata entrare. Figurati che non lasciano entrare neanche me che ho ingresso libero nei Paesi più importanti del mondo! E sono anni che aspetto qui fuori».
«E chi sei tu?» domandò la Poesia.
«Sono il Buonsenso», rispose il vecchio.
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Passò il Vento e la Poesia lo scongiurò ad ali giunte: «Vento, Vento, portami via con te! Riconducimi a casa: le mie ali sono tarpate... Ti pagherò doppia corsa!»
«Non posso», rispose il Vento. «Ho troppo da fare, adesso. Debbo portare dolci ricordi e nostalgie in tutte le case del mondo. Questa è l’ora dei ricordi e il servizio è duro».
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La Poesia riprese il suo cammino nella notte fredda, ed ecco qualcuno apparire sulla strada deserta. Uno strano personaggio il quale borbottava pieno di malumore:
Oh, che bel Natale!
Oh, che bel Natale!
Quest’arietta maledetta
soffia dentro i polmon!

Oh, che bel Natale!
Oh, che bel Natale!
Con la guerra sulla Terra
è una disperazion!...
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Chi era il vecchio brontolone? Era proprio Babbo Natale, tutto vestito di rosso e con una gran barba candida, con la gerla sulle spalle e la lanterna in mano.
«Ehilà!» esclamò Babbo Natale, fermandosi a guardare curiosamente la Poesia.
E, inforcati gli occhiali, si chinò a leggere le poche parole rimaste sulle ali del nostro povero uccellino:
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La campanella
e una grande argentea stella
sul cammello saliranno
e al Bambino porteranno
Geprüft 47...
«Guarda, guarda!» esclamò. «Una poesia ermetica!»
La Poesia spiegò che lei non era una poesia ermetica, ma i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La favola di Natale
  4. Elenco in ordine cronologico delle opere di Giovannino Guareschi
  5. Opere postume