La finestra rotta
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La finestra rotta

L'ottava indagine di Lincoln Rhyme

  1. 576 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La finestra rotta

L'ottava indagine di Lincoln Rhyme

Informazioni su questo libro

Alice Sanderson viene trovata morta nel suo appartamento di Manhattan con la gola recisa. È solo l'ultimo di una catena di omicidi che da qualche mese insanguina New York. Gli indizi raccolti dagli inquirenti sulla scena del delitto conducono inequivocabilmente ad Arthur Rhyme, un uomo che la vittima frequentava da poco. Ma le prove sono così schiaccianti da risultare sospette. È Lincoln Rhyme, criminalista tetraplegico dall'intelligenza acuta e ribelle, a prendere in mano il caso e a scagionare il cugino Arthur, ricomponendo i frammenti di una sciarada indecifrabile come il delitto perfetto. Le sue indagini lo condurranno ad alcune società che accumulano dati sull'esistenza della gente comune, sulle orme di un killer che conosce ogni dettaglio delle vite degli altri.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817060196
eBook ISBN
9788858643907

Parte seconda

Transazioni

Parte seconda
Domenica 22 maggio
Si sente dire spesso che il nostro corpo, completo di tutte le sue parti, vale quattro dollari e mezzo. La nostra identità digitale vale molto di più.
Robert O’Harrow Jr, No Place to Hide

Capitolo 2

La pista portava da Scottsdale a San Antonio, fino a un’area di servizio sull’Interstate 95 nel Delaware, piena di camionisti e famiglie irrequiete, e infine all’improbabile destinazione di Londra.
E la preda? Un killer professionista cui Lincoln Rhyme dava la caccia da qualche tempo. Il criminalista era riuscito a impedirgli di commettere un’azione terribile, ma l’assassino era comunque sfuggito alla polizia per una manciata di minuti. «A passo di valzer» così aveva detto Rhyme, con amarezza. «Ha lasciato la città come un qualsiasi turista che deve tornare al lavoro il lunedì mattina.»
Le tracce erano sfumate come polvere al vento. Né la polizia né l’FBI erano riusciti a scoprire dove il criminale si nascondesse o quali fossero i suoi piani per il futuro. Tuttavia, poche settimane prima, Rhyme aveva saputo tramite dei contatti in Arizona che lo stesso individuo era il maggiore indiziato dell’assassinio di un soldato dell’esercito americano a Scottsdale. La pista puntava a est, verso il Texas e poi nel Delaware.
Il nome del killer, che poteva essere quello reale o una copertura, era Richard Logan. Era verosimile che venisse dalle zone occidentali del paese o dal Canada. Le intense ricerche avevano portato alla luce diversi Richard Logan da quelle parti, ma nessuno corrispondeva al profilo del ricercato.
Poi, per un’inaspettata casualità (Rhyme non avrebbe mai usato le parole «colpo di fortuna»), l’Interpol aveva diffuso la notizia che un killer professionista statunitense era stato reclutato per un lavoro in Inghilterra. Aveva ucciso in Arizona per accedere a informazioni militari riservatissime e ottenere nuovi documenti d’identità, aveva raggiunto alcuni complici in Texas e aveva ricevuto un anticipo sul suo compenso in un’area di servizio sulla costa est. Poi era volato a Heathrow e ora si trovava da qualche parte nel Regno Unito, nessuno sapeva dove.
L’Interpol inseriva l’azione di Logan nel quadro di un «complotto ben finanziato, concepito nelle alte sfere», definizione che faceva sorridere Rhyme. Il bersaglio era un sacerdote protestante venuto dall’Africa, responsabile di un campo profughi, che si era imbattuto in un vastissimo traffico illegale di farmaci contro l’AIDS, rivenduti per acquistare armi. Il religioso era stato trasferito a Londra sotto protezione, dopo essere sopravvissuto a tre attentati in Nigeria, Liberia e persino nella sala transiti dell’aeroporto di Malpensa, a Milano, dove la polizia di stato, armata di mitragliette, osserva molto e si lascia sfuggire ben poco.
Attualmente il reverendo, Samuel G. Goodlight (Rhyme non sapeva immaginare un nome più adatto a un servo di Dio), si trovava in una «casa sicura» londinese, controllato a vista dagli agenti di Scotland Yard, e stava collaborando con i servizi segreti britannici e di altri paesi per ricostruire la complessa trama criminale.
Attraverso chiamate via satellite e e-mail in codice che rimbalzavano da un continente all’altro, Rhyme e una funzionaria della polizia londinese, l’ispettrice Longhurst, avevano architettato una trappola per catturare il killer. Il piano, degno dei complessi intrighi concepiti dallo stesso Logan, prevedeva l’intervento di alcuni sosia e assegnava un ruolo fondamentale a uno stravagante ex mercante d’armi sudafricano che godeva di una rete di preziosissimi informatori. Danny Krueger aveva accumulato una fortuna vendendo armi, con la stessa efficienza e noncuranza con cui altri uomini d’affari vendevano climatizzatori o sciroppi per la tosse. Ma l’anno prima, durante un viaggio nel Darfur, aveva visto i massacri causati dai suoi giocattoli ed era rimasto profondamente scosso; aveva abbandonato di punto in bianco il mercato delle armi e si era stabilito in Inghilterra. Tra i membri della task force vi erano poi agenti dell’MI5, l’agenzia britannica per la sicurezza e il controspionaggio, oltre al personale dell’ufficio londinese dell’FBI e a un agente della Direction Générale de la Sécurité Extérieure, l’equivalente francese della CIA.
Ancora non si sapeva in quale regione della Gran Bretagna Logan si fosse nascosto per preparare l’attentato, ma Krueger era stato raggiunto dalla voce che il killer sarebbe entrato in azione di lì a pochi giorni. Il sudafricano aveva parecchi contatti sotterranei a livello internazionale e aveva ricevuto una soffiata: gli incontri fra Goodlight e le autorità avrebbero avuto luogo in una località «segreta», un palazzo con cortile scoperto circondato da due alti edifici industriali.
Sarebbe stata una zona di tiro perfetta per il killer.
Ma sembrava anche il luogo ideale per catturarlo. L’area era sotto sorveglianza, e polizia, MI5 ed FBI erano in allerta ventiquattr’ore su ventiquattro.
Senonché Logan era scomparso e aveva fatto perdere le sue tracce.
In quel momento Rhyme era seduto su una sedia a rotelle rossa alimentata a batteria, al primo piano della sua residenza di Central Park West. Quello che una volta era un salotto vittoriano era ormai diventato un attrezzato laboratorio di indagine scientifica, addirittura più ampio di quelli usati dalla polizia in molte città di media grandezza. Il criminalista si stava dedicando alla sua attività principale degli ultimi giorni: fissare il telefono, il cui pulsante di chiamata rapida numero due lo metteva in contatto diretto con un numero telefonico inglese le cui cifre finali erano 1212. Per tradizione, molti numeri della polizia londinese terminavano con quelle cifre, in ricordo del leggendario Whitehall 1212, il primo recapito telefonico di Scotland Yard.
«Funziona quest’apparecchio, vero?» domandò Rhyme.
«Perché non dovrebbe?» chiese di rimando Thom, il giovane che gli faceva da infermiere e assistente. Rhyme interpretò il suo tono misurato come l’equivalente di un profondo sospiro.
«Non so. Sovraccarico dei circuiti. Linee telefoniche colpite da un fulmine. Problemi di questo genere.»
«Allora fai una prova. Per sicurezza.»
«Comando» pronunciò distintamente Rhyme, attivando il sistema di riconoscimento vocale collegato al suo ECU, l’unità computerizzata di controllo ambientale che sotto molti aspetti sostituiva le sue funzioni fisiche. Lincoln Rhyme era tetraplegico e, al di sotto del punto in cui il suo collo si era spezzato anni prima in un incidente sulla scena di un delitto – la quarta vertebra cervicale, vicino alla base del cranio – le sue capacità di movimento erano limitate. Ordinò: «Chiamare il servizio informazioni».
Il tono di chiamata riempì gli altoparlanti, seguito da alcuni prolungati squilli a vuoto. Il che irritò Rhyme ancor più di quanto avrebbe fatto un normale telefono momentaneamente fuori uso. Perché l’ispettrice Longhurst non aveva dato notizie?
«Comando» disse seccamente, «disconnettere.»
«A quanto pare funziona.» Thom collocò una tazza di caffè nel portabicchieri sul bracciolo della sedia a rotelle di Rhyme e il criminalista bevve la forte miscela con una cannuccia. Poi rivolse lo sguardo alla bottiglia di whisky single malt Glenmorangie, invecchiato diciotto anni: era su uno scaffale vicino, ma naturalmente per lui fuori portata.
«È mattina» gli fece presente Thom.
«Certo che è mattina. Lo vedo che è mattina. Non è che ne abbia voglia… È solo…» Rhyme si stava palesemente arrampicando sugli specchi. «Mi sembra che ieri sera ci sia stato un razionamento. Due bicchieri. Praticamente niente.»
«Erano tre.»
«Se dovessi stimare il contenuto, intendo in centimetri cubi, direi che era lo stesso di due bicchieri scarsi.» Come l’alcol, anche la meschinità può creare dipendenza.
«Comunque, niente scotch la mattina.»
«Mi aiuta a essere più lucido.»
«No, affatto.»
«Invece sì. E più creativo.»
«Ho detto di no.»
Thom indossava una camicia perfettamente stirata, con tanto di cravatta. I suoi abiti erano meno spiegazzati di un tempo. Buona parte del suo lavoro, in qualità di assistente di un tetraplegico, consisteva in attività squisitamente fisiche. Ma la nuova sedia a rotelle di Rhyme, un’Invacare TDX, per «un’esperienza di controllo totale», poteva trasformarsi in un letto, optional che aveva alleviato notevolmente i compiti di Thom. La sedia poteva persino salire gradini bassi e competere in velocità con un cinquantenne che facesse jogging.
«Senti, voglio un po’ di scotch. Ecco. Ho espresso il mio desiderio in maniera articolata. E adesso?»
«No.»
Rhyme fece una smorfia e tornò a fissare il telefono. «Se riesce a farla franca…» Non completò la frase. «Be’? Non fai anche tu come tutti gli altri?»
«Che cosa vuoi dire, Lincoln?» Erano anni che quel ragazzo magrolino lavorava con Rhyme. Varie volte era stato licenziato o si era dimesso, ma poi era sempre tornato: un monumento alla perseveranza, o alla perversione, o a entrambe.
«Io dico: “Se riesce a farla franca…”. E tu dovresti dire: “Oh, ma non ci riuscirà, non preoccuparti”. E a quel punto io dovrei sentirmi più tranquillo. È così che fa la gente: cerca di rassicurarti su cose di cui non sa un accidente.»
«Ma io non l’ho fatto. Stiamo litigando per qualcosa che non ho detto ma che avrei potuto dire? Come la moglie che se la prende con il marito perché lei ha visto una bella donna per strada e lui avrebbe potuto guardarla.»
«Non lo so» fece Rhyme, distratto. La sua mente era tornata al piano per catturare Logan. C’era qualche falla? Era tutto sotto controllo? Chi garantiva che gli informatori non si fossero lasciati sfuggire qualcosa, mettendo il killer sull’avviso?
Squillò il telefono e sullo schermo piatto del monitor accanto a Rhyme apparve il numero. Con disappunto, vide che la chiamata non arrivava da Londra, ma da più vicino: dal Big Building, ovvero, nel gergo degli addetti ai lavori, il quartier generale della polizia di New York, nel centro di Manhattan.
«Comando: rispondere alla chiamata.» Clic. Poi: «Che c’è?».
Da otto chilometri di distanza una voce disse: «Siamo di cattivo umore?».
«Ancora nessuna notizia dall’Inghilterra.»
«Cos’è, sei di guardia?»
«Logan è scomparso. Potrebbe colpire in qualsiasi momento.»
«È come aspettare la nascita di un figlio» commentò Sellitto.
«Se lo dici tu. Ti serve qualcosa? Non voglio tenere la linea occupata.»
«Tutta quella tecnologia e non hai l’avviso di chiamata?»
«Senti, Lon…»
«Okay. C’è una cosa che devi sapere. Una decina di giorni fa, giovedì 12, c’è stato un furto con omicidio al Village. La vittima è una donna, Alice Sanderson. L’assassino l’ha pugnalata a morte e ha rubato un quadro. L’abbiamo preso.»
Perché chiamava, allora? Un crimine di ordinaria amministrazione e il colpevole già dietro le sbarre. «Problemi con le prove?»
«No.»
«E allora perché dovrebbe interessarmi?»
«Il detective incaricato dell’indagine ha chiamato circa mezz’ora fa…»
«La caccia al killer, Lon, la caccia.» Gli occhi di Rhyme erano fissi al tabellone su cui era riprodotto l’intero schema del piano. Un piano complesso. E con più di un punto debole.
Sellitto lo scosse dalle sue riflessioni. «Senti, Linc, mi dispiace, ma te lo devo dire. Il colpevole è tuo cugino, Arthur Rhyme. È omicidio di primo grado. Gli possono dare venticinque anni e per il procuratore distrettuale è un caso a prova di bomba.»

Capitolo 3

«Ne è passato di tempo.»
Judy Rhyme era seduta in laboratorio, con le mani raccolte in grembo, il volto pallidissimo. Teneva gli occhi fissi in quelli del criminalista, evitando accuratamente di spostare lo sguardo sul resto della sua persona.
C’erano due tipi di reazione nei confronti delle sue c...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Parte prima - Qualcosa in comune
  6. Parte seconda - Transazioni
  7. Parte terza - L’indovino
  8. Parte quarta - Amelia 7303
  9. Parte quinta - L’uomo che sa tutto
  10. Nota dell’Autore
  11. Ringraziamenti
  12. La saga di Lincoln Rhyme