1943-1945
Giornali parlati, conferenze, letture, conversazioni
dp n="16" folio="16" ? VISSI D’ARTE, VISSI D’AMORE
Vissi d’arte, vissi d’amore. Anzi vissi di giornalismo, vissi di matrimonio. Più ancora di giornalismo che di matrimonio. Sempre così, per anni: il pezzo e le rubriche per il Bertoldo, i disegnini per La Stampa, gli articoletti per Stampa Sera, le figurine per L’Illustrazione Italiana, la novellina rosa per Novella e per Annabella, il racconto per il Corriere della Sera, la puntata del romanzo per L’Illustrazione del Popolo, eccetera, eccetera.
Tutte le sere così — tutte le sere così.
Poi il rallentamento per la malattia, poi il poco lavoro e stentato per il richiamo. Poi l’8 settembre e il riposo non chiesto e non meritato.
Ma ecco che, finalmente, posso riprendere la mia antica attività : dopo nove mesi ecco la prima collaborazione a un giornale.
Capanèo: un nome che mi ricorda dolci giornate di liceo, e il professore che spiega la ribellione al Tonante, e la sabbia scottante del terzo lager dantesco, e il privilegio concesso al dannato il quale su quella sabbia non si accascia come gli altri, ma rimane diritto quasi ritrovasse sotto la sferza bruciante sempre nuova e crescente fierezza.
Un giornale tanto povero che non è neanche stampato, che non paga i suoi collaboratori, e che non possiede tanti numeri di telefono, ma soltanto pochi numeri di matricola.
Ma se, in questo istante, l’attuale direttore dell’attuale ex Corriere della Sera si presentasse qui e, dall’alto dei suoi 87 centimetri mi proponesse di tornarmene e gratuitamente laggiù dove a giugno è primavera, e mi offrisse la prima pagina del suo grosso giornale: «Signor Ermanno» risponderei «preferisco collaborare all’ultima pagina del Capanèo, settimanale della 21 B».
È una cosa molto più seria.
Collaborazione al giornale parlato Capanèo.
Beniaminovo, 1944
dp n="19" folio="19" ? ADDIO VECCHIA DEI
Addio, vecchia Dei con la dinamo, il carter e il freno contropedale.
Quando ti vidi per la prima volta avevo quindici anni e davanti a me si stendeva tutta ancora la strada della vita, una strada bianca di sole, macchiata qua e là da fresche ombre piene di promesse.
E per vent’anni la percorremmo insieme e tu me la rendesti meno dura. Tu mi insegnasti la gioia delle albe fresche e rugiadose che nascono dietro i verdi colli conquistati pedalata per pedalata. Tu mi insegnasti la pace dei meriggi, lontano dal catrame rovente della città . Tu mi insegnasti la dolce malinconia dei tramonti fra i prati verde-cupo, intersecati da canali pieni di cristallo fuso.
Con te io galoppai lungo i viali diritti della periferia inseguendo, nelle sere estive, le ombre dei miei sogni e dei desideri della mia giovinezza.
Il primo amore: due cuori e una bicicletta sola, e tu sul ghiaietto delle viottole fuori barriera rollavi dolcemente e — per ogni sassetto che pizzicavi fra il cerchione e la gomma e facevi schizzar via — i raggi ben tesi risuonavano come corde d’arpa. Dleeen!...
La "prima nomina": due potenti speroni e soltanto un sellino di bicicletta. Galoppate furibonde per mettere d’accordo il servizio di batteria e l’appuntamento con la bionda n° 1; l’ispezione esterna e la bionda n° 2.
Vent’anni camminammo assieme, vecchia Dei. E ora sei lì, appoggiata al muro, e fra te e me c’è ormai l’abisso di un armistizio. Ti guardo, vecchia Dei, e vedo sulla canna più alta del telaio, vicino al cannotto dello sterzo, una specie di bernoccolo nichelato, con una vite a pressione e una finestrina: l’innesto di una piccola sella supplementare. Ricordi quando te l’avvitai la prima volta? Pareva che l’orgoglio ti avesse gonfiato a dismisura i pneumatici e tutte le canne del telaio. E il campanello suonava come un carillon di campane, e l’ingranaggio della ruota libera cantava alto e potente, e i freni, solo a toccare le leve, stridevano di gioia e tu, vecchia bicicletta, procedevi tronfia, pettoruta e maestosa come una Isotta Fraschini a sedici cilindri perché sul sellino supplementare era seduto il nostro primo bambino.
Addio, vecchia Dei: io parto e tu rimani.
Opterai come il mio vecchio colonnello? No, tu sei più di carattere di lui. O ti darai alla macchia unendoti a quelle animose e inafferrabili biciclette che saetteranno e folgoreranno poi lungo le strade di tutt’Italia?
O piuttosto (sei così luccicante ancora e fai tanto gola) ti deporteranno nel triste Nord?
Ti rivedrò?
Dio solo lo sa vecchia Dei, Dio che stringe nel suo pugno il destino di tutti gli uomini e di tutte le biciclette del creato. E così sia.
Collaborazione al giornale parlato La Campana.
Bremervörde, 1944
dp n="22" folio="22" ? SERIETÀ DI GIOVANNINO
Dopo due giornali parlati, ecco nascere una rivista parlata: «Orientamento - Rivista di cultura e di morale» dei fratelli Betta (filosofia & letteratura).
Anche i redattori di Orientamento, come quelli del Giornale parlato, di Capanèo, e come i cento conferenzieri di qua, scoprono che Benedetto Croce è un grande pensatore il quale ha pensato tutto quanto concerne l’estetica, la filosofia, la morale, la storia eccetera.
Giovannino, invece, si vede proprio che non l’ha ancora scoperto, tanto è vero che, dovendo anche lui impiantare un giornale, fa una «edizione speciale per gli italiani all’estero di Bertoldo, umoristico chiacchierato e sonorizzato.
Conversazione
Bremervörde, 1944
Il Bertoldo in campo di concentramento, mancando l’inchiostro, le carte, la tipografia, le rotative e tutto ciò che serve a mettere insieme un giornale, il Bertoldo era semplicemente Guareschi, il quale, seguito dal fido accompagnatore musicale Coppola, aumentava le copie di se stesso presentandosi ogni sera a una diversa baracca (vedi riproduzione del programma), e si offriva in lettura agli internati.
«La redazione» diceva «è composta da me, da Giovannino Guareschi e dal corrispondente numero 6865. Sfogliatemi.»
E ce n’era per tutti.
Rinacquero, adattate alla vita di laggiù, le antiche rubriche del giornale a lui tanto caro per esserne stato per sette anni il redattore-capo.
Ora ne era tutto.
«Più che un giornale» premetteva «questo è una nostalgia. Dove mi volete leggere?»
«A pagina 1.»
«Piccola storia naturale. Il Brandellista ...»
Giovanni Mosca
dal Candido n° 1-1945
dp n="25" folio="25" ? BERTOLDO
GIORNALE UMORISTICO
CHIACCHIERATO E SONORIZZATO
| Bertoldo | articolo di fondo (col. 1 tutta) |
| Articoli di stagione | articolo di spalla (col. 5 tutta) |
| Macchie indelebili | vignetta centro (col. 2, 3, 4, metà sup.) |
| Piccola storia naturale: | rubrica (col. 2, 3, 4, metà inf.) |
| il pendoliere |
| il brandellista | |
| il ricettiere | |
| il sintomiere | |
| l’ostentiere ecc. | |
| il tentenniere | |
| Legittimo orgoglio | vignetta (col. 2 piede) |
| Pacchista, ma generoso | vignetta (col. 4 piede) |
| C’è un castello per te | canzone (musica Coppola, parole G.) |
| Il fregato siamo noi | vignetta (col. 1, 2 intesta) |
| Conobbi una volta: | rubrica (col. 1, 2, 3 metà sup.) |
| Cip |
| Il cestino: | rubrica (col. 1, 2, 3 metà inf.) |
| La fidanzata di Luigi |
| Trent’anni dopo | |
| Glossario maledetto | |
| Carlotta | canzone (musica Coppola, ... |