SE SOLO POTESSI…
Diventare un eccellente oratore
Strategie e strumenti per essere i migliori
Il principio del modellamento, centrale nella Programmazione neurolinguistica, implica che se al mondo esiste qualcuno in grado di fare una cosa in maniera eccellente, anche tu puoi riuscirci a patto di modellare:
1. i pensieri;
2. il corpo (comunicazione non verbale);
3. la voce (comunicazione paraverbale);
4. il liguaggio (comunicazione verbale);
Modellare non significa copiare. Altrimenti il principio di “essere se stessi” non avrebbe senso, però mi tocca specificarlo perché qualcuno un po’ superficialmente confonde i concetti.
Modellare è la scorciatoia di tutte le scorciatoie verso l’eccellenza: non c’è bisogno di reinventare la ruota. Per allineare all’eccellenza il proprio modo di pensare, il proprio linguaggio, la propria fisiologia (voce e linguaggio del corpo), bisogna guardare gli schemi che ci sono dietro le performance degli oratori eccellenti.
A seguire ho messo su carta le mie credenze più efficaci sul parlare in pubblico e anche come uso la fisiologia e il linguaggio. Prendi ciò che ritieni utile e lascia il resto: non c’è copyright su ciò che è utile.
I PENSIERI
L’uomo è ciò in cui crede.
Anton Cˇechov
La modalità di pensiero su cui vogliamo concentrarci riguarda le credenze o convinzioni. Tutti ne abbiamo su ogni aspetto della nostra vita: dall’alimentazione al lavoro al parlare in pubblico. Su noi stessi, sulle nostre capacità, sul nostro valore. La stessa autostima, per me, è la credenza più rilevante di tutte.
La mappa non è il territorio.
Alfred Korzibsky
Sono le mappe interne con cui interpretiamo il territorio: quello che facciamo, ciò che diciamo, come ci vestiamo, come trattiamo gli altri, dipende dalle credenze che abbiamo in merito.
Le convinzioni sono il nostro modo di interpretare la realtà,
ma non la realtà stessa.
Purtroppo, tendiamo a confondere i concetti
Moltissime persone non se ne rendono conto, ma ogni giorno confondono realtà e interpretazione di essa. Una convinzione è ciò che riteniamo essere vero, perché abbiamo avuto una o più esperienze (o anni della stessa esperienza) che ci hanno portato a credere una determinata cosa.
Dimentichiamo spesso il fatto che si tratta solo di interpretazioni – troppe volte inconsapevoli – delle nostre esperienze personali.
Sono anche chiamate “profezie autoavverantesi”: più sei convinto di qualcosa, più quella cosa tende a realizzarsi. O anche “aspettative”: portano ad agire di conseguenza, rafforzando la credenza originaria e rilevando ciò che ci si aspetta di cogliere, nel bene o nel male.
Quando l’aspettativa riguarda un’abilità ed è positiva,
questo può far aumentare l’autoefficacia (e di conseguenza
l’autostima). Al contrario – se è negativa – può abbassare
l’autoefficacia e i risultati che ottieni nel campo
di pertinenza di quella abilità
Se credi di non avere molte speranze nel fare qualcosa, quanto impegno ci metterai? Poco, discreto o pari allo zero? E quanta energia e tempo dedichi a fare qualcosa che sei già convinto di non riuscire a fare? Con che atteggiamento ti avvicini a fare qualcosa che non ti interessa o in cui sei convinto di non riuscire?
Le credenze nascono da personali interpretazioni
delle esperienze.
E influenzano le nostre azioni
Dunque tendiamo a realizzare e confermare ciò che pensiamo, crediamo vero e ci aspettiamo, perché agiamo in conseguenza di quei pensieri.
Niente è più pericoloso di un’idea
quando è l’unica che si ha.
Emile Chartier
Le esperienze ci fanno credere che qualcosa sia assolutamente vera perché l’abbiamo provata sulla nostra pelle, dimenticando che gli eventi subiscono costantemente la nostra personalissima interpretazione, che a sua volta dipende da altre credenze collegate. Interpretiamo, ricordiamo, distorciamo, cancelliamo continuamente ciò che succede a noi e agli altri.
Vi sono diversi tipi di convinzioni. Le convinzioni potenzianti sono funzionali: ti aiutano, ti sostengono, ti permettono di accedere alla cassaforte delle tue risorse: tempo, energia, determinazione, coraggio, autodisciplina, impegno, costanza, entusiasmo, passione, dedizione, risoluzione e tantissime altre ancora. Quelle limitanti invece sono disfunzionali, impediscono di attingere alle risorse e annebbiano le potenzialità.
Ecco cinque domande fondamentali per portare la tua vita a un livello superiore:
• Per chi è vero ciò in cui credo?
• Quando è vero?
• E se fosse vero il contrario?
• Mi aiuta o mi ostacola pensarla in questo modo?
• Che comportamenti metto in atto, pensandola in questo modo?
Nei punti seguenti, spiego le mie tre credenze principali sul parlare in pubblico: “La responsabilità è mia”, “Oratori eccellenti si diventa, non si nasce”, “Senza resistenza non c’è conflitto”.
1. La responsabilità è mia
La maggior parte degli uomini è come una foglia
secca, che si libra e si rigira nell’aria e scende
ondeggiando al suolo. Ma altri, pochi, sono come
le stelle fisse, che vanno per un loro corso preciso
e non c’è vento che li tocchi, hanno in se stessi la loro
legge e il loro cammino.
Hermann Hesse
È il principio più importante di tutti. E non solo nel parlare in pubblico. Responsabilità significa abilità di “responso”, di risposta a ciò che accade: problemi, situazioni, persone. Non possiamo controllare ciò che accade, ma possiamo reagire scegliendo come rispondere. Infatti, le redini sono sempre nelle nostre mani anche quando non ce ne accorgiamo.
La vita non è quello che accade
ma come io reagisco a ciò che accade
La vita ci distribuisce le carte e all’inizio non abbiamo responsabilità e controllo su niente. Poi possiamo decidere se imparare a giocare o no, imparare a bluffare, conoscere regole e trucchi, esercitarci, migliorare, capire i segnali del corpo degli altri per intuire se mentono. Oppure possiamo lamentarci delle carte sbagliate! Metaforicamente parlando, è quello che fa la maggior parte delle persone. Si ferma a lamentarsi delle carte sbagliate che gli sono toccate e che gli capitano giorno dopo giorno. Non riesce nemmeno a ipotizzare di capire come funziona il gioco e di crescere per imparare le regole per vincere.
I DUE MONDI
Nel mondo delle persone che hanno bassi risultati – quelle che non hanno accettato la responsabilità della propria vita – il focus e l’attenzione sono molto spesso su ciò che “accade” invece che sulla sua risoluzione o interpretazione migliore.
In questo mondo, ci si ferma al problema, ci si sente schiacciati dall’ambiente, si ha la sensazione di non avere il controllo delle situazioni (e della propria vita).
Tutti sinonimi di de-respons-abilità della propria vita.
Quando qualcosa non va, queste persone è come se si dicessero: “E io che cosa ci posso fare se…?”. Ovviamente, con questo tipo di domanda, le risposte saranno cariche di lamentele, giustificazioni, scuse, alibi. Quel “se” nella domanda tende a far concentrare sul problema invece che sulla soluzione.
Nel mondo delle persone che hanno buoni risultati – quelle che hanno accettato la responsabilità della propria vita – il focus e l’attenzione non sono quasi mai su ciò che “accade” ma sulla sua risoluzione o interpretazione migliore.
In questo mondo, non ci si ferma al problema, ci si sente in grado di influenzare l’ambiente, si ha la sensazione di controllare le situazioni (e la propria vita).
Tutti sinonimi di aver accettato la respons-abilità della propria vita.
Quando qualcosa non va, tali persone è come se si chiedessero: “E io che cosa posso fare per…?”. Ovviamente non c’è dubbio che questa domanda svilupperà risposte ricche di soluzioni, possibilità, scelte, alternative. Quel “per” orienta il focus, l’attenzione, a rispondere all’accaduto, piuttosto che a rammaricarsene o a lamentarsi.
Ci troviamo continuamente di fronte a una serie
di grandi opportunità brillantemente travestite
da problemi insolubili.
John W. Gardner
Portiamo questo principio importantissimo nell’ambito del public speaking. Scrivo degli esempi per far capire subito il senso del discorso.
• Non è vero che “ci sono spesso rompiscatole nella platea”, ma è molto probabile che tu non abbia idea di come si prevenga e si gestisca il dissenso. La prima volta che ti capita, magari anche la seconda e la terza, non è colpa tua se non sai ancora gestire un’obiezione. Ma la quarta volta? E la quinta? Se non hai imparato a gestire le obiezioni, è colpa tua perché non ti sei assunto la responsabilità di imparare (e applicare) una tecnica efficace di gestione del dissenso.
• I fogli della lavagna non “sono finiti”, sei tu che non hai controllato prima dell’inizio se il numero fosse sufficiente o meno per la tua performance.
• I pennarelli dei centri congressi non sono “stitici e tutti quasi finiti” (io li definisco così!), sei tu che non sei abituato a portare i tuoi (come già dicevo, io uso i miei Pilot giganti: verde, blu, nero e rosso e uno di riserva per colore. E, quando li trovo nei negozi, anche dei bellissimi pennarelloni arancioni.
• Il problema vero non è la sala “buia e somigliante a uno squallido scantinato”, sei tu che non hai fatto un sopralluogo e richiesto magari una con luce naturale (che favorisce l’apprendimento!). E se chiedi anche un paio di piante, è meglio.
• “Nessuno ha carta e penna”: sei tu che non hai provveduto a portarne per tutti, immaginando che molti non ci avrebbero pensato.
• “Il materiale tecnico crea problemi” o tu non lo hai neanche provato prima?
Insomma la domanda è: “Dove scegli di mettere la tua asticella? A che altezza scegli di saltare?”. L’asticella bassa la sanno saltare tutti, ma il motivo per cui c’è tanta mediocrità in giro è perché pochi scelgono di spostarla più in su, di alzare la mira, di porsi obiettivi ...