
- 400 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Orgoglio e pregiudizio
Informazioni su questo libro
Mr. Darcy è l’emblema dell’orgoglio di classe ed Elizabeth Bennet l’incarnazione del pregiudizio che nasce dal rifiuto delle scelte fatte per convenienza. L’intreccio delle loro vite nella provincia inglese è al centro di uno dei più grandi classici della letteratura mondiale, trionfo di ironia e di sottigliezza psicologica.
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Informazioni
CAPITOLO DICIOTTO

Fino al momento in cui Elizabeth entrò nel salotto di Netherfield e cercò invano Mr Wickham nella moltitudine di uniformi rosse che lo affollavano, il dubbio che lui potesse non esserci non l’aveva neppure sfiorata. La certezza di incontrarlo lì non era stata incrinata da nessun ricordo che avrebbe potuto, e non senza ragione, metterla in allarme. Si era vestita con più cura del solito e si era preparata con lo spirito migliore per partire alla conquista di ciò che ancora restava indomito del cuore di lui, certa che non fosse più di quanto le sarebbe stato possibile conquistare nel corso di quella serata. Ma in un istante fu assalita dal terribile sospetto che, per compiacere Mr Darcy, Mr Bingley l’avesse di proposito omesso dalla lista degli ufficiali invitati; e nonostante le cose non stessero in quel modo, a confermare la sua assenza fu il suo amico Mr Denny, da cui Lydia si era precipitata a chiedere notizie, il quale disse loro che Mr Wickham aveva dovuto recarsi in città il giorno prima per affari e che non era ancora tornato, aggiungendo, con un significativo sorriso:
«Non credo che gli affari lo avrebbero richiamato altrove proprio ora, se non fosse stato per il desiderio di evitare un certo signore qui.»
Quell’allusione, che Lydia non capì, fu invece colta da Elizabeth la quale, se da un lato ebbe la conferma che Darcy non fosse direttamente responsabile dell’assenza di Wickham come aveva pensato in un primo momento, sull’onda di quella delusione non poté fare a meno di sentir crescere dentro di sé tutti i precedenti sentimenti di avversione nei suoi confronti, tanto che le fu quasi impossibile rispondere con cortesia alle educate domande che lui le rivolse, quando l’avvicinò poco dopo. Attenzione, indulgenza e tolleranza nei confronti di Darcy rappresentavano un torto nei confronti di Wickham. Aveva deciso che non gli avrebbe rivolto la parola e si allontanò di un umore talmente nero che non riuscì a superare neppure parlando con Mr Bingley, la cui cieca parzialità la irritava.
Ma Elizabeth non era portata al cattivo umore, e nonostante ogni sua aspettativa per quella serata fosse stata spazzata via, non avrebbe potuto adombrarla a lungo, e dopo aver confidato la sua delusione a Charlotte Lucas, che non vedeva da una settimana, fu subito pronta a passare alle stranezze del cugino, e lo indicò all’amica. I primi due balli, però, la fecero ripiombare nel cattivo umore: furono mortificanti. Mr Collins, goffo e pomposo, si scusava più di quanto prestasse attenzione e spesso sbagliava movimenti senza neppure rendersene conto, facendole provare tutta la vergogna e il fastidio che un cavaliere sgradito, e per ben due balli, può suscitare. Il momento in cui si liberò di lui fu meraviglioso.
Ballò con un ufficiale ed ebbe la consolazione di poter parlare un po’ di Wickham e di sentire quanto egli fosse universalmente apprezzato. Terminato quel giro di danze, tornò da Charlotte Lucas e stava chiacchierando con lei quando a un tratto si trovò accanto Mr Darcy che le chiedeva di ballare, cosa che la colse talmente di sorpresa che accettò senza pensare a quello che stava facendo. Lui si allontanò subito dopo e Elizabeth si ritrovò a rimpiangere la sua totale mancanza di prontezza di spirito. Charlotte provò a consolarla.
«Secondo me, finirà per piacerti.»
«Dio me ne scampi! Sarebbe proprio un bel guaio! Trovare piacevole un uomo che si è decisi a detestare! Non vorrai augurarmi una simile disgrazia!»
Tuttavia, quando ripresero le danze e Darcy si avvicinò per chiederle nuovamente l’onore di ballare, Charlotte non poté fare a meno di ammonirla in un sussurro a non essere sciocca e non permettere alle sue fantasie su Mr Wickham di farla apparire scortese agli occhi di un uomo tanto più importante di lui. Elizabeth non replicò e prese posto nel gruppo, stupita dell’onore che le era stato concesso di stare di fronte a Mr Darcy e leggendo negli occhi di chi le stava accanto lo stesso stupore. Per un po’ rimasero in silenzio, e Elizabeth cominciò a pensare che quel silenzio sarebbe durato per tutti e due i balli ed era abbastanza decisa a non fare nulla per romperlo; ma poi, pensando che per il suo cavaliere essere costretto a parlare sarebbe stato il più grande dei castighi, cominciò a fare qualche commento sul ballo. Lui le rispose e poi tacque di nuovo. Dopo qualche minuto, gli si rivolse nuovamente dicendo:
«Ora tocca a voi dire qualcosa, Mr Darcy: io ho parlato del ballo, ora voi dovreste fare qualche osservazione sulle dimensioni della sala o sul numero delle coppie.»
Lui sorrise e le assicurò che qualunque cosa lei desiderasse, lui l’avrebbe detta.
«Molto bene. Può bastare come risposta per il momento. Forse da qui a poco potrei dire che i balli privati sono molto più piacevoli di quelli istituzionali. Ma per il momento possiamo restare in silenzio.»
«Quindi seguite uno schema di conversazione quando ballate?»
«A volte. Sapete, bisogna fare un minimo di conversazione. Sarebbe strano restare in silenzio per un’intera mezz’ora ma, per il vantaggio di alcuni, la conversazione dovrebbe poter essere gestita con il minimo sforzo possibile.»
«E nel caso presente state cercando di assecondare i vostri desideri o immaginate di interpretare i miei?»
«Entrambi» rispose Elizabeth, maliziosa, «poiché ho sempre notato grande affinità nel nostro modo di pensare. Siamo asociali e taciturni, e non parliamo volentieri a meno che ciò che stiamo per dire non sia destinato a lasciare a bocca aperta l’intera sala e a essere tramandato ai posteri con l’autorevolezza degna di un proverbio.»
«Sono sicuro che questa non sia una descrizione verosimile del vostro carattere» disse Darcy. «Quanto poi lo sia del mio, non sta a me dirlo. Ma voi di certo lo ritenete un ritratto fedele.»
«Non posso giudicare la mia stessa rappresentazione.»
Egli non replicò e restarono in silenzio fino alla fine del ballo, quando lui le chiese se lei e le sue sorelle andassero spesso a Meryton; Elizabeth rispose di sì e, incapace di resistere alla tentazione, aggiunse: «Quando ci avete incontrate l’altro giorno, avevamo appena fatto una nuova conoscenza.»
L’effetto fu immediato. Un velo di alterigia calò sul suo volto, ma egli non disse una parola e Elizabeth, seppur biasimandosi per quella debolezza, non si sentì di continuare. Alla fine fu Darcy a parlare e in tono forzato disse:
«Mr Wickham ha senz’altro il dono di avere ottime maniere, che gli rendono facile farsi degli amici; se poi sia altrettanto in grado di conservarli non è altrettanto certo.»
«È stato così sfortunato da perdere la vostra, di amicizia» disse Elizabeth con enfasi, «e in un modo che probabilmente lo farà soffrire per tutta la vita.»
Darcy non replicò e sembrò desideroso di cambiare argomento. In quel momento, Sir William Lucas comparve al loro fianco mentre attraversava le file di ballerini diretto all’altro capo della sala, ma accortosi di Mr Darcy si fermò con un inchino eccessivamente cortese per complimentarsi con lui delle sue doti di ballerino e della sua dama.
«È un vero piacere osservarvi, mio caro signore. Uno stile tanto eccelso non si incontra spesso. Si vede che fate parte dell’alta società. Ma permettetemi di dirvi che la vostra dama non vi fa affatto sfigurare, e spero che questo piacere si ripeta spesso, in particolare quando, mia cara Eliza, si verificherà un certo lieto evento» disse scoccando un’occhiata a Jane e a Mr Bingley. «Allora le congratulazioni scorreranno a fiumi! Faccio appello al signor Darcy… Ma non permettetemi di interrompervi, signore. Di certo non mi ringrazierete per avervi sottratto all’affascinante compagnia di questa giovane signora, i cui raggianti occhi ora mi stanno rimproverando.»
Darcy ascoltò distrattamente l’ultima parte del discorso, mentre l’allusione all’amico parve colpirlo con una certa forza, e i suoi occhi si volsero seri a cercare Bingley e Jane che ballavano insieme. Ripreso subito il controllo, si volse verso la sua dama e disse:
«L’interruzione di Sir William mi ha fatto dimenticare ciò di cui stavamo parlando.»
«Non mi pare che stessimo parlando. Sir William non avrebbe potuto interrompere due persone in tutta la sala che avevano meno da dirsi. Abbiamo già provato con due o tre argomenti senza successo e non so immaginare di cosa potremmo parlare ora.»
«Cosa ne dite dei libri?» disse lui con un sorriso.
«Libri… Oh, no! Sono sicura che non abbiamo mai fatto le stesse letture, e comunque non con lo stesso spirito.»
«Mi dispiace che la pensiate così; ma se questo è il caso, allora se non altro non saremo a corto di argomenti. Potremmo confrontare le nostre differenti opinioni.»
«No, non posso parlare di libri in una sala da ballo, la mia mente è troppo affollata di altre cose.»
«È il presente quindi che vi tiene occupata in questi contesti?» disse lui, scettico.
«Sì, sempre» rispose lei, senza sapere bene quello che diceva, dal momento che i suoi pensieri avevano vagato molto lontano dalle contingenze, come le apparve evidente un istante dopo quando esclamò: «Ricordo che una volta, Mr Darcy, vi ho sentito dire che non perdonate quasi mai e che il vostro risentimento una volta nato è implacabile. Suppongo che quindi siate piuttosto cauto nel farlo nascere.»
«È così» disse lui, deciso.
«E che non permettiate al pregiudizio di accecarvi?»
«Spero di no.»
«Prevale, in coloro che non cambiano mai opinione, la certezza di giudicare sempre correttamente fin dall’inizio.»
«Posso chiedervi a cosa tendono queste domande?»
«Semplicemente a chiarire il vostro carattere» disse lei, cercando il più possibile di apparire leggera. «Sto cercando di decifrarlo.»
«E riuscite nel vostro intento?»
Elizabeth scosse il capo. «Per niente. Ho sentito racconti così discordanti sul vostro conto da esserne del tutto confusa.»
«Non ho difficoltà a credere» disse lui, serio «che le opinioni sul mio conto possano essere parecchio discordanti; ma posso solo sperare, Miss Bennet, che non vi stiate formando un’idea di me in questo preciso momento, perché ho ragione di temere che non farebbe onore né a me né a voi.»
«Ma se non mi faccio un’idea di voi ora, potrei non avere un’altra opportunità.»
«Non vorrei mai privarvi di questo piacere» ribatté lui, gelido. Elizabeth tacque, terminarono il ballo successivo e si separarono in silenzio, entrambi scontenti, anche se in modi diversi, poiché Darcy sentiva crescere nel petto un forte sentimento nei suoi confronti, che gli permise di perdonarla all’istante e che indirizzò il suo risentimento verso qualcun altro.
Si erano separati da poco quando Miss Bingley si avvicinò a Elizabeth e con un’espressione di sdegno trattenuto, le disse:
«E così, Miss Eliza, ho saputo che siete rimasta affascinata da George Wickham! Vostra sorella mi ha parlato di lui e mi ha fatto moltissime domande. E vedo che tra le altre cose quel giovanotto si è dimenticato di dirvi che è figlio del vecchio Wickham, sovrintendente del defunto Mr Darcy. Permettetemi di dirvi, tuttavia, che non dovete dare credito a tutto ciò che dice, perché per quanto riguarda il fatto che sia stato trattato male da Mr Darcy, questo è assolutamente falso. Al contrario, Mr Darcy è sempre stato eccessivamente generoso con lui, nonostante George Wickham lo abbia tradito nel più infamante dei modi. Non conosco i particolari, ma so che Mr Darcy non è da biasimare in nessun modo, che non tollera neppure di sentir nominare George Wickham e che, nonostante mio fratello ritenesse di non poter fare a meno di invitarlo con gli altri ufficiali, è stato ben felice di scoprire che si era levato di torno da solo. Il fatto stesso di venire qui è stato davvero sfacciato da parte sua e mi chiedo come abbia osato. Mi spiace per voi, Miss Eliza, che abbiate dovuto scoprire le colpe del vostro favorito, anche se, conoscendo la famiglia da cui proviene, non ci si poteva aspettare niente di meglio.»
«Le sue colpe e le sue origini coincidono, da quanto dite» disse Elizabeth, adirata, «perché non vi ho sentito accusarlo d’altro che di essere il figlio del sovrintendente di Mr Darcy, cosa di cui, vi posso tranquillizzare, mi aveva informata.»
«Vi chiedo scusa» replicò Miss Bingley voltandosi per andarsene con un sorriso di scherno. «Perdonate la mia intromissione. Volevo farvi un piacere.»
«Che insolente!» disse Elizabeth tra sé. «Ti sbagli di grosso se credi di influenzarmi con una critica tanto meschina. Io non ci vedo altro che la tua ignorante malafede e il rancore di Mr Darcy.» E andò a cercare sua sorella, che si era incaricata di fare domande sullo stesso argomento a Bingley. Jane la accolse con un sorriso dolcemente compiaciuto, un’espressione talmente radiosa che esprimeva bene quanto fosse soddisfatta della serata. Elizabeth comprese al volo i suoi sentimenti e in quel momento la preoccupazione per Mr Wickham, il risentimento verso i suoi nemici e ogni altra cosa svanirono davanti alla speranza che Jane sarebbe stata felice.
«Vorrei sapere» le disse con un sorriso altrettanto radioso «che cosa hai scoperto su Mr Wickham. Ma forse sei stata troppo piacevolmente impegnata per pensare a una terza persona. In tal caso, hai il mio perdono.»
«No» disse Jane, «non mi sono affatto dimenticata di lui. Ma non ho nulla di interessante da dirti. Mr Bingley non conosce tutta la storia e non sa quasi nulla delle circostanze che hanno tanto offeso Mr Darcy; ma è pronto a mettere la mano sul fuoco riguardo alla buona condotta, l’onestà e l’onore del suo amico, ed è assolutamente convinto che Mr Wickham meritasse meno considerazione di quanta ne abbia ricevuta da Mr Darcy. E mi dispiace dover dire che dai suoi racconti, come pure da quelli della sorella, Mr Wickham non sembra essere un gentiluomo rispettabile. Temo che sia stato davvero incauto, se ha perso la stima di Mr Darcy.»
«Mr Bingley non conosce personalmente Mr Wickham?»
«No, non l’aveva mai incontrato prima dell’altro giorno a Meryton.»
«Quindi ciò che riferisce lo ha saputo da Mr Darcy. Questo mi basta. Ma del beneficio che cosa ha detto?»
«Non ricorda i particolari, anche se ha sentito Mr Darcy parlarne più di una volta, ma crede che gli sia stato concesso con riserva.»
«Non metto in dubbio la sincerità di Mr Bingley» disse Elizabeth con dolcezza, «ma mi perdonerai se non intendo farmi convincere solo dalle sue certezze. Mr Bingley è stato molto corretto nel difendere il suo amico, ma dal momento che neppure lui conosce diversi risvolti della storia e il resto lo ha saputo dal suo amico, credo che non modificherò la mia opinione su nessuno dei due.»
Dopodiché passò a un argomento assai più gratificante per entrambe, e sul quale i loro sentimenti si accordavano perfettamente. Elizabeth ascoltò con gioia le caute ma belle speranze che Jane nutriva nei confronti di Mr Bingley e le disse ciò che poteva per alimentarle. In quel momento le raggiunse proprio Mr Bingley, e Elizabeth si allontanò per andare da Miss Lucas. Aveva a malapena risposto alle domande dell’amica su quanto fosse amabile il suo ultimo cavaliere, quando le si avvicinò Mr Collins e la informò di essere stato così fortunato da aver fatto un’importante scoperta.
«Ho saputo, per un caso davvero fortuito, che è presente in questa sala un parente molto stretto della mia benefattrice. Mi è capitato di sentire quel gentiluomo fare il nome della cugina, Miss de Bourgh e della madre, Lady Catherine, proprio alla giovane signora e padrona di questa casa. Non è meraviglioso che accadano certe coincidenze! Chi l’avrebbe mai detto che avrei incontrato – forse – un nipote di Lady Catherine de Bourgh a questo ballo! È una fortuna che lo abbia scoperto in tempo per portargli i miei rispetti, cosa che intendo fare ora, sperando che mi scuserà per non averlo fatto prima. La mia assoluta ignoranza di questa parentela andrà a sostegno delle mie scuse.»
«Non avete intenzione di presentarvi a Mr Darcy?»
«Certo che sì. Lo pregherò di scusarmi per non averlo fatto prima. Credo che sia il nipote di Lady Catherine. Potrò rassicurarlo sul fatto che Sua Signoria stava piuttosto bene una settimana fa.»
Elizabeth provò in tutti i modi a dissuaderlo da quell’intento, assicurandogli che Mr Darcy avrebbe interpretato il suo rivolgersi a lui senza essergli stato presentato come un’impertinente libertà più che come un omaggio a sua zia, che non era assolutamente necessario che si conoscessero e che se anche lo fosse stato, sarebbe toccato a Mr Darcy, data la superiorità della sua posizione, presentarsi. Mr Collins l’ascoltò con dipinta sul viso la determinazione a fare di testa sua e quando Elizabeth finì di parlare, le disse:
«Mia cara Miss Elizabeth, tengo in gran conto la vostra capacità di giudizio in tutto ciò che è alla portata della vostra conoscenza, ma permettetemi di dirvi che esiste una grande differenza di convenevoli tra i laici e quelli che invece regolano il clero, e permettetemi di osservare che considero l’ufficio ecclesiastico al pari livello del più alto rango del regno, purché ci si comporti con l’opportuna umiltà. Dovete quindi consentirmi di seguire i dettami della mia coscienza in questa occasione, che mi impone di fare ciò che considero un dovere. Perdonatemi se non intendo beneficiare del vostro consiglio, che in qualunque altra circostanza sarà la mia guida costante, a meno che io non consideri più adatto per educazione e abitudine a decidere cosa è giusto, rispetto a una giovane donna come voi.» E con un inchino la lasciò per andare all’attacco di Mr Darcy, il quale, Elizabeth lo osservò con attenzione, rimase evidentemente meravigliato del suo approccio disinvolto. Il cugino attaccò con un inchino solenne e nonostante Elizabeth non riuscisse a sentire una sola parola di quanto diceva, lesse sulle sue labbra le parole “scuse”, “Hunsford” e “Lady Catherine de Bourgh”. La irritava vederlo rendersi ridicolo davanti a quell’uomo. Mr Darcy lo guardava con malcelato stupore e quando finalmente Mr Collins gli permise di parlare, replicò con distaccata cortesia. Mr Collins tuttavia non si lasciò scoraggiare e il disprezzo di Mr Darcy sembrò crescere con la lunghezza del secondo discorso, alla fine del quale gli rivolse soltanto un lieve inchino e si allontanò. Mr Collins tornò da Elizabeth.
«Non...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Copyright
- Introduzione. di Fiore Manni
- Capitolo uno
- Capitolo due
- Capitolo tre
- Capitolo quattro
- Capitolo cinque
- Capitolo sei
- Capitolo sette
- Capitolo otto
- Capitolo nove
- Capitolo dieci
- Capitolo undici
- Capitolo dodici
- Capitolo tredici
- Capitolo quattordici
- Capitolo quindici
- Capitolo sedici
- Capitolo diciassette
- Capitolo diciotto
- Capitolo diciannove
- Capitolo venti
- Capitolo ventuno
- Capitolo ventidue
- Capitolo ventitré
- Capitolo ventiquattro
- Capitolo venticinque
- Capitolo ventisei
- Capitolo ventisette
- Capitolo ventotto
- Capitolo ventinove
- Capitolo trenta
- Capitolo trentuno
- Capitolo trentadue
- Capitolo trentatré
- Capitolo trentaquattro
- Capitolo trentacinque
- Capitolo trentasei
- Capitolo trentasette
- Capitolo trentotto
- Capitolo trentanove
- Capitolo quaranta
- Capitolo quarantuno
- Capitolo quarantadue
- Capitolo quarantatré
- Capitolo quarantaquattro
- Capitolo quarantacinque
- Capitolo quarantasei
- Capitolo quarantasette
- Capitolo quarantotto
- Capitolo quarantanove
- Capitolo cinquanta
- Capitolo cinquantuno
- Capitolo cinquantadue
- Capitolo cinquantatré
- Capitolo cinquantaquattro
- Capitolo cinquantacinque
- Capitolo cinquantasei
- Capitolo cinquantasette
- Capitolo cinquantotto
- Capitolo cinquantanove
- Capitolo sessanta
- Capitolo sessantuno