Le ali della colomba
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Le ali della colomba

  1. 576 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Le ali della colomba

Informazioni su questo libro

Questo bellissimo romanzo, forse il più enigmatico e appassionato tra le ultime opere di Henry James, narra la vicenda di una ricchissima ereditiera americana che, in un ritratto femminile del Bronzino, riconosce il proprio volto. Quel pallido viso è però una profezia di morte. Milly, così innamorata della vita, vede sfumare tutte le promesse dell'amore, della mondanità, del lusso. Sospesa sull'abisso mortale, viene irretita in un gioco amoroso da una coppia di amanti, belli e raffinati, che vorrebbero appropriarsi della sua ricchezza. Nel finale, però, la sconfitta di Milly si trasforma nella sua vittoria: colui che voleva tradirla si accorge di essere realmente innamorato di lei e le giura fedeltà anche dopo la morte.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817170222
eBook ISBN
9788858654736

LIBRO DECIMO

XXXIII

“Dunque sono... quanto hai detto? due settimane intere... senza dare un segno di vita?”
Kate glielo domandò con chiarezza nel buio decembrino di Lancaster Gate a proposito del tempo trascorso dal suo ritorno; ma egli la sentì subito mirabilmente fedele come sempre al suo istinto – che era anche un metodo – di non ammettere fra loro la possibilità di meschini risentimenti, di sciocchezze capaci di far vacillare la scambievole fiducia. Questo, di per sé, la rinnovata bellezza di questo, sarebbe bastato a commuoverlo fino in fondo al primo rivederla, se qualcosa di non meno vivido, ma del tutto diverso, non lo avesse commosso anche di più. Sentiva, vedendola, quello che era stata la loro separazione, e sentiva che s’incontravano alla fine di essa come due viaggiatori le cui avventure nel tempo e nello spazio, piene di pericoli e di esilii, erano state per entrambi particolarmente strane. Si domandava se le sembrava diverso come lei subito gli era sembrata: il che per lui voleva dire riconoscere con un fremito di gioia che, anche alla prima occhiata, non gli era apparsa mai tanto bella. Questa verità sbocciò per lui, alla luce del fuoco e della lampada che raggiavano il loro benvenuto nella nebbia londinese, come il fiore del suo cambiamento: poiché questo cambiamento – che consisteva fra l’altro in un aspetto più maturo di quanto non comportasse un semplice paio di mesi – era il frutto del loro amore. Se Kate era diversa, lo era perché avevano eletto insieme che lo fosse, e ben poteva ora sfoggiarlo orgogliosamente agli occhi suoi come prova della loro saggezza, del loro successo, della realtà di quanto era avvenuto, di quanto, in realtà, nello spirito di ciascuno, avveniva ancora. Egli si accorgeva benissimo di dover abbordare per prima cosa il fatto d’essere tornato e pure d’esser rimasto in silenzio per un ben calcolato numero di giorni; appunto per alleviare la coscienza si era rivolto finalmente alla zia Maud con un biglietto che aveva portato alla visita presente. Scrivere alla zia Maud gli era parsa la via più corretta; ma senza dubbio era notevole che non gli fosse costato nulla non scrivere a Kate. Da tre settimane si era lasciato Venezia alle spalle, ma sembrava che anche a Londra egli dovesse conformarsi agli ordini della sua amica. Per questo appunto era in grado di appellarsi a lei con tanta fede nel suo equilibrio, perché comprendesse la situazione e spiegasse quel riserbo tanto prolungato. Era venuto per dirle ogni cosa, almeno entro i limiti delle possibilità offerte dall’occasione; e il suo lento viaggio, l’attesa, l’indugio nel riprendere i contatti erano andati di pari passo con quella decisione, sicché l’incoerenza del suo comportamento rivelava, in fondo, solo l’intensità del suo sentire. Andava raccogliendo tutto quello che le avrebbe detto. Per questo ci voleva tempo e la prova era, come sentì subito, che prima di quel pomeriggio non avrebbe potuto portare tutto con sé. Ebbene, l’aveva portato fino all’ultima sillaba, e da tanta abbondanza non sarebbe stato difficile – come infatti non lo fu – cavar fuori, per la comprensione di Kate, il primo motivo.
“Quindici giorni, sì... venerdì sono stati quindici: ma non ho fatto che attenermi, vedi, al nostro meraviglioso sistema.”
Egli era, così, facilmente giustificato, in quanto ovviamente Kate non poteva dire di non “vedere”. Il loro meraviglioso sistema perciò era ancora pienamente vitale per lei: e lei non aveva da chiedere una prova che fosse parimenti vitale anche per lui. Densher non ebbe nemmeno bisogno di mettere i punti sugli i: si limitò a osservare che come certo, a giudicare dalle apparenze, ella ricordava, il loro meraviglioso sistema non dava nessun valore alla rapidità delle transizioni.
“Non potevo, capisci? reagire in modo tanto precipitoso; e credo di aver indugiato istintivamente sì da minimizzare, per te come per me, l’apparenza della precipitazione. Insomma si tratta di convenienza. Ma sapevo che avresti compreso.”
Kate comprese subito tanto bene che lo pregò perfino di non insistere, pur guardandolo, egli ben se ne accorse, come se quel prodigio di convenienza fosse una bella prova di ciò che ella aveva fatto di lui. Doveva sembrargli competente ad affrontare le eventualità, come del pari competente gli era sembrata lei, a Venezia. Egli si accorse di sorridere mentre perorava a favore di passi e di tappe, di sfumature, avrebbe detto, e di gradazioni, sebbene – per quanto generosamente doveva rispondere – Kate accogliesse il suo sorriso solo come aveva accolto il suo ingresso poco prima. Non era stata in quel momento la sua dolce gravità – che non era ancora solennità ma senso di una coscienza piena di vita fino all’orlo e desiderosa di non traboccare – ad attenuare il suo benvenuto: bensì la presenza nella stanza, per un paio di minuti, del domestico che stava preparando la tavola del tè e aveva dovuto interrompersi per introdurlo.
La risposta della signora Lowder al biglietto di Densher aveva fissato per il loro incontro l’ora del tè, alle cinque della domenica. In seguito Kate gli aveva telegrafato, senza firmare: “Vieni un quarto d’ora circa in anticipo, ci servirà”; egli era arrivato perciò, scrupolosamente, alle cinque meno venti. Kate era sola nel salotto, e non tardò a dirgli che la zia Maud, come aveva appreso con gioia, era occupata in quel breve ma prezioso intervallo con un vecchio domestico in pensione che le stava facendo una visita e che doveva ripartire alla fine dell’ora, per la periferia. Avrebbero avuto tutto per loro, dopo l’uscita del domestico, quel ritaglio di tempo, e ci fu un momento che, a dispetto del loro meraviglioso sistema, a dispetto della proscrizione degli slanci avventati e la convenienza delle sfumature, si rivelò veramente prezioso, e tutto senza pregiudizio – fu quello che ne salvò la nobiltà – della bella sobrietà di Kate, del suo bellissimo autocontrollo. Se lui aveva la discrezione, lei aveva le maniere perfette che costituivano il suo decoro. Per finirla con la questione del suo indugio, Densher osservò di non aver presunto d’ingannarle, perché certo la signora Lowder era stata messa al corrente della sua partenza dalla signora Stringham: dovevano sapere che egli non era più lì.
“Sì, l’abbiamo saputo.”
“E continuate a ricevere notizie?”
“Dalla signora Stringham? Certo. Cioè, ne riceve la zia Maud.”
“Allora ne avete di recenti?”
Il viso di Kate esprimeva un certo stupore.
“Fino a un paio di giorni fa, credo. Ma tu non ne hai?”
“No... non so nulla.” Proprio in quel momento il giovane sentì quanto aveva da raccontare. “Io non ricevo lettere; ma ero sicuro che le ricevesse la signora Lowder.” E aggiunse: “Allora, naturalmente, sapete”. Aspettò, onde permetterle di rivelare quel che sapeva; ma poiché ella dimostrava, in silenzio, soltanto l’albeggiare di una sorpresa che non riusciva a controllare, non gli restava che chiederle quello che desiderava sapere.
“La signorina Theale è viva?”
Lo sguardo che gli rivolse Kate fu immenso. “Non lo sai?”
“Come potrei saperlo, cara, lontano da tutto?” E spalancò gli occhi anche lui, quasi per vedere meglio. “È morta?” Poi siccome, guardandolo sempre fisso, ella scuoteva lentamente il capo, proferì uno strano: “Non ancora?”
Sembrò dal viso di Kate che parecchie domande si affollassero sulle sue labbra, ma quella che presentò fu: “È proprio terribile?”
“Quel modo di morire coscientemente, senza poter far nulla?” Densher rifletté un momento. “Ebbene, sì, giacché lo vuoi sapere; terribile per me, per quanto ne ho potuto vedere prima di venir via; ma non credo” seguitò “di poterti dire, anche volendolo, che cosa è stato, che cosa è per me. Per questo, forse,” spiegò “ho dato l’impressione di sperare che tutto fosse finito.”
Kate lo ascoltava con la più tranquilla attenzione; ma ormai Densher si accorgeva che avrebbe ascoltato quanto aveva da dirle divisa fra il desiderio e la riluttanza, fra la curiosità che, non a torto, la consumava e il contrastante scrupolo di un rispetto per la sciagura. Quanto più lo scrutava (e lui non l’aveva sentita mai così strettamente intenta al suo viso) tanto più la scelta di un atteggiamento sarebbe stato impossibile per lei. Ci sarebbe stato soltanto, ecco tutto, il prevalere di un sentimento, e quel sentimento non poteva essere di ansiosa premura. Questa intuizione crebbe rapidamente; per un attimo gli balenò l’idea che, se fosse andato troppo in là, lei lo avrebbe interrotto prorompendo in un meraviglioso: “Quali orrori mi racconti?” Avrebbe avuto l’aria d’un ripudio (non era in suo potere di provocarlo lui stesso?) per pietà, e soprattutto per vergogna, di quello che a Venezia c’era stato fra loro. Non si trattava, per lei, di confessare un ripensamento, non di cedere dinanzi alla compunzione e l’orrore; ma lui sentiva, nell’aria, che non avrebbe voluto particolari, che non li avrebbe per nulla accettati, che se lui voleva generosamente capirlo, avrebbe preferito tenerlo a freno. Capiva benissimo, tuttavia, di poter esser tenuto a freno, ma solo fino al punto che più gli conveniva. Qualcosa si ribellava in lui con violenza contro questo non poter essere libero con lei. Era stata abbastanza libera, su tutto, tre mesi prima! Lo era, adesso, solo nel senso che lo trattava con tanta generosità.
“Posso capire” disse Kate con perfetta considerazione “quanto debba esser stato terribile per te!”
Densher non le badò: desiderava chiarire subito altre cose.
“Non c’è nessuna probabilità, da quello che sapete? Voglio dire, per la sua vita.” E dovette insistere, poiché lei diceva il meno possibile: “Sta per morire?”
“Sta per morire.”
Gli sembrava strano che proprio Lancaster Gate dovesse metterlo al corrente di Milly: eppure che cosa, a proposito di Milly, non era strano? Nulla lo era più del proprio comportamento, presente e passato. Eppure, non poteva agire diversamente.
“Sir Luke” domandò “è tornato da lei?”
“Credo che adesso sia lì.”
“Allora è la fine.”
Ella accolse in silenzio quelle parole, qualunque cosa volessero significare; ma dopo un minuto parlò d’altro.
“Forse non saprai, a meno che non lo abbia visto tu stesso, che la zia Maud è andata da lui.”
“Ah!” esclamò Densher non trovando altro da aggiungere.
“Per aver notizie sicure” aggiunse Kate stessa dopo un momento.
“Non riteneva sicure quelle della signora Stringham?”
“Ero io, piuttosto, che ne dubitavo. Quando ha tentato di nuovo di vederlo, tre giorni fa, ha saputo a casa sua che era partito. Credo che si sia messo in viaggio qualche giorno fa.”
“E non può esser tornato nel frattempo?”
Kate scosse il capo.
“Ha mandato a domandare ieri.”
“Allora non la lascerà” rifletté Densher “finché è viva. Starà fino alla fine. È straordinario.”
“Credo che lo sia lei” disse Kate.
Si fissarono di nuovo a lungo; e ciò lo spinse a dire, in modo piuttosto strano: “Oh, se sapessi!”
“Ebbene, dopotutto è la mia amica.”
Fu questa, formulata con la sua bella compostezza, la risposta che meno si poteva aspettare da lei: e per un breve istante ravvivò d’un soffio l’antica impressione della sua imprevedibilità.
“Capisco. Ne sarai stata sicura. Ne eri sicura.”
“Certo che lo ero.”
Il silenzio cadde di nuovo fra loro; e fu Densher che lo ruppe.
“Se non ritenevi veritiere le notizie della signora Stringham, che cosa pensavi di quelle di Lord Mark?”
Di queste, Kate non pensava certo nulla.
“Lord Mark?”
“Non lo hai visto?”
“Dopo che è stato da lei, no.”
“Allora sai che è stato da lei?”
“Certo. Lo so dalla signora Stringham!”
“E sai” continuò Densher “il resto?”
Kate stupì. “Quale resto?”
“Ebbene, tutto. Che non ha potuto sopportare appunto la sua visita... che proprio quanto è avvenuto allora l’ha uccisa...”
“Oh!” mormorò Kate, seria. Ma impallidì, ed egli vide che, qualunque cosa ignorasse, era sincera.
“Questo la signora Stringham non l’ha detto.”
Densher osservò non di meno, che ella non s’informava di quanto era avvenuto, e continuò a metterla al corrente.
“L’ha colpita al punto che ha rinunciato a tutto. Non le importa più di nulla, e muore di questo.”
“Oh” sospirò Kate ancora una volta, pian piano, ma con una indeterminatezza che lo spinse a proseguire:
“Si capisce, adesso, che viveva per forza di volontà... il che è proprio quello che un tempo mi avevi detto di lei”.
“Ricordo. È così.”
“Ebbene, allora, a un certo momento la sua volontà è crollata e il collasso è stato determinato proprio dal vile colpo di costui. Le ha detto, quel mascalzone, che tu e io siamo segretamente fidanzati.”
Un lampo di sdegno balenò negli occhi di Kate.
“Ma non lo sa!”
“...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. INTRODUZIONE
  4. PREFAZIONE DELL’AUTORE
  5. LIBRO PRIMO
  6. LIBRO SECONDO
  7. LIBRO TERZO
  8. LIBRO QUARTO
  9. LIBRO QUINTO
  10. LIBRO SESTO
  11. LIBRO SETTIMO
  12. LIBRO OTTAVO
  13. LIBRO NONO
  14. LIBRO DECIMO