PARTE SESTA
Management di un fund raising
di successo
Hank Rosso era solito dire: “Si possono ricavare molti più fondi con un fund raising organizzato piuttosto che con un fund raising disorganizzato”, e la parte sesta riguarda appunto i vari aspetti della gestione del programma di fund raising, un’attività da integrare con le altre funzioni dell’organizzazione. Questa parte analizza il management e la leadership per venire incontro alle esigenze dei fundraiser nella gestione del piano generale di sviluppo.
La filosofia di Rosso sul fund raising è incentrata sul coinvolgimento dei volontari nel processo di raccolta fondi: tra le altre funzioni relative al management e alla leadership, i primi due capitoli della parte (22 e 23) si occupano della “gestione” dei volontari e della loro valorizzazione in quanto leader dell’organizzazione non profit, tematiche che vengono riprese al capitolo 24 nella trattazione del ruolo del consiglio di amministrazione nel fund raising.
I capitoli 25 e 26 affrontano il tema del management delle risorse informative per il successo del fund raising, spiegando le modalità di utilizzo delle nuove tecnologie nel trattamento dei dati e nei vari processi che concorrono alle attività di fund raising.
Raccogliere fondi costa: un fundraiser di successo si basa su di un budget in grado di sostenere le attività necessarie, e può accertare costi e benefici delle varie attività, valutando rischi e potenziali ritorni economici delle nuove iniziative di raccolta fondi. Il capitolo 27 fornisce indicazioni per redigere il budget per il fund raising e analizzarne i costi, prendendo in esame concetti come l’investimento e il suo rendimento.
I consulenti rivestono un ruolo fondamentale nel management del processo di fund raising, dalla valutazione del programma fino alla realizzazione di studi di fattibilità e alla consulenza e assistenza durante le campagne di raccolta capitali. La partecipazione di un consulente va comunque studiata con attenzione per ottenere i massimi risultati: il capitolo 28 spiega come avvalersi di queste figure professionali.
22 Management del programma di fund raising
Questo capitolo si occupa principalmente del management del processo di fund raising e si ricollega alla discussione sulla leadership esposta nei capitoli seguenti.
22.1 Sfide nel management dell’organizzazione non profit
Indipendentemente dalle dimensioni dell’organizzazione non profit che dirigono, i manager del fund raising si trovano di fronte ogni giorno a problematiche impegnative e dispendiose in termini di tempo, risorse ed energie nervose. Generalmente, le organizzazioni non profit più grandi e complesse affrontano problematiche più profonde e variegate: tuttavia, tutti i leader delle organizzazioni non profit, grandi e piccole, devono necessariamente disporre di abilità manageriali, procedure organizzative, personale retribuito e sistemi che consentano loro di muoversi agevolmente all’interno di tematiche complesse. Rosso ha descritto il management del programma di fund raising come “la gentile arte di aiutare le persone a lavorare insieme produttivamente” (Rosso, 1991b, p. 131). Si può paragonare il manager dell’organizzazione non profit al dirigente di una impresa profit: inizialmente si potrebbero evincere radicali differenze tra gli stili dei due leader, eppure, in definitiva, il manager della prima non si discosta da quello della seconda per quanto riguarda la realizzazione di risultati misurabili e progressivi.
I manager del fund raising efficienti hanno imparato ad adoperare i principi fondamentali, in particolare gli elementi che costituiscono il cosiddetto “cubo del fund raising” – grado di preparazione dell’organizzazione non profit, risorse umane, management, mercati, strumenti, e funzioni dinamiche – per coniugare con successo persone, idee, e programmi nell’interesse dell’organizzazione non profit. Sebbene mantenga un carattere omnicomprensivo, il processo di management non è statico: sarebbe meraviglioso per un’organizzazione non profit essere in grado di redigere un piano di management maturo da un giorno all’altro e per un manager essere in piena attività dal primo giorno di lavoro. In realtà, tutti sanno che il management consiste in un processo sviluppato nel tempo per soddisfare le specifiche necessità dell’organizzazione non profit e delle persone a essa legate. Si deve prestare attenzione a sostenere e a elaborare continuamente il processo di management in modo che si sviluppi parallelamente all’organizzazione.
Oggi i manager e le organizzazioni non profit devono far fronte a una serie di problematiche cruciali, tra le quali:
• acquisire esperienza sui rapidi mutamenti che interessano il settore;
• rispondere alla richiesta di molteplici servizi a fronte di risorse limitate;
• rispondere alla richiesta di una maggiore accountability che proviene dal consiglio di amministrazione e dai donatori;
• trovare un punto di equilibrio tra le necessità urgenti di oggi e gli obiettivi strategici di domani;
• definire i ruoli di leadership del consiglio di amministrazione, del personale retribuito e dei volontari;
• tenere il passo delle ultime innovazioni tecnologiche per migliorare l’efficienza e la capacità di aggiornamento delle informazioni;
• stimolare e dare libero sfogo alle motivazioni interiori del personale retribuito e dei volontari, anche quando le risorse sono limitate.
La serie di ardui ostacoli che i manager delle organizzazioni non profit devono superare per adempiere alla mission può sembrare scoraggiante. Tuttavia, esiste un elemento universale per il successo di ogni organizzazione non profit: la sua gente – la leadership, i membri del consiglio di amministrazione, il personale retribuito, i volontari e i donatori che infondono e ricevono fiducia dalle potenzialità dell’organizzazione non profit. Per usare le parole di Rosso, i manager del fund raising esperti ricoprono “il delicato compito di esercitare una leadership rassicurante, di realizzare molti obiettivi tramite la persuasione” (1991b, p. 131) nel convincere le persone a focalizzare i propri sforzi sul benessere dell’organizzazione non profit. Non è certamente un compito adatto ai deboli di cuore o a chi manca di determinazione, ma si può fare molto per accentuare le abilità manageriali di una persona.
22.2 I manager del fund raising e le loro responsabilità
“Non c’è gloria alcuna nel raggiungere un risultato senza entusiasmo”, scriveva Ralph Waldo Emerson nel 1841. Sebbene l’osservazione di Emerson rimanga applicabile ai leader di molte professioni, essa è vera in particolar modo per il management del fund raising. Un leader del fund raising entusiasta è considerato un elemento fondamentale da molte persone che operano all’interno di un’organizzazione non profit: il segretario generale, il personale retribuito, il personale di supporto, i membri del consiglio di amministrazione, i volontari e i donatori. Per rendere il loro ruolo ancora più positivo, i leader devono sviluppare meccanismi per ottimizzare la comunicazione, per incrementare la produttività e per vedere realizzati gli obiettivi strategici dell’organizzazione. Alcuni principi si mantengono validi per tutti i leader del fund raising, ma forse nessuno è tanto essenziale quanto la più assoluta fiducia nella mission dell’organizzazione non profit e la lealtà nel servirla. Ecco le caratteristiche di un leader entusiasta:
• una persona disponibile, aperta al dialogo a tutti i livelli dell’organizzazione non profit;
• un leader sicuro e competente, che trae la propria autorevolezza dall’aiutare le persone a lavorare insieme;
• una persona onesta e degna di fiducia;
• una persona che sa ascoltare;
• una persona rispettosa nei confronti del personale retribuito e dei volontari, nonché dei donatori e dei membri del consiglio di amministrazione;
• una persona che sa stabilire in modo chiaro gli obiettivi strategici e sprona il personale retribuito a impegnarsi per raggiungere la meta prestabilita;
• una persona in grado sia di riconoscere un lavoro ben fatto sia di realizzare un feedback costruttivo;
• un leader che ispira agli altri creatività e ottimismo;
• un professionista fiero di essere conosciuto per la sua attività di fundraiser;
• una persona che dimostra un codice etico nei discorsi e nelle azioni che compie;
• una persona conscia dell’importanza della donazione all’interno del Terzo Settore.
I migliori manager del fund raising sono risolutori di problemi in grado di trovare una soluzione che incoraggi le persone intorno a loro, compresi i membri del consiglio di amministrazione, a pensare e ad agire in modo creativo nell’interesse dell’organizzazione non profit. Un management del fund raising di successo è il risultato della convergenza tra buone relazioni interpersonali e buone procedure economiche. La parola chiave è relazioni: le relazioni sono costruite intorno alle persone. Sono le persone a sognare, a volere, a pianificare e a mettere in pratica il fund raising. Senza la costruzione di relazioni efficaci, le migliori procedure economiche stenteranno a decollare o, nel migliore dei casi, saranno la ripetizione di cose già viste. Analogamente, senza l’implementazione di un piano ben strutturato, anche le persone più dinamiche all’interno dell’organizzazione non profit non saranno pienamente soddisfatte né utilizzate al meglio delle loro possibilità. Il solido intreccio tra capacità tecniche ben padroneggiate e valori morali convincenti crea fiducia, condivisione degli obiettivi strategici, euforia, e rappresenta la via ideale per ottenere risultati efficaci.
In che cosa consiste un programma di sviluppo che abbia “successo”? Che cosa desidera realmente realizzare il fundraiser? Che cosa fa in prima persona per riuscirci? Come misura i risultati? Che cosa può fare per raggiungere gli obiettivi strategici il più rapidamente possibile? Sarà in grado di portare il programma al livello successivo? Come può mantenere la soddisfazione dei volontari? Sarà in grado di raccogliere più donazioni a fronte di risorse limitate? Il personale retribuito è in grado di realizzare gli obiettivi strategici? Sono tutte buone domande che devono porsi quanti desiderano vedere la loro organizzazione non profit al servizio della pubblica utilità. Ciascuno di questi interrogativi richiama una tematica comune: l’efficacia del management del fund raising. A prescindere dal fatto che il personale retribuito lavori part time o full time, l’efficacia del management del fund raising si dimostra quando le persone e i programmi procedono di pari passo nell’affrontare le necessità e nella raccolta delle donazioni.
22.3 Affrontare la sfida attraverso le funzioni fondamentali del management
Il processo di management adottato comprende 6 funzioni distinte per la pianificazione, l’implementazione e la valutazione: si tratta di analisi, pianificazione, esecuzione, controllo, valutazione ed etica professionale.
22.3.1 Analisi
Il management inizia con l’analisi: in definitiva, il processo di pianificazione è generato dall’analisi delle molteplici componenti dell’organizzazione non profit, tra cui la mission e il caso per la raccolta fondi, le risorse umane, l’ambiente di lavoro, la comunicazione interna ed esterna e le risorse economiche. Gli obiettivi strategici e operativi vanno sottolineati nel piano di fund raising, insieme agli specifici piani d’azione che si intende implementare. È altresì importante fare partecipi le figure dell’organizzazione non profit il cui apporto è essenziale per ottenere il successo e per stabilire le priorità tra gli obiettivi strategici. Infine, con l’analisi si risponde alla domanda: “A che punto siamo oggi?”.
22.3.2 Pianificazione
Il processo di pianificazione è importante quanto il piano stesso (maggiori precisazioni su questo importante argomento si possono trovare nel capitolo 3). “Stiamo andando nella direzione giusta?” e “Che cosa stiamo facendo per raggiungere lo scopo prefissato?” sono logiche domande da porsi. Occorre vedere il piano e il processo di pianificazione come mezzi per valutare ininterrottamente gli obiettivi strategici dell’organizzazione non profit: bisogna sempre guardare in avanti. Nessuno, di sua spontanea volontà, elaborerebbe un piano che porti alla paralisi, ma può avvenire ugualmente: una pianificazione limitata o del tutto assente ha come risultato la mancanza di chiarezza o, peggio ancora, aspettative e orientamenti irrealistici nella funzione di sviluppo da parte del segretario generale, del consiglio di amministrazione, del personale retribuito e dei volontari. Le cause alla base della mancata pianificazione e le conseguenze che ne derivano sono generalmente le medesime: paura; diffidenza; inerzia e apatia. Al contrario, un eccesso di pianificazione impedisce alle persone di proiettarsi in avanti: un manager non dovrebbe sottomettere se stesso e il personale retribuito a punti specifici del piano senza riconoscere l’importanza di una reazione flessibile alle nuove opportunità e alle sfide impreviste. Capiterà di dover apportare modifiche nel corso del tempo: il piano, nella maggioranza dei casi, sarà utilizzato alla stregua di un satellite per le comunicazioni globali, anche se talvolta occorrerà battere nuove strade per raggiungere gli scopi desiderati.
Quali scadenze occorre porsi per il processo di pianificazione? Si raccomanda di sviluppare e rifinire il piano ogni anno, creando una pianificazione strategica (da 6 a 12 mesi). Anche un piano a lungo termine (generalmente della durata da 1 a 5 anni o più) può essere rivisto e aggiornato annualmente, per assicurarsi che esso sia adatto sia alle esigenze del presente sia alla crescita e agli orientamenti per il futuro. Le persone che occupano importanti ruoli decisionali dovrebbero essere chiamate a una partecipazione attiva nel processo di pianificazione, e il loro contributo dovrebbe essere integrato all’interno del piano, e non aggiunto come appendice al prodotto finale; tra queste persone vanno segnalate il segretario generale, i membri del consiglio di amministrazione, il personale retribuito, i grandi donatori, i costituenti e i volontari. Secondo Joseph Mixer, “Le parti più interessate al piano, lo sosterranno con maggior forza se saranno consultate e coinvolte durante la sua realizzazione” (1993, pp. 96-97). Incoraggiare all’assunzione prudente del rischio e al pensiero innovativo si ripercuote positivamente sul modo in cui le persone lavorano durante il processo di pianificazione, individualmente e collegialmente. Occorrerà valutare il programma, l’organizzazione (consiglio di amministrazione e personale retribuito) e il settore della raccolta fondi (fund raising, marketing e pubbliche relazioni). Se svolto correttamente, il processo di pianificazione rappresenta un’esperienza stimolante, che fa sì che ogni partecipante si senta coinvolto in prima persona nella sua realizzazione. Un ulteriore beneficio consiste nel dare fiducia, autostima, comprensione e collegialità all’intero team.
22.3.3 Esecuzione
Non appena il piano di sviluppo viene elaborato all’interno del documento finale, il manager del fund raising deve implementarlo e assegnare i vari compiti; altrimenti, il piano non è altro che un’opera narrativa riposta su di uno scaffale, il che è decisamente una pessima prospettiva. Sarebbe assurdo esercitarsi una volta all’anno e poi dire: “Sono felice che per altri dodici mesi sia finita!”. È noto che con una regolare attività fisica si riesce a tonificare e rafforzare i muscoli, nonché a migliorare la circolazione: parimenti occorre lavorare con costanza al processo di implementazione, se non si vuole rischiare di dover ripartire da zero. È compito di chi dirige l’attività di fund raising spronare l’organizzazione non profit con energia e ottimismo, impegnandosi a dedicare il proprio tempo a questo processo. Il leader deve intraprendere con serietà tutti i compiti che possono essere assunti solo da lui personalmente: bisogna ricordarsi che il pe...