
- 208 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Manon Lescaut
Informazioni su questo libro
È affascinante, inquieta, capace di amare e di far soffrire, Manon Lescaut, ma soprattutto è una donna indipendente, moderna, contraddittoria e sfuggente, che desidera solo la fedeltà del cuore. Trascina il Cavaliere des Grieux in un vortice di passioni che crescono divise tra tensioni opposte: il senso di colpa e la libertà, l'ordine e l'anticonformismo. Il mondo ambiguo, moralista e insieme romantico di Manon Lescaut ha ispirato con la sua vivace forza narrativa le celebri opere liriche di Puccini e Massenet e ha coinvolto generazioni di lettori in una storia d'amore tormentata, profonda e assolutamente umana.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Manon Lescaut di Antoine François Prévost in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Print ISBN
9788817018036eBook ISBN
9788858654460Manon Lescaut
Avvertenza dell’Autore
delle Memorie di un uomo
di nobile condizione
Avrei potuto far entrare nelle mie Memorie le avventure dello sfortunato Cavaliere des Grieux, ma mi è sembrato che, non essendovi tra le une e le altre alcun rapporto necessario, il lettore avrebbe avuto maggior soddisfazione a trovarle qui separatamente. Un racconto di tanta lunghezza avrebbe interrotto per troppo tempo il filo della mia propria storia. Per quanto io sia lontano dal pretendere, in quest’opera, alla qualità di vero scrittore, non ignoro che una narrazione dov’essere talvolta alleggerita di tutto ciò che potrebbe renderla confusa e pesante. È il precetto d’Orazio:
Ut jam nunc dicat, jam nunc debentia dici
Pleraque differat, ac praesens in tempus omittat.
Pleraque differat, ac praesens in tempus omittat.
Né c’è bisogno di una così alta autorità per dimostrare una verità tanto semplice, perché il buon senso è la prima fonte delle regole di questo genere.
Se il pubblico ha trovato qualcosa di piacevole e d’interessante nella storia della mia vita, oso promettergli che quest’aggiunta non lo lascerà insoddisfatto. Vedrà, nella condotta del signor des Grieux, un esempio terribile della forza delle passioni. Ho da dipingere un giovane cieco, il quale rifiuta di essere felice per precipitarsi volontariamente nelle peggiori sfortune; che, con tutte le qualità atte ad acquistargli la più brillante considerazione, preferisce, per sua scelta, una vita oscura e vagabonda a tutti i vantaggi della sorte e della natura; che prevede le sue sciagure e non vuole evitare; che le sente fino ad esserne oppresso, e non vuole approfittare dei rimedi che di continuo gli si offrono e che potrebbero a tutti momenti por fine a quelle sciagure; insomma, un carattere ambiguo, un misto di virtù e di vizi, un perpetuo contrasto di buoni sentimenti e di cattive azioni. Tale è lo sfondo del quadro che presento ai miei lettori. Le persone di buon senso non considereranno un’opera di questa natura come un passatempo inutile. Oltre al piacere di una lettura dilettevole, vi troveranno avvenimenti che potranno servire all’educazione dei costumi; e credo che si renda al pubblico un notevole servigio, quando si riesce a istruirlo divertendolo.
Talvolta, nel riflettere sui precetti della morale, ci si meraviglia di vederli a un tempo stimati e negletti; e ci si domanda la ragione di quest’anomalia del cuore umano che gli fa apprezzare quelle idee di bene e di perfezione dalle quali, nella pratica, si allontana continuamente. Se le persone di una certa raffinatezza di sentimenti e di costumi volessero esaminare qual è l’argomento più comune delle loro conversazioni, o anche delle loro fantasticherie solitarie, s’avvedrebbero facilmente ch’esse si aggirano quasi sempre su considerazioni morali. I più cari momenti della loro vita sono quelli che trascorrono soli, o con qualche amico, per intrattenersi a cuore aperto degli incanti della virtù, delle dolcezze dell’amicizia, dei modi di giungere alla felicità, delle debolezze della natura che ce ne allontanano, e dei rimedi che possono guarirci. Orazio e Boileau considerano tali conversazioni come uno dei più begli elementi fra quelli che compongono la loro immagine d’una vita felice. Come avviene dunque che si cada poi così facilmente da queste alte speculazioni, per ritrovarci di colpo al livello degli uomini comuni? Oso credere che la ragione che sto per esporre metta bene in chiaro questa contraddizione tra le nostre idee e la nostra condotta: il fatto è che tutti i precetti della morale sono principi vaghi e generici, ed è perciò molto difficile farne un’applicazione caso per caso, esaminando singolarmente costumi e azioni. Facciamo un esempio. Le anime bennate sentono la dolcezza e l’umanità come virtù amabili, e sono inclinate a praticarle; ma, al momento di porle in atto, restano sovente perplesse. È proprio quella l’occasione di metterle in pratica? E quale dev’esserne la misura? Non prendiamo abbaglio sull’oggetto? Cento difficoltà di questo genere ci fanno indugiare: temiamo d’essere ingannati se ci mostriamo benefici e liberali, di passare per deboli se rifacciamo vedere troppo teneri e troppo sensibili, insomma di eccedere o di non adempiere a sufficienza quei doveri che sono racchiusi, in maniera troppo oscura nelle nozioni generali d’umanità e di dolcezza. In questo dubbio, solo l’esperienza o l’esempio possono dare un indirizzo ragionevole all’inclinazione del cuore. Ma l’esperienza non è un vantaggio che tutti siano liberi di concedersi: essa dipende dalle differenti condizioni in cui si è posti dalla sorte. Non resta dunque che l’esempio, che possa servire di regola a moltissime persone, nell’esercizio della virtù. Proprio per tale specie di lettori, opere come questa possono essere d’una suprema utilità, almeno quando sono scritte da una persona d’onore e di buon senso. Ogni fatto che vi si racconti è come un certo grado di luce, un’istruzione che supplisce all’esperienza; ogni avventura è un modello al quale possiamo conformarci: occorre solo adattarlo alle circostanze in cui ci troviamo. Tutta l’opera è un trattato di morale piacevolmente ridotto a esercizio.
Un lettore severo sarà forse urtato nel vedermi riprendere la penna alla mia età, per narrare avventure di fortuna e di amore; ma, se le riflessioni che ho fatto sono giuste, esse mi giustificano; se sono false, il mio errore sarà almeno la mia scusa.
Parte Prima
Sono costretto a far risalire il mio lettore al tempo in cui incontrai per la prima volta il Cavaliere des Grieux. Fu circa sei mesi prima della mia partenza per la Spagna. Per quanto uscissi di rado dalla mia solitudine, la condiscendenza che avevo per mia figlia m’obbligava talvolta a certi piccoli viaggi che abbreviavo il più possibile.
Tornavo un giorno da Rouen, dove ella mi aveva pregato di andare a sollecitare una pratica al Parlamento di Normandia, per l’eredità di alcune terre sulle quali vantava dei diritti di successione da parte del mio nonno materno. Ripresa la strada per Evreux, dove dormii la prima notte, arrivai l’indomani, per l’ora di pranzo a Pacy, che ne dista cinque o sei leghe. Nell’entrare in questo borgo, fui sorpreso nel vederne gli abitanti in gran subbuglio: uscivano precipitosamente dalle loro case, per correre in folla alla porta d’una brutta locanda, davanti alla quale c’erano due carri coperti, i cui cavalli, ancora attaccati e fumanti di fatica e di sudore, mostravano che le due vetture erano appena arrivate. Mi fermai un momento per informarmi della causa del trambusto, ma trassi pochi chiarimenti da una folla curiosa che non faceva la minima attenzione alle mie domande, e s’accalcava sempre più davanti alla locanda tra le spinte e la confusione. Alla fine, essendo apparso sulla porta un arciere con bandoliera e moschetto in spalla, gli feci segno d’avvicinarsi, e lo pregai di dirmi la ragione di tanto disordine.
«Nulla di grave, signore» mi rispose. «Si tratta d’una dozzina di ragazze perdute, che conduco coi miei compagni all’Havre de-Grâce dove le imbarcheremo per l’America. Ce n’è qualcuna molto carina e, a quanto pare, questo eccita la curiosità di questi bravi contadini.»
Me ne sarei andato dopo questa spiegazione, se non fossi stato fermato dalle esclamazioni di una vecchia che usciva dalla locanda congiungendo le mani, e gridando ch’era una cosa barbara, una cosa che faceva orrore e compassione.
«Di che si tratta?» le chiesi.
«Ah, signore, entri,» mi rispose, «e vedrà se questo spettacolo non strappa il cuore!»
La curiosità mi fece scendere dal cavallo, che lasciai al mio domestico. Entrai a stento, fendendo la folla, e vidi infatti qualcosa di molto commovente. Tra le dodici ragazze incatenate a sei a sei per i fianchi, ce n’era una che aveva un volto e un’aria così poco conformi alla sua condizione che, in tutt’altro stato, l’avrei presa per una principessa. La sua tristezza e la sporcizia dei suoi abiti la imbruttivano così poco, che la sua vista mi ispirò rispetto e pietà. Ella cercava di girarsi, per quanto glielo permetteva la catena, per sottrarre il volto alla curiosità degli spettatori. Lo sforzo che faceva per nascondersi era tanto naturale, che pareva prodotto da un sentimento di mitezza e di modestia. Siccome le sei guardie che accompagnavano questa banda d’infelici erano anch’esse nella stanza, chiamai il capo a parte, e gli domandai qualche spiegazione sulla sorte di quella bella ragazza. Non poté darmi che notizie molto generiche.
«L’abbiamo tolta dall’Hôpital,» mi disse, «per ordine del luogotenente di polizia, e non è da pensare che vi sia stata rinchiusa per le sue buone azioni. L’ho interrogata parecchie volte per la strada, ma si ostina a non rispondermi. Tuttavia, benché non abbia avuto ordine di trattarla meglio delle altre, cerco di usarle qualche riguardo, perché mi sembra che valga qualcosa di più delle sue compagne. Ecco un giovanotto,» aggiunse l’arciere, «che potrà ragguagliarla meglio di me sul suo conto: egli l’ha seguita da Parigi senza mai cessare di piangere. Dev’essere suo fratello o il suo amante.»
Mi voltai verso l’angolo della stanza dove questo giovanotto era seduto. Pareva immerso in una profonda fantasticheria. Non ho mai visto una più viva immagine del dolore. Era vestito molto semplicemente; ma un uomo di buona nascita e di buona educazione lo si distingue al primo sguardo. Mi avvicinai a lui. Si alzò, e scorsi nei suoi occhi, nella sua persona e in tutti i suoi movimenti, un’aria così nobile e fine che mi sentii, d’istinto, portato a volergli bene.
«Non vorrei disturbarla,» gli dissi sedendomi accanto a lui. «Può soddisfare il mio desiderio di conoscere quella bella ragazza che non mi pare proprio fatta per il triste stato in cui la vedo?»
Mi rispose gentilmente che non poteva dirmi chi ella fosse senza farsi conoscere egli pure, e che aveva forti ragioni per cercar di restare sconosciuto.
«Le posso però dire ciò che questi miserabili sanno bene,» continuò indicando gli arcieri, «e cioè che io l’amo d’una passione tanto violenta da rendermi il più infelice degli uomini. Ho fatto di tutto, a Parigi, per ottenere la sua libertà, ma le sollecitazioni, l’abilità e la forza non sono servite a nulla. Ho deciso di seguirla, dovesse andare in capo al mondo: m’imbarcherò con lei, andrò in America. Ma, con una ferocia disumana, quei vili furfanti,» aggiunse parlando degli arcieri, «non vogliono più permettermi d’avvicinarmi a lei. Il mio progetto era di attaccarli apertamente a qualche lega da Parigi: mi ero procurato quattro compagni che mi avevano promesso il loro aiuto per una somma considerevole, ma quei traditori mi hanno lasciato solo, e sono scappati col mio denaro. L’impossibilità di riuscire con la forza mi ha fatto deporre le armi: ho proposto allora agli arcieri di permettermi almeno di seguirla, offrendomi di compensarli, e l’avidità del guadagno li ha fatti consentire. Hanno però voluto essere pagati ogni volta che mi hanno concesso la libertà di parlare alla mia amante, e la mia borsa così si è in poco tempo esaurita, e adesso che sono senza un soldo hanno la barbarie di scacciarmi brutalmente, se faccio un passo verso di lei. Ancora un momento fa, mi hanno allungato due o tre botte col calcio del fucile, perché avevo osato avvicinarmi nonostante le loro minacce. Per soddisfare la loro cupidigia e poter continuare il viaggio, almeno a piedi, sono obbligato a vendere un modesto cavallo che mi ha portato fin qui.»
Per quanto sembrasse dire tali cose abbastanza tranquillamente, alla fine lasciò cadere qualche lacrima. Quest’avventura mi parve delle più straordinarie e commoventi.
«Non la spingo a rivelarmi il segreto del suo caso,» gli dissi, «ma se posso esserle utile in qualcosa, disponga di me.»
«Ahimè!» egli riprese, «non vedo alcun barlume di speranza. Bisogna che mi rassegni a tutto il rigore della mia sorte. Andrò in America. Laggiù almeno sarò libero con quella che amo. Ho scritto a uno dei miei amici, e questi mi farà avere qualche aiuto all’Havrede-Grâce. Ciò che mi preme è di poter arrivare fin là e di procurare a quella povera creatura,» aggiunse con una triste occhiata alla sua amante, «qualche sollievo lungo la strada.»
«Ebbene,» gli dissi, «la tolgo dall’imbarazzo. Ecco un po’ di denaro che la prego d’accettare. Mi dispiace di non poter essere utile in altro modo.»
Gli diedi quattro luigi d’oro, di nascosto dalle guardie, poiché m’immaginavo che, sapendolo possessore di tale somma, gli avrebbero venduto più care le loro condiscendenze. Mi venne anche in mente di contrattare con loro, per ottenere al giovine il permesso di parlare liberamente con la ragazza fino all’Havre. Fatto cenno al capo d’avvicinarsi, gli feci la proposta. Mi parve vergognoso, nonostante la sua sfrontatezza.
«Signore,» mi fece con un certo imbarazzo, «non è che noi rifiutiamo di lasciarlo parlare con quella ragazza, ma egli vorrebbe essere continuamente vicino a lei, e questo ci disturba: è dunque giusto che paghi il disturbo.»
«Sentiamo allora,» gli dissi, «quanto vuoi per non sentire il disturbo?»
Ebbe l’audacia di domandarmi due luigi. Glieli diedi subito.
«Ma bada bene,» gli dissi, «di non fargli qualche bricconata. Lascio il mio indirizzo al giovanotto perché possa informarmene, e ricordatevi tutti quanti che ho la possibilità di farvi punire.»
La faccenda, quindi, mi costò sei luigi d’oro. La buona grazia e la viva riconoscenza, con le quali il giovane sconosciuto mi ringraziò, ribadirono la mia persuasione ch’egli fosse di buona nascita, e meritasse la mia liberalità. Nell’uscire, dissi qualche parola alla sua amante. Ella mi rispose con una modestia così dolce e così attraente, che non potei fare a meno di fare mille riflessioni sul carattere incomprensibile delle donne.
Ritornato nella mia solitaria dimora, non seppi più nulla del seguito di quell’avventura. Passarono quasi due anni, che me la fecero interamente dimenticare, finché il caso mi ridiede l’occasione di conoscerne a fondo tutti i particolari.
Arrivavo da Londra a Calais col marchese di…, mio allievo, e alloggiammo, se ben ricordo, al Leon d’Oro, dove le circostanze ci obbligarono a passare l’intera giornata e la notte. Passeggiando nel pomeriggio per le vie di Calais, credetti di riconoscere quel giovanotto che avevo incontrato a Pacy. Era in pessimo arnese, e molto più pallido dell’altra volta: portava sul braccio una vecchia sacca da viaggio poiché arrivava proprio allora in città. Ma aveva una fisionomia troppo bella o troppo distinta per non esser facilmente riconosciuto, e me lo ricordai subito.
«Bisogna,» dissi al marchese, «che avviciniamo quel giovanotto.»
La gioia del giovane fu indescrivibile, quando a sua volta mi riconobbe.
«Ah! signore,» esclamò baciandomi la mano, «posso ancora una volta esprimerle la mia eterna riconoscenza!»
Gli domandai da dove venisse. Mi rispose che era appena arrivato per mare dall’Havre-de-Grâce, dov’era approdato dall’America.
«Lei non mi sembra ben provvisto di denaro,» gli dissi. «Vada al Leon d’Oro dove sono alloggiato, la raggiungerò subito.»
Vi ritornai, difatti, poco dopo, tutto impaziente di conoscere i particolari della sua disgrazia e del suo viaggio in America. Gli feci la più affettuosa accoglienza, e ordinai che non gli lasciassero mancar nulla. Egli non attese che lo pregassi di raccontarmi la storia della sua vita.
«Signore,» mi disse quando fu nella mia camera, «lei m’ha trattato con tanta nobiltà che mi rimprovererei, come della più bassa ingratitudine, di avere qualcosa di riservato per lei. Voglio farle conoscere, non solo le mie sventure e le mie pene, ma anche le mie sregolatezze e le mie debolezze più vergognose. Sono certo che pur condannandomi, non potrà far a meno di compiangermi.»
Debbo avvertire il lettore che scrissi la sua storia quasi subito dopo averla udita, e posso quindi assicurare che nulla è più esatto e fedele di questa narrazione: fedele fino nel riferire le riflessioni e i sentimenti che il giovane avventuriero esprimeva col miglior garbo del mondo. Ecco dunque il suo racconto, al quale non aggiungerò, sino alla fine, nulla che non mi sia stato detto da lui.
Avevo diciassette anni e terminavo gli studi di filosofia ad Amiens dove la mia famiglia, una delle maggiori di P…. mi aveva mandato. Conducevo una vita tanto quieta e morigerata che i miei maestri mi proponevano ad esempio, in collegio. Non è che facessi sforzi straordinari per meritare tali elogi, ma ho un carattere dolce per natura e tranquillo: mi applicavo allo studio per inclinazione, e mi si attribuiva a virtù ciò che non era che l’assenza di vizi grossolani. La mia nascita, il buon esito dei miei studi e qualche mia qualità naturale m’avevano fatto conoscere e stimare dalla gente migliore della città. Superai i pubblici esami con sì gran plauso di tutti che il vescovo, il quale vi assisteva, mi propose d’abbracciare lo stato ecclesiastico, in cui non avrei mancato – diceva, – di distinguermi assai più che nell’Ordine di Malta, al quale i miei genitori mi destinavano. Essi mi facevano già portare la croce, col nome di Cavaliere des Grieux.
Venute le vacanze, mi disponevo a tornare a casa da mio padre, che mi aveva promesso di mandarmi subito all’Accademia. Il mio solo rammarico, nel partire da Amiens, era di lasciarvi un amico col quale mi ero affettuosamente legato. Questi aveva qualche anno più di me. Eravamo stati educati insieme; ma, per le modeste condizioni della sua famiglia, egli era obbligato a prendere gli ordini ecclesiastici, e rimaneva ad Amiens per compiervi gli studi necessari. Aveva mille buone qualità. Le potrà apprezzare al loro giusto valore nel seguito della mia storia, soprattutto per l’ardore e la generosità della sua amicizia, che superano i più famosi esempi dell’antichità: se avessi seguito allora i suoi consigli, sarei sempre stato retto e felice. Se almeno avessi approfittato dei suoi aiuti, nel precipizio dove le mie passioni mi hanno trascinato, avrei salvato qualcosa dal naufragio della mia fortuna e della mia reputazione. Ma, di tante sue cure, egli non ha raccolto altro frutto che il dolore di vederle inutili e, talvolta, duramente ricompensate da un ingrato che se n’era urtato e le giudicava importune.
Avevo fissato la data della mia partenza da Amiens. Ahimè! l’avessi fissata un giorno prima! Avrei portato a mio padre tutta la mia innocenza. Proprio la vigilia del giorno che dovevo lasciare la città, passeggiavo col mio amico, che si chiamava Tiberge, quando vedemmo arrivare la diligenza d’Arras, e la seguimmo fino all’albergo dove fa sosta. Non avevamo altro motivo che la curiosità di sapere chi c’era dentro. Ne discesero alcune donne che entrarono subito nell’albergo: ma ne rimase una, giovanissima, che si fermò nel cortile, mentre un uomo d’età avanzata, che pareva farle da accompagnatore, s’affrettava a far scaricare dalla diligenza il suo bagaglio. Ella mi parve talmente adorabile che io, che non avevo mai pensato alla differenza dei sessi né guardato una ragazza con un po’ d’attenzione, io, dico, che ero da tutti stimato per la saggezza e la discrezione, mi trovai istantaneamente infiammato fino all’esaltazione. Avevo il difetto di essere troppo timido e facile a turbarmi; ma questa volta, invece di essere frenato da una tale debolezza, avanzai risoluto verso la signora del mio cuore. Per quanto ella fosse anche più giovane di me, accolse i miei garbati complimenti senza mostrare imbarazzo. Le domandai la ragione che la conduceva ad Amiens, e se...
Indice dei contenuti
- Manon Lescaut
- Copyright
- Cronologia della vita e delle opere
- Bibliografia
- MANON LESCAUT
- indice