Dall'altra parte
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Dall'altra parte

Tre grandi medici raccontano la loro malattia

  1. 264 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Dall'altra parte

Tre grandi medici raccontano la loro malattia

Informazioni su questo libro

Come avvicinare il mondo di chi cura la malattia per mestiere con quello di chi invece la subisce? In questo libro tre clinici di fama internazionale che nel pieno delle loro carriere sono stati colpiti da gravi patologie danno una risposta dirompente: proprio i medici che si sono ammalati seriamente, e che quindi hanno vissuto in prima persona cosa significhi essere pazienti, possono comprendere nel profondo i dolori, le ansie e le paure di chi è "dall'altra parte". Unendo autoironia, commozione e denuncia, gli autori raccontano le loro storie con rara sincerità, e le loro esperienze - che hanno portato alla nascita di una Consulta nazionale composta da medici ammalati impegnata a riformare la sanità italiana - non solo ci restituiscono il punto di vista unico di chi ha vissuto il doppio ruolo di curante e curato, ma indicano anche la strada da seguire per giungere a una medicina più umana, modellata non da interessi economici e politici ma a partire dalle sofferenze dei pazienti.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817009423
eBook ISBN
9788858654248

Al mio inseparabile compagno

Cancro
Il termine è dovuto a Galeno, medico vissuto nel primo secolo dopo Cristo. Un giorno, infatti, visitando una giovane paziente, trovò a destra un seno grande, bello, rigoglioso mentre a sinistra c’era solo una grossa macchia nera, come di catrame, che assomigliava a un grosso granchio (in latino cancer, in greco Karkinos), un granchio nero che si era divorato tutto il seno sinistro.
A destra la bellezza, il calore, la rigogliosità, l’abbondanza, il desiderio, la gioventù mentre a sinistra il freddo, il nero, la morte.
Il cancro, quindi, come qualcosa di tremendo e di negativo, che ti toglie bellezza, calore, vita e ti dà freddo e morte.
Ho incontrato il cancro, o meglio lui è entrato subdolamente ma anche prepotentemente dentro di me, quattro anni fa. Avevo cinquantaquattro anni ed ero al massimo delle mie capacità professionali, cominciavo a ricevere, finalmente, i vantaggi di una vita tutta dedicata allo studio e al lavoro. Non mi lascerà più, e sarà causa della mia morte.
Non l’ho accettato, l’ho combattuto senza tregua. Mi sono fatto curare nei più famosi e prestigiosi ospedali in Italia, Francia e Germania. Per eradicarlo mi sono sottoposto a cinque interventi devastanti, a due radioterapie – una di cinque settimane a Parigi e una intraoperatoria a Heidelberg – a mesi di chemioterapie diverse. Ora mi trovo che il tumore non è più operabile, è troppo diffuso, non posso più ricevere radioterapie. Quelle fatte mi hanno provocato una riduzione dei globuli rossi e bianchi – secondaria a una fibrosi del midollo che controindica altri trattamenti radioterapici – e le chemioterapie convenzionali non hanno nessuna efficacia.
Nonostante tutto, dopo i primi momenti di disperazione, incredulità, odio e opposizione, con il tempo abbiamo «familiarizzato»; in fondo il «diavolo non è sempre così nero come lo si dipinge». Non posso certo dire che siamo amici, ma compagni sì! Compagno, «Cum pane», qualcuno con cui condividere il pane, io con lui condivido ogni attimo della giornata da quattro anni!
Grazie a lui ho scoperto cose bellissime che avevo da sempre sotto i miei occhi ma che non avevo mai visto, mi ha fatto passare giornate meravigliose, mi ha fatto sentire quanto ero e sono amato, mi impedirà di diventare nonno ma in compenso mi ha fatto divenire figlio coccolato dai miei figli, mi dà la possibilità di insegnare loro il valore della vita e la relatività della morte, avrò la possibilità di far vedere loro che una vita bene spesa non è vanificata dalla morte anzi questa ne è soltanto la fisiologica fine.
Una certa lealtà, in fondo, al mio «compagno-gemello» devo riconoscergliela: sapevo che poteva venire e quindi avrei potuto fare accertamenti regolari che mi avrebbero permesso di accorgermi della sua presenza prima che lui avesse il tempo di impossessarsi troppo diffusamente del mio corpo. Ho potuto combatterlo, l’ho asportato cinque volte, l’ho bombardato con radiazioni analoghe a quelle della bomba di Hiroshima e l’ho avvelenato per anni con chemioterapie diverse. È stato un combattimento leale, per il momento siamo tutti e due vivi e il nostro match sta continuando.
Sono quattro anni, quasi 1500 giorni – una vita! – che viviamo assieme come fratelli siamesi. Ha sconvolto la vita mia e della mia famiglia, ma definirlo semplicemente come sinonimo di freddo, dolore e morte mi sembra troppo duro. Per il mio «compagno» il termine tumore, che vuol dire tumefazione, bozza, palla o neoplasia, mi sembra meno freddo e più appropriato.
Il termine cancro come sinonimo di qualcosa che ti colpisce in modo imprevedibile, che ti dà solo dolore e che ti uccide senza alcuna possibilità di difesa è troppo forte per il mio «compagno» mentre, nella mia esperienza, lo trovo più adeguato per cose molto più gravi: la perdita dei valori morali dell’attuale società... Non ci sono più regole. Tutto è giustificato... se porta un guadagno economico... una promozione non dovuta... si giustifica il tradimento di un amico... il furto... la menzogna.
Non ci si rende conto che si diventa tutti dei burattini mossi da burattinai che ci fanno fare ciò che vogliono per raggiungere obiettivi fatui che non portano la felicità ma, come la droga, portano solo all’insaziabilità, al bisogno di avere di più, le ricchezze accumulate non bastano mai, non si è mai soddisfatti avendo perso i valori veri della vita... gli affetti... la famiglia... l’amicizia... l’onestà e soprattutto il rispetto di se stessi.
Vincere una medaglia ti rende felice e ti dà soddisfazione, rubarla no.
Contro questo modo di vivere non puoi farci nulla, non lo comprendi, ti senti estraneo, ti distrugge dentro; questo è un vero Cancro!
Una mattina qualsiasi dell’estate 2001
«Sandrino, anche questa notte ti sei alzato e ti sei fatto il cappuccino con i tarallucci? Secondo me faresti bene a farti un controllo, non è normale svegliarsi e alzarsi tutte le notti per mangiare. Fossi in te mi farei una gastroscopia.»
«Questa situazione mi si è piantata “sullo stomaco”, non riesco a digerirla, nella vita occorre avere “il pelo” sullo stomaco.»
Non è un caso che una situazione di stress scelga lo stomaco come organo bersaglio così come non è un caso che esista l’ulcera gastrica da stress.
«Finché non riesco a sistemare quei delinquenti la mucosa del mio stomaco sarà sicuramente sanguinante come la fronte del Cristo in croce, si potrà sfiammare solo quando questa maledetta situazione sarà risolta. Allora avrà senso valutare come sta il mio stomaco.»
«Ma ti viene il singhiozzo anche di notte, non è normale.»
«Qui di normale, al momento, non c’è nulla. Dammi tempo e risolverò tutto; vedrai, smaschererò le loro trame, la verità verrà a galla.»
«Ti stai rovinando la vita per gente che non merita neanche il tuo disprezzo. La tua onestà, correttezza, integrità è per loro il vero problema. È solo una brutta storia di burattini e burattinai. Loro devono stare al gioco dei burattinai se vogliono mantenere le loro posizioni di prestigio, sono lì per ubbidire, per eseguire quanto concordato. I tuoi successi, i riconoscimenti avuti da un centro che non esisteva, la gratitudine dei tuoi pazienti per loro non sono importanti. Loro saranno confermati dai burattinai e quindi solo a loro devono rispondere del loro operato.»
«Certo che con lo strapotere che hanno potranno sicuramente trovare compagni di merende pronti a testimoniare qualsiasi cosa, magari in cambio di un piccolo piacere o di una piccola promozione per loro o per la moglie o anche semplicemente per un’amica!»
29 dicembre 2001
«Ora sarai contenta! Sto per fare la gastroscopia.»
«Grazie che mi addormentate, non sopporto proprio di ingoiare altro, oltre quello che ho dovuto ingoiare negli ultimi tempi!»
«Già finito? Che bello! Se ho un cancro ditemelo, così vado su e li ammazzo quegli assassini delinquenti!»
«Non sarà una gran battuta, ma perché nessuno ride?»
«Cognato hai gli occhi lucidi! dove è mia moglie? cosa sta succedendo?»
«Nulla, stai tranquillo c’è solo una piccola ulcera allo stomaco e, per sicurezza, abbiamo fatto delle biopsie, dopodomani avremo già le risposte.»
«Ma quanto è grande?»
«Solo un centimetro!»
31 dicembre 2001
«Ho di nuovo mal di testa.»
«Sandro non puoi più prendere analgesici, che ne dici se andiamo a Pesaro, c’è un medico olandese esperto di medicina orientale che può aiutarti e sa come ricaricare un fisico stressato. Hai bisogno di riposarti, dimenticare questa brutta storia. Ti hanno fatto tante offerte in questo mese dopo il licenziamento, dipende solo da te dove andare e chi portarti dietro. Ora è la tua salute la cosa più importante.»
«Ma c’è la neve.»
«Ti guido io, piano piano, vedrai che dopo starai meglio. Ha detto Anna che ci porterà a mangiare il pesce a Fano, da Nadia. Passeremo una bella giornata.»
«Hai visto? Avevo ragione, hai finalmente una bella faccia, hai mangiato e sorriso come da tempo non facevi.»
«Fammi guidare, Zazzi, riposati un po’, a te non piace guidare con la neve.»
«No! Oggi sei tu il coccolato, distenditi e goditi questo bel paesaggio innevato. Devo fermarmi al distributore di Fossombrone, devo fare pipì, faccio subito.»
«È più di venti minuti che è andata al bagno, perché ritarda?» La chiamo al cellulare, è sempre occupato.
«Ah, finalmente, cominciavo a preoccuparmi; ma che faccia hai? Hai gli occhi lucidi, ti senti poco bene? Con chi parlavi al cellulare?»
«Ho telefonato all’anatomopatologo, sembra che... forse... ci sarebbero delle cellule sospette..., consiglia di fare una TAC
«Non fare così, me l’aspettavo, la faccia di tuo cognato l’altro giorno non lasciava dubbi. Non ti preoccupare, anche se è un cancro, essendo così piccolo, meno di un centimetro, togliendo lo stomaco ho il 99% di possibilità di guarire. Fidati! Ho lavorato cinque anni in chirurgia generale, sono esperto di queste cose. Non piangere e fammi guidare altrimenti qui si muore davvero con tutta questa neve.»
La TAC
Mi trovo, dopo aver eseguito la TAC, nella saletta di referto quando entra il medico di guardia: «Cazzo che cancro... uno, due, tre, quattro, è lungo cinque centimetri, e quanti linfonodi... vicino allo stomaco, dietro il pancreas, sotto il fegato... si tratta di un cancro allo stomaco al quarto stadio, ma di chi è questa TAC
«La mia.»
«Oh, scusa Sandro..., non sapevo..., accomodati..., credevo che fossi qui per un tuo paziente.»
«Non ti preoccupare ero stato informato dopo la gastroscopia, non mi hai detto nulla di nuovo.»
«Non è detto che tutti i linfonodi ingrossati siano invasi dal tumore, spesso si tratta solo di una reazione infiammatoria...»
«Lo so, grazie, sai mica dov’è andata mia moglie?»
Mi sembrava di sognare, che si stesse parlando di qualcun altro, non è possibile, mi ripetevo, un cancro allo stomaco al quarto stadio, ma allora mi rimangono pochi mesi di vita; ma io sto bene, forse c’è un errore o forse non so, ma non ho la sensazione di stare per morire... ho tante cose da fare.
È stato solo quando ho visto mia moglie con Anna e Sergio che ho capito che avevo veramente un cancro e che questo era veramente diffuso e che mi rimaneva ben poco da campare.
Il loro abbraccio lungo, strettissimo, silenzioso, senza una parola con le lacrime che scendevano silenziose su un abbozzo di sorriso, gli occhi rossi... Non dimenticherò mai quegli istanti.
Lì ho capito che la mia vita era finita, così, improvvisamente, senza possibilità di ritorno, irreversibilmente.
I consigli
«Sandro, ti parlerò con franchezza, sei una persona forte, razionale. Devi continuare a essere lucido. Sì, è un grosso tumore, ma penso che possa essere asportato radicalmente. È bene che tu ti rivolga a un centro dove hanno grande esperienza e la possibilità di trattarti con ogni forma di terapia oggi disponibile, la chemioterapia ipertermica, la radioterapia intraoperatoria, la stereotassica...»
«Professore mi hanno parlato del Gustave Roussy di Parigi o del professor Seevert di Monaco.... Che ne pensa?»
È Ugo Mercati quello a cui sto chiedendo consiglio, lo stimo, mi farei operare volentieri da lui, ma dentro quell’ospedale che mi ha buttato fuori non potrei… credo che ci morirei.
«Seevert è uno dei luminari del cancro gastrico e in Europa è quello con maggiore esperienza, ma il Gustave Roussy è un ospedale dedicato esclusivamente ai tumori.»
Si parte
«Certo che partiamo tutti e quattro, abbiamo visitato tutto il mondo sempre tutti e quattro assieme e perché questa volta dovrebbe essere diverso; e poi Parigi è una bellissima città.
«Sono super raccomandato, ha telefonato mezzo mondo al professor Elias anche se lui, senza alcuna raccomandazione, rispondendo semplicemente al mio e-mail, aveva fissato la visita lunedì 7 gennaio dicendomi che se ero operabile mi avrebbe ricoverato giovedì e operato venerdì.
«Partiamo domani, venerdì 4 gennaio, così ci godiamo il week-end della befana a Parigi! E vai...!»
Il singhiozzo
«Ho dei forti dolori alla pancia, questo singhiozzo mi uccide.»
«Ha detto il professore che devi cercare di camminare, è l’unica terapia. L’ho visto molto soddisfatto, ha detto di aver fatto una bella pulizia... dovrai fare cinque settimane di chemioterapia e radioterapia qui a Parigi, ma poi tutto sarà ok. Hai reagito benissimo, se continui così torniamo in Italia prima della fine del mese. Tutti ti aspettano.»
Ci sono dei momenti che il dolore è così forte da essere quasi insopportabile, per fortuna dura 10-15 minuti poi si acquieta.
La radioterapia
Ti fanno dei segni sulla pancia, come dei tatuaggi che delimitano la zona da bombardare; come i bombardamenti intelligenti della guerra... non è dolorosa, non si sente nulla, ma ti distrugge il midollo e quindi il sangue.
Fa un certo effetto essere rinchiuso in quella specie di cassaforte grande come una stanza, stare lì da solo mentre quella macchina ti gira attorno, ti scruta e ti bombarda. Ricorda il film «la strage del 7° cavalleggeri». Gli indiani correvano a cavallo in cerchio e sparavano al ...

Indice dei contenuti

  1. Dall'altra parte
  2. Copyright
  3. Noi siamo voi e voi siete noi
  4. Non sono malato ho soltanto un cancro
  5. Introduzione
  6. Quella sporca storia di burattini e burattinai
  7. Malasanità o malagestione delle risorse
  8. Al mio inseparabile compagno
  9. Sursum corda
  10. Prologo
  11. Ammalarsi, Capire