Suo marito - Giustino Roncella nato a Boggiòlo
eBook - ePub

Suo marito - Giustino Roncella nato a Boggiòlo

  1. 352 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Suo marito - Giustino Roncella nato a Boggiòlo

Informazioni su questo libro

Dopo il successo, travolgente quanto inatteso, di un romanzo, la scrittrice Silvia Roncella e suo marito Giustino Boggiòlo si trasferiscono da Taranto a Roma per entrare nel gran mondo letterario della capitale. Ma la conquista della fama e della ricchezza causerà la dissoluzione della coppia che, ben presto, comincia a vivere due vite parallele: schiva e introversa lei, spinta a scrivere da un impulso incontrollabile e quasi demoniaco; suo agente tuttofare lui, pronto anche a sfidare il ridicolo per il successo. Entrambi si trovano costretti, in modo tipicamente pirandelliano, a recitare una parte che determinerà la loro infelicità. Viene riprodotto in questo volume anche Giustino Roncella nato Boggiòlo, rifacimento incompiuto del romanzo a firma dello stesso Pirandello. A Fabio Danelon si devono l'incisiva introduzione e il ricco apparato di note.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Suo marito - Giustino Roncella nato a Boggiòlo di Luigi Pirandello in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817063388
eBook ISBN
9788858658499

SUO MARITO

I. IL BANCHETTO

1.

Attilio Raceni,1 da quattro anni direttore della rassegna femminile (non feminista) Le Muse2 si svegliò tardi, quella mattina, e di malumore. Sotto gli occhi delle innumerevoli giovani scrittrici italiane, poetesse, novellatrici, romanzatrici (qualcuna anche drammaturga), che lo guardavano dalle fotografie disposte in varii gruppi alle pareti, tutte col volto composto a un’aria particolare di grazia vispa o patetica, scese dal letto – oh Dio, in camicia da notte naturalmente, ma lunga, lunga per fortuna fino alla noce del piede.3 Infilate le pantofole, andò a spalancar la finestra.
In casa Attilio Raceni conosceva pochissimo sé stesso,4 tanto che, se qualcuno gli avesse detto: «Tu hai fatto or ora questo e quest’altro» – si sarebbe ribellato, rosso come un tacchino.5
«Io? Non è vero! Impossibile.»
Eppure, eccolo là: seduto in camicia a pie’ del letto, con due dita accanite contro un peluzzo profondamente radicato nella narice destra. E strabuzza gli occhi e arriccia il naso e contrae le labbra in su al fitto spasimo di quel pinzare6 ostinato, finché, tutt’a un tratto, non gli s’apre la bocca e non gli si dilatano le nari per l’esplosione improvvisa d’una coppia di sternuti.
«Duecentoquaranta!» dice allora. «Trenta per otto, duecentoquaranta.»
Perché Attilio Raceni, pinzandosi quel peluzzo del naso, era assorto nel calcolo, se trenta convitati, pagando lire otto ciascuno, potessero pretendere allo Champagne o a qualche altro più modesto (cioè nostrano) vino spumante per i brindisi.
Attendendo alle consuete cure della propria persona, seppure alzava gli occhi, non vedeva le immagini di quelle scrittrici, zitelle la maggior parte, per quanto in verità tutte nei loro scritti si dimostrassero poi provate a bastanza e sperimentate nel mondo; e non notava perciò che quelle dal lezio7 svenevole pareva fossero afflitte vedendo fare al loro bel direttore, nell’incoscienza dell’abitudine, atti non belli certamente, quantunque naturalissimi, e che ne sorridessero quelle da la smorfietta anzi vispa che no.
Aveva oltrepassato da poco i trent’anni Attilio Raceni, e non aveva ancor perduto la svelta adattezza8 giovenile. Il languor pallido del volto, i baffetti riccioluti, gli occhi a mandorla vellutati, l’ondulato ciuffo corvino,9 gli davano l’aria d’un trovatore.10
Era pago, in fondo, della considerazione di cui godeva qual direttore di quella rassegna femminile (non feminista) Le Muse, che pur gli era costata non lievi sacrifizii pecuniarii. Ma fin dalla nascita egli era votato alla letteratura femminile, perché sua “mammà”, Teresa Raceni Villardi, era stata un’esimia poetessa, e in casa di “mammà” convenivano tante scrittrici, alcune già morte, altre adesso molto anziane, su le cui ginocchia egli quasi quasi poteva dire d’esser cresciuto. E de’ loro vezzi,11 delle loro carezze senza fine gli era rimasta quasi una patina indelebile in tutta la persona. Pareva che quelle lievi e delicate mani feminee, esperte d’ogni segreto, lisciandolo, levigandolo, lo avessero per sempre acconciato e composto in quella sua ambigua beltà artificiale. Si umettava12 spesso le labbra, s’inchinava sorridente ad ascoltare, si rizzava sul busto, volgeva il capo, si ravviava i capelli, tal quale come una femmina. Qualche amico burlone gli aveva talvolta allungato le mani al petto, cercando:
«Ce l’hai?».
Le mammelle: sguajato! E lo aveva fatto arrossire.
Rimasto orfano e padrone d’una discreta sostanza, aveva per prima cosa abbandonato gli studii universitarii e, per darsi una professione, fondato Le Muse. Il patrimonio s’era assottigliato, bastava ora appena a farlo vivere modestamente, ma tutto dedito alla rassegna che s’era già con gli abbonamenti raccolti con molta industria13 assicurata l’esistenza e, oltre ai pensieri, non gli costava più nulla: come nulla pareva costasse lo scrivere alle numerosissime collaboratrici, se non ne avevano avuto mai alcuna remunerazione.
Quella mattina, egli non ebbe neanche il tempo di rammaricarsi dei molti fili del ciuffo corvino rimasti nel pettine dopo l’acconciatura frettolosa. Aveva tanto da fare!
Alle dieci doveva trovarsi in via Sistina14, in casa di Dora Barmis, prima musa della rassegna Le Muse, sapientissima consigliera della bellezza e delle grazie naturali e morali delle signore e delle signorine italiane. Doveva accordarsi con lei circa al banchetto, alla fraterna agape15 letteraria, che aveva pensato di offrire alla giovine e già veramente illustre scrittrice Silvia Roncella,16 venuta da poco da Taranto col marito a stabilirsi a Roma, “per rispondere (com’egli aveva scritto nell’ultimo fascicolo de Le Muse) al primo appello de la Gloria, dopo la trionfale accoglienza fatta unanimamente dalla critica e dal pubblico al suo ultimo romanzo La casa dei nani”.17
Trasse dalla scrivania un fascio di carte,18 che si riferivano al banchetto, si diede un’ultima guardatina allo specchio, come per salutarsi, e uscì.

2.

Un clamor confuso lontano, un corri corri di gente verso piazza Venezia. Costernato, Attilio Raceni s’accostò in via San Marco a un grosso mercante di stoviglie d’alluminio, che s’affrettava sbuffando di tirar giù le bande19 su le vetrine della bottega; e gli domandò pulitamente:20
«Di grazia, cos’è?».
«Mah… dice… non so» grugnì quegli in risposta senza voltarsi.
Uno spazzino, seduto tranquillamente su una stanga del carretto, con la granata21 in ispalla a mo’ di bandiera, e un braccio a contrappeso sul bastone di essa, si cavò la pipetta di bocca, sputò, disse:
«Ciarifanno».22
Attilio Raceni si voltò a guardarlo come per compassione.
«Dimostrazione? E perché?»
«Uhm!»
«Cani!» gridò il mercante panciuto, rizzandosi ansante, paonazzo.
Sotto il carretto stava sdrajato, più placido dello spazzino, un vecchio cane spelato, con gli occhi tra le cispe23 socchiusi; al – Cani! – del mercante levò appena il capo dalle zampe, senza schiuder gli occhi, solo raggrinzando24 un po’ le orecchie, dolorosamente. Dicevano a lui? S’aspettava un calcio. Il calcio non venne; dunque non dicevano a lui; e si ricompose a dormire.
Lo spazzino osservò:
«Hanno sciorto er comizzio…».
«E vogliono far la festa25 ai vetri» aggiunse l’altro. «Sente? sente?»
Un turbine di fischi si levò dalla prossima piazza e, subito dopo, un urlìo26 che arrivò al cielo.
Il tumulto vi doveva esser grande.
«C’è er cordone, nun se passaa…» canterellò dietro alla gente che seguitava ad accorrere il placido spazzino, senza muoversi dalla stanga, e sputò di nuovo.
Attilio Raceni s’avviò di fretta, contrariato. Bell’affare, se non si passava! Tutti, tutti gl’impedimenti in quei giorni, come se fossero pochi i pensieri le cure e le noje che lo travagliavano da che gli era sorta l’idea di quel banchetto. Ora ci voleva anche la canaglia che reclamava per le vie di Roma qualche nuovo diritto; e, santo Dio, s’era d’aprile e faceva un tempo stupendo: il fervido tepore del primo sole inebriava!
Innanzi a piazza Venezia il volto d’Attilio Raceni si allungò come se un filo interno gliel’avesse a un tratto tirato. Lo spettacolo violento gli riempì la vista e lo tenne lì un pezzo a bocca aperta, sopraffatto e compreso.
La piazza rigurgitava di popolo. I cordoni dei soldati erano all’imboccatura di via del Plebiscito e del Corso. Parecchi dimostranti s’erano arrampicati sul tram d’aspetto27 e di là urlavano a squarciagola.
«Morte ai traditorììì!»
«Mortèèè!»
«Abbasso il ministeròòò!»
«Abbassòòò!»
Nel dispetto rabbioso contro tutta quella feccia dell’umanità che non voleva starsi quieta, sorse improvvisamente ad Attilio Raceni il proposito disperato d’attraversare a furia di gomiti la piazza. Se vi fosse riuscito, avrebbe pregato l’ufficiale che stava lì, di guardia al Corso, che lo facesse passare per favore. Non gliel’avrebbe negato, a lui. Ma sì! Tutt’a un tratto, dal mezzo della piazza:
«Pè pè pèèèè».
La tromba. Il primo squillo. Scompiglio, serra serra: molti, sospinti dalla piena nel forte del tumulto, volevan sguizzare e bàttersela, ma non potevano far altro che divincolarsi rabbiosamente, presi com’erano, pigiati e incalzati tutt’intorno da altri a ridosso, mentre i più facinorosi, concitando,28 volevano rompere la calca, o meglio, cacciarsela davanti, tra fischi e urli più tempestosi di prima.
«A Palazzo Braschììì!»29
«Via! Avantììì!»
«Sforziamo i cordonììì!»
E la tromba di nuovo:
«Pè pè pèèèèè!».
D’improvviso, senza saper come, Attilio Raceni, soffocato, pesto, boccheggiante come un pesce, si ritrovò rimbalzato al Foro Traiano in mezzo alla folla fuggiasca e delirante. Gli sembrò che la Colonna vacillasse. Dove riparare? per dove prendere? Gli parve che il grosso de la folla s’avventasse su per Magnanapoli, e allora egli scappò come un dàino per la salita delle Tre Cannelle; ma intoppò anche lì nei soldati che già si disponevano in cordone per via Nazionale.
«Non si passa!»
«Senta, per favore, io dovrei…»
Una spinta furiosa troncò ad Attilio Raceni la spiegazione, facendo...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Introduzione
  5. Nota al testo
  6. Cronologia
  7. Bibliografia
  8. SUO MARITO
  9. GIUSTINO RONCELLA NATO BOGGIÒLO