La banda del blu
eBook - ePub

La banda del blu

  1. 160 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La banda del blu

Informazioni su questo libro

Iona è cresciuta con il nonno su un'isola avvolta dal rumore del mare. Il nonno le racconta da sempre racconti di bastimenti e grandi squali. E lei sogna a occhi aperti di incontrarlo davvero, un grande squalo. Ma quando succede, niente è come immaginava…

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2013
Print ISBN
9788817029537
eBook ISBN
9788858653814

Capitolo quindici

illustrazione
Sono passati molti anni da quella notte. Iona è andata ad abitare in città e suo nonno, stanco di vivere in un mondo in cui non si riconosceva più, nuota felice nel Paradiso con la P maiuscola.
Ogni giorno il traghetto che giunge a Eryngion dal continente scarica migliaia di turisti e auto gremite di villeggianti con le radio che sputano musica a tutto volume. Tante persone bianche come il latte che prendono d’assalto l’isola ogni estate per poi abbandonarla, senza alcun rammarico, quando i raggi del sole si fanno meno caldi.
Nascosta dalle auto e dai fumi dei loro tubi di scappamento c’è anche lei, Iona. È la prima volta che torna sulla sua isola. È un bella ragazza, con una bella figura armoniosa, ma il suo viso è cupo, perché è sempre difficile tornare nei luoghi della propria infanzia. Soprattutto quando non sono più gli stessi. Si aggira per le vie del porto, seguendo i vicoli intasati dalle auto dei turisti e sbirciando nei bar, pieni di ragazzotti arroganti che bevono birra per far finta di essere grandi. Ai muri delle taverne sono appesi pezzi di scafandri e compressori e antiche foto di pescatori di spugne. Nessuno li guarda con particolare interesse. Iona si lascia alle spalle la città e prende la via del mare.
La spiaggia dei Turchi è gremita fino all’inverosimile di signoracce di città ricoperte di creme oleose, sdraiate a prendere il sole come tante navi in avaria. Alcune camminano in modo ridicolo per non scottarsi i piedi sulla sabbia e quando si avvicinano all’acqua lanciano urla stridule perché le rocce del fondo sono troppo aguzze e l’acqua non è abbastanza calda e le onde sono fastidiose.
Il sentiero che porta alla villa passando per il faro vecchio c’è ancora, e Iona, con il cuore pesante, lo imbocca. Attraversa la pineta fino a Cala Valentina e poi si ferma davanti alla casa dove viveva con il nonno. Da quando appartiene ai discendenti del commerciante Trotta è molto cambiata. Ora è una villa signorile, magnificamente ristrutturata, con terrazze piene di fiori e grandi ombrelloni bianchi. I muri sono dipinti di giallo. I nuovi proprietari hanno persino ricreato la spiaggia delle tartarughe, facendo arrivare dal continente quintali di sabbia rosa. Il mare lambisce la piccola spiaggia proprio come ai tempi del capitano, e Iona pensa che lui ne sarebbe felice.
L’acqua è azzurra e trasparente, proprio come quando era bambina. Iona scende verso la spiaggia e cammina sul bagnasciuga lasciandosi accarezzare le caviglie dalle onde. Passeggia scrutando l’orizzonte e non si accorge dell’acqua che sale lentamente. Le arriva alle ginocchia. Alla vita. La sente sul torace e intorno al collo. Il mare la abbraccia e la porta con sé…
Ora Iona sta nuotando con gli occhi chiusi e i ricordi le invadono la mente, facendola rabbrividire. Vorrebbe perdersi dentro quel mare accogliente. Dimenticare. Ma la curiosità è troppo forte. Troppo forte la speranza di ritrovare quello che è andato perduto.
Inizia a scrutare il fondale. Il panorama che si apre davanti ai suoi occhi è una landa desolata e senza vita; al posto delle alghe e dei pesci si vedono solo vecchi copertoni d’auto e sacchetti di plastica gonfi come meduse che vagano trasportati dalle correnti. La città subacquea non esiste più. Iona nuota malinconica sopra il fondale grigio e freddo come la superficie della luna e i suoi occhi accarezzano ogni pietra, ogni tana abbandonata, alla ricerca di qualcosa, nemmeno lei sa bene cosa. Nel silenzio di quel mare sterile si sente solo l’acciottolio dei sassi agitati dalla corrente. Un rumore dapprima lieve, che poi aumenta, fino a diventare insistente e fastidioso. È troppo forte per essere prodotto dal mare. Incuriosita, Iona lo insegue, come un cane da caccia che ha sentito l’odore della selvaggina. E arriva su uno scoglio isolato, tutto rosicchiato dalle onde, dove una piccola squadra di coralli sta costruendo una nuova Barriera. Iona riconosce subito il signor Oreste che dirige i lavori con il suo piglio caratteristico. E il sorriso torna a illuminarle il viso.
«Signor Oreste!» chiama, eccitata. «Ma è proprio lei?»
«Chi è? Chi mi cerca? Non vede che sono occupato?»
«Ma come, non mi riconosce? Sono io, Iona.»
«Accipicchia, è vero, la bambina acquatica. Sei tu! Ehi, come sei cresciuta! Non sai come sono felice di rivederti, ragazza mia. E quante scuse ti devo! Se solo ti avessi ascoltato, quella notte, saremmo scampati alla catastrofe. Invece eccoci qui, costretti a ripartire da zero. Per fortuna che queste brave persone degli Ibrahim hanno deciso di fare società con noi, altrimenti sarebbe stata la fine della benemerita Fratelli Corallo!»
«Ma come avete fatto a salvarvi?»
«Nel rifugio. Il rifugio antiaereo. Ogni barriera che si rispetti ne ha uno. Alcuni di noi sono riusciti a raggiungerlo in tempo, e ora eccoci qua. La ricostruzione è già iniziata, come vedi.»
«Lo vedo. È meraviglioso.»
«Be’, non è che si stia costruendo granché. C’è una tale mancanza di manodopera. Ma con l’aiuto degli Ibrahim (ah, se solo ci si fosse aiutati prima!) qualcosa riusciamo a fare. Niente di eccezionale, chiaro, tutta roba prefabbricata, come viene viene. Ma l’importante è costruire, mettere un mattone sopra l’altro, andare avanti. Tu piuttosto, sei già andata a trovare il vecchio Roger?»
«Roger? È ancora vivo? Non posso crederci!»
«Certo che è ancora vivo. Figurati se quel furbacchione si faceva prendere. Vive ancora nella sua vecchia tana e di tanto in tanto si diverte a terrorizzare con le sue ventose i turisti giù alla baia dei Turchi. Quando viene a trovarmi ci facciamo un sacco di risate.»
«Vado subito a cercarlo!»
«Vai pure. Verrei anch’io, ma tra poco c’è la colata, e i manovali d’oggi se non gli metti il sale sulla coda sai che disastri ti combinano. Vai, e poi torna a trovarmi, mi raccomando!»
La tana di Roger non è distante. Iona la trova subito e si accuccia di fronte all’entrata. All’interno vede il polpo che dorme in mezzo a un disordine indescrivibile. È molto vecchio e ricoperto di bende e cerotti.
«Roger» chiama, «svegliati!»
Il polpo srotola i tentacoli e si avvicina all’entrata della grotta. È senza occhiali e si muove con circospezione.
«Chiunque tu sia» dice, «vedi di alzare il volume, che il vecchio Roger è sordo come una campana.»
«Sono io, Roger» risponde Iona ad alta voce. «Vieni fuori. Guarda chi c’è.»
«Ma cosa vuoi che guardi! Senza i miei occhiali non vedo più un accidente. Aspetta, vengo a darti una tastatina.» Il polpo esce dalla tana e fa scivolare un tentacolo sul viso di Iona. E subito dopo la stringe in un abbraccio che leva il respiro.
«Non ci posso credere! Moscardino, finalmente! Mi sei mancata così tanto. Temevo di non riabbracciarti mai più!»
«Anch’io, Roger, anch’io. Mi sembra un sogno. In tutti questi anni non ho avuto il coraggio di tornare. Avevo paura di quello che avrei trovato. E ora invece eccoci di nuovo insieme!»
«Non ti biasimo, piccola. È stata dura. Ma adesso è passato. Vieni qui, figliola, fatti accarezzare. Diavolo d’un Moscardino, guarda come sei cambiata. Ora sei proprio una gran bel pezzo di femmina!»
«Eh sì, sono cresciuta. Ma tu come stai? Cosa sono tutte queste bende?»
«Oh, non devi preoccuparti. È solo roba superficiale. Durante quella notte maledetta persi i miei occhiali. Da allora non sono più riuscito a farmene di nuovi. Questo povero fondale è pieno di immondizia. Ci sono tonnellate di lattine ma non si trova più una bottiglia che sia una. Così sono costretto ad andare a tentoni. E finisco sempre per sbattere contro qualcosa. Ma non è grave. Sto bene, credimi. E ora che ci siamo ritrovati, sto infinitamente meglio!»
Il polpo prende Iona per mano e la porta lontano dalle rocce, facendosi strada con i tentacoli. Una volta arrivati sul fondo, le sale in braccio e punta un tentacolo verso il blu.
«Forza» dice, «lo sai dove dobbiamo andare.»
«No» risponde Iona, «non voglio andare al relitto della Jolanda. Non lo voglio rivedere, quel posto. Non sai quello che è successo a Cartavetrata?»
«Certo che lo so. Se ne parla ancora oggi, della sua lotta tremenda con gli umani. E proprio per questo dobbiamo andare dove l’abbiamo incontrato. Per rendergli omaggio. Su, nuota. Io mi aggrapperò alle tue spalle. Lo vedi come cambiano le cose? Adesso sei tu che devi guidare me.»
Iona si stacca dal fondo e comincia a nuotare verso la spianata sabbiosa dove giace il relitto della Jolanda. Della nave è rimasto ben poco; le tempeste e le reti a strascico dei pescatori l’hanno ridotta a poche travi conficcate come lapidi nella sabbia.
Il polpo si stacca da Iona e le indica il mare aperto. «Va’, va’ a salutarlo.»
«Ma lui non c’è!»
«C’è il suo spirito. E tu devi andare a salutarlo.»
Iona si avvia verso il largo. Il mare è freddo e scuro come il cielo di notte. Si ferma di fronte all’oceano, e scruta nel blu. Non si accorge del mostro che dalle profondità dell’oceano sta venendo a prenderla. Sente solo un tremendo colpo, come se l’avessero trafitta con una gigantesca fiocina, e sente le fauci dell’animale che si stringono sul suo corpo. Il mostro la tiene fra i denti e la sbatte con inaudita violenza da una parte e dall’altra. Poi, all’improvviso, la lascia andare.
Iona è tramortita, paralizzata dalla paura. Ma le sue orecchie funzionano ancora.
«Allora, Moscardino, ti ho spaventato abbastanza?»
Davanti a lei c’è un essere spaventoso, gigantesco. È lungo sette metri, largo quasi come un autobus, e la sua bocca è un nido di denti affilatissimi. È uno squalo bianco adulto, e il suo aspetto è mostruoso. Ma la sua voce no. La sua voce è dolce e gentile. È la voce di Cartavetrata.
L’urlo di Iona rimbomba per i fondali e arriva fino alla spiaggia dei Turchi, rovinando il picnic dei turisti. L’urlo più bello e felice del mondo, e poi un altro e un altro e un altro ancora. E dopo le urla, le lacrime e i sorrisi e gli abbracci di tre amici che dopo tanto tempo sono di nuovo insieme.
Il vecchio polpo ride e stringe i suoi due amici con la forza degli anziani – che è la forza più grande che ci sia – e li accarezza come se fossero ancora cuccioli. E si prende i pizzicotti di Iona, che ha capito tutto.
«Brutto mascalzone, l’hai fatto apposta!»
Il polpo guarda la ragazza con i suoi occhi miopi e annuisce. «Volevamo farti una sorpresa. Sono anni che aspettiamo il tuo ritorno. Ti abbiamo chiamato col pensiero.»
La felicità di Iona non ha misura. Guarda lo squalo, immenso, e i suoi occhi osservano il gran corpo coperto di cicatrici, alcune così profonde che potrebbe infilarci dentro la mano. Sono il ricordo di innumerevoli lotte con gli uomini.
«Cartavetrata! Tu, tu, tu… sei vivo. Non mi sembra vero. Ti ho visto affondare coi miei occhi.»
«Sono vivo grazie a te. Se tu non fossi arrivata proprio mentre stavo per arrendermi, ora non sarei qui. Quella notte tu mi hai aiutato a trovare una forza ch...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. Capitolo uno
  6. Capitolo due
  7. Capitolo tre
  8. Capitolo quattro
  9. Capitolo cinque
  10. Capitolo sei
  11. Capitolo sette
  12. Capitolo otto
  13. Capitolo nove
  14. Capitolo dieci
  15. Capitolo undici
  16. Capitolo dodici
  17. Capitolo tredici
  18. Capitolo quattordici
  19. Capitolo quindici