Oh Capitano! Mio capitano!
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Oh Capitano! Mio capitano!

  1. 153 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Oh Capitano! Mio capitano!

Informazioni su questo libro

Non meno carnale che spirituale, dedito all'anima ma attento al mondo, Whitman è uno degli ultimi poeti ad aver tenuto insieme nel canto la totalità delle cose e ad aver indicato alla più grande democrazia del mondo la sua missione. In quest'antologia ritroviamo l'energia vitale che scorre nell'Uomo Moderno, l'espansione dell'io nel Corpo della Democrazia. Il poeta è la voce di tutto, coglie il senso e la bellezza in tutti. Il ritmo travolgente dei suoi versi-onda fa sì che niente si perda: un ritmo che lo salva e lo "danna", come scrisse Manganelli, facendo di lui, irrevocabilmente, un grande poeta.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
Print ISBN
9788817016155
eBook ISBN
9788858652572

CANTO DI ME STESSO

Il poemetto, certamente il più noto di Whitman, e da qualcuno ritenuto la sua cosa migliore, nucleo generatore e compendio di tutte le Foglie d’erba, costituiva da solo circa la metà della famosa prima edizione di Foglie d’erba del 1855.
«Canto di me stesso» è stato definito in molti modi:poema epico, esperienza mistica, retorica pedagogica, libera accrezione di associazioni figurative. Esso va certo anche letto come una proposta di modo d’essere e di esprimersi, la cui intrinseca problematicità e precarietà coincide con la sua stessa capacità di sopravvivenza, aperto com’è, programmaticamente, al tu dell’interlocutore, del lettore e al suo apporto interpretativo. «Canto di me stesso» non usa un modello dialettico, diviene esso stesso modello dialettico, espansibile nello spazio e nel tempo, e da incontrare sempre «a mezza strada». La sua struttura di riferimento non è un paradigma con un inizio e una fine, ma uno svolgersi in continua crescita e continuo mutamento.

1

Canto me stesso, e celebro me stesso,
E ciò che assumo voi dovete assumere
Perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a voi.
Io ozio, ed esorto la mia anima,
5
Mi chino e indugio ad osservare un filo d’erba estivo.
La mia lingua, ogni atomo di sangue, fatti da questo suolo, da quest’aria,
Nato qui da genitori nati qui e così i loro padri e così i padri dei padri,
Io, ora, trentasettenne in perfetta salute, ora incomincio,
E spero di non cessare che alla morte.
10
Credi e scuole in sospeso,
Un po’ discosto, sazio di ciò che sono, ma mai dimenticandoli,
Accolgo la natura nel bene e nel male, lascio che parli a caso,
Senza controllo, con l’energia originale.

2

Case e stanze sono piene di profumi, gli scaffali affollati di profumi,
15
Respiro la fragranza, la riconosco e mi piace,
Il distillato potrebbe ubriacare anche me, ma non lo permetto.
L’atmosfera non è un profumo, non ha il gusto del distillato, è inodore,
2 Tutta la sezione s’incentra su un tessuto d’immagini sensoriali (olfatto). Non diversamente, nelle sezioni successive le immagini predominanti saranno uditive e visive. Definita nelle parole di un critico «un’esperienza, non una filosofia» Canto di me stesso offre in primo luogo i dati sensoriali di questa esperienza.
È fatta per la mia bocca, in eterno, ne sono innamorato,
Andrò sul pendio presso il bosco, sarò senza maschera e nudo,
20
Mi struggo dalla voglia di sentirne il contatto.
Il fumo del mio fiato,
Echi, gorgoglii, diffusi bisbigli, radice d’amore, filamento di seta, inforcatura e viticcio,
Il mio inspirare ed espirare, il pulsare del cuore, il transitare dell’aria e del sangue attraverso i polmoni,
Il sentore delle foglie verdi e delle foglie secche, della spiaggia e degli scogli neri, del fieno nel fienile,
25
Il suono delle parole eruttate della mia voce abbandonata ai vortici del vento,
Pochi rapidi baci, pochi abbracci, un tendere a cerchio di braccia,
Il gioco delle ombre e dei riflessi all’oscillare dei rami flessuosi,
Il godimento da soli o tra la folla nelle strade, o lungo i campi o sui fianchi d’una collina,
La sensazione di salute, il vibrare del pieno mezzogiorno, il canto di me che mi alzo dal letto e vado incontro al sole.
30
Hai creduto che mille acri fossero molti? che tutta la terra fosse molto?
Ti sei esercitato così a lungo per imparare a leggere?
Tanto orgoglio hai sentito perché afferravi il senso dei poemi?
Férmati con me oggi e questa notte, e ti impadronirai dell’origine di tutti i poemi,
Ti impadronirai dei beni della terra e del sole (ci sono ancora milioni di soli),
Non prenderai più le cose di seconda o terza mano, né guarderai con gli occhi dei morti, né ti nutrirai di fantasmi libreschi,
35
E neppure vedrai attraverso i miei occhi o prenderai le cose da me,
Ascolterai da ogni parte e le filtrerai da te stesso.

3

Ho udito ciò che i parlatori dicevano, il discorso del principio e della fine,
Ma io non parlo del principio o della fine.
40
Non ci fu mai più inizio di quanto ce n’è ora,
Né più gioventù o vecchiaia di quanta ce n’è ora,
Né vi sarà più perfezione di quanta ce n’è ora,
Né più cielo o più inferno di quanto ce n’è ora.
Urgere, urgere, urgere,
45
Sempre l’urgere procreante del mondo.
Dalla confusa oscurità gli opposti eguali avanzano, sempre sostanza e accrescimento, e sesso,
2,34 milioni di soli sconosciuti: lo stupore dinnanzi all’immensità del cosmo, potrebbe aver trovato immediato alimento nelle lezioni di un astronomo di Cincinnati, che avevano avuto luogo a New York nel dicembre del 1847.
3,38 il discorso del principio e della fine: ancora una eco biblica. Nell’affermazione tutta whitmaniana di un discorso, e dunque di una realtà che è tutta linguaggio, che non ha inizio né fine, persiste l’eco dell’inizio del Vangelo di Giovanni, per cui nel Verbo è costituito ogni inizio ed è esso stesso «in possesso di un’esistenza senza principio e senza limiti».
E intrecciarsi di identità, e sempre distinzione, sempre riproduzione.
Elaborare è inutile, dotti e non dotti sentono che è così.
Sicuri come ciò che è più sicuro, i muri a piombo, ben connessi, la travatura rinforzata,
50
Forti come un cavallo, affezionati, tracotanti, elettrici,
Io e questo mistero qui ci ergiamo.
Limpida e dolce è la mia anima, e limpido e dolce è tutto quello che non è la mia anima.
Se manca uno, mancano entrambi, e il non veduto è provato dal veduto,
Finché questo non diventi invisibile e debba a sua volta esser provato.
55
Ogni età tormenta l’altra mostrando il meglio e separandolo dal peggio,
Conoscendo la perfetta giustezza e imparzialità delle cose, mentre quelle discutono sto zitto, e vado a fare il bagno e ad ammirare me stesso.
Benvenuto ogni mio organo e attributo, e quelli di ogni uomo onesto e vigoroso,
Non un pollice è da scartare o frazione di pollice, e niente dev’essere meno familiare del resto.
Io sono pago: vedo, ballo, rido e canto;
60
E se l’amato compagno di letto che dorme abbracciato al mio fianco, allo spuntare del giorno si ritira con passo furtivo,
Lasciandomi cesti di bianchi asciugamani che mi riempiono la casa con la loro abbondanza,
Dovrò posporre la mia accettazione e comprensione e gridare ai miei occhi
Che si astengano dopo dal guardare giù per la strada,
E mi mostrino sùbito, calcolato al centesimo,
65
L’esatto valore di uno e l’esatto valore di due, e chi è in vantaggio?

7

Qualcuno ha supposto che sia fortunato il nascere?
Io mi affretto a informarlo che lo è quanto morire, e io lo so.
Io oltrepasso la morte col morente, la nascita col bimbo ...

Indice dei contenuti

  1. O Capitano! Mio capitano!
  2. Copyright
  3. Whitman. Della leggenda e del canto di Daniele Piccini
  4. Cronologia. Walt Whitman e il suo tempo
  5. Bibliografia
  6. EPIGRAFI
  7. PARTENDO DA PAUMANOK
  8. CANTO DI ME STESSO
  9. FIGLI D’ADAMO
  10. SALUT AU MONDE!
  11. SUL FERRY DI BROOKLYN
  12. UN CANTO DELLA TERRA CHE GIRA
  13. UCCELLI DI PASSO
  14. RELITTI MARINI
  15. RULLI DI TAMBURO
  16. IN MEMORIA DEL PRESIDENTE LINCOLN
  17. PRESSO LA RIVA DELL’ONTARIO AZZURRO
  18. SUSSURRI DI MORTE CELESTE
  19. CANTI D’ADDIO
  20. SABBIE A SETTANT’ANNI
  21. Indice