
- 140 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Il giardino dei ciliegi
Informazioni su questo libro
La commedia mancata, l'immagine dolente della precarietà e meschinità dell'uomo, il frutto estremo della penna triste di un genio che credeva di vestire di comicità le sue opere. Il poeta russo che ha donato individualità ai personaggi del teatro tradizionale, che ha immaginato una realtà fatta di infinite, latenti possibilità di vita, che ha trasmesso a ogni lettore negli ultimi cento anni il gusto meraviglioso del quotidiano.
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Informazioni
Print ISBN
9788817013314eBook ISBN
9788858651872IL GIARDINO DEI CILIEGI
commedia in quattro atti
(1903)
(1903)
PERSONAGGI
LIUBOV ANDRIEIEVNA RANIEVSKAIA, possidente
ANIA, sua figlia, 17 anni
VARIA, sua figlia adottiva, 22 anni
GAIEV LEONID ANDRIEIEVIC, fratello di Liubov
LOPACHIN IERMOLAI ALEXIEIEVIC, mercante
TROFIMOV PIOTR SERGHIEIEVIC, studente
SIMEONOV-PISC’CIK BORIS BORISOVIC, possidente
CHARLOTTA IVANOVNA, governante
IEPICHODOV SIEMION PANTIELIEIEVIC, contabile
DUNIASCIA, cameriera
FIRS, servitore, 87 anni
IASCIA, giovane servitore
Un viandante
Il capostazione
L’impiegato postale
Invitati, servitori
L’azione si svolge nella proprietà di Liubov A. Ranievskaia
ATTO PRIMO
La stanza che è chiamata ancora la stanza dei bambini. Una delle porte conduce alla stanza di ANIA. È l’alba, tra poco spunta il sole. È già maggio, i ciliegi sono in fiore, ma il giardino è freddo, coperto di brina. Le finestre della stanza sono chiuse.
Entrano DUNIASCIA con una candela e LOPACHIN con un libro in mano.
LOPACHIN Il treno è arrivato, grazie a dio. Che ora è?
DUNIASCIA Quasi le due. (Spegne la candela) Fa già chiaro.
LOPACHIN Quanto ritardo avrà avuto? Un paio d’ore minimo. (Sbadiglia e si stiracchia) E io, bella figura da scemo! Son venuto qui apposta per andare a prenderli alla stazione, e mi sono addormentato… In poltrona. Che rabbia… Potevi almeno svegliarmi.
DUNIASCIA Io credevo che se ne fosse andato. (Tende l’orecchio) Ecco, mi pare che sian qui.
LOPACHIN (tende l’orecchio) Noo… Ritirare i bagagli, e tutto quanto…
Pausa
La signora Liuba son cinque anni che è all’estero, chissà adesso com’è. Era una buona diavola. Gentile, alla mano. Mi ricordo che una volta, ero un ragazzino di un quindici anni, mio padre buonanima – allora aveva bottega qui in paese – mi ha dato un pugno in faccia, m’è venuto il sangue dal naso… Eravamo qui in cortile insieme, venuti non so per che cosa, e lui aveva bevuto. La signora Liuba, me lo ricordo neanche fosse adesso, ancora ragazzina, tutta magrina, mi ha portato qui a un lavandino, proprio qui in questa stanza, la stanza dei bambini. «Non piangere» mi fa «contadinello, che per quando ti sposi ti passa…»
Pausa
Contadinello… Mio padre, lui sì, era un contadino, ma io eccomi qua col gilet bianco e le scarpe gialle. Con questo muso da maiale, in mezzo ai signori… Perché ormai sono ricco, sono pieno di soldi anche se, gira e rigira, contadino sono e contadino resto… (Sfoglia il libro) Leggevo ’sto libro e non ci capivo niente. E mi sono addormentato.
Pausa
DUNIASCIA I cani invece son stati svegli tutta notte, lo sentono, che arrivano i padroni.
LOPACHIN Che cos’hai, Duniascia…
DUNIASCIA Mi treman le mani. Io dico che svengo.
LOPACHIN Quante smorfie che fai, Duniascia. E ti vesti, anche, come una signorina, e ti pettini. Non va bene. Bisogna stare al suo posto.
Entra IEPICHODOV con un mazzo di fiori, è in giacca e porta stivali molto lucidi che scricchiolano molto; entrando, gli cade di mano il mazzo di fiori.
IEPICHODOV (raccoglie i fiori) Questi li manda il giardiniere, dice di metterli in sala. (Dà il mazzo a Duniascia)
LOPACHIN E portami una grappa.
DUNIASCIA Subito. (Esce)
IEPICHODOV Con tutto che c’è la brina, e siamo a tre gradi sotto zero, ecco che i ciliegi son tutti in fiore. Non posso dir niente di bene del nostro clima. (Sospira) Non posso. Proprio non è quel che si dice un clima ragionevole. Ecco, signor Lopachin, un’altra cosa che volevo dirle, mi son comprato tre giorni fa questi stivali, e eccoli qua, con rispetto parlando, che scricchiolano in modo tale che uno non sa più che provvedimenti adottare. Ungerli con che cosa?
LOPACHIN Smettila. Non seccarmi.
IEPICHODOV Non c’è giorno che non mi capiti una qualche disgrazia. E io non mi lamento neanche più, ci ho fatto il callo e mi vien perfino da ridere.
DUNIASCIA entra, porge la grappa a LOPACHIN.
Me ne vado. (Inciampa in una sedia, rovesciandola) Ecco… (Quasi con aria di trionfo) Lo vede anche lei, con rispetto parlando, anche in questa circostanza, come in mille altre… È una cosa che ha dell’incredibile! (Esce)
DUNIASCIA Io però devo dirglielo, signor Lopachin, Iepichodov m’ha chiesto di sposarlo.
LOPACHIN Ah!
DUNIASCIA Non so cosa fare… È un brav’uomo tranquillo, solo che però ogni tanto, quando si mette a parlare, non capisco quel che dice. Parla bene, con sentimento, ma non si capisce. Lui è innamorato pazzo di me. È un uomo sfortunato, ogni giorno gliene capita una. Noi per scherzo lo chiamiamo cento disgrazie…
LOPACHIN (tendendo l’orecchio) Ecco, mi sembra, arrivano…
DUNIASCIA Arrivano! Dio cosa mi succede… son tutta di ghiaccio.
LOPACHIN Arrivano, sono proprio loro. Andiamogli incontro. Chissà se mi riconosce? Son cinque anni che non mi vede.
DUNIASCIA (in agitazione) Io mi sento andare…. Oddio, vado!
Si sente il rumore di due carrozze che si avvicinano. LOPACHIN e DUNIASCIA escono in fretta. La scena è vuota. Nelle stanze contigue cominciano a sentirsi dei rumori, FIRS entra e attraversa la scena, appoggiandosi a un piccolo bastone, affrettandosi per andare incontro a LIUBOV ANDRIEIEVNA; egli indossa una vecchia livrea e un berretto alto; dice qualcosa tra sé, di cui risulta impossibile afferrare una parola. Il rumore fuori scena si fa sempre più forte. Una voce: «Ecco, passiamo di qui…». Entrano LIUBOV ANDRIEIEVNA, ANIA e CHARLOTTA IVANOVNA con un cagnolino al guinzaglio, in abiti da viaggio, VARIA con cappotto e fazzoletto da testa, GAIEV, SIMEONOV-PISC’CIK, LOPACHIN, DUNIASCIA con un pacco e un ombrellino, servitori con bagagli… tutti attraversano la stanza.
ANIA Passiamo di qui. Tu, mamma, ti ricordi che stanza è questa?
LIUBA (con gioia, commossa) La stanza dei bambini!
VARIA Che freddo, mi si son gelate le mani. (A Liubov Andrieievna) Le sue stanze, mamma, quella bianca e quella lillà, sono rimaste come le ha lasciate.
LIUBA Quella dei bambini, carina mia, è la stanza più bella… Io dormivo qui, quand’ero piccola… (Piange) E adesso sono come una bambina… (Bacia il fratello, poi Varia, poi di nuovo il fratello) E Varia è sempre la stessa, sembra una monachina. E anche Duniascia, ti ho riconosciuta subito…. (Bacia Duniascia)
GAIEV Il treno aveva due ore di ritardo. Capito? Capito che servizio?
CHARLOTTA (a Pisc’cik) Il mio cane mangia anche le noci.
PISC’CIK (stupito) Ma tu pensa!
Escono tutti, ad eccezione di ANIA e DUNIASCIA.
DUNIASCIA Quanto vi abbiamo aspettato… (Toglie ad Ania il cappotto e il cappello)
ANIA In viaggio non ho dormito per quattro notti… e adesso ho tanto freddo.
DUNIASCIA Sei partita che era quaresima, c’era la neve, era tutto gelato, e adesso? Tesoro mio! (Ride, la bacia) Ti ho aspettato tanto, gioia mia, cara… Ti racconto subito una cosa, non posso aspettare neanche un minuto…
ANIA (stancamente) Un’altra novità…
DUNIASCIA Iepichodov, il contabile, dopo Pasqua m’ha chie...
Indice dei contenuti
- Il giardino dei ciliegi
- Copyright
- Introduzione alla lettura del Giardino dei ciliegi di Luigi Lunari
- Testimonianze
- Lettera aperta a Cechov (dal programma di sala del Piccolo Teatro di Milano)
- IL GIARDINO DEI CILIEGI
- Dagli appunti per Il giardino dei ciliegi di Giorgio Strehler
- Sommario