Immacolata Concezione
Afroamericano sano serio discreto trentotto anni amante del sapone, possiede Jacuzzi capiente e cerca uomini sotto i quaranta, poco pelosi e con i capelli corti, asiatici un plus, per condividere lunghi bagni d’immersione. Il sesso è optional. Disponibile per relazione significativa e duratura. Portare il proprio asciugamano.
Non ho mai conosciuto qualcuno via internet, e ora che leggo gli annunci mi ricordo perché.
Mi sento come un leprotto nella gabbia delle tigri.
Inizio a essere disposto a tutto pur di incontrare qualcuno con cui valga la pena passare il tempo.
A New York l’offerta è infinita, ma perlopiù si tratta di bolle di sapone, che svaniscono non appena le tocchi.
Non faccio che pensare ad Alejo, a quanto ero felice con lui nei primi tempi. Com’è possibile che tutto sia andato a puttane così in fretta, e per così poco poi? E se non mi fosse offerta un’altra chance? Per fortuna una telefonata in napoletano mi distrae.
È Totò, un mio amico fotografo, in India da settimane per un servizio sulle mucche sacre commissionatogli dal «National Geographic». Mi dice che sua cugina si è appena trasferita a New York e vorrebbe delle dritte per lavorare nel cinema.
«M’arraccumanne, nun me fa ’o sòleto pultrone. Va ’ncuntrà la guagliona e trattamela buòno.»
«Bella zio» lo rassicuro io.
Cerco sempre di compensare il suo napoletano con frasi idiomatiche del Nord, ma il risultato non è mai soddisfacente.
Sono curioso di conoscere sua cugina. Tutto ciò che riguarda Totò è esotico.
Un paio d’ore dopo mi telefona lei. Si chiama Sole, ed esotica è esotica. Mezza italiana e mezza egiziana, cresciuta in Nuova Zelanda, ha studiato letteratura cinese antica a Pechino e si è appena trasferita a New York.
Abbiamo appuntamento al molto chic e molto alternativo Cafe Gitane, un piccolo bistrot frequentato da studenti di cinema francesi, designer spagnoli e quegli americani che all’estero si spacciano per canadesi.
Hanno tutti un’aria esistenzialista-light, con un occhio alla moda vintage. Gauloises a profusione.
La aspetto seduto a un tavolino fuori, con un cappuccino ostentatamente comme il faut, così diverso dalle brodaglie di Starbucks, il caffè per gli intenditori di caffè che di caffè non capiscono un cazzo.
«Martino?»
Alzo gli occhi e, come in una fiaba, vedo una ragazza bellissima.
«Sì» è tutto ciò che riesco a rispondere, fissandola imbambolato.
«Che c’è, non avrò mica una caccola?» e si passa le dita sul naso.
Io rido, mi piace che abbia rotto il ghiaccio in questo modo così poco principesco, visto che il physique du rôle della principessa ce l’ha.
«No, no. Siediti.»
«Ho un sacco di cose da chiederti su New York, mi sono trasferita senza saperne nulla. Non c’ero neppure mai stata, figurati tu.»
Con una donna attraente di solito fantastico di fare tanti figli, più che tanto sesso. Il sesso è il dettaglio di un piano più ambizioso, anche se parzialmente cieco.
L’animale riproduttivo si risveglia all’improvviso e immagina i possibili frutti della nostra unione. Le sue gambe slanciate, le mie spalle larghe. Il colore acceso della sua pelle, le mie mani forti. La sua fiducia in se stessa, la mia dolcezza. La sua sete di giustizia, la mia disponibilità verso il prossimo. E così via.
Più sento parlare Sole, più mi sembra di conoscerla da sempre, eppure è sfuggente come l’eroina di un film noir. È bella, sveglia, autoironica e sembra volersela sbranare, la vita.
Farebbe innamorare anche un cactus. Ma non me, io non ci casco.
Un anno fa forse, ma ora è troppo tardi. Il nostro treno per La casa nella prateria è già partito, e io sono su una limousine diretta a Studio 54.
Possiedo la tessera dell’Arcigay Italia.
Sono l’eroe della mia cuginetta lesbica di undici anni.
Nei bar gay dell’East Village finalmente mi lasciano entrare senza fare la fila.
Ho obbligato i miei genitori a guardare tutti gli episodi di Will & Grace.
E, soprattutto, ho preso con sei mesi d’anticipo i biglietti per il White Party, il gay rave più atteso dell’anno.
«Hai un fidanzato in questo momento?» mi chiede Sole a bruciapelo.
«No.» Totò l’ha già informata. «E tu?»
«Mi sono lasciata da poco.»
In poco più di una settimana ho una nuova migliore amica.
Ci raccontiamo tutto di noi. Le confesso il mio desiderio di una storia d’amore importante con un uomo, le mie voglie frustrate di avere dei bambini, i miei sogni di gloria. Amo parlarle di me con franchezza, dopo decenni in cui ho fatto attenzione a ogni cosa che dicevo.
Da quando ho smesso di andare a letto con le donne, ho iniziato a conoscerle veramente. Ho scoperto che sono molto più simili agli uomini di quello che crediamo.
Il sabato è giorno di vernissage. Andiamo alle inaugurazioni delle gallerie di Chelsea e al secondo bicchiere inizia il nostro gioco preferito: Spacca la Coppia. Ci spacciamo per coniugi affiatati e andiamo a caccia di donne e uomini, rigorosamente in coppia, cui dire con lo sguardo: se solo non ci fossero i nostri partner, ti sbranerei.
Chiunque riesca ad attirare l’attenzione di qualcuno fa un punto. Se si attira l’attenzione di qualcuno il cui partner è del sesso opposto al proprio, sono due punti.
Sole, per esempio, che naturalmente non ha mai perso, mi straccia perlopiù grazie ai doppi punti che accumula seducendo donne a braccetto del marito.
Io però ho scoperto un trucco: se invece di fare uno sguardo seducente assumo un’espressione assassina, ho molte più chance che le mie prede si girino verso di me, assicurandomi il punto. Sole non se ne accorge mai, perché lo sguardo colpevole per un flirt alla presenza del proprio partner e quello spaventato per la paura di essere puntati da un maniaco sono molto simili.
Una sera lei se ne va con un ventenne che abbandona la ragazza simulando un mal di pancia, e io mi porto a casa un giocatore di football che molla la moglie fingendo di dover vedere la partita dei Giants. Non ci era mai successo di lasciarci a metà serata nelle braccia di altra gente. Saperla con quel giovane con troppi denti mi trattiene dal godermi il mio coetaneo con troppi muscoli.
La mattina dopo ricevo un’email da Sole.
Mio caro,
questa sera festa in studi ...