
- 112 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Devota e infedele
Informazioni su questo libro
La tempesta del desiderio fa incontrare due estranei, due contrari, due mondi: da quel momento non sarà più possibile distinguere la debolezza dalla bontà, la forza dalla durezza, la sofferenza dal piacere. Perché ogni tipo di amore rende felici, anche quello infelice. Tra egoismo e passione, totale devozione e orgogliosa infedeltà, le sorprendenti riflessioni sull'amore di una creatura straordinaria che segnò la storia del Novecento, della vergine impenetrabile e crudele che fu amata da Nietzsche, Rilke e Freud.
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Informazioni
Print ISBN
9788817028998eBook ISBN
9788858653562RIFLESSIONI SUL PROBLEMA
DELL’AMORE
Nell’ambito delle relazioni affettive che legano l’uomo all’ambiente circostante, agli altri esseri viventi e alle cose, tutto sembra rientrare in due grandi gruppi: da una parte ciò che ci è affine, simpatico, noto; dall’altra ciò che ci è sconosciuto, estraneo, ostile. Il nostro naturale egoismo o si sente autorizzato a espandersi – ad addentrarsi per un tratto nel sé di un altro, gioendo e soffrendo insieme a lui, come se si trattasse del proprio sé – oppure, al contrario, è spinto a ritirarsi in se stesso, a chiudersi assumendo un atteggiamento di rifiuto, aggressione e minaccia nei confronti del mondo esterno. L’esempio tipico di questo egoismo, nel senso stretto del termine, è la forte volontà individuale, che ama solo se stessa, obbedisce solo a se stessa e subordina tutto il resto ai propri fini. La forma tipica dell’egoismo che supera se stesso, invece, il cosiddetto altruismo, è la natura da buon samaritano con il suo ideale di fratellanza universale, che riconosce e percepisce in ciascuna persona, anche in quella a lui meno vicina, la grande unità del tutto. Nel corso dello sviluppo dell’umanità entrambi questi tratti del nostro carattere si accentuano costantemente e inesorabilmente, e il modo in cui ogni epoca risolve di volta in volta il conflitto a cui conducono le conferisce la sua impronta peculiare.Tale divergenza non potrà mai trovare una conciliazione definitiva e, laddove uno dei due opposti dovesse essere bruscamente elevato a unico comandamento, ciò accade a ragione solo se l’altro necessita di una correzione particolarmente brusca per via dei suoi eccessi. Ogni persona vitale possiede entrambe le caratteristiche in misura maggiore o minore, e sarebbe pericolosissimo abbandonarsi completamente a una sola delle due. L’amore sconfinato verso i propri simili dev’essere sostenuto da un robusto amor proprio per poter attingere ciò che dà a un patrimonio individuale sicuro. Così l’egoista che ha raggiunto il massimo grado di potere e di successo, nella sua solitudine interiore, deve rinunciare a migliaia di possibili occasioni di felicità e ricchezza che non si ottengono con lo sfruttamento ma sono accessibili solo a chi è pronto ad accoglierle.
Nella vita reale sarà sempre difficile tracciare di caso in caso i confini esatti tra debolezza e bontà, tra durezza e forza, e le proposte e le opinioni su come gli esseri umani debbano armonizzare in sé bontà e forza saranno sempre ben più numerose dei granelli di sabbia in riva al mare. Intanto, dal punto di vista psicologico, è estremamente interessante osservare come l’uomo non possa fare a meno di nessuna delle due caratteristiche senza mutilarsi e che esse, sebbene apparentemente di segno opposto, in fondo possano interagire. È come se a entrambe fosse sotteso un misterioso anelito originario, che esse si sforzano di esprimere nelle loro opposte tendenze, senza riuscire a placarlo: l’anelito del singolo individuo di giungere alla totalità della vita che lo circonda, di entrare a farvi parte, di esserne colmato. L’egoista, che raccoglie e assoggetta quanto più possibile per sé, così come l’altruista che dona sempre tutto se stesso e non si tira mai indietro, balbettano in fondo, ciascuno nella propria lingua, la medesima preghiera allo stesso Dio, e in questa preghiera l’amor proprio e la totale dimenticanza di sé si mescolano indistintamente: «Voglio avere tutto» e «Voglio essere tutto» nel loro estremo significato esprimono lo stesso struggente desiderio. Nessuno dei due raggiunge la meta agognata, perché essa nasconde una contraddizione intrinseca: per superare i confini del proprio essere l’egoista dovrebbe essere non egoista, pur rimanendo se stesso, e il non egoista dovrebbe essere egoista, rimanendo a sua volta se stesso. Quelle contro cui andiamo a cozzare, su cui dipingiamo la nostra immagine del mondo, sono sempre le pareti del nostro sé, sia che vogliamo allontanarle ancora di più sia che accatastiamo al loro interno tutto ciò che possediamo.
Esiste tuttavia un terzo tipo di relazioni affettive accanto a quelle che rientrano nei gruppi di ciò che ci piace e di ciò che ci è ostile: quello dell’avidità, un genere di relazione che sembra avere radici là dove le prime due si separano, proprio là dove l’uomo, a causa del misterioso anelito originario che lo anima, incontra le impressioni del mondo. In questo terzo tipo di impressione affettiva, le parti che compongono le altre due non si sono ancora disgiunte, ma vi si trovano mescolate in un modo bizzarro e contraddittorio. Tuttavia, la novità che le caratterizza e la loro enorme efficacia e fertilità consistono proprio in questo aspetto contraddittorio: sembra infatti che l’uomo entri in se stesso e contemporaneamente superi i confini del proprio io per giungere alla totalità della vita.
Le relazioni erotiche fanno parte di questi rapporti. Spesso si è fatto notare, a buon diritto, che l’amore tra i sessi è l’eterna lotta, l’eterna inimicizia, e anche se spesso di fronte al singolo caso si esagera nel sottolineare questo aspetto, è però vero che nell’amore s’incontrano due elementi estranei, due opposti, due mondi tra cui non ci sono e non ci potranno mai essere quei ponti che ci uniscono con ciò che ci è familiare, simile, noto tanto che avvicinarci a esso è come arrivare a casa nostra e muoverci nel nostro ambiente. Non a caso, in determinate circostanze, odio e amore si scoprono simili e nella tempesta della passione tendono a capovolgersi, a mutarsi l’uno nell’altro. Non a caso, in natura, anche la riproduzione sessuale – la base da cui deriva gradualmente la sensazione erotica – nasce dall’incontro di particelle di protoplasma quanto mai differenti, da cui in seguito si sviluppa la diversità tra i sessi e si consolida la differenziazione raggiunta. Non a caso l’intero mondo animale è soggetto alla legge che minaccia di infertilità, degenerazione, declino la riproduzione tra consanguinei e spinge istintivamente le creature a evitare di accoppiarsi con la covata del proprio nido per rivolgersi ad altri rappresentanti della loro specie. In amore è proprio la novità, la presenza di un aspetto estraneo, qualcosa che magari abbiamo immaginato ma non si è mai trasformato in realtà, a farci avvertire l’impulso ad avvicinarci reciprocamente, impulso che è diverso da ogni altro; la spinta non viene dalla cerchia nota, familiare con cui ci siamo già fusi da tempo, che semplicemente ripete quello che siamo. Questo è il motivo per cui si teme sempre la fine della passione non appena due persone si conoscono troppo bene e l’ultima attrazione della novità svanisce. Ed è per questo che gli albori della passione, la luce incerta che illumina i suoi primi passi, non possiedono solo un fascino indicibile ma infondono anche una forza straordinariamente fertile e stimolante, che rimescola l’intero essere, fa vibrare l’intera anima, una forza che in seguito non si proverà più con tale intensità. Di certo, dal momento in cui l’oggetto amato ci è solo noto e affine e familiare e non lo percepiamo assolutamente più – in nessun punto – come un simbolo delle possibilità e delle forze vitali a noi estranee, la passione autentica è finita. Dopo che gli amanti si sono rivelati l’uno all’altro in modo tanto pericoloso, può ancora seguire un lungo periodo di intima simpatia, che tuttavia non ha nulla in comune, nei modi e nei toni, con il sentimento precedente, e spesso, nonostante l’autentica amicizia alla sua base, tale rapporto è costellato da inezie irritanti. Infatti, la stessa cosa che un tempo ci affascinava nelle sue centinaia di lievi sfumature adesso ha su di noi un effetto infastidente, invece di lasciarci solo indifferenti, come succederebbe fin dall’inizio tra due amici. È lo strascico spiacevole del fatto che ad attrarci eroticamente non è stato ciò che ci è affine, che è simile a noi, ma il fatto che i nostri nervi fremessero di fronte a un mondo estraneo, in cui non ci saremmo potuti mai sentire a casa come nella nostra solita e comoda vita quotidiana.
Di conseguenza, l’innamorato nel suo amore si comporta in modo molto più simile all’egoista che all’altruista; è pieno di pretese, esigente, guidato da violenti desideri personali e completamente privo di quella grande benevolenza, di quella disponibilità con cui noi, gioendo e soffrendo con i nostri simili, ci preoccupiamo di un altro anche se non abbiamo alcun legame con lui. In amore, l’egoismo non si amplia fino a comprendere la compassione e la dolcezza, ma piuttosto si fa ancor più acuminato e violento, quasi trasformandosi in una potente arma di conquista. Quest’arma tuttavia non cerca, come accade quando sfruttiamo le persone e le cose a fini puramente egoistici, di derubare l’oggetto in questione delle sue caratteristiche proprie, di lederne la magnificenza e la pienezza. Al contrario, lo conquista solo per affermare il suo valore a tutto tondo, per ammirarlo, sopravvalutarlo, innalzarlo sul trono e portarlo in palmo di mano. Così l’amore erotico contiene tutte le esagerazioni dell’egoismo e della benevolenza, trasformati entrambi in passioni e congiunti in un unico e identico sentimento, indifferenti alla contraddizione. È come se nella nostra vita interiore si formasse davvero una crepa sottile, attraverso la quale potessimo uscire da noi stessi e immergerci, vacillando ebbri, nell’esuberanza della vita fuori di noi, proprio mentre ci abbandoniamo all’egoismo più sfrenato. Non siamo in grado di fraternizzare con l’essere amato con quella bontà che nell’altro abbraccia e rispetta la sua umanità, restando così sempre dentro i confini del nostro proprio essere; anzi, ci distinguiamo quanto più è possibile nella nostra particolarità e nel nostro essere altro da ciò che amiamo, acquistiamo la massima consapevolezza di tale dualità e diversità, ma l’intensità di questa concentrazione sulla sintesi e approfondimento del nostro io peculiare è tale da farci, per così dire, traboccare addosso alla persona amata. Da lei assediata e compressa, tutta la nostra energia vi si scarica sopra, come una corrente liberatoria che ci salva da noi stessi in modo produttivo. Chi ama si sente potente e all’altezza del mondo intero, come se lo avesse conquistato grazie a questa unione interiore di sé con qualcosa che lo attraeva e rappresentava la quintessenza di tutte le belle possibilità ed eterogeneità dell’universo. Questo sentimento è però solo il rovescio psichico di quel processo fisico che, portato alle sue estreme conseguenze, permette all’uomo di andare davvero oltre se stesso proprio mentre mette l’accento su di sé e si afferma: nella passione amorosa egli si congiunge a ciò che è diverso non per rinunciare a sé, bensì per superarsi ancora e trasmettersi a un nuovo essere, suo figlio.
La relazione erotica è dunque una forma a metà strada tra l’essere singolo in quanto tale, l’egoista, e l’essere sociale, l’animale da branco, l’animale-fratello. Nella forma primordiale profonda e oscura dell’erotico queste inclinazioni contrarie scorrono ancora indistinte in una corrente originaria. Ma da ciò non si può dedurre, come accade talvolta, che la passione amorosa, condizionata com’è dall’elemento fisico, sia in realtà una forma inferiore di relazione rispetto alla crescente fraternizzazione tra persone di spirito affine e da ultimo di tutti con tutti, tanto da rappresentare solo uno stadio preliminare continuamente imprescindibile per accedere ai massimi gradi dello sviluppo umano. In verità l’erotismo è un proprio mondo in sé, come lo sono quello del sentimento sociale rivolto alla comunità o quello egoista del singolo individuo; nell’ambito che gli è proprio, è presente in tutti gli stadi, dai primordiali ai più complessi, e laddove, nelle alterne vicende della vita reale, s’impiglia negli ambiti degli altri due, non si trasfigura e purifica affatto, ma rinuncia semplicemente al suo essere più intimo. In origine, certamente, i diversi mondi affettivi degli esseri nascono, insieme alla loro stessa esistenza, dalla circostanza che i sessi si attraggono eroticamente, ma quello che si costruisce in seguito sulla base, data una volta per sempre, della parentela di sangue che ne deriva, non ha nulla a che fare con tutto ciò: l’impulso che spinge i sessi a cercarsi e ad amarsi rimane per sua natura, in tutte le sue fasi, completamente diverso dalle altre relazioni tra gli esseri.
Ma c’è una spiegazione del perché una caratteristica in sé così contraddittoria, come quella delle sensazioni amorose, venga di solito giudicata in modo tanto variabile; perché venga ora disprezzata come egoista, ora sopravvalutata come altruista, a seconda che prevalga l’espressione della necessità fisica o l’esuberanza psichica. Infatti, la second...
Indice dei contenuti
- Devota e infedele
- Copyright
- Novella Diotima di Nadia Fusini
- Cronologia della vita e delle opere
- RIFLESSIONI SUL PROBLEMA DELL’AMORE
- IL TIPO DONNA
- Sommario